T1 La liberazione di Alba I ventitre giorni della città di Alba Il racconto da cui prende il titolo la raccolta   I ventitre giorni della città di Alba rievoca un episodio della lotta di liberazione dal nazifascismo avvenuto nelle  Langhe (per il quale la città piemontese si guadagnerà la medaglia d’oro al  valore militare per la Resistenza): il 10 ottobre 1944 i partigiani riescono a liberare  la città di Alba, restandovi fino al 2 novembre, quando sono costretti  a ritirarsi davanti al contrattacco delle truppe fasciste. Riportiamo le prime  pagine del racconto. I diversi colori della Resistenza Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944. Ai primi d’ottobre, il presidio repubblicano, sentendosi mancare il fiato per 1 la stretta che gli davano i partigiani dalle colline (non dormivano da settimane,       tutte le notti quelli scendevano a far bordello con le armi, erano esauriti gli stessi 5 2 borghesi che pure non lasciavano più il letto), il presidio fece dire dai preti ai 3 4 partigiani che sgomberava, solo che i partigiani gli garantissero l’incolumità dell’esodo. I partigiani garantirono e la mattina del 10 ottobre il presidio sgomberò. I repubblicani passarono il fiume Tanaro con armi e bagagli, guardando indietro 5     se i partigiani subentranti non li seguivano un po’ troppo dappresso, e qualcuno 10 senza parere faceva corsettine avanti ai camerati, per modo che, se da dietro si sparava un colpo a tradimento, non fosse subito la sua schiena ad incassarlo. Quando poi furono sull’altra sponda e su questa di loro non rimase che polvere ricadente, allora si fermarono e voltarono tutti, e in direzione della libera città di     Alba urlarono: «Venduti, bastardi e traditori, ritorneremo e v’impiccheremo tutti!».  15 Poi dalla città furon visti correre a cerchio verso un sol punto: era la truppa che si accalcava a consolare i suoi ufficiali che piangevano e mugolavano che si sentivano morire dalla vergogna. E quando gli parve che fossero consolati abbastanza tornarono a rivolgersi alla città e a gridare: «Venduti, bastardi…!» eccetera,     ma stavolta un po’ più sostanziosamente, perché non erano tutti 20 ▶  improperi quelli che mandavano, c’erano anche mortaiate che riuscirono a dare in seguito 6 un bel profitto ai conciatetti della città. I partigiani si cacciarono in porte e portoni, 7 i borghesi ruzzolarono in cantina, un paio di squadre corse agli argini da dove aprì un fuoco di mitraglia che ammazzò una vacca al pascolo sull’altra riva e fece     aria ai repubblicani che però marciaron via di miglior passo. 25 Allora qualcuno s’attaccò alla fune del campanone della cattedrale, altri alle corde delle campane dell’altre otto chiese di Alba e sembrò che sulla città piovesse scheggioni di bronzo. La gente, ferma o che camminasse, teneva la testa rientrata 8 nelle spalle e aveva la faccia degli ubriachi o quella di chi s’aspetta il solletico in     qualche parte. Così la gente, pressata contro i muri di via Maestra, vide passare i 30 partigiani delle Langhe. Non che non n’avesse visti mai, al tempo che in Alba era di guarnigione il II Reggimento Cacciatori degli Appennini e che questi tornavano dall’aver rastrellato una porzione di Langa, ce n’era sempre da vedere uno o due con le mani legate col fildiferro e il muso macellato, ma erano solo uno o due, 9     mentre ora c’erano tutti (come credere che ce ne fossero altri ancora?) e nella loro 35 miglior forma. TRECCANI ▶ Le parole valgono improperio Nel latino ecclesiastico gli   improperia sono i versetti che si cantano durante  l’adorazione della Croce il Venerdì Santo, e  nei quali si esprimono, con frasi d’ispirazione  biblica, i rimproveri del Signore al suo popolo,  contrapponendo i benefici elargiti da Dio alle  sofferenze inflitte a Cristo durante la Passione. Da qui, significa, nel linguaggio  improperio comune, “parola gravemente ingiuriosa”,  “insulto”, “villanìa” o anche “parola o frase con  cui si impreca”, e dunque “imprecazione”. Il sostantivo  è utilizzato quasi sempre al plurale.  Indica almeno due verbi che possano essere  ▶ utilizzati con questa parola. : il presidio militare  1 presidio repubblicano della Repubblica di Salò, il governo  fascista dell’Italia settentrionale alleato  degli occupanti tedeschi. : confusione. 2 bordello : civili. 