Educazione CIVICA – Pagine di realtà C’era una volta la borghesia Nella sua opera Gadda ha anticipato una netta critica alla borghesia, oggetto degli strali satirici e sarcastici dello scrittore, ma sarà soprattutto negli anni Sessanta e Settanta del Novecento che – in concomitanza con i movimenti di contestazione giovanile e studentesca – “borghese” diventerà, nel comune parlare (e nel comune sentire), quasi una sorta di insulto. In un articolo dai toni ironici e divertiti, la giornalista Elvira Seminara (n. 1959) ripercorre quel cambiamento di mentalità, esemplificandolo attraverso una serie di emblematici riferimenti alla cultura, alla moda e al costume, per individuare poi, nell’ultimo decennio del secolo scorso, la tendenza a un ritorno alla mentalità borghese. “Era l’insulto peggiore: «Sei un borghese». Se volevi offendere qualcuno con perfida eleganza, e dirgli insieme, con una sola emissione di fiato, «Sei meschino ottuso conformista gretto materialista ipocrita opportunista e bigotto», non c’era di meglio. Bastava dirlo piano, «Sei un borghese», senza nemmeno scomporsi (cioè con misura borghese), e il colpo arrivava dritto, ovunque, grazie anche al suono simile in francese o inglese. È stato il 1968 a mostrarci non solo quanto fosse greve essere borghese (ancor peggio: piccolo-borghese), ma quanto il virus fosse pericoloso, perché il borghese si nascondeva ovunque, era metamorfico, obliquo e infido quanto più era decoroso e gentile, e dunque poteva influenzarti e corrompere. Tanto più se il borghese – con corna e coda e lingua biforcuta – allignava dentro di te. Diciamolo, e senza vergogna: eravamo tutti borghesi inorriditi dall’essere borghesi, atterriti o vergognosi del nascosto in noi. Lo spettro della borghesia bourgeois 1 alitava in ogni salotto e spiaggia italiana, tra camini accesi nell’attico e i falò in riva al mare, dove con la chitarra cantavi Gaber ma soprattutto De André, Venditti, Vecchioni, De Gregori. Le rime più combattive, ancorché 2 baciate, erano quelle di Claudio Lolli («Vecchia piccola borghesia / per piccina che tu sia / non so bene se fai più rabbia / pena, schifo o malinconia») e in Francia tuonava Jacques Brel: Les bourgeois c’est comme les cochons, (“I borghesi plus ça devient vieux plus ça devient bête son come i maiali, più sono vecchi, più sono animali”). Chi confondeva le carte era invece Lucio Battisti, che cantava le sue emozioni borghesi senza impegno sociale né etico, però aveva la voce spettinata e rude come i capelli, entrambi piuttosto antiborghesi. Poi c’era il cinema, certo. Il borghese piccolo piccolo aveva il faccione umido, tronfio o servile dei personaggi di Alberto Sordi, arrampicatore moralista o succube, ma nessuno era immune dal contagio, e anche Vittorio Gassman faceva il borghese, però essendo bello e duro pareva meno borghese. C’era Franca Valeri, che nelle commedie derideva ridendo la deriva delle borghesi snob, dove Monica Vitti e Tognazzi inscenavano la noia e la nausea immergendo Sartre nel Tevere assieme a Emma Bovary, tanto borghese da aver battezzato un talento, il bovarismo. A volte bastava sbagliare la foggia, la postura, il tocco. Il foulard annodato al collo era borghese, ma legato sulla fronte no. Il blazer abbottonato era borghese, ma sbottonato 3 no. La pochette o la borsetta con manico erano 4 borghesi e la tracolla no. Mocassini borghesi, zoccoli antiborghesi. Il cerchietto sui capelli era borghese, il ferma glio no. I collant borghesi e le calzamaglia no. A volte il confine era sul filo, più o meno ritorto. Il velluto a coste era antiborghese, ma quello liscio no. E c’era il discrimine dell’aderenza, al sagomato si opponeva il sadomaso. Negli anni Settanta fu Elio Fiorucci a salvare le fanciulle 5 amanti della moda dall’anatema di borghesi, mostrando al mondo come un camicione a fiori poteva essere nel contempo firmato e femminista, folk e irriverente, industriale e nostalgico, e pure un filo filoamericano. C’era ambiguità, e anche dissimulazione. Eravamo più ingenui ma