T4 Il ritorno di Anguilla , cap. 5 La luna e i falò Nell’ultimo romanzo di Pavese, , Anguilla, un trovatello che da giovane La luna e i falò ha lasciato le Langhe per andare a cercar fortuna in America, è tornato nei luoghi dove era stato cresciuto da una coppia di poveri contadini. Nel quinto capitolo, che qui riportiamo per intero, egli si reca alla cascina di Gaminella, il podere che lo aveva visto bambino. L’incolmabile distanza del passato Fa un sole su questi bricchi, un riverbero di e di che mi ero dimenticato. 1 grillaia tufi 2 Qui il caldo più che scendere dal cielo esce da sotto – dalla terra, dal fondo 3 tra le viti che sembra si sia mangiato ogni verde per andare tutto in tralcio. È un caldo che mi piace, sa un odore: ci sono dentro anch’io a quest’odore, ci sono 4 dentro tante vendemmie e fienagioni e sfogliature, tanti sapori e tante voglie che 5 5 non sapevo più d’avere addosso. Così mi piace uscire dall’Angelo e tener d’occhio 6 le campagne; quasi quasi vorrei non aver fatto la mia vita, poterla cambiare; dar ragione alle ciance di quelli che mi vedono passare e si chiedono se sono venuto 7 a comprar l’uva o che cosa. Qui nel paese più nessuno si ricorda di me, più nessuno tiene conto che sono stato servitore e bastardo. Sanno che a Genova ho dei 10 soldi. Magari c’è qualche ragazzo, servitore com’io sono stato, qualche donna che si annoia dietro le persiane chiuse, che pensa a me com’io pensavo alle collinette di Canelli, alla gente di laggiù, del mondo, che guadagna, se la gode, va lontano sul mare. Di cascine, un po’ per scherzo un po’ sul serio, già diversi me n’hanno offerte. Io sto a sentire, con le mani dietro la schiena, non tutti sanno che me ne 15 intendo – mi dicono dei gran raccolti di questi anni ma che adesso ci vorrebbe uno scasso, un muretto, un trapianto, e non possono farlo. «Dove sono questi 8 raccolti?», gli dico, «questi profitti? Perché non li spendete nei beni?». «I concimi…». Io che i concimi li ho venduti all’ingrosso, taglio corto. Ma il discorso mi 20 9 piace. E più mi piace quando andiamo nei beni, quando traversiamo un’aia, visitiamo una stalla, beviamo un bicchiere. Il giorno che tornai al casotto di Gaminella, conoscevo già il vecchio Valino. L’aveva fermato Nuto in piazza in mia presenza e gli aveva chiesto se mi conosceva. Un uomo secco e nero, con gli occhi da talpa, che mi guardò circospetto, 25 e quando Nuto gli disse ridendo che ero uno che gli aveva mangiato del pane e bevuto del vino, restò lì senza decidersi, torbido. Allora gli chiesi se era lui che 10 aveva tagliato i noccioli e se sopra la stalla c’era sempre quella di uva ▶ spalliera passera. Gli dicemmo chi ero e di dove venivo; Valino non cambiò quella faccia 11 scura, disse soltanto che la terra della riva era magra e tutti gli anni la pioggia ne 30 portava via un pezzo. Prima di andarsene mi guardò, guardò Nuto e gli disse: «Vieni una volta su di là. Voglio farti vedere quella tina che perde». 12 TRECCANI ▶ Le parole valgono spalliera Nelle sedie la è la parte (detta spalliera anche dorsale o schienale) che sovrasta il sedile vero e proprio, alla quale appoggia la schiena la persona seduta. Per analogia le spalliere del letto sono gli elementi verticali che chiudono il letto da capo e da piedi, e di cui quella dalla parte del capo ( ) è generalmente più testiera alta, mentre l’altra ( ) può anche mancare pediera (nei letti moderni possono mancare anche tutt’e due). Nel giardinaggio, invece, la spalliera è l’intelaiatura di legno o di filo di ferro, fissata a un muro, su cui si fanno arrampicare le piante, affinché prendano più luce e calore. ▶ Nelle palestre spesso si trova la . spalliera svedese Sapresti spiegare di che cosa si tratta? Se non lo sai, lo puoi scoprire facilmente tramite una breve ricerca in Rete o sul vocabolario. : cime (termine dialettale). 1 bricchi : di podere sterile e 2 di grillaia e di tufi di terre sabbiose. 3 Qui il caldo più che scendere dal cielo esce da sotto : il caldo è così intenso che arroventa la terra e sembra uscire dalle sue profondità. : emana. 4 sa : le operazioni di sfogliamento 5 sfogliature delle pannocchie di granoturco. : l’oste presso il quale è alloggiato 6 dall’Angelo Anguilla. : chiacchiere. 