3 borghesi : la Chiesa cattolica, in questo  4 dai preti come in altri momenti della guerra, fa da  mediatrice tra le diverse forze in campo. : fiume che bagna Alba e che costituiva  5 Tanaro il fronte del conflitto tra partigiani  e fascisti. : colpi di mortaio. 6 mortaiate : ai muratori, che avrebbero  7 ai conciatetti riparato i tetti danneggiati dai colpi  di artiglieria. 8 sembrò che sulla città piovesse scheggioni  di bronzo : «il suono assordante delle  campane sembra quasi materializzarsi,  assumendo la consistenza del bronzo»  (Giordano). : tumefatto per le percosse  9 macellato subite dai fascisti (qualora i partigiani prigionieri  fossero vivi) oppure devastato dai  colpi d’arma da fuoco (sommariamente  giustiziati se combattenti). Fu la più selvaggia parata della storia moderna: solamente di divise ce n’era per cento carnevali. Fece un’impressione senza pari quel partigiano semplice che passò rivestito dell’uniforme di gala di colonnello d’artiglieria cogli alamari neri e le 10     bande gialle e intorno alla vita il cinturone rossonero dei pompieri col grosso gancio. 40 Sfilarono i badogliani con sulle spalle il fazzoletto azzurro e i garibaldini 11 12 col fazzoletto rosso e tutti, o quasi, portavano ricamato sul fazzoletto il nome di battaglia. La gente li leggeva come si leggono i numeri sulla schiena dei corridori 13 ciclisti; lesse nomi romantici e formidabili, che andavano da Rolando a Dinamite.     Cogli uomini sfilarono le partigiane, in abiti maschili, e qui qualcuno tra la gente 45 cominciò a mormorare: «Ahi, povera Italia!», perché queste ragazze avevano delle facce e un’andatura che i cittadini presero tutti a strizzar l’occhio. I comandanti, che su questo punto non si facevano illusioni, alla vigilia della calata avevano dato ordine che le partigiane restassero assolutamente sulle colline, ma quelle li 14     avevano mandati a farsi fottere e s’erano scaraventate in città. 50 A proposito dei capi, i capi erano subito entrati in municipio per trattare col commissario prefettizio e poi, dietro invito dello stesso, si presentarono al balcone, 15 lentamente, per dare tutto il tempo ad un usciere di stendere per loro un ricco drappo sulla ringhiera. Ma videro abbasso la piazza vuota e deserti i balconi     dirimpetto. Sicché la guardia del corpo corse in via Maestra a spedire in piazza 55 quanti incontrava. A spintoni ne arrivò un centinaio, e stettero con gli occhi in alto ma con le braccia ciondoloni. Allora le guardie del corpo serpeggiarono in quel gruppo chiedendo tra i denti: «Ohei, perché non battete le mani?». Le batterono tutti e interminabilmente nonché di cuore. Era stato un attimo di sbalordimento:     su quel balcone c’erano tanti capi che in proporzione la truppa doveva 60 essere di ventimila e non di duemila uomini, e poi in prima fila si vedeva un capo che su dei calzoncini corti come quelli d’una ballerina portava un giubbone di pelliccia che da lontano sembrava ermellino, e un altro capo che aveva una divisa completa di gomma nera, con delle cerniere lampeggianti.     Intanto in via Maestra non c’era più niente da vedere: giunti in cima, i partigiani 65 scantonarono. Una torma, che ad ogni incrocio s’ingrossava, corse ai due 16 postriboli della città, con dietro un codazzo di ragazzini che per fortuna si fermarono sulla porta ad attendere pazientemente che ne uscisse quel partigiano la 17 cui divisa o la cui arma li aveva maggiormente impressionati. In quelle due case     c’erano otto professioniste che quel giorno e nei giorni successivi fecero cose da 70 medaglie al valore. Anche le maitresses furono bravissime, riuscirono a riscuotere 18 la gran parte delle tariffe, il che è un miracolo con gente come i partigiani abituata a farsi regalar tutto. : cordoncini colorati che ornano  10 alamari le divise militari. : i sostenitori del maresciallo  11 i badogliani Badoglio, che sotto la tutela angloamericana  presiedeva il governo dell’Italia del Sud, con  capitale Brindisi. Erano antifascisti, ma non  antimonarchici e repubblicani come i “rossi”. : i comunisti delle Brigate  12 i garibaldini Garibaldi. : il soprannome con  13 il nome di battaglia cui i partigiani si facevano chiamare per ragioni  di sicurezza (il fatto di non conoscere  l’identità anagrafica dei compagni riduceva  il rischio che, se catturati, potessero  confessare, magari piegati dalla tortura, i  nomi degli altri combattenti). 