T4 Il cadavere di Liliana , cap. 2 Quer pasticciaccio brutto de via Merulana Ingravallo era già stato nel palazzo di via Merulana a seguito di un furto di  gioielli. Dopo pochi giorni vi ritorna per un altro caso: questa volta si tratta di  omicidio, e la vittima è la sua amica Liliana Balducci. I molteplici sguardi sulla morte «Dottor Ingravallo, senta. Me manna er commissario capo», abbassò ancora la 1 2 voce: «a via Merulana… è successo un orrore… stamattina presto. Hanno telefonato ch’ereno le dieci e mezza. Lei era appena uscito. Il dottor Fumi lo cercava. 3 4 Tratanto m’ha mannato subbito a vede, co due agenti. Credevo quasi de trovallo 5 6       là… Poi ha mannato a casa sua a cercallo». 5 «Be’, che è stato?». «Lei ce lo sa già?». «C’aggia sapé? mo me ne jevo a spasso…». 7 8 «Hanno tajato la gola, ma scusi… so che lei è un po’ parente». 9     «Parente ’e chi?…», fece Ingravallo accigliandosi, come a voler respingere ogni 10 10 propinquità con chi si fosse. 11 «Volevo dire, amico…». «Amico, che amico! amico ’e chi?». Raccolte a tulipano le cinque dita della mano destra, altalenò quel fiore nella ipotiposi digito-interrogativa tanto in uso 12 13     presso gli Apuli. 15 14 «S’è trovato la signora… la signora Balducci…». «La signora Balducci?». Ingravallo impallidì, afferrò Pompeo per il braccio. «Tu sei pazzo!», e glielo strinse forte, che a lo Sgranfia parve glielo stritolasse una 15 morsa, d’una qualche macchina.     «Sor dottó, l’ha trovata suo cugino, il dottor Vallarena… Valdassena. Hanno 20 16 17 telefonato subbito in questura. Mo è là puro lui, a via Merulana. Ho dato disposizzioni. 18 Mi ha detto che lo conosce. Dice», alzò le spalle, «dice ch’era annato a trovalla. Pe salutalla, perché ha d’annà a Genova. Salutalla a quell’ora? dico io. Dice che l’ha 19 trovata stesa a terra, in un lago de sangue, Madonna! dove l’avemo trovata puro 20     noi, sul parquet, in camera da pranzo: stesa de traverso co le sottane tirate su, come 25 chi dicesse in mutanne. Il capo rigirato un tantino… Co la gola tutta segata, tutta tajata da una parte. Ma vedesse che tajo, dottó!». Congiunse le mani come implorando, si passò la destra sulla fronte: «E che faccia! ch’a momenti svengo! già fra poco dovrà vedello. Un tajo! che manco er macellaro. Mbè, un orrore: du occhi! che 21     guardaveno fisso fisso la credenza. Una faccia stirata, stirata, bianca da paré un panno 30 risciacquato… che, era tisica?… come si avesse fatto una gran fatica a morì…». 22 : mi manda il. In romanesco  1 Me manna er la coppia consonantica si trasforma in  nd . Si vedano oltre (mandato),  nn mannato (andato), (mutande) ecc. annato mutanne : il soggetto è Pompeo Porchettini,  2 abbassò un agente della squadra mobile. : erano. 3 ereno : il commissario capo di Ingravallo. 4 dottor Fumi … a vede: nel frattempo mi ha  5 Tratanto mandato subito a vedere. : trovarlo. In romanesco, la particella  6 trovallo pronominale proclitica (lo, la, li, le) si  unisce al verbo precedente trasformando  la in . Più avanti troviamo , ,  r l cercallo trovalla ecc. salutalla : adesso (dialettale). 7 mo : Che devo sapere? Me  8 C’aggia… spasso ne stavo andando a spasso. Jevo è termine  del dialetto molisano. : tagliato. 