T1 La mamma , II, cap. 5 La cognizione del dolore Il luogo in cui trova migliore espressione il complesso rapporto tra Gadda e  la madre è il romanzo La cognizione del dolore , che somiglia molto a un processo  in cui l’autore interpreta «tutte le parti: di pubblico accusatore, di colpevole,  di innocente, di difensore e di giudice» (Citati), esagerando le proprie  colpe fino al punto di calunniarsi e descriversi come patricida e matricida. Tra  queste pagine di disperata violenza, ad apertura della seconda parte del romanzo,  emerge proprio la figura sulla quale si appunta tutta la rabbia dello  scrittore: la madre. L’uragano e il dolore per la morte del figlio , sola, nella casa. Ed erano quei muri, quel rame, tutto ciò che le era rimasto? ▶  Vagava 1 di una vita. Le avevano precisato il nome, crudele e nero, del monte: dove era caduto: e l’altro, desolatamente sereno, della terra dove lo avevano portato e dimesso, 2 col volto ridonato alla pace e alla dimenticanza, privo di ogni risposta, per sempre.       Il figlio che le aveva sorriso, brevi primavere! che così dolcemente, passionatamente, 5 l’aveva carezzata, baciata. Dopo un anno, a Pastrufazio, un sottufficiale d’arma le 3 4 si era presentato con un diploma, le aveva consegnato un libercolo, pregandola di voler apporre la sua firma su di un altro brogliaccio: e in così dire le aveva porto 5 una matita copiativa. Prima le aveva chiesto: «è lei la signora Elisabetta François?». 6     Impallidendo all’udir pronunziare il suo nome, che era il nome dello strazio, aveva 10 7 risposto: «sì, sono io». Tremando, come al feroce rincrudire d’una condanna. A cui, 8 dopo il primo grido orribile, la buia voce dell’eternità la seguitava a chiamare. Avanti che se ne andasse, quando con un tintinnare della catenella raccolse a 9 sé, dopo il registro, anche la spada luccicante, ella gli aveva detto come a trattenerlo:     «posso offrirle un bicchiere di Nevado?»: stringendo l’una nell’altra le mani 15 10 scarne. Ma quello non volle accettare. Le era parso che somigliasse stranamente a chi aveva occupato il fulgore breve del tempo: del consumato tempo. I battiti del cuore glie lo dicevano: e sentì di dover riamare, con un tremito dei labbri, la riapparita presenza: ma sapeva bene che nessuno, nessuno mai, ritorna.     Vagava nella casa: e talora dischiudeva le gelosie d’una finestra, che il sole 20 11 12 entrasse, nella grande stanza. La luce allora incontrava le sue vesti dimesse, quasi povere: i piccoli ripieghi di cui aveva potuto medicare, resistendo al pianto, l’abito umiliato della vecchiezza. Ma che cosa era il sole? Quale giorno portava? sopra i latrati del buio. Ella ne conosceva le dimensioni e l’intrinseco, la distanza dalla 13 14 15     terra, dai rimanenti pianeti tutti: e il loro andare e rivolvere; molte cose aveva 25 16 imparato e insegnato: e i matemi e le quadrature di Keplero che perseguono nella 17 vacuità degli spazî senza senso l’ellisse del nostro disperato dolore. 18 19 TRECCANI ▶ Le parole valgono Per estensione, il verbo può essere applicato vagare Si può dire che un giovane vaga per il mondo in cerca di fortuna, oppure che dei cavalli bradi per la prateria. In ogni caso, vagano vuol dire andare qua e là, spostarsi da vagare luogo a luogo senza direzione o meta prestabilita, e in genere senza regolarità e continuità. anche a cose inanimate: come, per esempio, nuvole che per il cielo. Questo verbo vagano ▶ conosce anche un uso figurato (come insegna Foscolo: « mi fai co’ miei pensier su l’orme Vagar / che vanno al nulla eterno»). Sapresti indicare qualche espressione che lo contenga? : pentole, padelle e utensili da  1 quel rame cucina, che all’epoca erano spesso in rame  e che venivano appesi al muro. : condotto e sepolto. 2 portato e dimesso : è la capitale del Maradagàl  3 Pastrufazio e corrisponde nella realtà a Milano. : della gendarmeria territoriale  4 d’arma (N.d.A.). : registro. 