14 I comandanti… le partigiane restassero  assolutamente sulle colline : i capi, immaginando  il prevedibile giudizio moralistico  della cittadinanza sulle compagne partigiane  (viste come donne di costumi liberi),  avevano dato ordine che queste non  scendessero in città. : rappresentante  15 commissario prefettizio del governo (in questo caso quello  repubblichino). : folla, moltitudine. 16 torma : luoghi dove si esercita la  17 postriboli prostituzione, bordelli. : le tenutarie dei postriboli. 18 maitresses Ma non erano tutti a puttane, naturalmente, anzi i più erano in giro a requisir     macchine, gomme e benzina. Non senza litigare tra loro con l’armi fuor di sicura, 75 19 scovarono e si presero una quantità d’automobili con le quali iniziarono una emozionante scuola di guida nel viale di circonvallazione. Per le vie correvano partigiani rotolando pneumatici come i bimbi d’una volta i cerchi nei giardini pubblici. A conseguenza di ciò, la benzina dava la febbre a tutti. In quel primo     giorno e poi ancora, scoperchiavano le vasche dei distributori e si coricavano colla 80 pancia sull’asfalto e la testa dentro i tombini. «Le vasche sono secche, secche da un anno», giuravano i padroni, ma i partigiani li guardavano in cagnesco e dicevano di vedere i riflessi e che quindi la benzina c’era. I padroni cercavano di spiegare che i riflessi venivano da quelle due dita di benzina che restano in ogni vasca vuota,     ma che la pompa non pescava più. Allora i partigiani riempivano di bestemmie 85 le vasche e lasciavano i padroni a tapparle. Benzina ne scovarono dai privati, pochissima però, la portavano via in fiaschi. Quel che trovarono in abbondanza fu etere, solvente ed acquaragia coi quali combinarono miscele che avvelenarono 20 21 22 i motori.     Altri giravano con in mano un elenco degli ufficiali effettivi, e di complemento, 90 23 della città, bussavano alle loro porte vestiti da partigiani e ne uscivano poi bardati da tenenti, capitani e colonnelli. Invadevano subito gli studi dei fotografi e posavano in quelle divise, colla faccia da combattimento che spaccava l’obiettivo. Intanto, nel Civico Collegio Convitto che era stato adibito a Comando Piazza,     i comandanti sedevano davanti a gravi problemi, di difesa, di vettovagliamento e 95 di amministrazione civile in genere. Avevano tutta l’aria di non capircene niente, qualche capo anzi lo confessò in apertura del consiglio, segretamente si facevano l’un l’altro una certa pena perché non sapevano cosa e come deliberare. Comunque deliberarono fino a notte.   Quella prima notte d’occupazione passò bianca per civili e partigiani. Non si 100 può chiuder occhio in una città conquistata ad un nemico che non è stato battuto. E se il presidio fuggiasco avesse cambiato idea, o avesse incontrato sulla sua strada chi gliel’avesse fatta cambiare, e cercasse di rientrare in Alba quella notte stessa? I borghesi nell’insonnia ricordavano che la sera, nel primo buio, quel pericolo era   nell’aria e stranamente deformava le case e le vie, appesantiva i rumori, rendeva 105 la città a momenti irriconoscibile a chi c’era nato e cresciuto. E i partigiani, che in collina riuscivano a dormire seduti al piede d’un castagno, sulle brande della caserma non chiusero occhio. Pensavano, e in quel pensare che a tratti dava nell’incubo, Alba gli pareva una grande trappola colle porte già abbassate. Era l’effetto   del sentirsi chiusi per la prima volta; le ronde che viaggiavano per la città nel 110 24 fresco della notte erano molto più tranquille e spensierate. Non successe niente, come niente successe negli otto giorni e nelle otto notti che seguirono. Accadde solo che i borghesi ebbero campo d’accorgersi che i 25 partigiani erano per lo più bravi ragazzi e che come tali avevano dei brutti difetti,   e che in materia di governo civile i repubblicani erano più competenti di loro. 115 Accadde ancora che uno di quei giorni, all’ora di pranzo, da Radio Torino si sentirono i capi fascisti del Piemonte alternarsi a giurare che l’onta di Alba sarebbe stata lavata, rovesciata la barbara dominazione partigiana eccetera eccetera. : cordoncini colorati che ornano  10 alamari le divise militari. : i sostenitori del maresciallo  11 i badogliani Badoglio, che sotto la tutela angloamericana  presiedeva il governo dell’Italia del Sud, con  capitale Brindisi. Erano antifascisti, ma non  antimonarchici e repubblicani come i “rossi”. : i comunisti delle Brigate  12 i garibaldini Garibaldi. : il soprannome con  13 il nome di battaglia cui i partigiani si facevano chiamare per ragioni  di sicurezza (il fatto di non conoscere  l’identità anagrafica dei compagni riduceva  il rischio che, se catturati, potessero  confessare, magari piegati dalla tortura, i  nomi degli altri combattenti). 