SEZIONE D – LA COSTRUZIONE DEGLI STATI EUROPEI

CAPITOLO 19 – L’Europa alla ricerca di nuovi equilibri

1. LA SPAGNA DI FILIPPO II

Quando nel 1556 Carlo V abdicò (⇒ C15.5) assegnò al fratello Ferdinando d’Asburgo l’Austria, la Boemia e l’Ungheria, e al figlio Filippo II la parte più consistente e ricca della sua eredità, ovvero la Spagna, con i suoi domini in territorio italiano (Milano, Napoli, Sardegna e Sicilia), i Paesi Bassi, la Franca Contea, e le colonie americane. Nei 42 anni in cui regnò Filippo II ebbe inizio e si consolidò il cosiddetto “secolo d’oro”, il periodo di massimo splendore e potenza della Spagna.

LE RAGIONI DELLA FORZA SPAGNOLA

Filippo II si trovò padrone di un dominio immenso. Tre fattori concorrevano a determinare la forza spagnola:

  • l’afflusso costante di metalli preziosi dalle colonie americane, una ricchezza che permetteva di mantenere un costosissimo esercito, impegnato in continui sforzi bellici;
  • le ricchezze notevoli che venivano dalle due aree più attive e prospere del continente, cioè i Paesi Bassi e il Ducato di Milano;
  • il fatto di poter contare su un’unità politica e religiosa che evitò al regno di Spagna le rivolte e le guerre interne tra protestanti e cattolici che ci furono in altri Stati europei.

2. LA STRUTTURA DI POTERE IN SPAGNA

MADRID CENTRO DEL POTERE E GLI ORGANI DI GOVERNO

Tutto questo permise a Filippo II di avviare la trasformazione del suo paese in uno Stato moderno. Nel 1561 Filippo stabilì la sede della corte a Madrid, un piccolo borgo al centro della Castiglia. Per governare il suo vasto regno, il sovrano concentrò nelle sue mani tutto il potere e realizzò una struttura che, partendo dalla Castiglia, si propagava in tutti i suoi domini attraverso una fitta rete di funzionari. Al vertice di questa rete vi erano i consigli, organi che avevano solo carattere consultivo e che facevano capo al sovrano.

Questi consigli potevano essere di tipo:

  • territoriale, relativi cioè alle singole province del regno;
  • settoriale, cioè preposti a specifiche questioni di governo (Consiglio delle finanze, della guerra, dell’Inquisizione ecc.).

Il più importante era il Consiglio di Stato, che si occupava dell’indirizzo politico generale e della politica estera.

Un grande potere ebbe anche l’Inquisizione, che controllava la giustizia e si occupava della repressione del dissenso.

UNIFORMAZIONE E AUTONOMIE

In tutti i suoi possedimenti Filippo tentò di esportare il modello di governo della Spagna non tenendo però conto delle diversità culturali e storiche dei suoi domini. Le cariche più rilevanti erano destinate agli aristocratici castigliani, la cui eccessiva presenza nei ruoli chiave provocò non poche tensioni nei domini spagnoli e nella stessa Spagna. Nel 1591 ci fu una rivolta in Aragona che l’esercito riuscì a sedare, ma il re fu costretto a riconoscere i privilegi locali rivendicati dagli aragonesi.

LA VENDITA DELLE CARICHE

Tra funzionari e dipendenti, la burocrazia spagnola contava una quantità smisurata di persone. Ad aumentarne il numero contribuì la vendita delle cariche pubbliche dovuta alla costante necessità dello Stato di ottenere introiti. In questo modo però si abbassò la qualità del personale amministrativo e si produsse una notevole corruzione nella vita politica e sociale spagnola.

3. I PROBLEMI ECONOMICI E LA POLITICA INTERNA SPAGNOLA

LA PRIMA BANCAROTTA

Filippo aveva ereditato, insieme al regno, pesanti debiti di origine imperiale. Nel 1557 aveva stabilito che i creditori sarebbero stati rimborsati attraverso  obbligazioni statali a lunghissimo termine e con un buon tasso d’interesse.