9 tajato : di chi? 10 ’e chi? : prossimità, parentela  11 propinquità… fosse con chiunque. : è una figura retorica che  12 ipotiposi serve a rappresentare visivamente qualcosa  o qualcuno in modo ricco e pieno  di dettagli. : neoformazione  13 digito-interrogativa gaddiana che sta a indicare al tempo stesso  le dita della mano ( ) e la funzione  digito di quel gesto (il movimento altalenante  della mano) che ribadisce la domanda  appena fatta . amico ’e chi? : popolazione indoeuropea che si  14 Apuli stabilì tra il II e il I millennio a.C. nel territorio  dell’attuale Puglia. La frase è un riferimento  ironico alle origini meridionali  di Ingravallo. : è il soprannome popolare dato  15 Sgranfia all’agente Pompeo. : signor dottore. La forma apocopata  16 Sor dottó della parola è una delle peculiarità  del dialetto romanesco. Vedi oltre   annà per andare, per sapere ecc. sapé : l’agente vuol  17 Vallarena… Valdassena dire Valdarena, il cugino di Liliana, che sarà  sospettato dell’omicidio. : pure. 18 puro : deve andare. 19 ha d’annà : l’abbiamo. 20 l’avemo : che nemmeno  21 che manco er macellaro il macellaio (sottinteso “avrebbe tagliato  così in profondità”). : malata di tubercolosi. 22 tisica Ingravallo, pallido, emise un mugolo strano, un sospiro o un lamento da 23 ferito. Come se sentisse male puro lui. Un cinghiale co una palla in corpo. 24 «La signora Balducci, Liliana…», balbettò, guardando negli occhi lo Sgranfia.     Si tolse il cappello. Sulla fronte, in margine al nero cresputo dei capelli, un allinearsi 35 di gocciole: d’un sudore improvviso. Come un diadema di terrore, di dolore. Il volto, per solito olivastro-bianco, lo aveva infarinato l’angoscia. «Andiamo, 25 va’!». Era , pareva esausto. ▶  madido Giunti a via Merulana, la folla. Davanti il portone il nero della folla, con la     sua corona de rote de bicicletta. Fate passare, polizia. Ognuno si scostò. Er portone 40 26 era chiuso. Piantonava un agente: con due pizzardoni e due carabinieri. Le 27 donne li interrogavano: loro diceveno a le donne: Fate largo! Le donne voleveno sapé. Tre o quattro, deggià, se sentì che parlaveno de nummeri: ereno d’accordo 28 29 p’er dicissette, ma discuteveno sur tredici. 30     I due salirono in casa Balducci, l’ospitale casa che Ingravallo conosceva, si può 45 dire, col cuore. Su le scale un parlottare di ombre, il susurro delle casigliane. 31 Un bimbo piangeva. In anticamera… nulla di particolarmente notevole (il solito odore di cera, l’ordine abituale) eccettoché due agenti, muti, attendevano disposizioni. Sopra una seggiola un giovane col capo tra le mani. Si alzò. Era il dottor     Valdarena. Apparve poi la portiera, emerse, cupa e cicciosa, dall’ombra del corridoio. 50 32 Nulla di notevole si sarebbe detto: entrati appena in camera da pranzo, sul parquet, tra la tavola e la credenza piccola, a terra… quella cosa orribile. Il corpo della povera signora giaceva in una posizione infame, supino, con 33 la gonna di lana grigia e una sottogonna bianca buttate all’indietro, fin quasi     al petto: come se alcuno avesse voluto scoprire il candore affascinante di quel 55 dessous, o indagarne lo stato di nettezza. Aveva mutande bianche, di maglia 34 35 a punto gentile, sottilissimo, che terminavano a metà coscia in una delicata orlatura. Tra l’orlatura e le calze, ch’erano in una lieve luce di seta, denudò se stessa la bianchezza estrema della carne, d’un pallore da clorosi: quelle due cosce un po’ 36     aperte, che i due elastici – in un tono di lilla – parevano distinguere in grado, 60 37 avevano perduto il loro tepido senso, già si adeguavano al gelo: al gelo del sarcofago, e delle taciturne dimore. L’esatto officiare del punto a maglia, per lo sguardo 38 di quei frequentatori di domestiche, modellò inutilmente le stanche proposte 39 d’una voluttà il cui ardore, il cui fremito, pareva essersi appena esalato dalla 40     dolce mollezza del monte, da quella riga, il segno carnale del mistero… quella 65 41 che Michelangelo (don Ciccio ne rivide la fatica, a San Lorenzo) aveva creduto opportuno di dover omettere. Pignolerie! Lassa perde! 