intellettuale & società NELLA FABBRICA DEL CONSENSO Nel suo programma totalitario il regime fascista si pone l obiettivo di rifare gli italiani , educandoli, cioè, a nuovi valori e princìpi e forgiandone identità e mentalità diverse rispetto al passato. Per svolgere questo compito, il ruolo assegnato agli intellettuali è fondamentale: la gran parte della cultura italiana, dai suoi piani più alti fino a quelli della piccola intellettualità, aderisce a questo progetto. Scrittori e pittori, professori universitari e artisti, architetti e giornalisti sono attivamente coinvolti nella vita dell Italia fascista, inseriti nei complessi ingranaggi della macchina delle attività culturali e di propaganda. La riforma della scuola Anche se, come abbiamo visto, non mancano voci fuori dal coro e posizioni oscillanti tra silenzio e conformismo, l adesione degli intellettuali al regime è massiccia e ricompensata con una sicurezza economica e di status sociale, impensabile durante l epoca giolittiana. La politica del fascismo ga- rantisce infatti all intellettuale prebende, assistenza e integrazione nel pubblico impiego. A beneficiarne è soprattutto il letterato, premiato, oltre che da ricompense materiali, da un diffuso privilegio accordato alla cultura umanistica. Lo testimonia la riforma della scuola varata nel 1923 da Giovanni Gentile, che volge le spalle alla tradizione del Positivismo per esaltare invece, da un punto di vista pedagogico, la cultura classico-letteraria. Imponendo la scelta, subito dopo le elementari, fra istruzione professionale e scuola media (la sola che consente di continuare gli studi negli istituti superiori) e dando centralità al liceo classico (l unico indirizzo di studi che garantisce la frequenza di tutte le facoltà universitarie), Gentile destina la cultura per lo più alle classi egemoni, alimentando al contempo quel senso di superiorità con cui i letterati possono tentare ancora una volta di trovare una compensazione alla propria condizione massificata di impiegati al servizio del terziario e della moderna burocrazia. La lingua Negli anni tra le due guerre la politica linguistica del regime fascista mira a favorire la crescente alfabetizzazione dei ceti popolari riducendo sensibilmente lo spazio dei dialetti. L inquadramento degli studenti e dei giovani nelle organizzazioni di partito, i riti collettivi e le occasioni pubbliche create ai fini del consenso, la politica assistenziale e ricreativa a favore dei meno abbienti (si pensi alle colonie estive per i figli degli operai) sono alcune delle iniziative messe in atto dal regime per uniformare, anche linguisticamente, le abitudini degli italiani. chico) si rivelano determinanti nell imporre all italiano medio una fraseologia e un lessico standardizzati. Si diffondono veri e propri stereotipi di cui possiamo cogliere l involontaria comicità vedendo i documentari dell Istituto Luce dell epoca e ascoltandone il commento retoricamente stentoreo. Riprendendo la divertente osservazione di un giornalista di quegli anni, il linguista Tullio De Mauro evidenziava come una manifestazione non potesse che essere ardente, un invocazione travolgente, una fede indefettibile, un grido formidabile oppure entusiastico. Il ruolo dei mezzi di comunicazione La radio, la stampa quotidiana e in genere tutti gli strumenti di comunicazione di massa cooperano all interno di questa strategia di pianificazione espressiva: l oratoria, le canzoni popolari, le parole d ordine diffuse nelle piazze e nei comizi di Mussolini, le battaglie ideologiche quali l uso del pronome voi (considerato popolare e antiborghese) al posto del lei (inviso perché reputato classista e gerar- Contro le parole straniere L autarchia che contraddistingue la dittatura a partire dalla fine degli anni Venti accentua infine l indirizzo puristico impresso all educazione linguistica. Nel tentativo di arrestare l impiego dei forestierismi, nel 1940 l Accademia d Italia propone addirittura una serie di sostituzioni o adattamenti: lo chauffeur diventa l autista, il garage la rimessa, l hotel l albergo e così via. L EPOCA E LE IDEE / 35
INTELLETTUALE & SOCIETÀ, Nella fabbrica del consenso