7 ciance : rottura profonda del terreno, fatta 8 scasso appositamente per piantarvi la vigna. : quello di venditore 9 Io… all’ingrosso all’ingrosso di concimi era stato uno dei lavori di Anguilla in America. : espressione 10 gli aveva mangiato… del vino popolare per dire che Anguilla aveva mangiato e bevuto sulle terre attualmente occupate da Valino. : passa. 11 passera : forma toscana per “tino”, grande 12 tina recipiente di legno in cui viene messa l’uva a fermentare. Poi Nuto mi aveva detto: «Tu in Gaminella non mangiavi tutti i giorni…». Non scherzava più, adesso. «Eppure non vi toccava spartire. Adesso il casotto l’ha 13 comprato la madama della Villa e viene a spartire i raccolti con la bilancia… Una 35 14 che ha già due cascine e il negozio». Poi dicono i villani ci rubano, i villani sono gente perversa… Da solo ero tornato su quella strada e pensavo alla vita che poteva aver fatto il Valino in tanti anni – sessanta? forse nemmeno – che lavorava da mezzadro. Da quante case era uscito, da quante terre, dopo averci dormito, mangiato, zappato 40 col sole e col freddo, caricando i mobili su un carretto non suo, per delle strade 15 dove non sarebbe ripassato. Sapevo ch’era vedovo, gli era morta la moglie nella cascina prima di questa e dei figli i più vecchi erano morti in guerra – non gli restava che un ragazzo e delle donne. Che altro faceva in questo mondo? Dalla valle del Belbo non era mai uscito. Senza volerlo mi fermai sul sentiero 45 16 pensando che, se vent’anni prima non fossi scappato, quello era pure il mio destino. Eppure io per il mondo, lui per quelle colline, avevamo girato girato, senza mai poter dire: “Questi sono i miei beni. Su questa trave invecchierò. Morirò in 17 questa stanza”. Arrivai sotto il fico, davanti all’aia, e rividi il sentiero tra i due rialti erbosi. 50 Adesso ci avevano messo delle pietre per scalini. Il salto dal prato alla strada era 18 come una volta – erba morta sotto il mucchio delle fascine, un cesto rotto, delle mele marce e schiacciate. Sentii il cane di sopra scorrere lungo il filo di ferro. 19 20 Quando sporsi la testa dagli scalini, il cane impazzì. Si buttò in piedi, ululava, si strozzava. Seguitai a salire, e vidi il portico, il tronco del fico, un rastrello appoggiato 55 all’uscio – la stessa corda col nodo pendeva dal foro dell’uscio. La stessa macchia di verderame intorno alla spalliera sul muro. La stessa pianta di rosmarino 21 sull’angolo della casa. È l’odore, l’odore della casa, della riva, di mele marce, d’erba secca e di rosmarino. Su una ruota stesa per terra era seduto un ragazzo, in camicino e calzoni strappati, 60 una sola bretella, e teneva una gamba divaricata, scostata in un modo innaturale. Era un gioco quello? Mi guardò sotto il sole, aveva in mano una pelle di coniglio secca, e chiudeva le palpebre magre per guadagnar tempo. Io mi fermai, lui continuava a batter gli occhi; il cane urlava e strappava il filo. 65 Il ragazzo era scalzo, aveva una crosta sotto l’occhio, le spalle ossute e non muoveva la gamba. D’improvviso mi ricordai quante volte avevo avuto i geloni, le croste sulle ginocchia, le labbra spaccate. Mi ricordai che mettevo gli zoccoli soltanto d’inverno. Mi ricordai come la mamma Virgilia strappava la pelle ai conigli dopo averli sventrati. Mossi la mano e feci un cenno. 70 Sull’uscio era comparsa una donna, due donne, sottane nere, una decrepita e storta, una più giovane e ossuta, mi guardavano. Gridai che cercavo il Valino. Non c’era, era andato su per la riva. La meno vecchia gridò al cane e prese il filo e lo tirò, che rantolava. Il ragazzo 22 si alzò dalla ruota – si alzò a fatica, puntando la gamba per traverso, fu in piedi 75 e strisciò verso il cane. Era zoppo, rachitico, vidi il ginocchio non più grosso del suo braccio, si tirava il piede dietro come un peso. Avrà avuto dieci anni, e vederlo su quell’aia era come vedere me stesso. Al punto che diedi un’occhiata sotto il portico, dietro il fico, alle melighe, se comparissero Angiolina e Giulia. Chi sa 23 24 dov’erano? 