La massiccia vendita di queste obbligazioni però determinò un crollo del loro valore reale, e nel 1557 lo Stato spagnolo fu costretto a dichiarare  bancarotta.

LA DEBOLEZZA ECONOMICA

Diversi fattori resero la Spagna, lo Stato politicamente più potente, molto debole dal punto di vista economico:

  • mantenere la macchina burocratica e l’apparato militare incideva notevolmente sulle finanze dello Stato. Era inoltre assai dispendioso scortare le navi cariche di argento provenienti dalle colonie per difenderle dagli attacchi dei pirati;
  • la nobiltà costituiva un elemento parassitario del sistema economico spagnolo, riteneva infatti il lavoro un disonore. La presenza quindi di una nobiltà inattiva, le cui proprietà erano esentate dalle tasse, influì negativamente su tutto il sistema economico;
  • le tasse erano in larga parte indirette e quindi colpivano i beni di consumo. La borghesia mercantile e i ceti artigianali risentirono pesantemente di questa situazione. Ci fu un forte calo delle attività commerciali e produttive e quindi anche della ricchezza del Paese. La Spagna si trovò così sempre più a dipendere dalle forniture di beni provenienti dall’estero;
  • come vedremo, la politica repressiva nei confronti dei marranos e dei moriscos (cioè rispettivamente gli ebrei e i musulmani spagnoli, costretti a convertirsi al cristianesimo) privò il paese della parte più attiva (in particolare nel commercio, nell’agricoltura e nell’artigianato) che avrebbe potuto arricchire il Paese.

A fronte di spese costantemente in crescita, Filippo si indebitò con i banchieri europei che ripagava con i proventi delle miniere americane, tanto che spesso i metalli preziosi venivano ritirati direttamente dai creditori. Quando però le importazioni di oro e argento americano cominciarono a diminuire fino a dimezzarsi, Filippo fu più volte costretto a dichiarare bancarotta (1557, 1575, 1596).

FILIPPO II E LA CHIESA CATTOLICA

Il più potente pilastro su cui si reggeva la politica interna di Filippo II fu la Chiesa, soprattutto attraverso l’Inquisizione spagnola. Il timore che l’eresia protestante potesse diffondersi anche nel suo regno accrebbe l’intolleranza del sovrano e lo portò a una dura politica di cattolicizzazione, eliminando i pochi gruppi protestanti provenienti dai Paesi Bassi. Marranos e moriscos furono avvolti da un clima di odio e di ostilità creato dall’Inquisizione e furono esclusi da incarichi militari o religiosi.

LE RIVOLTE dei moriscos

Nel 1560, per decreto del re, vennero espropriate le proprietà terriere dei moriscos e, di fronte a questa politica persecutoria, nel 1568 le comunità di moriscos si rivoltarono. Il governo allora deportò decine di migliaia di arabi in varie località della Spagna, in modo da disperderli e sottoporli più facilmente a un’integrazione obbligata. Il tentativo tuttavia fallì e, nel 1609, Filippo III (successore di Filippo II) emanò un decreto di espulsione, imponendo l’allontanamento definitivo di tutti gli appartenenti alla comunità araba. Con loro la Spagna perdeva le forze economicamente più dinamiche e si privava dell’apporto culturale che quelle minoranze avevano saputo offrire in circa otto secoli di convivenza.

4. FILIPPO II E IL PROGETTO DI EGEMONIA EUROPEA

LA GUERRA CONTRO I TURCHI E LA BATTAGLIA DI LEPANTO

Filippo II sapeva che per affermare la potenza spagnola doveva per forza confrontarsi con l’Impero Ottomano, l’altra grande potenza del Mediterraneo. Inoltre riteneva suo dovere combattere i musulmani in nome della difesa della cristianità. Nel 1571 gli Ottomani sottrassero a Venezia l’isola di Cipro. In seguito a ciò si formò la Lega santa, una coalizione tra la Spagna, Venezia, Genova e altri Stati italiani, guidata da Giovanni d’Austria. Il 7 ottobre 1571 la flotta turca e la flotta della Lega si affrontarono nel mare davanti a Lepanto, in Grecia.

