I SAPERI FONDAMENTALI LA SINTESI LA VITA Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896, in un’agiata famiglia borghese.  Nel 1915 si diploma ragioniere e lavora poi saltuariamente nell’azienda paterna.  Comincia anche a prendere lezioni private di canto, che interrompe dopo  l’arruolamento nell’esercito fra il 1917 e il 1920. Nei primi anni del dopoguerra,  Montale conosce alcuni poeti (fra cui Camillo Sbarbaro), pubblica su riviste  i primi versi e inizia l’attività di critico e giornalista su periodici e quotidiani.  Nel 1925 dà alle stampe la raccolta poetica d’esordio, . Nello stesso  Ossi di seppia anno sottoscrive il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso  da Benedetto Croce. Nel 1927 si trasferisce a Firenze, dove risiede per vent’anni.  Qui si lega ai circoli intellettuali che gravitano intorno alla rivista “Solaria”  e al caffè Giubbe Rosse e dirige per dieci anni il Gabinetto Scientifico  Letterario Vieusseux; nel 1944 aderisce al Comitato di liberazione nazionale  toscano e per un breve periodo al Partito d’azione. Nel frattempo pubblica  due ulteriori edizioni degli Ossi di seppia e la nuova raccolta .  Le occasioni Nel 1948 si trasferisce a Milano insieme a Drusilla Tanzi, detta la Mosca,  la donna con cui vive da dieci anni e che sposa nel 1962. A Milano è chiamato  a lavorare come redattore al “Corriere della Sera” e poi come critico musicale  al “Corriere d’Informazione”. Nel 1956 esce la terza raccolta di poesie: La bufera  e altro ; nel 1963 muore la Mosca, a cui dedica gli Xenia compresi nella sua quarta  e ultima raccolta, Satura (1971). Nel 1967 viene nominato senatore a vita.  Nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura. Si spegne a Milano nel 1981.  Asset ID: 275 ( )  let-audrip-montale-mv120.mp3 Audiolettura MI PREPARO ALL'ORALE Come cambia  il rapporto di  Montale con la  Storia, in relazione  agli eventi politici  della sua epoca? pp. 282-283 ▶ LE OPERE La funzione del poeta per Montale è quella di registrare la «condizione umana»,  elaborando una poesia «non realistica, non romantica e nemmeno strettamente  decadente» ma che sappia documentare la sofferenza che è insita nell’esistenza.  La sua interpretazione del Simbolismo e dell’Ermetismo, che si realizza  nell’utilizzo del correlativo oggettivo, si sviluppa in tutte le sue raccolte. Lo stile è sempre caratterizzato dall’utilizzo di immagini pregnanti, dalla forte  concentrazione semantica; il lessico è preciso e ricercato; il linguaggio tende  al tono alto. Da una raccolta all’altra cambiano invece i temi, gli scenari  e le figure “ispiratrici”.  Nelle sue opere Montale si riavvicina alla metrica della tradizione: trascura  i classici moduli della lirica (la canzone e la ballata) e predilige le forme libere,  con gruppi di endecasillabi e settenari. La struttura sintattica è complessa,  la rima è ipermetra ed è massiccio l’utilizzo degli .  enjambement Nelle sue raccolte dominano le figure del suono e l’utilizzo degli ossimori  riflette la condizione esistenziale del poeta. Pubblicati nel 1925 e poi con varianti nel 1928, nel 1931 e nel 1942,  Ossi di seppia gli Ossi di seppia costituiscono uno dei grandi “paesaggi dell’anima” della lirica  europea del Novecento. La raccolta, costituita da 61 testi, è suddivisa in quattro  sezioni: Movimenti, Ossi di seppia, Mediterraneo, Meriggi e ombre . Ispirato al modello dannunziano, Montale riprende motivi e inclinazioni di altri  poeti della tradizione italiana, da Leopardi a Pascoli, al Dante delle rime  petrose, a vociani come Rebora e Sbarbaro. Negli , il paesaggio roccioso e assolato della Liguria trova riscontro  Ossi di seppia nell’aridità dell’anima del poeta. Gli «ossi di seppia», conchiglie ridotte  all’essenzialità, rappresentano un perfetto correlativo oggettivo