SEZIONE A – RINASCITA E CRISI DELL’EUROPA MEDIEVALE

CAPITOLO 6 – LA CRISI DEL TRECENTO

1. DALLA CRESCITA ECONOMICA ALLA RECESSIONE

Nel Trecento, dopo due secoli di crescita economica e demografica, iniziò in Europa un periodo di  recessione che viene chiamato “crisi del Trecento”. Diverse furono le cause di questa crisi.

SQUILIBRIO TRA POPOLAZIONE E RISORSE

La quantità di cibo prodotta non bastava a sfamare la popolazione in continuo aumento, nonostante le innovazioni tecnologiche che avevano migliorato i raccolti. Questo portò a una diminuzione della popolazione per due principali motivi:

  • l’aumento della mortalità (una cattiva alimentazione espone maggiormente alle malattie);
  • la minore fertilità (le coppie malnutrite hanno meno possibilità di fare figli).

I RAPPORTI ECONOMICI NELLE CAMPAGNE: PROPRIETARI IN CRISI E CONTADINI IN FUGA

I nobili proprietari terrieri smisero di investire nel miglioramento delle loro proprietà e quando si trasferirono nelle città lo fecero ancora di meno. Le condizioni dei contadini quindi peggiorarono tanto che furono spesso costretti ad abbandonare le terre e trasferirsi anche loro nelle città per sopravvivere. Il risultato fu che molti spazi coltivabili furono abbandonati e tornarono incolti, contribuendo così al calo della produzione. La carenza di manodopera costrinse poi i signori a offrire affitti a canoni più bassi e a trovare nuova forza lavoro offrendo salari più elevati. Questo produsse un calo delle rendite dei proprietari che, dunque, investirono ancora meno sulle proprie terre, con un ulteriore peggioramento della produzione agricola. Inoltre la riduzione delle rendite portò a un aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, peggiorando ancor di più le condizioni di vita dei ceti più deboli.

I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Una terza importante causa di crisi fu di natura ambientale: si ebbero infatti delle eccezionali ondate di piogge che rovinarono i raccolti (si calcola una perdita del 35%) e un forte abbassamento delle temperature. Gli inverni furono così rigidi da ghiacciare alcune zone dedicate all’agricoltura, riducendo le aree coltivabili e quindi la produzione complessiva di beni alimentari.

2. CARESTIE, GUERRE ED EPIDEMIE

CARESTIE E FAME

La situazione appena descritta fu la causa di sempre più gravi e frequenti  carestie, che colpirono contemporaneamente vaste aree d’Europa (a differenza delle carestie dei periodi precedenti). A soffrirne di più furono i ceti più poveri (cioè la maggior parte della popolazione), per cui aumentarono le schiere di mendicanti e contadini affamati in cerca di cibo che vagavano per le campagne o si riversavano nelle città.

GUERRE E SACCHEGGI

Un’altra causa della crisi del Trecento fu la guerra. Le guerre c’erano sempre state, ma i conflitti di questo periodo furono molto più lunghi (come la Guerra dei Cent’anni tra Inghilterra e Francia che studieremo più avanti) e più distruttivi, anche per via degli eserciti più numerosi.

Inoltre si diffusero le  compagnie di ventura, ovvero eserciti mercenari pagati per combattere. Questi soldati, una volta finita la guerra, rimanevano senza paga e si dedicavano a razzie e saccheggi ai danni della popolazione e delle produzioni agricole, aggravando ancora più la situazione.

MALATTIE

Denutrizione e malnutrizione portarono a un aumento del tasso di mortalità delle malattie, perché queste colpivano organismi indeboliti dalla fame, e favorirono il diffondersi di epidemie. Si ebbe quindi un forte e continuo calo demografico.

3. LA “PESTE NERA”

L’ORIGINE DELL’EPIDEMIA

Tra il 1347 e il 1353 fece la sua comparsa in Europa la grande  epidemia di peste, che uccise circa 25 milioni di persone, quasi un terzo della popolazione europea. La peste era presente da tempo nell’Oriente asiatico. Da qui, seguendo le vie del commercio, aveva lentamente raggiunto le zone del Medio Oriente fino al Mar Nero. Nel 1347 la colonia genovese di Caffa, nella penisola della Crimea, era assediata dalle armate dei tartari che, colpiti dalla peste, usarono i cadaveri di soldati morti come “arma batteriologica”, gettandoli all’interno delle mura della città, dove subito scoppiò il contagio. Quando alcune navi genovesi riuscirono a lasciare Caffa, portarono a bordo i germi della malattia. Passando per Costantinopoli le navi genovesi arrivarono fino ai porti di Messina (ottobre 1347), Genova e Marsiglia (novembre 1347), diffondendo ovunque l’epidemia, che in breve tempo colpì tutto il continente.