42 43 TRECCANI ▶ Le parole valgono madido (dal latino , derivato Madido madidus di , “essere bagnato”) è un aggettivo di madere sapore letterario, ma non del tutto desueto tra i parlanti di buona cultura. È dunque una di quelle parole che vale la pena conoscere, anche se magari non si utilizzano tutti i giorni. Significa “umido”, “bagnato alla superficie” e si dice soprattutto di parti del corpo in cui la pelle si cosparge di goccioline: avere le mani ; essere madide , o avere la fronte , di sudore. madido madida e possono essere considerati ▶ Rorido umido sinonimi di . Sapresti indicare un paio madido di contrari di questo aggettivo? : gemito, lamento. 23 mugolo : proiettile. 24 palla : il volto era diventato bianco  25 infarinato come farina a causa dell’angoscia. : ruote. 26 rote : è il nome dato in romanesco  27 pizzardoni ai vigili urbani. : volevano sapere. 28 voleveno sapé : di già. 29 deggià : le donne discutono  30 ereno… sur tredici dei numeri da giocare al lotto il giorno  dopo l’omicidio. è contrazione romanesca  P’er di “per il”. : il sussurrare di  31 susurro delle casigliane coloro che abitavano nel palazzo. “Casigliano”  è voce toscana che indica la persona  che abita nella stessa casa ma non nella  stessa famiglia. : grassa. 32 cicciosa : sconveniente. 33 infame : francese per “disotto”, a indicare  34 dessous la biancheria intima della donna. : pulizia. 35 nettezza : una forma di anemia. 36 clorosi : gli elastici  37 parevano distinguere in grado lilla rendono evidente la diversa gradazione  cromatica delle cosce rispetto alle  calze. : il lavoro preciso e  38 esatto… maglia raffinato della biancheria indossata da  Liliana. : degli agenti di  39 di quei… domestiche polizia, abituati a frequentare donne di  umile estrazione sociale. : la biancheria si modella  40 modellò… voluttà sulle zone intime di Liliana. Se fosse  stata viva, esse avrebbero potuto indurre  al desiderio di un piacere erotico, mentre  ormai sono inutili. : viene descritta  41 dolce mollezza… mistero in modo allusivo e delicato la parte  esterna della vagina, che si intuisce sotto  la biancheria. Il è il cosiddetto  monte “monte di Venere”. : nell’osservare  42 Michelangelo… omettere la scena, a don Ciccio viene in mente  una scultura di Michelangelo (l’ ) nelle  Aurora tombe medicee di San Lorenzo, a Firenze. : lascia perdere! È Ingravallo  43 Lassa perde! che si rivolge a sé stesso. Le giarrettiere tese, ondulate appena agli orli, d’una ondulazione chiara di lattuga: l’elastico di seta lilla, in quel tono che pareva dare un profumo, 44 45     significava a momenti la frale gentilezza e della donna e del ceto, l’eleganza 70 46 spenta degli indumenti, degli atti, il secreto modo della sommissione, tramutata 47 ora nella immobilità di un oggetto, o come d’uno sfigurato manichino. Tese, le calze, in una eleganza bionda quasi una nuova pelle, dàtale (sopra il tepore creato) dalla fiaba degli anni nuovi, delle magliatrici blasfeme: le 48 49     calze incorticavano di quel velo di lor luce il modellato delle gambe, dei meravigliosi 75 50 51 ginocchi: delle gambe un po’ divaricate, come ad un invito orribile. Oh, 52 gli occhi! dove, chi guardavano? Il volto!… Oh, era sgraffiata, poverina! Fin sotto un occhio, sur naso!… Oh, quel viso! Com’era stanco, stanco, povera Liliana, quel capo, nel nimbo, che l’avvolgeva, dei capelli, fili tuttavia operosi della carità. 53 54     Affilato nel pallore, il volto: sfinito, emaciato dalla suzione atroce della Morte. 80 55 Un profondo, un terribile taglio rosso le apriva la gola, ferocemente. Aveva preso metà il collo, dal davanti verso destra, cioè verso sinistra, per lei, destra per loro che guardavano: sfrangiato ai due margini come da un reiterarsi dei colpi, lama 56 o punta: un orrore! da nun potesse vede. Palesava come delle filacce rosse, 57 58     all’interno, tra quella spumiccia nera der sangue, già raggrumato, a momenti; un 85 59 pasticcio! con delle bollicine rimaste a mezzo. Curiose forme, agli agenti: parevano buchi, al novizio, come dei maccheroncini color rosso, o rosa. «La trachea», mormorò Ingravallo chinandosi, «la carotide! la iugulare… Dio!». 