80 Se in qualche luogo erano vive, dovevano avere l’età di quella donna. Calmato il cane, non mi dissero niente e mi guardavano. : Padrino (il genitore 13 Eppure… spartire adottivo di Anguilla) era povero, ma era il proprietario della cascina di Gaminella, e quindi non doveva dividere ( ) il spartire guadagno con nessuno. : la padrona 14 Adesso il casotto… bilancia ( , in dialetto piemontese) della madama Villa ha comprato la cascina di Gaminella e viene a prendere ogni anno metà del raccolto, come prevedevano i contratti di mezzadria, misurando attentamente ( con ) le quantità. la bilancia : Valino non possiede 15 un carretto non suo nemmeno il carro utilizzato per i frequenti traslochi. : il fiume che attraversa le Langhe. 16 Belbo : la trave nel cortile delle cascine 17 trave era usata come una panca, su cui ci si sedeva nei momenti di riposo e nelle veglie. : lo scoscendimento. 18 Il salto : 19 erba morta… mele marce e schiacciate «l’elenco dei materiali usati per colmare il dislivello testimonia la povertà di Valino » (Tesio). : nel quale è infilata la catena 20 il filo di ferro che lega il cane. : caratteristica patina verdastra 21 verderame che si forma, con l’umidità e il tempo, sugli oggetti di rame in seguito all’esposizione all’aria. : per l’agitazione di fronte allo sconosciuto 22 che rantolava e per la corda che gli stringe la gola. : la meliga è il granoturco. 23 alle melighe : le due figlie di Padrino e Virgilia, 24 Angiolina e Giulia con le quali Anguilla aveva trascorso l’infanzia alla Gaminella. >> pagina 555 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Anguilla torna in visita alla cascina di Gaminella, dove ha vissuto gli anni dell’infanzia con Padrino e Virgilia, prima che questi, a causa della scarsità dei raccolti, dovessero vendere il casotto e trasferirsi come mezzadri in un altro podere (Anguilla era stato allora mandato alla Mora come servitore). Qui adesso vive la famiglia di un mezzadro, il vedovo Valino, composta da lui, dalla cognata che egli costringe a dormire con sé, dalla suocera paralitica e dal figlio rachitico. Il nuovo incontro con i luoghi delle radici genera nel protagonista sentimenti contrastanti: da un lato il richiamo della propria terra, a partire dagli aspetti sensoriali come i colori (la luce solare nel suo riverbero di grillaia e di tufi , r. 1) e i profumi (il calore della terra che sa un odore , r. 4, e più avanti l’odore della casa, della riva, di mele marce, d’erba secca e di rosmarino , rr. 58-59), dei quali Anguilla si era quasi dimenticato, ma la cui memoria ora risale prepotentemente alla coscienza; dall’altro la delusione e quasi il disgusto che egli prova nello scoprire una povertà ancora più estrema e degradante di quella che un giorno aveva lasciato. Non a caso al posto del sé stesso bambino c’è ora un ragazzo malato, Cinto: in camicino e calzoni strappati, con una gamba divaricata, scostata in un modo innaturale (rr. 60-62), una crosta sotto l’occhio, le spalle ossute (r. 66). L’autore intreccia dunque due motivi contrapposti: «il ritrovamento di sé stesso, dell’antica radice, e insieme del cibo stento, dell’antica miseria, della diffidenza istintiva propria dei miserabili» (Gianni). Impressioni contrastanti Nella figura del Valino, (r. 25), (r. 27) e con la secco e nero, con gli occhi da talpa torbido faccia scura (r. 29), Anguilla vede l’immagine di quella che sarebbe probabilmente stata la sua vita se da giovane non se ne fosse andato dalle Langhe: un’esistenza di stenti, ai limiti della sopravvivenza, consumata a lavorare terre altrui. Eppure – riflette subito dopo il protagonista – a ben guardare la differenza tra lui e il Valino non è poi così profonda: io per il mondo, lui per quelle colline, avevamo girato girato, senza mai poter dire: “Questi sono i miei beni. Su questa trave invecchierò. Morirò in questa stanza” (rr. 47-49). I due personaggi, infatti, sperimentano la stessa mancanza di ancoraggio a valori certi e a un preciso significato del vivere, l’assenza di una stabilità, affettiva prima ancora che materiale, la quale sola potrebbe dare un senso all’esistenza. È proprio la percezione di tale carenza che ha spinto Anguilla a tornare al paese d’origine, anche se – come abbiamo visto – il percorso del rientro