5 brogliaccio : nella prima versione,  6 Elisabetta François apparsa sulla rivista “Letteratura”,  il nome della donna è Adelaide François,  in esplicito riferimento ai nomi veri della  madre (Adele) e del padre (Francesco)  dello scrittore. : perché la identificava  7 il nome dello strazio come la madre del ragazzo morto. : inasprirsi. 8 rincrudire : Prima che  9 Avanti che se ne andasse se ne andasse. : qualità di vino bianco. 10 Nevado : persiane. 11 gelosie : affinché. 12 che : la sinestesia fa  13 sopra i latrati del buio riferimento al buio della morte. : si riferisce al sole. 14 ne : la natura chimica e fisica. 15 l’intrinseco : girare. 16 rivolvere :  17 i matemi e le quadrature di Keplero i hanno il significato di formule e  matemi calcoli molto difficili, mentre “quadratura”  è un antico termine tecnico che indica  la soluzione delle equazioni differenziali. : destituiti  18 che perseguono… senza senso di apparato sensorio e quindi di sensitiva  (N.d.A.), ossia incapaci di provare sensazioni. : la misurazione dell’orbita  19 l’ellisse… dolore della Terra diventa metaforicamente  la misura del dolore umano. Vagava, nella casa, come cercando il sentiero misterioso che l’avrebbe condotta ad incontrare qualcuno: o forse una solitudine soltanto, priva d’ogni pietà e d’ogni     imagine. Dalla cucina senza più fuoco alle stanze, senza più voci: occupate da 30 poche mosche. E intorno alla casa vedeva ancora la campagna, il sole. Il cielo, così vasto sopra il tempo dissolto, si adombrava talora delle sue cupe 20 nuvole; che vaporavano rotonde e bianche dai monti e cumulate e poi annerate 21 ad un tratto parevano minacciare chi è sola nella casa, lontani i figli, terribilmente. 22     Ciò accadde anche nello scorcio di quella estate, in un pomeriggio dei primi 35 di settembre, dopo la lunga calura che tutti dicevano sarebbe durata senza fine: trascorsi una diecina di giorni da quando aveva fatto chiamare la custode, con le chiavi: e, da lei accompagnata, era voluta discendere al Cimitero. Quella minaccia 23 la feriva nel profondo. Era l’urto, era lo scherno di forze o di esseri non conosciuti,     e tuttavia inesorabili alla persecuzione: il male che risorge ancora, ancora 40 24 e sempre, dopo i chiari mattini della speranza. Ciò che più la soleva sgomentare fu sempre il malanimo impreveduto di chi non avesse cagione alcuna da odiarla, o 25 da offenderla: di quelli a cui la sua fiducia così pura si era così trasportatamente 26 rivolta, come ad eguali e a fratelli in una superiore società delle anime. Allora ogni     soccorrevole esperienza e memoria, valore e lavoro, e soccorso della città e della 45 gente, si scancellava a un tratto dalla desolazione dell’istinto mortificato, l’intimo vigore della consapevolezza si smarriva: come di bimba urtata dalla folla, travolta. 27 La folla imbarbarita degli evi persi, la tenebra delle cose e delle anime erano 28 un torbido enigma, davanti a cui si chiedeva angosciata – (ignara come smarrita     bimba) – perché, perché. 50 L’uragano, e anche quel giorno, soleva percorrere con lunghi ululati le gole paurose delle montagne, e sfociava poi nell’aperto contro le case e gli opifici degli 29 uomini. Dopo ogni tetro accumulo di sua rancura, per tutto il cielo si disfrenava alle folgori, come nel guasto e nelle rapine un capitanaccio dei lanzi a gozzovigliare tra     sinistre luci e spari. Il vento, che le aveva rapito il figlio verso smemoranti cipressi, 55 30 31 ad ogni finestra pareva cercare anche lei, anche lei, nella casa. Dalla finestretta delle scale, una raffica, irrompendo, l’aveva ghermita per i capegli: scricchiolavano 32 33 da parer istiantare i pianciti e le loro intravature di legno: come fasciame, come 34 di nave in fortuna: e gli infissi chiusi, barrati, gonfiati da quel furore del di fuori. 