La battaglia fu particolarmente cruenta e la vittoria della Lega Santa ebbe un impatto enorme in Europa.

In realtà, a causa delle rivalità fra Genova e Venezia per la competizione sui mari, la Lega Santa non seppe trarre grandi vantaggi dalla vittoria e la flotta ottomana poté ricostituirsi rapidamente. Un armistizio fra il re spagnolo e il sultano (1580) portò la pace per alcuni anni e le due potenze continuarono ad avere rapporti di natura commerciale.

L’ANNESSIONE DEL PORTOGALLO

Nel 1578 il re del Portogallo Sebastiano Aviz restò ucciso in una spedizione militare contro il Marocco. Il re non aveva eredi diretti e Filippo II, imparentato con la casa reale portoghese, avanzò le sue pretese al trono. Dopo un vittorioso scontro navale nelle Azzorre contro la fazione portoghese, il re spagnolo ottenne la corona portoghese e con essa i suoi possedimenti coloniali. Potenza militare spagnola e forza mercantile portoghese sembrarono poter realizzare, unite, un vero e proprio dominio mondiale sul piano politico-economico. Ma ciò non avvenne: le istituzioni e gli ordinamenti dei due paesi restarono separati, così come i loro specifici interessi; anche le attività commerciali non trassero alcun beneficio da questa unificazione.

5. IL CONFLITTO CON I PAESI BASSI E IL TRAMONTO DELLA SPAGNA

LA TRADIZIONE DI AUTOGOVERNO DEI PAESI BASSI

Dal 1548 i Paesi Bassi avevano ottenuto da Carlo V il riconoscimento di autonomie e privilegi particolarmente ampi sul piano amministrativo e fiscale.

Filippo II era contrario a tale tendenza autonomistica e nel 1559 affidò il governo della regione alla sorella Margherita d’Asburgo che provò a ridurne l’autonomia. Inoltre per arginare l’affermazione del calvinismo e controllare ancora di più le istituzioni locali, Filippo II nominò 14 nuovi vescovi. Quando i Paesi Bassi vennero messi sotto la competenza dell’Inquisizione spagnola, anche i sudditi cattolici si unirono al malcontento. Nel 1566 alcune famiglie aristocratiche chiesero l’allontanamento dell’Inquisizione e una più ampia tolleranza religiosa, ma tali richieste vennero respinte. A quel punto scoppiò una rivolta dei calvinisti, cui seguì una dura repressione. La rivolta però continuò e i costi del conflitto, che richiedeva un continuo impegno di uomini e risorse, divennero sempre più insostenibili per le finanze spagnole, tanto che Filippo fu costretto alla seconda dichiarazione di bancarotta (1575).

I PAESI BASSI SOTTO CARLO V

La regione era suddivisa in 17 province, con una forma di autogoverno affidata all’assemblea degli Stati provinciali, istituzione rappresentativa dei vari ceti locali. Gli Stati generali (nobiltà, clero e Terzo stato), con sede a Bruxelles, costituivano l’assemblea superiore in cui si riunivano i rappresentanti di ogni provincia per decidere sulle questioni fiscali. Ogni provincia aveva un governatore civile e uno stathouder, un “luogotenente” del re scelto tra l’aristocrazia locale.

LA REPUBBLICA DELLE PROVINCE UNITE

La rivolta dei Paesi Bassi trovò nel principe Guglielmo d’Orange un capo politico e militare. Guglielmo riuscì a formare un’alleanza tra le province settentrionali, a maggioranza calvinista: l’Unione di Utrecht. Da qui prese vita nel 1581 la Repubblica delle Sette Province Unite*, seguita dall’Atto di abiura, con cui si disconosceva l’autorità di Filippo II e veniva istituito un governo autonomo. Guglielmo d’Orange, guida della nuova repubblica, morì nel 1584 ma il conflitto continuò negli anni successivi, sia sul piano militare sia su quello politico-diplomatico.