60 : l’orlatura delle  le foglie di lattuga. 44 ondulazione… lattuga giarrettiere ricorda, nella forma e nel colore, : il colore  45 pareva dare un profumo dell’elastico crea un effetto sinestetico  con il profumo del fiore lillà. : fragile. 46 frale : atteggiamento di chi riconosce  47 sommissione e accetta la volontà degli altri. È  un fugace riferimento ai doveri coniugali,  ai modi in cui Liliana si concedeva al marito  e che gli altri non potevano conoscere  ( ). secreto modo : le speranze degli  48 fiaba degli anni nuovi anni futuri, belle e illusorie come una favola. : riferimento denigratorio  erano tre dee figlie della Notte: Cloto teneva  49 magliatrici blasfeme ( ) alle Parche, che con  blasfeme la loro opera di tessitrici decidevano il destino  dei mortali. Nella mitologia classica, la conocchia, Lachesi filava, Atropo  tagliava il filo della vita. : ricoprivano, ornavano,  50 incorticavano come una sorta di buccia, di corteccia. : la forma. 51 modellato : la posizione oscena della  52 invito orribile donna, con le gambe leggermente aperte,  fa pensare a un invito lussurioso, che diventa  subito orribile in quanto essa è ormai  cadavere. : i capelli biondi ricordano quasi  53 nimbo un’aureola. : frase di intensa densità analogica,  54 fili… carità che unisce l’idea dell’aureola (associata  iconograficamente ai santi) con  la propensione di Liliana alla carità e alla  generosità verso i più bisognosi. Liliana  viene descritta, insomma, come una  sorta di martire. : il volto pallido e smagrito  55 Affilato… Morte ( ) si presenta come sfinito, quasi  Affilato che la morte le avesse succhiato via la vita. : il collo appare increspato  56 sfrangiato… colpi ai due lati a causa della ripetizione  dei colpi che sono stati inferti da un lato  all’altro con il coltello. : da non potersi  57 da nun potesse vede guardare, tanto è l’orrore che provoca  la scena. : presentava dei filamenti  58 Palesava… rosse rossi. : l’apparenza spumosa  59 spumiccia nera e il colore del sangue raggrumato. : la forma tubolare della  60 parevano… Dio! trachea, della carotide e della giugulare  farebbe pensare, a coloro che non hanno  dimestichezza con l’anatomia umana  (al ), ai maccheroncini, tipica pasta  novizio corta tubolare che si trova in varie regioni  italiane. Er sangue aveva tutto er collo, er davanti de la camicetta, una manica: ▶  impiastrato     la mano: una spaventevole colatura d’un rosso nero, da Faiti o da Cengio 90 61 (don Ciccio rammemorò subito, con un lontano pianto nell’anima, povera mamma!). S’era accagliato sul pavimento, sulla camicetta tra i due seni: n’era tinto 62 anche l’orlo della gonna, il lembo rovescio de quela vesta de lana buttata su, e 63 64 l’altra spalla: pareva si dovesse raggrinzare da un momento all’altro: doveva de 65     certo risultarne un coagulato tutto appiccicoso come un sanguinaccio. 95 66 67 Il naso e la faccia, così abbandonata, e un po’ rigirata da una parte, come de chi nun ce la fa più a combatte, la faccia! rassegnata alla volontà della Morte, apparivano offesi da sgraffiature, da unghiate: come ciavesse preso gusto, quer boja, 68 69 a volerla sfregiare a quel modo. Assassino!   Gli occhi s’erano affisati orrendamente: a guardà che, poi? Guardaveno, guardaveno, 100 70 in direzzione nun se capiva da che, verso la credenza granne, in cima in 71 cima, o ar soffitto. Le mutandine nun ereno insanguinate: lasciaveno scoperti li du tratti de le cosce, come du anelli de pelle: fino a le calze, d’un biondo lucido. 