Dal latino alle lingue romanze La capacità assimilatrice del latino Già nei primi due secoli dopo Cristo il latino parlato nei vari territori dell Impero romano d Occidente non era perfettamente omogeneo: su di esso agivano infatti, specie per quan to riguarda la pronuncia, le diverse caratteristiche delle lingue preesistenti dei popoli sotto messi, destinate a fungere da sostrato allo stesso latino. Ciò tuttavia non comprometteva la possibilità che tutti i sudditi potessero comprendersi tra loro, anche quelli che viveva no nelle province più periferiche, poiché anche queste ultime erano controllate dal pote re centrale di Roma. La fine dell unità linguistica Con la dissoluzione dell Impero, però, le invasioni barbariche accentuano in modo irreversi bile le differenze: viene meno non solo l unità politica, ma anche quella linguistica. In mol te realtà locali il latino scompare lasciando poche tracce, come in Inghilterra e in Germania, soppiantato dalle lingue germaniche dei popoli invasori. In altre, più profondamente roma nizzate, il ceto politico e intellettuale che detta la norma linguistica promuove l utilizzo di nuovi linguaggi, dialetti che si impongono successivamente come idiomi comuni regionali o nazionali: si tratta delle lingue romanze, formatesi dal tronco latino, per poi differenziarsi assumendo caratteri propri, sempre più lontani dalla comune origine classica. Tra i diversi territori un tempo soggetti all autorità romana, dunque, si assiste a un pro cesso di differenziazione linguistica sempre più netto. Non solo: all interno delle singole popolazioni ha luogo un ulteriore diversificazione tra la lingua scritta e quella parlata. La prima, appannaggio dei soli uomini colti, ecclesiastici per lo più, rimane a lungo nel solco del latino: certo, il lessico e molte peculiarità formali divergono ormai dai modelli di Virgilio o di Cicerone, si perdono le desinenze dei casi e si affermano diversi neologismi cri stiani; tuttavia essa viene comunque recepita come una medesima lingua, immutabile e fis sa nelle sue regole (il cosiddetto mediolatino o latino medievale). La lingua parlata è in vece in continua evoluzione, modificata dall uso quotidiano, e si allontana dalle radici per prendere forme singolari e autonome. La nascita delle letterature nazionali Il riconoscimento della dignità delle diverse lingue romanze è lento e varia da regione a re gione. Abbiamo già rilevato come la necessità dell uso scritto dei volgari si manifesti dap prima nell ambito politico di cerimonie e giuramenti ufficiali, e poi nella prassi burocratica di atti, testamenti, libri contabili ecc. ( pp. 43 e ss.). L impiego del volgare nella scrittura si estende però anche a testi non finalizzati a una funzione pratica, ma dotati di una veste letteraria, prodotti di un elaborazione artistica. Le prime manifestazioni letterarie delle lingue romanze avvengono in momenti diversi. Ciò dipende innanzitutto dal rapporto tra il latino e gli idiomi nazionali: non è un caso che le prime letterature in ordine di nascita siano quelle in cui la distinzione e l emancipazione del volgare dal latino maturano più precocemente. In Inghilterra, intorno alla metà dell VIII secolo, viene composto un poema epico di più di 3000 versi dal titolo Beowulf: vi si narrano le gesta dell eroe omonimo alle prese con il mostro Grendel, la sua crudelissima madre e un drago. Alla fine dell VIII secolo o all inizio del IX risale invece il più antico documento dell epica nazionale tedesca, l Hildebrandslied (Canto di Ildebrando): nei suoi 68 versi allitterati si canta la leggenda ostrogotica del duello tra un padre e un figlio, nel quale entrano in conflitto il sentimento della fedeltà familiare e quello dell onore cavalleresco. Nel resto d Europa, dove il rapporto fra latino e lingue nazionali è più stretto, la lette ratura volgare prende le mosse più tardi: nell area delle parlate romanze, tuttavia, a partire la parola SOSTRATO/ In linguistica storica, è lo strato linguistico al quale si è sovrapposta e sostituita, a seguito della conquista o del predominio politico e culturale di un altro popolo, una lingua diversa, che perciò è soggetta a cambiamenti grammaticali e lessicali. LA CORRENTE / LA LETTERATURA CORTESE-CAVALLERESCA / 51