14 I comandanti… le partigiane restassero  assolutamente sulle colline : i capi, immaginando  il prevedibile giudizio moralistico  della cittadinanza sulle compagne partigiane  (viste come donne di costumi liberi),  avevano dato ordine che queste non  scendessero in città. : rappresentante  15 commissario prefettizio del governo (in questo caso quello  repubblichino). : folla, moltitudine. 16 torma : luoghi dove si esercita la  17 postriboli prostituzione, bordelli. : le tenutarie dei postriboli. 18 maitresses : pronte a sparare. 19 fuor di sicura : liquido normalmente utilizzato  20 etere come anestetico. : solvente per vernici. 21 acquaragia : danneggiarono. 22 avvelenarono : i primi sono  23 effettivi, e di complemento gli ufficiali di carriera (cioè di professione),  i secondi quelli richiamati soltanto in caso  di necessità (come durante una guerra). : le pattuglie incaricate di perlustrare  24 le ronde la città durante la notte. : ebbero modo. 25 ebbero campo  >> pagina 576  ANALISI ATTIVA I contenuti tematici La liberazione di Alba per mano dei partigiani viene descritta da Fenoglio senza alcuna  retorica, anzi con toni nettamente demistificatori. L’entrata in città dei partigiani vittoriosi  è descritta come la più selvaggia parata della storia moderna (r. 37). Per sottolineare  la presenza all’interno del fronte antifascista di componenti eterogenee (spesso tra loro  ferocemente avverse), l’autore si sofferma su un’impressione visiva e la traduce in un’espressione  molto forte, che indirettamente equipara quel corteo a qualcosa di buffonesco:  di divise ce n’era per cento carnevali (rr. 37-38). I capi, inoltre, sono molto più numerosi di quanto la truppa lascerebbe supporre ( su  quel balcone c’erano tanti capi che in proporzione la truppa doveva essere di ventimila e  non di duemila uomini , rr. 60-61). I partigiani, in preda alla frenesia sessuale, dopo settimane  o mesi di solitudine, accorrono alle case di tolleranza; altri non esitano a requisire  automobili, pneumatici e benzina (per la causa o per uso personale?); altri ancora si fanno  consegnare le divise dagli ufficiali dell’esercito regolare per indossarle e pavoneggiarsi  davanti a una macchina fotografica. Infine il narratore si sofferma sull’incapacità amministrativa  di cui, sin dai primi giorni di governo della città, i comandanti danno prova  ( Avevano tutta l’aria di non capircene niente, […] non sapevano cosa e come deliberare. , rr. 96-99). Comunque deliberarono fino a notte Una parata antieroica Non è la prima volta che gli abitanti di Alba vedono i partigiani: ma come erano abituati a vederli,  1. prima della presa della città? Che ruolo hanno i colori nella descrizione dell’ingresso delle brigate partigiane in città? A che cosa  2. vengono paragonati i nomi scritti sui fazzoletti? La frase (rr. 72-73) quale punto  3. è un miracolo con gente come i partigiani abituata a farsi regalar tutto di vista rispecchia? Quando il racconto fu pubblicato, nel 1952, erano numerosi i diari, le testimonianze, i memoriali,  le celebrazioni. Perciò di fronte a un testo come questo di Fenoglio – ha ricordato  la scrittrice Gina Lagorio – «si gridò alla dissacrazione della Resistenza, perché non si era  abituati alla corrosione del grottesco, tanto più in un terreno che grondava sangue […];  ma nacque anche l’ammirazione per quel suo stile capace di contenere l’emozione […],  capace di separare con beffardo distacco ciò che è parata e schiamazzo, dai fatti e dalle  ragioni dolorosamente vive sotto quella scorza inaccettabile al suo gusto». È chiaro da che parte sta Fenoglio, che aveva militato in prima persona nelle brigate  partigiane, anche se non esita a descriverle in maniera realistica e niente affatto celebrativa.  