non poi tanto, e se non volevi rinunciare al cachemire bastava indossarlo tre taglie più in là, e già parevi alternativa. Anche gli spazi slittavano tra i piedi, e il tinello era borghese ma il soppalco no, ed erano borghesi i gioielli tranne quelli indiani, e le cravatte, i mobili antichi, il marmo, persino la plastica che seduceva tutti. Era borghese soprattutto definirsi antiborghese. [...] Non abbiamo avuto la borghesia francese, che aveva tutta una visione e prassi del mondo, o quella tedesca. Non abbiamo avuto Thomas Mann che della grande borghesia tedesca ha tessuto esequie monumentali. I borghesi italiani secondo Tomasi di Lampedusa e il suo erano «sciacalli e iene»: parvenu, arrampicatori, Gattopardo opportunisti. Ibridi, uno nessuno e centomila, esteti di massa, individualisti senza . ethos Eccola, infine la parola. Il “sano borghese”, fondato ethos sul lavoro, la famiglia, il senso civile e solidale. Era così presente e molesto in Italia da dovercene liberare come un danno, un limite o un marchio d’infamia? Forse no, ed è questo il nostro vero problema. Il fascino discreto della borghesia, che avvolgeva il delirio dei personaggi 6 di Buñuel, ci seduceva ma non ci apparteneva. Borghesi autentici, nel senso dell’identità e dell’ingegneria sociale, veri eredi di Robinson Crusoe, mito fondante del cosmo borghese, forse noi non siamo stati mai. È stato dunque semplice e fatale, negli anni Novanta, liberare il demone borghese e riconoscerci nel modello yuppie 7 e nel riesumato bon ton, in un’orgia di conformismo e 8 consumismo per masse smaniose di sentirsi élites ed élites vogliose di imporre modelli. [...] L’aveva detto già nel 1965 l’arguta Irene Brin nel suo 9 dove le voci riguardano ogni atto, passando con Galateo grazia acrobatica da Acme ad Acne, da Foie gras a Formalismo. Sul quale appunto dice così: «Difesa utile, economica, senza rischi. In ogni momento della vita, in ogni difficoltà, accettate l’inamidato soccorso del formalismo. Siate formali e sarete invincibili, perché avrete applicato, forse grettamente, forse duramente, le norme del viver civile e non vi si potranno attribuire responsabilità diverse da quelle che vi siete assunte». Insomma, un bene utile e ordinario molto spendibile sul mercato. Strana parabola del formalismo, da calamità borghese a calamita sociale.” (Elvira Seminara, , lampoonmagazine.com) Siate sobri, seri; e borghesi. Sarete invincibili : “borghese”, in francese. 1 bourgeois : celebri cantautori, come anche Lolli, Brel 2 Gaber... De Gregori e Battisti, citati poco dopo. : tipo di giacca di taglio maschile, che ricorda quelle 3 blazer tipiche di alcuni college inglesi, con tasche a toppa e taschino su cui è spesso ricamato uno stemma. : borsetta femminile di piccole dimensioni, di forma 4 pochette generalmente rettangolare, piatta e priva di manico. : stilista italiano (1935-2015). 5 Elio Fiorucci : è il titolo di un film (1972) 6 Il fascino discreto della borghesia del regista Luis Buñuel. : giovane professionista, dall’aspetto esteriore molto 7 yuppie curato, che ambisce a raggiungere un’elevata posizione sociale. : galateo, buone maniere. 8 bon ton : all’anagrafe Maria Vittoria Rossi (1911-1969), è stata 9 Irene Brin una giornalista e scrittrice italiana. LEGGI E COMPRENDI Attorno al 1968 a quali caratteristiche negative rimandava l’aggettivo borghese 1 (usato in senso spregiativo)? Che cosa mancava al cantautore Lucio Battisti per essere pienamente percepito 2 come antiborghese? RIFLETTI, SCRIVI, SOSTIENI Parlare di borghesia e di mentalità borghese ha senso in una società in cui la divisione 3 in classi sia chiara ed evidente. Ma oggi è ancora così? Oppure viviamo in un contesto sociale “liquido”, nel quale le differenze tra classi tendono a essere più sfumate? In tale situazione che ne è della borghesia? Sono ancora pienamente identificabili – a tuo giudizio – valori, mentalità o anche vizi e difetti borghesi? Quali attitudini, gesti, comportamenti definiresti, appunto, borghesi? Discutine in classe.