IL TRAMONTO DELL’EGEMONIA SPAGNOLA

Lo scontro con i Paesi Bassi continuò a gravare sulle casse spagnole e Filippo II fu costretto a dichiarare bancarotta per la terza volta. Spettò al figlio Filippo III avviare una politica più prudente e nel 1609 venne stabilita una tregua di dodici anni con le Province Unite. Si sanciva così l’affermazione di un piccolo Stato, dinamico e determinato, mentre la grande potenza spagnola era ormai incamminata verso il declino.

6. L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I

LE DIFFICOLTÀ DINASTICHE

Come abbiamo visto, Enrico VIII aveva rotto i rapporti con la Chiesa cattolica dando origine alla Chiesa anglicana. Alla sua morte, dopo il breve regno del figlio Edoardo VI, la corona passò a Maria, figlia di Caterina d’Aragona. Di fede cattolica, Maria aveva sposato nel 1554 Filippo II (non ancora divenuto re di Spagna) e aveva dato avvio a una feroce repressione del protestantesimo che le valse il soprannome di “Sanguinaria”. Con la morte di Maria, nel 1558, il parlamento inglese appoggiò tra tutti i pretendenti al trono la figlia di Anna Bolena, Elisabetta.

UNA POLITICA DI EQUILIBRIO

Elisabetta I Tudor cercò soluzioni di conciliazione alla disputa religiosa in grado di dare maggiore stabilità al paese. Anche se orientata in favore dello schieramento protestante, Elisabetta fu infatti attenta a tenere una posizione di equilibrio fra le fedi, contrastando ogni forma di estremismo religioso portato avanti sia dai cattolici sia dai puritani, cioè i calvinisti inglesi. La sovrana confermò l’Atto di Supremazia (1559), con cui riaffermava il primato della corona sulla Chiesa inglese stabilito da suo padre, ma conservò la struttura gerarchica di origine cattolica, riservando alla corona la nomina dei vescovi; inoltre lasciò libertà religiosa nell’ambito privato. Questa strategia servì a costruire un più solido apparato politico unitario che aveva al suo vertice la forte figura del sovrano.

LA QUESTIONE SCOZZESE

La questione dinastico-religiosa ebbe anche un altro risvolto. Il vicino Regno di Scozia era andato a Maria Stuart (1542-87), incoronata nel 1560 dopo essere stata per due anni sul trono francese (come moglie di Francesco II). Cresciuta ed educata in Francia, Maria era cattolica e, inoltre, era discendente di una Tudor e come tale poteva vantare pretese alla successione sul trono d’Inghilterra. Tale eventualità era però sgradita ai protestanti, a coloro che temevano di veder finire l’Inghilterra nell’orbita francese e anche allo stesso re di Spagna, Filippo II, che per cercare di scongiurarla giunse a chiedere la mano di Elisabetta. La regina rifiutò, per non far cadere il paese sotto l’egemonia spagnola. In effetti la regina preferì sempre sottrarsi al matrimonio, sia per motivi personali sia per mantenere l’indipendenza politica dell’Inghilterra. In questo modo però si aprì il problema della successione, che fu all’origine di manovre politiche e continue congiure. Una delle questioni più rilevanti era collegata appunto alla situazione della Scozia: il paese si era incamminato sulla via del calvinismo e il tentativo di Maria Stuart di restaurare il cattolicesimo scatenò la reazione della nobiltà. La regina fu presto costretta ad abdicare (1567) in favore del figlio Giacomo e a rifugiarsi in Inghilterra presso Elisabetta.

