La lingua L italiano come lingua madre Dal secondo dopoguerra a oggi i comportamenti linguistici degli italiani sono cambiati in modo radicale, in stretta connessione con la profonda trasformazione della società. La ricostruzione postbellica, l evoluzione socio-economica del paese, tramutatosi tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta in una potenza industriale, lo spopolamento delle campagne e il conseguente fenomeno dell urbanizzazione, le migrazioni interne costituiscono altrettanti fattori di grande impatto sullo stile di vita degli italiani e sul loro modo di comunicare. L influenza delle trasmissioni televisive, inaugurate nel 1954, e l innalzamento dell obbligo scolastico al quattordicesimo anno di età che diventa legge nel 1962, accostano l intera società, comprese le classi meno abbienti, alla lingua italiana, che finalmente può dirsi effettivamente la lingua madre imparata cioè spontaneamente della maggioranza della popolazione. Le varietà regionali Ciò significa che i dialetti sono scomparsi? Naturalmente no; o meglio: si può dire che negli ultimi decenni i dialettofoni puri, cioè coloro che si esprimono solo mediante la propria parlata locale, sono diminuiti progressivamente, ma allo stesso tempo che le forme dialettali convivono con quelle della lingua nazionale, alternandosi nell uso a seconda degli interlocutori e delle circostanze. Da tale coesistenza scaturisce tutta una serie di integrazioni, contaminazioni e interferenze tra un italiano standard, corrispondente grosso modo alla lingua scritta e a quella orale usata in occasioni formali, e molteplici varietà regionali, marcate da pronunce, caratteri grammaticali, lessicali, sintattici particolari e radicati nelle diverse realtà geografiche della penisola. L italiano popolare Un altra forma ibrida di comunicazione linguistica è quella definita italiano popolare : ci riferiamo pur sempre a una varietà di italiano, ma legata quasi esclusivamente al parlato usato da soggetti con scarsa istruzione. In questo caso, l alterazione non è determinata dal contatto con il sostrato dialettale, ma dalle abitudini espressive della colloquialità: e allora ecco il cosiddetto che polivalente, gli anacoluti, le concordanze a senso, la rinuncia al congiuntivo, l uso generalizzato del pronome gli al posto di le o loro e così via. Una nuova lingua omologata D altro canto, per capire come si sia evoluta la lingua italiana a partire dalla seconda metà del secolo scorso, bisogna tenere presente che la pratica comunicativa, parlata e scritta, tende a superare i limiti e i vincoli posti tradizionalmente dai grammatici e da ogni codificazione astratta. In particolare negli anni Sessanta, in contemporanea con il cosiddetto boom economico, molti intellettuali e tra questi, Pier Paolo Pasolini hanno colto in tale processo gli aspetti deteriori di una sempre più dilagante omologazione: il nuovo italiano contemporaneo non sarebbe più una creazione dal basso, ma un prodotto, povero e semplificato, dello spirito della classe borghese egemone che aleggia nei programmi televisivi e azzera ogni ricchezza espressiva. La funzione della televisione Eppure, la televisione a partire dagli anni Cinquanta ha svolto una straordinaria funzione di acculturazione e modernizzazione: basti pensare a programmi come Non è mai troppo tardi, in cui il maestro Alberto Manzi (1924-1997) insegnava agli analfabeti a leggere e a scrivere, ai grandi sceneggiati tratti dai capolavori della letteratura mondiale, perfino ai varietà più scanzonati, nei quali la comunicazione era affidata a una lingua più immediata ma comunque mai sciatta o approssimativa. Le cose innegabilmente sono cambiate dagli anni Ottanta in poi, quando l avvento delle reti commerciali e lo sviluppo di quella che Umberto Eco ha definito «neotelevisione cambiano gli obiettivi della programmazione televisiva: viene meno infatti la missione istituzionale di erogare un servizio pubblico e in qualche modo pedagogico per assecondare, sia sul piano dei contenuti sia su quello della comunicazione espressiva, le aspettative di un pubblico al quale non si chiede più alcuno sforzo di crescita intellettuale. Finito il monopolio della Rai, la neotelevisione abolisce la differenza fra informazione e intrattenimento, introduce la fiction come un super-genere che ingloba tutti gli altri, tende a massificare gli spettatori come prodotti del consumismo, fa entrare in circolazione neologismi, forestierismi, stereotipi che hanno facile presa in un paese in cui si legge poco e si guarda molto il piccolo schermo. Le trasformazioni di oggi Tale realtà ha determinato negli anni a noi più vicini un abbassamento qualitativo della lingua usata dagli italiani, che non corrisponde più in molti casi a una reale capacità di comprensione di 450 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA