CONSONANZE CONTEMPORANEE Luca Ottolenghi SULLE TRACCE DELLA RESISTENZA Quali significati può rivestire la Resistenza per un  giovane scrittore di oggi? Nel suo romanzo d’esordio,  (2017), Luca Ottolenghi (n. 1983) mette in  Questa terra scena una vicenda che fa dell’antifascismo la propria  bandiera. Dopo la morte della madre, per elaborare  il lutto, il protagonista, il diciannovenne Francesco  Bassano detto Frank, decide di partire per la Val d’Ossola,  alla ricerca delle tracce di un nonno partigiano morto  alla fine della guerra. Giunto in montagna, conosce un  ragazzo in possesso di una vecchia mappa, grazie alla  quale troverà le armi nascoste dal nonno e anche un suo  diario dei giorni di guerra. Recandosi nei luoghi della  Resistenza, Frank comprende la durezza delle condizioni  di vita dei partigiani: ragazzi come lui, che si erano  trovati a vivere una stagione eccezionale della nostra  Storia. “Resistere” significa affrontare le difficoltà, ma  soprattutto, in senso simbolico, opporsi ai soprusi, alla  violenza, alla coercizione delle vecchie e nuove dittature. La sera mi colse impreparato: non avevo nulla con cui  farmi un fuoco. Mi appoggiai a un tronco e mi rannicchiai,  a farmi compagnia solo il fragore lontano della cascata.  Il vento s’insinuava tra le gambe e il petto. Non era  più così caldo come quando ero arrivato. Allora pensai a mio nonno. E mi rialzai. Chiamai a raccolta le ultime energie rimaste. Strappai  tutti i rami d’abete e le felci che riuscii e li ammonticchiai  accanto a una roccia per coprirmi durante la notte:  sarebbe stato il mio giaciglio. Attesi la notte come si attende il nemico. Cercai di  muovermi il più possibile per riscaldarmi, mentre a mente  recitavo come un mantra le parole di Whitman, «La celeste  potenza, la celeste potenza...», finché l’adrenalina e  la tensione si sciolsero in stanchezza, e mi raggomitolai  nella mia tana, con le gambe accovacciate al petto. Non c’è niente di più terrificante di una notte trascorsa  da soli nel bosco. Mentre io tentavo di dormire  l’oscurità si animava. Era pieno di rumori, soprattutto  di rametti spezzati: come se dei passi li stessero calpestando.  Qualche animale venne a sniffare appena fuori  dal mio giaciglio. Un cinghiale? Una volpe affamata? Un  tasso, forse. [...] Quando mi svegliai ripresi la marcia. Salii nella direzione  prefissata il giorno prima. Iniziò a piovere. Sempre più forte. Rivoli d’acqua  scorrevano lungo il pendio, sul quale arrancavo con la  forza della disperazione. Raggiunsi un pianoro, sul quale  trovai finalmente un alpeggio, come un miraggio. Ma il  sollievo fu subito stroncato da uno scoppio assordante,  esploso proprio a pochi passi davanti a me. Un fulmine!  Corsi verso la baita, tentai di aprire la porta ma era chiusa.  Allora la presi a calci, ma non si mosse. Presi la rincorsa  e tentai di sfondarla a spallate. Una, due, tre volte. Ma  ottenni solo una botta tremenda alla spalla. Mi arresi e  mi rannicchiai sotto lo sporto del tetto, mentre davanti a  me si sfogava la collera del cielo, abbattendosi sugli alberi  in saette rossastre. Alcuni rami addirittura fumavano. Il  cielo sembrava bruciare. La pioggia cessò dopo un paio d’ore, che trascorsi  esposto al vento freddo. Quando ripresi a camminare avvertii  i primi sintomi della febbre. La visuale era coperta  da un banco di nubi basse e dense; dal pendio alla mia  destra provenivano belati e scampanellii. Un gregge! Vidi  il pastore e le pecore stagliarsi gradualmente dal fondo  della nebbia. Gli corsi incontro con le gambe morse dalla  febbre, una spalla fuori uso e i piedi martoriati. Lo riconobbi, era il signore che ci aveva venduto le  gerle! Appena mi vide fece un mezzo sorriso. «Sei Bassano, vero?», mi chiese. Annuii. «Si vede. Conoscevo tuo nonno, ero con lui in guerra». «Allora, in nome di mio nonno, mi riporti al sentiero  per favore, mi sono perso», lo implorai, tremando come  una foglia. In braccio teneva una pecorella appena nata, me la  diede per riscaldarmi. La presi e la strinsi a me, accarezzandola.  Gli chiesi se avesse qualcosa da mangiare. Mi  diede acqua e del formaggio. [...] Era stranamente loquace  e gentile, e iniziò a parlarmi di mio nonno. Ma io  non ascoltai neanche una sillaba, galleggiavo nel calore  della febbre. Stavo quasi delirando: «Perdonaci, nonno,  non siamo stati capaci di cambiare il mondo come voi  partigiani...». (Luca Ottolenghi, , Iemme Edizioni, Napoli 2017) Questa terra PER DISCUTERNE Nel romanzo di Ottolenghi la Resistenza rappresenta  per il protagonista un’uscita dal proprio io, per  abbracciare più larghe istanze collettive e sociali.  Ma, in generale, da dove nasce, secondo te,  l’esigenza di ripercorrere il passato, alla scoperta  delle proprie radici, non solo familiari ma anche ideali  e politiche? È un’aspirazione che condividete anche  tu e i tuoi coetanei? Discutine in classe.