IL “PARTITO CATTOLICO”

La presenza della Stuart risvegliò il “partito cattolico” inglese, che vide la possibilità di riportare sul trono d’Inghilterra un sovrano fedele alla Chiesa di Roma. Gli ambienti cattolici, con il favore del papato e di Filippo II, iniziarono a intrecciare trame politiche di cui Maria Stuart era sempre il centro. Quando il papa Pio V nel 1570 scomunicò Elisabetta con l’accusa di eresia, i nobili cattolici dell’isola approfittarono per sollevarsi contro di lei. La regina reagì duramente mandandone a morte molti ed espellendo dal paese i potenti gesuiti.

LA SITUAZIONE IN IRLANDA

Anche l’Irlanda entrò in agitazione. Da tempo il paese soffriva il controllo inglese e il cattolicesimo fu la bandiera di indipendenza e libertà che gli irlandesi issarono contro la protestante Inghilterra. Forti dell’appoggio dei gesuiti, gli irlandesi nel 1579-80 fecero scoppiare varie rivolte, seguite da una pronta repressione delle truppe inglesi che causò decine di migliaia di vittime.

LA LOTTA CONTRO FILIPPO II

Le continue cospirazioni e ribellioni convinsero Elisabetta ad accusare Maria Stuart di tradimento e la condannò a morte nel 1587. Il re di Spagna Filippo II approfittò dell’accaduto per proporsi come difensore della fede cattolica. Attaccare la regina protestante era importante anche perché l’Inghilterra creava continui problemi alla Spagna con le azioni di pirateria dei suoi corsari che attaccavano le navi spagnole cariche di metalli preziosi provenienti dalle Americhe. Filippo si decise quindi a preparare una spedizione navale per sconfiggere definitivamente l’Inghilterra. Nel maggio del 1588 fu allestita una flotta di 130 navi, l’“Invincibile Armata”, che avrebbe dovuto attaccare le coste inglesi e occupare l’isola. Ma l’abilità delle agili imbarcazioni inglesi e una serie di tempeste impedì la riuscita del piano e quel che restava dell’Invincibile Armata fu costretto a rientrare in Spagna. Da questo momento iniziò la decadenza della potenza spagnola, presto sostituita da Inghilterra e Province Unite, nel ruolo di grandi potenze europee.

7. L’AFFERMAZIONE DELLA POTENZA INGLESE

IL SOSTEGNO DELLA MONARCHIA ALLO SVILUPPO ECONOMICO

Le solide basi date alla monarchia da Elisabetta I consolidarono l’Inghilterra come potenza europea in ambito economico e commerciale. Le classi sociali più dinamiche trovarono nell’azione della corona un sicuro sostegno allo sviluppo economico. Al contrario di quanto avvenne in Spagna, in Inghilterra i ceti ricchi investirono capitali in attività commerciali e imprenditoriali: dall’agricoltura ai commerci, fino alla pirateria.

La manifattura tessile inglese riuscì a invadere ogni punto d’Europa con la sua massiccia produzione di pannilana a basso costo. Importanti sviluppi ebbero anche lo sfruttamento delle risorse minerarie e la cantieristica navale, per il deciso supporto dato dalla corona a tutto il settore marittimo e mercantile.

DINAMISMO ECONOMICO E GUERRA CORSARA

Sorsero numerose compagnie di mercanti avventurieri, disposte a rischiare solcando rotte poco frequentate, dal Mar Baltico all’Africa, e a inserirsi anche in settori come la tratta degli schiavi, fino ad allora monopolio dei portoghesi.

Per favorire le attività mercantili vennero fondati organismi che garantivano il monopolio degli scambi con una determinata area in cambio di una percentuale dei profitti alla corona.

Nel 1600 fu creata la prima compagnia di navigazione, la Compagnia delle Indie orientali inglese, che godeva del diritto esclusivo per gli scambi nell’Oceano Indiano e con l’Estremo Oriente. Nel Seicento, grazie al traffico di prodotti di lusso (tè, sete, tessili), la Compagnia diventò la più grossa entità commerciale del mondo.

Inoltre Elisabetta incoraggiò la pirateria fornendo la “▶ lettera di corsa”, cioè l’autorizzazione alla guerra corsara, soprattutto contro la Spagna. Divennero leggendari personaggi come Francis Drake e John Hawkins e gli stessi corsari si resero protagonisti di esplorazioni sulle coste delle Americhe. Nel 1584, un altro corsaro, Walter Raleigh, fondò sulla costa orientale del Nord America la colonia della Virginia in onore della “regina vergine”, come era anche chiamata Elisabetta I.

CONTRADDIZIONI SOCIALI E POVERTÀ

Nel corso del Cinquecento la crescita economica inglese ebbe anche conseguenze negative sul piano sociale, in particolare con la diffusione della povertà. Negli ultimi anni del secolo Elisabetta emanò una serie di provvedimenti, le Poor Laws, che puntavano al recupero e alla reintroduzione dei poveri nel mondo lavorativo, assicurando comunque la necessaria assistenza soprattutto ai bambini, alle vedove e agli inabili.

LA VITA CULTURALE

Durante il regno di Elisabetta le arti si svilupparono e la conoscenza si diffuse in vari ambienti sociali grazie all’opera di diverse Accademie, soprattutto scientifiche.

La maggiore fioritura si ebbe in letteratura, con le opere di due tra i più grandi scrittori della storia letteraria e teatrale, Christopher Marlowe e William Shakespeare (1564-1616). Il genio di quest’ultimo fece fiorire la costruzione di teatri, aperti a tutti i ceti sociali, che ebbero un successo straordinario.

8. LA FRANCIA DALLE GUERRE DI RELIGIONE ALLA MONARCHIA DI ENRICO IV

POTERE REGIO E PLURALITÀ DI FEDI

A metà del Cinquecento la Francia era uno Stato forte, con una posizione di prestigio in Europa e una situazione interna solida, con un apparato di governo forte e strutture amministrative e finanziarie in grado di consolidare il potere centrale. Un problema si annidava però all’interno della società francese: la convivenza di differenti fedi religiose e la sempre maggiore diffusione della fede protestante.

GLI UGONOTTI E LA GUERRA DI RELIGIONE

Dalla vicina Ginevra, patria del calvinismo, arrivarono e si diffusero in Francia gli ugonotti, come venivano chiamati i protestanti francesi.

Quando nel 1559 Enrico II morì, i suoi figli erano tutti minorenni: dopo il brevissimo regno di Francesco II, nel 1560 salì al trono Carlo IX (all’età di 10 anni) e la reggenza fu affidata alla vedova di Enrico, l’italiana Caterina de’ Medici.

Gli ugonotti avevano assunto sempre maggiore peso nella società francese, avevano fatto proseliti negli ambienti della piccola borghesia urbana, ma avevano anche ottenuto l’adesione di importanti casate nobiliari. Caterina, quindi, si mostrò conciliante e, con l’editto di Saint-Germain (1562), concesse alle Chiese riformate una certa libertà di culto: questo venne permesso nelle campagne, mentre nelle città poteva essere praticato solo in forma privata.

L’INIZIO DELLE GUERRE (1562)

La reazione del partito cattolico, insofferente a queste concessioni, non tardò a manifestarsi: un mese dopo l’editto furono massacrati numerosi ugonotti riuniti nella cittadina di Wassy. La situazione sfociò in un vero e proprio stato di guerra civile. Nel corso di trenta anni si sarebbero contate ben otto guerre di religione e l’intervento della Spagna, a fianco dei cattolici, e dell’Inghilterra, in appoggio agli ugonotti, estese il conflitto a livello europeo. Dopo l’editto di Saint-Germain, gli ugonotti ottennero la pace di Saint-Germain (1570), che concedeva loro di professare il culto liberamente in quattro piazzeforti (città-fortezze) acquisite per la loro sicurezza. Inoltre fu firmato l’accordo di matrimonio tra la sorella di Carlo, Margherita, e l’ugonotto Enrico di Borbone, che così di fatto entrava nella linea di successione al trono.