dello stato  d’animo dominante nella raccolta: la consapevolezza di un « »  ▶  male di vivere che non ha vie d’uscita. Montale è alla ricerca del significato dell’esistenza:  egli ha una visione della vita scettica e stoica e percepisce la realtà come falsa  e assurda. Nell’attesa di trovare una via di fuga agli inganni del mondo, Montale sceglie  un atteggiamento rassegnato e distaccato che comporta la rinuncia alle  emozioni (la ). Al poeta, consapevole dell’amarezza del  ▶  divina Indifferenza destino, non resta che sottrarsi alla realtà, riconoscendo stoicamente di volta  in volta «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Solo un « »  ▶  miracolo improvviso può interrompere il corso delle cose e regalare un momento fugace  di felicità. Il pessimismo di Montale si acuisce nelle (1939),  Le occasioni Occasioni in cui sullo sfondo di paesaggi diversi emergono figure femminili lontane,  enigmatiche ma portatrici di speranza, e si sviluppa il tema della donna-angelo. Nella raccolta (1956) affiora lo sgomento  La bufera e altro La bufera e altro di fronte ai lutti personali e agli orrori della guerra. La figura femminile,  che qui ha nome Clizia, rafforza il suo potere salvifico facendosi ,  visiting angel novella Beatrice chiamata a portare luce nel buio della Storia. In (1971) i temi sono molteplici e il tono si abbassa accogliendo  Satura Satura termini del linguaggio quotidiano. Quest’ultima raccolta comprende gli   Xenia dedicati alla moglie morta. MI PREPARO ALL'ORALE Qual è il ruolo  del poeta, secondo  Montale? p. 279 ▶ Che cosa si intende con l’espressione “correlativo oggettivo”? pp. 279-280 ▶ A quali poeti e modelli della tradizione italiana si ispirano le opere contenute in Ossi ? di seppia p. 288 ▶ A chi sono dedicati gli ? A quale Xenia raccolta poetica appartengono? p. 337 ▶  >> pagina 345  le parole chiave  Asset ID: 276 ( )  let-audrip-montale-parole-chiave-mv130.mp3 Audiolettura Male di vivere Il «male di vivere» che attraversa come un corso d’acqua sotterraneo  tutta la poesia di Montale è il disagio esistenziale, la condizione amara  di un io lirico che si aggira smarrito e perplesso in un mondo percepito  come falso e assurdo, la crisi di identità di chi si riconosce inetto  a vivere, a trovare la propria strada. È uno scacco esistenziale che  non conosce possibilità di evasione. Se l’unica strada è una stoica accettazione dei tormenti che la vita  infligge, quel che resta al poeta è affermare «ciò che non siamo, ciò che  non vogliamo». Il «male di vivere» non viene espresso da Montale con  riflessioni astratte, ma è condensato in una serie di immagini cariche  di significato, in oggetti concreti descritti con un linguaggio asciutto. Divina Indifferenza Non esistono vie di fuga dal «male di vivere», solo qualche rimedio,  come potrebbero essere l’ignoranza e la rassegnazione. Ma soprattutto per Montale il rimedio è la scelta stoica della  rinuncia alle emozioni, l’assunzione di un atteggiamento  distaccato che assomiglia alla «divina Indifferenza». L’unico  conforto proviene per lui dalla scelta dell’“atarassia”:  una sospensione, un’imperturbabile serenità. Miracolo Alla negatività del suo supremo pessimismo Montale sembra opporre,  pur senza illusioni, la speranza di una positività, all’aridità interiore  un’emozione vitale, al «male di vivere» che lo attanaglia una tregua.  Ricerca un «varco», un «anello che non tiene» nella catena delle  necessità, una smagliatura nella rete. E, a tratti, ecco che un «miracolo»  accade, a interrompere il corso delle cose, a restituire senso e armonia:  è un improvviso momento di vitalità, è un rapido bagliore prodigioso,  è un fugace benessere inatteso. Godere del miracolo è come riconoscere  che il dramma della vita può risolversi in passione per la vita.