72 La solcatura del sesso… pareva d’esse a Ostia d’estate, o ar Forte de marmo de 73   Viareggio, quanno so sdraiate su la rena a cocese, che te fanno vede tutto quello 105 74 75 che vonno. Co quele maje tirate tirate d’oggigiorno. 76 77 Ingravallo, a capo scoperto, pareva lo spettro di se stesso. Domandò: «L’avete mossa?». «No, dottore», gli risposero. «L’avete toccata?». «No». Del sangue era stato portato attorno dai tacchi, da le suole di qualcuno, sur parquet de legno, che   poi si vedeva bene che ci aveveno messo drento li piedi, in quer pantano de spavento. 110 78 79 Ingravallo si irritò. Chi era stato?! «Sete na massa de burini!», minacciò. 80 «Brutti caprari de la Sgurgola!». 81 TRECCANI ▶ Le parole valgono impiastrare Nell’antica farmacopea l’ impiastro era una preparazione per uso esterno, costituita di sapone di piombo o a base di resine, cere, grassi, metalli, di consistenza solida, capace di rammollirsi alla temperatura del corpo umano acquistando proprietà adesive. Di conseguenza, significa spalmare, o impiastrare anche insudiciare, imbrattare, con materia untuosa o vischiosa. Di questo verbo si danno ▶ anche usi figurati. Che cosa significa che un pittore la tela? O che uno scrittore impiastra i fogli o le carte? impiastra : cime alpine del  61 da Faiti o da Cengio Friuli, luogo di sanguinose battaglie della  Prima guerra mondiale. Il pensiero della  guerra fa ricordare a don Ciccio quegli  anni e il dolore, suo e della madre, che  li ha accompagnati. L’immagine rimanda,  ancora una volta, alla biografia di Gadda. : condensato come fa il caglio  62 accagliato nel trasformare il latte in formaggio. : rovesciato. 63 rovescio : quella. 64 quela : rapprendere, raccogliere. 65 raggrinzare : participio sostantivato per  66 coagulato rendere l’immagine della coagulazione del  sangue. : salume formato con un  67 sanguinaccio impasto di sangue di maiale. : ci avesse. 68 ciavesse : nell’immaginario popolare romano,  69 boja l’esecutore delle condanne capitali  è l’incarnazione della ribalderia e della  crudeltà. : fissati. 70 affisati : grande. 71 granne : i due. 72 li du : la linea della  73 La solcatura del sesso vagina che si percepisce attraverso le  mutandine. : sembrava  Forte dei Marmi presso Viareggio è una  74 pareva d’esse… a Viareggio di essere a Ostia, o a Forte dei Marmi  di Viareggio. Ostia è municipio di Roma,  da sempre è considerato il lido dei romani. località balneare toscana, famosa già durante  il fascismo. :  75 quanno so sdraiate su la rena a cocese quando sono sdraiate sulla spiaggia  ( ) a cuocersi ( ), cioè  su la rena cocese ad abbronzarsi. : vogliono. 76 vonno : quei costumi  77 quele maje tirate tirate da bagno strettissimi. : dentro. 78 drento : quella melma  79 quer pantano de spavento (il sangue) che faceva orrore. : siete una massa  80 Sete na massa de burini di villani e zotici. Anticamente “burini”  erano i contadini che portavano il burro  a Roma dalle campagne vicine. : pastori di Sgurgola  81 caprari de la Sgurgola (località rurale nei pressi di Frosinone).  Epiteto tipicamente romano usato per  dileggiare, indicando la provenienza non  romana e dunque la villania.  >> pagina 677  ANALISI ATTIVA I contenuti tematici L’attenzione, degna di uno scrittore naturalista, con cui la penna di Gadda si sofferma sui  dettagli, anche macabri, del cadavere (la posizione indecorosa assunta dalla donna, la terribile  ferita alla gola) provoca un senso di orrore e di disgusto: il narratore non lascia nulla  sottinteso e riporta la realtà, con tutto il suo dolore e il suo disordine. Il bellissimo corpo  di Liliana, il suo candore, la sua eleganza, l’equilibrio del suo volto e delle sue forme:  tutto si perde e si sfalda di fronte allo strazio della morte, diventando quella cosa orribile  (r. 52) e un pantano de spavento (rr. 110-111). Il “pasticcio”, che fino a questo punto del romanzo  era stato rappresentato in modo grottesco e quasi comico, assume i caratteri della  tragedia, irrompendo in modo inaspettatamente brutale. L’irruzione del caos e dell’orrore  >> pagina 678  Come reagisce Ingravallo alla notizia? Individua i verbi che ne descrivono le reazioni. 1. La figura di Liliana, che agli occhi di Ingravallo incarna una sorta di essere puro, rovescia il  modello della donna italiana veicolato dalla propaganda fascista, che esalta le madri prolifiche:  se esse devono servire a “dare figli alla patria”, il personaggio è invece sterile, come  persino il suo cognome da nubile sottolinea (Valdarena, “valle d’arena” ovvero “deserto”);  non a caso il narratore indugia in modo quasi ossessivo sui dettagli intimi, dalle mutande  alla pelle delle cosce, dalle giarrettiere alle calze fino, soprattutto, al monte di Venere.  Ora la sua nascosta femminilità si anima di un’energia paradossalmente sottile e insinuante.  La morte sembra d’un tratto aver donato alla defunta una desiderabilità prima mai avuta:  perfino gli (r. 111) sembrano colpiti dalla macabra sensualità del cadavere. agenti burini La purezza e l’eros della morte Individua nel testo i termini afferenti al campo semantico dell’eros. 2. D’altro canto, la continua ricerca condotta dalla donna per trovare “nipoti” da adottare  (come si saprà nel prosieguo del racconto) lascia intravedere da un lato il bisogno di sublimare  la maternità, dall’altro manifesta un interesse ambiguo, forse di natura omosessuale.  Queste ragazze sono viste come figlie, e se – come sembra – è stata proprio una di  loro a ucciderla, l’omicidio si presenta ancora una volta come un matricidio, proprio come  avviene nella Cognizione del dolore . Anche nel Pasticciaccio , dunque, Gadda inscena  il proprio dramma personale, alludendo al consueto, autobiografico, insanabile senso di  colpa. Pertanto non va sottovalutato il fugace riferimento che viene messo tra parentesi:  don Ciccio rammemorò subito, con un lontano pianto nell’anima, povera mamma! (rr. 91- 92), unico momento in cui nel romanzo si accenna al passato del commissario. Si tratta  chiaramente di una sovrapposizione tra personaggio e autore. L’elemento autobiografico A quale momento della vita del commissario Ingravallo, condiviso anche dall’autore stesso, si allude nel testo? 3. Le scelte stilistiche Ogni evento reale ha tante facce e può essere raccontato da prospettive diverse: questo  sembra volerci dire lo scrittore nel narrare una delle scene centrali della storia. Solo in tal  modo è possibile avvicinarsi alla completezza della realtà. Per rendere stilisticamente la  sua visione delle cose, egli adotta la tecnica della moltiplicazione dei punti di vista. L’occhio  dei personaggi si ferma più volte, per esempio, sulla ferita mortale alla gola, prima  con l’accenno dello Sgranfia ( Co la gola tutta segata, tutta tajata da una parte. Ma vedesse  che tajo, dottó! […] Un tajo! che manco er macellaro , rr. 26-29), poi con un’osservazione a  metà tra il clinico ( Aveva preso metà il collo, dal davanti verso destra, cioè verso sinistra,  per lei, destra per loro che guardavano , rr. 81-83) e l’addolorato ( «La trachea», mormorò  Ingravallo chinandosi, «la carotide! la iugulare… Dio!» , rr. 87-88). In particolare, lo sguardo di Ingravallo si segnala per commozione e pietosa partecipazione  ( Oh, gli occhi! […] Oh, quel viso! Com’era stanco, stanco, povera Liliana , rr. 76-78),  ma possiamo verosimilmente attribuire