IL MASSACRO DI SAN BARTOLOMEO (1572)

La prospettiva che la Francia potesse finire nelle mani di un ugonotto spinse all’azione la fazione cattolica. Quando i capi protestanti giunsero a Parigi per festeggiare il matrimonio di Enrico di Borbone, nella notte di san Bartolomeo (23-24 agosto 1572) il partito cattolico massacrò migliaia di ugonotti. Tra Parigi e Lione più di diecimila persone furono uccise, soprattutto fra i nobili. Gli ugonotti tentarono di riorganizzarsi sotto la guida di Enrico di Borbone, che era riuscito a salvarsi. La fazione cattolica si alleò in una Lega con a capo Enrico di Guisa. Quando nel 1574 Carlo IX morì, il trono andò a suo fratello, Enrico III, che si schierò con la Lega cattolica dei Guisa.

LA GUERRA DEI TRE ENRICHI (1586)

Nel 1584 morì l’ultimo fratello di Enrico III e, non essendoci eredi diretti, si aprì realmente la possibilità che l’ugonotto Enrico di Borbone diventasse re di Francia. A quel punto il partito cattolico oppose la candidatura di Enrico di Guisa, che acquisì una forza politico-militare con la quale riuscì a oscurare persino l’autorità e il prestigio del sovrano. La sconfitta dell’Invincibile Armata spagnola però mise in crisi la fazione cattolica. Enrico III decise allora di sbarazzarsi dell’ingombrante peso dei Guisa e fece assassinare il loro capo. Il re si alleò con Enrico di Borbone per riprendere Parigi, finita in mano alla Lega. Ma nel 1589 Enrico III venne pugnalato e ucciso da un frate; con lui finiva la dinastia dei Valois. Prima di morire, il re indicò Enrico di Borbone suo successore, a patto però che si convertisse al cattolicesimo.

Enrico fu dichiarato re ma, essendo protestante, non ottenne l’incoronazione. Il fatto però che gli spagnoli invadessero il paese, spinse i francesi a sostenere, per il momento, il loro re.

LA CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO DI ENRICO IV

Enrico era consapevole del fatto che la Chiesa francese non avrebbe mai accettato di obbedire a un re non cattolico e anche gran parte della nobiltà non lo avrebbe seguito. Lo stato di incertezza politica avrebbe indebolito la monarchia, quindi nel 1593 Enrico si convinse ad abiurare il protestantesimo e si convertì al cattolicesimo. In quell’occasione pare abbia pronunciato la frase: “Parigi val bene una messa”. Il 27 gennaio 1594 nella cattedrale di Chartres fu consacrato re di Francia con il nome di Enrico IV. Iniziava così la dinastia dei Borbone. Ottenuto anche il riconoscimento del papa, Enrico IV firmò con la Spagna il trattato di Vervins (1598).

L’EDITTO DI NANTES (1598)

Sistemati i rapporti con gli altri Stati, Enrico IV poté dedicarsi con determinazione alla situazione interna. Nel 1598 promulgò l’Editto di Nantes, con cui si concedeva agli ugonotti libertà di culto e di professione della propria fede, tranne che nella zona di Parigi. Inoltre agli ugonotti veniva riconosciuta la parità dei diritti civili e quindi la possibilità di accedere agli uffici pubblici; infine, fu concesso loro il possesso di un centinaio di città-fortezze a garanzia della propria difesa. Con l’editto si sanciva un moderno principio di convivenza delle fedi e si compì un primo passo per l’affermazione del principio di tolleranza da parte dello Stato.

IL RISTABILIMENTO DELL’AUTORITÀ MONARCHICA

L’editto di Nantes rappresentò un compromesso che tutti desideravano per mettere fine a decenni di sangue.

E grazie a questo risultato Enrico riuscì a restaurare l’autorità della monarchia e risanare le finanze del regno. Affiancato dal duca di Sully (1560-1641), il sovrano intervenne sulla riduzione delle spese statali e ricorse alla vendita degli uffici pubblici per ottenere introiti.