D’altronde non emerge alcuna simpatia verso i fascisti, i quali – al contrario – sono  rappresentati nella prima parte del brano come dei vigliacchi che, dopo essere usciti  mogi e silenziosi da Alba, prorompono in insulti e sparano colpi di artiglieria verso la città  quando ormai sono al sicuro sull’altra sponda del Tanaro. La loro viltà si esprime anche  nel comportamento di chi corre avanti agli altri per far sì che un eventuale sparo alle  spalle colpisca un altro camerata e non lui. L’antipatia per i fascisti  >> pagina 577  La presa di Alba da parte dei partigiani avviene a seguito di che cosa? Come viene descritto il comportamento  4. dei fascisti in quella situazione? Quale effetto produce l’uso del diminutivo corsettine (r. 11) nel descrivere la fuga dei fascisti da Alba? 5. Va detto che il seguito del racconto celebra, specialmente nella parte conclusiva, l’eroismo  e l’abnegazione dei pochi partigiani che rimangono ai loro posti anche a costo della vita, nel  tentativo di impedire che Alba torni in mano ai fascisti. Al di là dei contenuti ideologici, ciò  che interessa allo scrittore è mettere a fuoco «la condizione esistenziale di sempre dell’uomo,  il suo essere esposto alla violenza dei propri simili e della natura, il suo egoismo gretto e  meschino, la superbia e la paura; ma soprattutto l’opposizione tra i pochi eroi del bene, isolati  in solitaria e sovrumana grandezza, e i molti vili» (Boggione). È questo un tema che compare  già all’inizio del racconto, in quella sproporzione, volutamente rimarcata, tra i   duemila che prendono Alba e i duecento che rimarranno a difenderla, seppure invano, sino alla fine. La celebrazione dei vinti Quale effetto crea, nel lettore, l’anticipazione contenuta nell’ del racconto? 6. incipit Sono gli stessi borghesi di Alba ad accorgersi 7. che i partigiani erano per lo più bravi ragazzi e che  (rr. 113-114). Quali comportamenti tra quelli descritti, puoi associare  come tali avevano dei brutti difetti all’uno o all’altro concetto? Le scelte stilistiche Due sono le modalità espressive che emergono con maggiore evidenza: il tono colloquiale e l’approccio ironico del narratore ai fatti raccontati. Il primo aspetto si nota sia sul piano lessicale, con l’alto numero di vocaboli e modi di dire tipici del parlato, sia su quello sintattico, con il ricorso a costrutti propri dell’oralità: la ripresa pleonastica del complemento oggetto già nell’ incipit Alba la presero in duemila (r. 1); locuzioni gergali come far bordello (r. 5); l’uso di gli al posto del pronome di terza persona plurale “loro” (per esempio, rr. 7 e 18); il che polivalente (per esempio, rr. 7 e 17) invece della congiunzione causale “poiché”; le espressioni scurrili li avevano mandati a farsi fottere (rr. 49-50) e non erano tutti a puttane (r. 74) ecc. La colloquialità del dettato ha la funzione di distanziare emotivamente vicende drammatiche a cui lo scrittore stesso aveva preso parte, per renderle in maniera più oggettiva, mostrando la miscela di eroismo e di opportunismo, di valore e di mediocrità, di coraggio e di meschinità, che caratterizzò i comportamenti e gli atteggiamenti dei singoli. Tuttavia, il linguaggio presente in questo testo non è neutro o cronachistico, bensì fortemente espressivo. Colloquialità… Individua nel testo alcuni esempi di linguaggio colloquiale e scurrile. 8. L’ironia si diffonde uniformemente nel modo in cui sono descritti sia i comportamenti dei  partigiani sia quelli dei loro avversari: per esempio sotto forma di iperbole, per cui la ritirata  dei fascisti diventa un esodo (rr. 7-8, con l’indiretta assimilazione del Tanaro al Mar  Rosso); con la sottolineatura dell’effetto degli spari sulla retroguardia fascista ( un paio di  squadre […] aprì un fuoco di mitraglia che […] fece aria ai repubblicani che però marciaron  via di miglior passo , rr. 23-25); attraverso i commenti maligni della gente sulle donne  partigiane ( Ahi, povera Italia! , r. 46); con le numerose richieste di prestazioni a cui vengono  sottoposte le prostitute ( otto professioniste che quel giorno e nei giorni successivi fecero  cose da medaglie al valore , rr. 70-71); nella scena dei partigiani che scappano dopo  aver requisito gli pneumatici ( Per le vie correvano partigiani rotolando pneumatici come  i bimbi d’una volta i cerchi nei giardini pubblici , rr. 77-79). In tal modo i momenti descritti  assumono un tono comico che tende anch’esso a demistificare la materia resistenziale. … e ironia Quali comportamenti dei partigiani sono descritti con tono ironico e divertito? 9.  Metti a confronto questo brano con quello di Cesare Pavese tratto dal  10.  SCRIVERE PER CONFRONTARE romanzo ( T3, p. 545), individuando analogie e differenze sia nel contenuto sia nel  La casa in collina ▶ tono del narratore.