35     Ed ella, simile ad animale di già ferito, se avverta sopra di sé ancora ed ancora le 60 36 trombe efferate della caccia, si raccolse come poteva nella sua stremata condizione 37 a ritrovare un rifugio, da basso, nel sottoscala: scendendo, scendendo: in un canto. 38 Vincendo paurosamente quel vuoto d’ogni gradino, tentandoli uno dopo l’altro, col piede, aggrappandosi alla ringhiera con le mani che non sapevano più prendere,     scendendo, scendendo, giù, giù, verso il buio e l’umidore del fondo. 65 39 : consumato. 20 dissolto :  21 si adombrava talora delle sue cupe nuvole le nuvole fanno ombra al cielo stesso,  rendendolo più cupo. : le nuvole,  22 che vaporavano… ad un tratto prima bianche e rotonde, diventano  improvvisamente nere, minacciando il  temporale. Il verbo “cumulare” infatti indica  la trasformazione delle nuvole in cumuli- nembi, tipici dei temporali. : l’incombere del temporale. 23 Quella minaccia : nella. 24 alla : ragione. 25 cagione : con trasporto. 26 trasportatamente :  27 Allora ogni soccorrevole… si smarriva tutte le certezze della donna (la   consapevolezza di ciò che aveva fatto per gli  altri) vengono meno di fronte al terrore. : le genti barbare del  28 La folla… persi passato ( ). evi persi : fabbriche. 29 opifici : dopo aver raccolto la sua  30 Dopo… spari rabbia e il suo rancore ( ), l’uragano  rancura esplode violentemente in una tempesta  di fulmini, come avrebbe potuto fare  un losco capitano dei lanzichenecchi ( )  lanzi intento alle sue razzie tra lampi e spari  di pistola. Anche in questo caso il verbo  “accumulare” rimanda al cumulo-nembo. : il vento della morte  31 Il vento… cipressi che le aveva portato via il figlio conducendolo  verso il cimitero. I sono  cipressi poiché simboleggiano l’oblio  smemoranti causato dalla morte. : afferrata. 32 ghermita : capelli. 33 capegli : le liste di legno  34 scricchiolavano… legno (le ) del pavimento ( )  intravature pianciti scricchiolavano tanto da sembrare che stessero  per cedere e schiantarsi ( ). istiantare : come il rivestimento  35 come fasciame… fortuna della struttura di una nave che si  trova in pericolo, in balia della sorte. È una  citazione dantesca («ond’ el piegò come  nave in fortuna», , XXXII, 116). Purgatorio : quando sente. 36 se avverta : i crudeli suoni dei  37 le trombe… caccia corni da caccia. : in un angolo. 38 in un canto : umidità. 39 umidore  >> pagina 655  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici In questo capitolo la madre entra per la prima volta direttamente sulla scena del romanzo:  in precedenza era stata soltanto evocata nei discorsi degli abitanti di Lukones o nelle  parole di Gonzalo. Le prime due sequenze sono incentrate sulla rievocazione accorata  della perdita del figlio in guerra, un ricordo che sembra tormentare senza requie la povera  donna, incapace di trovare altra ragione di vita. Il dolore è così devastante da essere ormai  indissolubilmente racchiuso in semplici nomi: quello del monte su cui l’aereo del soldato  è precipitato e quello del luogo in cui è stato seppellito il corpo (rr. 2-3). È sufficiente  ascoltare quei nomi perché essa ripiombi nell’abisso dell’assenza del figlio prediletto e  perché si scatenino in lei il pianto e lo strazio. Il ricordo del figlio morto La donna si muove nella casa senza sapere dove andare o cosa fare: il termine viene  vagava usato ben tre volte, nel primo, terzo e quarto capoverso, a esprimere la mancanza di  scopo e di direzione. Sia le cose sia i gesti denotano una quotidianità ormai privata, per  sempre, di senso: le pentole di rame appese al muro ( tutto ciò che le era rimasto? di una  vita , rr. 1-2), le persiane aperte per far entrare il sole ( Ma che cosa era il sole? Quale giorno  portava? sopra i latrati del buio , rr. 23-24), la cucina vuota ( senza più fuoco alle stanze,  senza più voci , r. 30), regno ormai soltanto delle mosche, sinistre presenze che Gadda  evoca molto spesso come simbolo di morte. Vagare senza una meta Nel secondo capoverso compare un elemento che cela un significato psicanalitico profondo.  