NOBILTÀ DI TOGA, NOBILTÀ DI SPADA

In Francia la vendita degli uffici, oltre a far aumentare le entrate dello Stato, rafforzò il potere della monarchia, favorendo l’ascesa di un ceto di funzionari di origini borghesi che andò a costituire la cosiddetta “nobiltà di toga”. Questo nuovo ceto entrò nelle articolazioni dello Stato e seppe dare prova di grande lealtà verso la corona e soprattutto sottrasse potere alla “nobiltà di spada”, la tradizionale aristocrazia feudale, da sempre insofferente nei confronti di un forte potere centrale.

LA RIPRESA DEL SISTEMA ECONOMICO

Anche nella gestione dell’economia Enrico IV e Sully proposero importanti riforme per sostenere alcuni settori, in primo luogo l’agricoltura. Grazie al taglio dei dazi interni i prodotti poterono diffondersi in tutto il regno, favoriti anche dalla realizzazione di una più efficiente rete di infrastrutture (strade, ponti, canali, porti) e dai dazi sulle importazioni. Furono inoltre avviate opere di bonifica e di risistemazione dei terreni per ampliare le aree coltivabili, e vennero ridotte le imposte fiscali.

Forte dei successi interni che avevano consolidato il potere monarchico, Enrico cominciò a preparare una strategia ambiziosa anche in politica estera, un progetto che necessariamente doveva passare attraverso lo scontro con la Spagna. Ed era quanto il sovrano si accingeva a fare quando finì sotto le pugnalate di un  fanatico cattolico, che lo uccise il 14 maggio 1610.

ESERCIZI

1. Fai la scelta giusta.


a. La Spagna è un regno politicamente forte/debole, ma economicamente forte/debole.

b. In Francia/Spagna lo scontro tra cattolici e protestanti porta alla guerra civile.

c. I domini più ricchi spagnoli/francesi sono quelli del Ducato di Milano e dei Paesi Bassi. 

d. La battaglia di Lepanto viene combattuta dalla Lega Santa/Spagna contro l’impero ottomano.

e. La Repubblica delle Sette Province Unite sottrae al dominio spagnolo/francese una parte dei Paesi Bassi.

f. Nel 1559 Elisabetta I d’Inghilterra conferma l’Atto di Supremazia/l’Atto di Abiura

g. L’azione di Elisabetta I favorì un grande/modesto sviluppo economico.

h. Enrico IV di Francia favorisce l’ascesa di funzionari di estrazione borghese che vanno a formare la nobiltà di toga/la nobiltà di spada.

2. Indica gli elementi di forza e gli elementi di debolezza del Regno di Spagna.


  Forza Debolezza
Unità politica e religiosa    
Nobiltà inattiva    
Afflusso di metalli preziosi dalle colonie americane    
Espulsione dei moriscos    
Assenza di guerre di religione interne    
Forte e diffusa struttura amministrativa    
Impegno bellico continuo    

3. Completa la tabella sulla “Guerra dei tre Enrichi”.


Re Enrico III di Valois Enrico di ............................................... Enrico di ...............................................
• Re dal 1574, cattolico
• Fa uccidere ...............................................
• Viene ucciso nel 1589 da un ...............................................
• Capo della lega ...............................................
• Aspira al trono di Francia
• Muore ucciso per volere di Enrico di Valois nel 1589
• Nobile protestante
• Sposa la sorella di Enrico di Valois
• Diventa re di ............................................... nel 1589
• Ucciso da ............................................... nel 1610

4. Colloca sulla linea del tempo i seguenti avvenimenti.


a. Espulsione dei moriscos.

b. La Lega Santa vince la battaglia di Lepanto.

c. Bancarotte della Spagna.

d. Inizia il regno di Elisabetta I.

e. Massacro di San Bartolomeo.

f. Editto di Nantes.

g. Nasce la Repubblica delle Province Unite.