è tutt’altro che facile e scontato. Entrambi, inoltre, non possiedono beni propri, ossia beni ereditati da una famiglia; Anguilla perché è un (r. 10), il bastardo Valino perché la miseria lo costringe a essere un mezzadro “itinerante” (e infatti accenna ai numerosi poderi che ha cambiato). L’aspirazione alla stabilità >> pagina 556 Le scelte stilistiche Il primo aspetto che può essere rilevato nello stile del brano è la mimesi di forme e moduli tipici dell’oralità: i modi di dire gergali ( sa un odore , r. 4), gli anacoluti ( Di cascine, un po’ per scherzo un po’ sul serio, già diversi me n’hanno offerte , rr. 14-15), il doppio complemento oggetto ( Io che i concimi li ho venduti all’ingrosso, taglio corto , r. 20), la libertà del periodare che rende il parlato dei contadini ( Poi dicono i villani ci rubano, i villani sono gente perversa , r. 37). Tali soluzioni formali contribuiscono a restituire efficacemente un preciso ambiente sociale, quello degli umili personaggi del romanzo. La mimesi del parlato Tuttavia Pavese non si accontenta di rendere quel mondo in maniera diretta, cioè riproducendo la realtà così come essa è. Ciò si percepisce chiaramente se analizziamo lo stile più in profondità. La critica ha infatti messo in luce come l’andamento sintattico dell’opera sia scandito da un ritmo musicale, ottenuto tramite le cosiddette “frasi progressive”, costituite da due unità melodiche: la prima breve (cioè con un limitato numero di sillabe) e la seconda più ampia. A partire da questo modello troviamo periodi bipartiti, tripartiti, quadripartiti ecc. In particolare Pavese predilige le frasi tripartite. Per esempio (la barra separa le unità melodiche): Io sto a sentire, / con le mani dietro la schiena, / non tutti sanno che me ne intendo (rr. 15-16); Arrivai sotto il fico, / davanti all’aia, / e rividi il sentiero tra i due rialti erbosi (r. 50). In questo genere di frasi – come ha ben spiegato il linguista Gian Luigi Beccaria – ai due primi momenti sintattico-melodici, limitati e trattenuti, ne segue uno più ampio e articolato. La melodia della prosa Tale attenta elaborazione formale ci fa capire come a Pavese interessi, più che il realismo della rappresentazione, il lirismo della meditazione esistenziale, che viene sottolineato proprio dalle valenze sonore del testo. Perciò «la lingua attinge al dialetto entro prospettive del tutto diverse da quelle neorealiste. Le cadenze dialettali non sono il riflesso di una realtà indagata oggettivamente, ma entrano in una concezione della prosa organizzata come ritmo. Lo scopo è di ottenere un’alta densità di sguardo, di accompagnare il lettore in una sorta di rivelazione estatica della realtà: non della realtà in quanto tale, ma del “midollo” simbolico che occulta o che sottintende» (Tesio). Il ritorno “musicale” di moduli sintattici uguali (le unità melodiche descritte sopra) tende cioè a creare una monotonia e una costanza di forme attraverso cui si allude a una concezione del mondo fondata sull’immutabilità e sulla permanenza di miti e simboli eterni sempre uguali a sé stessi. Meditazione esistenziale e valori simbolici VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE Il brano si compone di tre momenti distinti: dividilo 1 nelle sequenze corrispondenti e riferisci sinteticamente che cosa accade in ciascuna. Sotto quale aspetto appare al protagonista il piccolo 2 Cinto? ANALIZZARE 3 Gridai che cercavo il Valino. Non c’era, era andato (rr. 72-73): in questo breve passaggio su per la riva sono utilizzate, una dopo l’altra, due diverse tecniche narrative; sapresti dire quali? Oltre a quelle segnalate nel commento, trova altre 4 espressioni che rimandano alla lingua parlata. Individua nel testo alcuni esempi di frasi tripartite 5 oltre a quelle già segnalate nell’analisi. INTERPRETARE Perché, a tuo giudizio, Anguilla dice che gli 6 piace (r. 21) quando vogliono vendergli una cascina? Quali sentimenti ti sembra che Anguilla provi nei 7 confronti del Valino? E quali per Cinto? SCRIVERE PER... ESPORRE Sulla base degli elementi ricavabili dal testo traccia 8 un succinto ritratto, fisico e psicologico, del Valino in un testo espositivo di circa 20 righe.