La donna sembra riconoscere nel sottufficiale il figlio perduto, tanto che risorge  in lei il desiderio di amare. Si tratta però di un’illusione, in quanto non soltanto quel figlio  non tornerà più (rapito dal vento verso smemoranti cipressi , rr. 55-56), ma anche l’altro  – Gonzalo – è ormai lontano, terribilmente lontano (rr. 34-35). I due figli, per ragioni diverse,  sono sullo stesso piano, ormai irraggiungibili, e nel suo destino di madre perduta,  nel suo sentiero misterioso (r. 28) ci sono esclusivamente tristezza e abbandono. Non a  caso, mentre un uragano si avvicina, la donna viene descritta come una bimba indifesa e  sgomenta davanti all’infuriare della tempesta che incombe drammaticamente, emblema  di una vita straziata e agonizzante. È rimasta sola ad affrontare la vita, perché il figlio sopravvissuto  non è che un estraneo, un misantropo incapace di affetto, a sua volta vittima  disgraziata di un oscuro e incomunicabile rovello interiore. Una speranza disattesa Le scelte stilistiche La figura tragica della donna viene avvolta da un linguaggio dolente ed evocativo, fatto  di avverbi e termini rari e preziosi ( dimenticanza , r. 4; riapparita , rr. 18-19; imagine , r. 30;  vaporavano , r. 33; trasportatamente , r. 43; umidore , r. 65), sintagmi di lirica bellezza che  prediligono la struttura aggettivonome- complemento ( feroce rincrudire  d’una condanna , r. 11; buia voce  dell’eternità , r. 12) o nome-aggettivo- complemento ( fulgore breve del  tempo , r. 17; abito umiliato della vecchiezza ,  rr. 22-23). La prosa tende al  verso poetico, con la ripetizione di  alcuni vocaboli a rafforzare l’ineluttabilità  della perdita ( nessuno, nessuno  mai, ritorna , r. 19; il male che  risorge ancora, ancora e sempre ,  rr. 40-41) e l’impiego anaforico di quel  vagava posto a inizio di tre capoversi  per richiamare l’ossessiva ripetizione  dei gesti e dei comportamenti in cui  la donna è piombata dopo la tragedia,  incapace di uscire dall’orbita di  quella sofferenza ( l’ellisse del nostro  disperato dolore , r. 27). Un lirico omaggio alla madre Vincent van Gogh, , 1889. Otterlo, Museo Kröller-Müller. La Berceuse  >> pagina 656  È uno stile che si mantiene alto e che lascia poco spazio al pastiche : uno stile che al tempo stesso omaggia la madre, i suoi gusti di donna colta e di insegnante, e la immerge in un tessuto lessicale ricchissimo, in una cadenza ritmica che sembra ripeterne il pianto, con l’uso intenso della punteggiatura che spezza continuamente la frase come in un continuo singhiozzo: Vagava, / sola, / nella casa. / Ed erano quei muri, / quel rame, / tutto ciò che le era rimasto? / di una vita (rr. 1-2). Soltanto dopo queste prime sequenze, e poi nel resto del capitolo, i periodi diventano più lunghi, dando di nuovo spazio al racconto. Come in un pianto Da notare è anche il tempo verbale scelto. L’imperfetto infatti, specialmente nei primi capoversi, rende l’azione in movimento e confonde i momenti temporali in un fluire continuo di passato, presente e futuro, restituendo il senso del non finito e il groviglio di sensazioni e dolore che segna la madre nella sua progressiva «cognizione del dolore» della vita. Il tempo imperfetto VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE Suddividi il brano in sequenze e riassumilo. 1 ANALIZZARE Il testo è ricco di ripetizioni e di anafore. Individuane  2 almeno cinque e specificane il significato. Quali sono gli elementi stilistici che accentuano  3 il tono poetico e struggente del brano? Fai qualche  esempio. INTERPRETARE Quali sono gli elementi autobiografici che Gadda  4 inserisce in queste pagine? A un certo punto Gadda parla di 5 tempo dissolto  (r. 32): perché? Che significato ha il tempo all’interno  del brano? Come descriveresti la figura della madre dal punto  6 di vista emotivo e psicologico? Completa la tabella. Elementi fisici Elementi psicologici