a lui anche le colte annotazioni suggerite dall’aspetto  del cadavere, puntualmente registrate dal narratore: i vocaboli preziosi ( dessous ,  r. 55; clorosi , r. 59; sommissione , r. 71; nimbo , r. 79), i riferimenti alti (Michelangelo, le Parche),  le immagini poetiche ( la lieve luce di seta , r. 58; il segno carnale del mistero , r. 65),  le espressioni auliche ( al gelo del sarcofago, e delle taciturne dimore , rr. 61-62; il volto […]  emaciato dalla suzione atroce della Morte , r. 80). La moltiplicazione dei punti di vista Con quale tecnica narrativa vengono rese le impressioni suscitate nel commissario Ingravallo dalla visione del cadavere? 4.  >> pagina 679  La voce di don Ciccio non è però l’unica: a essa si affianca quella, più bassa e grossolana, che riflette altre prospettive, come quelle dei presenti nella stanza, nel cui immaginario espressivo abbondano piuttosto metafore culinarie e considerazioni popolari ( come ciavesse preso gusto, quer boja , r. 98; pareva d’esse a Ostia d’estate , r. 104). A complicare la situazione intervengono alcune interferenze linguistiche che rompono l’omogeneità stilistica di un periodo o di un brano. Durante l’esame di Ingravallo, infatti, lo stile viene improvvisamente contaminato da un sur naso! (r. 78) che non appartiene al suo modo di parlare e di osservare. Al contrario, nei capoversi finali in romanesco (da r. 89 in poi) compare il rapidissimo riferimento alle cime del Faiti e del Cengio che ripropongono bruscamente la focalizzazione sul commissario e sul suo lontano ricordo materno. La sovrapposizione dei codici linguistici e dei punti di vista è insomma volutamente ingarbugliata, come a dare l’impressione che lo strumento letterario non sia mai sufficiente a rendere con completezza ciò che la realtà mostra. Tante voci, tanti linguaggi Individua almeno due periodi in cui convivano registri linguistici differenti. 5. Un’altra caratteristica notevole del brano è rappresentata dalle tonalità cromatiche. I colori  che prevalgono sono il bianco e il rosso, un rosso scuro che sfuma verso il nero. Se il  bianco rappresenta la purezza e la morte, ed è associato esclusivamente a Liliana (candida  sin nel nome, che deriva dal latino lilium , ovvero giglio, il fiore bianco per eccellenza),  alla sua pelle, alla sua biancheria intima, il rosso/nero evoca il sangue raggrumato che oltraggia  il pallore della carne, raffigurando l’orrore del caos e la violenza che stravolge l’ideale  di bellezza simboleggiato dalla donna ( filacce rosse , r. 84; spumiccia nera , r. 85; maccheroncini  color rosso , r. 87). L’opposizione cromatica Individua nel testo gli elementi a cui sono associate diverse tonalità di colore. 6.   Colori chiari   Colori scuri     Educazione CIVICA – Spunti di realtà OBIETTIVO PARITÀ DI GENERE 5 Quello di Liliana oggi sarebbe chiamato “ ”, sostantivo che il Vocabolario Treccani definisce così: «uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale». Un termine forte ma che rende l’idea delle tante  per aggressioni domestiche o fuori di casa, per mano di familiari, compagni, congiunti. femminicidio violenze subite dalle donne  • Che cosa si può fare per porre fine a questa tragica emergenza sociale? Secondo la giornalista Concita De Gregorio, «il più bel centro antiviolenza del mondo è la scuola». Sei d’accordo? Pensi che la scuola potrebbe svolgere questo ruolo? E in che modo, secondo te? Argomenta le tue opinioni in un testo di circa 40 righe. Le scarpe rosse, diventate simbolo della lotta alla violenza contro le donne, si ispirano all’installazione dell’artista messicana Elina Chauve Zapatos Rojas (2012), un progetto nato per ricordare le centinaia di donne uccise a Ciudad Juárez negli anni Novanta.