I FATTORI DI DIFFUSIONE DELLA PESTE

Come abbiamo visto, i commerci, che spostavano uomini e merci mettendo in contatto regioni anche lontane, furono un veicolo formidabile del morbo. Pur facendo molte vittime anche nelle campagne, la peste colpì in maniera più pesante la popolazione delle città, dove l’alta densità abitativa favoriva il contagio.

Due cause in particolare contribuirono all’esplosione dell’epidemia:

  • le cattive condizioni igieniche, aggravate dalla mancanza di sistemi fognari e dal continuo contatto con gli animali;
  • l’inefficacia della medicina dell’epoca, incapace di prevenire e di curare malattie di questo tipo.

Il continente più colpito fu sicuramente l’Europa, ma la peste si diffuse anche in Asia e Africa, tanto che si può parlare della peste del Trecento come di una vera e propria  pandemia. La peste inoltre restò  endemica in Europa fino a tutto il Seicento.

LE REAZIONI ALLA PESTE

La scienza dell’epoca formulò diverse ipotesi per spiegare l’origine della peste e come combatterla. Per evitare il contagio molti fuggirono verso luoghi ritenuti immuni dalla pestilenza, abbandonando le città che, così, videro ridurre ulteriormente i propri abitanti. Per ridurre i contagi molte città imposero regolamenti sanitari che limitavano l’accesso di forestieri e lo spostamento dei propri abitanti. Inoltre furono predisposti luoghi per la quarantena, per isolare i malati dal resto della popolazione. Anche le sepolture erano controllate, e i cadaveri degli appestati venivano sistemati in fosse comuni e bruciati o coperti di calce. Le autorità pubbliche tentarono anche di vietare assembramenti e raduni nelle piazze per ridurre le possibilità di contagio.

IL DECAMERON DI BOCCACCIO

Lo scrittore Giovanni Boccaccio prese spunto proprio dalla diffusione della peste per ambientare il suo Decameron, scritto pochi mesi dopo l’epidemia del 1348: dieci giovani nobili, maschi e femmine, si recano fuori Firenze, dove trascorrono il tempo tra balli, canti e piacevoli racconti.

L’IMMAGINARIO COLLETTIVO E LA CACCIA AGLI EBREI

Un fenomeno così distruttivo fece molto riflettere gli uomini del tempo. La risposta che si diedero in molti fu di natura religiosa: vedevano la peste come una terribile punizione divina per i peccati degli esseri umani, in particolare la corruzione, la lussuria, gli omicidi, le guerre.

In un clima di isteria collettiva quindi partì la ricerca del  capro espiatorio, cioè di un responsabile a cui addossare la responsabilità di quanto stava accadendo. Si sospettò di tutti i “diversi”: poveri, vagabondi, forestieri e soprattutto degli ebrei, che furono incolpati di contagiare i luoghi pubblici o le acque per impossessarsi del potere e acquisire i beni dei cristiani. Questo portò a numerose stragi di ebrei in diverse località d’Europa.

EFFETTI SULLA MENTALITÀ E SULLA CULTURA

Vedere morire ogni giorno persone conosciute senza poter in alcun modo reagire, con la continua paura di essere contagiati, provocò un diffuso senso di angoscia. Molti predicatori praticarono quella che oggi è definita “pedagogia della paura”, fondata sull’idea del castigo di Dio: parole, rappresentazioni e figure della vita religiosa si impregnarono di simboli di morte.

Anche l’arte manifestò questo senso di terrore e contribuì a rafforzarlo, in particolare attraverso la pittura, svolgendo un importante ruolo soprattutto per gli analfabeti che proprio attraverso le immagini potevano comprendere i messaggi veicolati dalla Chiesa.

IL TRIONFo DELLA MORTE

In questo periodo divennero frequenti, soprattutto sui muri di chiese e conventi, dipinti che avevano per tema il “Trionfo della Morte” o la “danza macabra”, con scheletri che ballano con uomini vivi, di ogni condizione sociale, conducendoli alla tomba.

ESERCIZI

1. Completa il testo.


Dopo secoli di ............................................... economica, nel Trecento si apre un periodo di crisi. I minori investimenti nelle terre da parte dei ............................................... e un cambiamento ............................................... portano a una ............................................... della produzione agricola e a frequenti e generalizzate ................................................ Di conseguenza la popolazione, sempre più ..............................................., è più vulnerabile alle ................................................ Ad aggravare la situazione ci sono poi ..............................................., che sono ora molto più lunghe e distruttive. A metà del Trecento giunge in Europa la peste, che causa ............................................... che uccide quasi un terzo della popolazione e che rimarrà ............................................... fino a tutto il Seicento.

2. Trova la parola.


pandemiaepidemiaendemicacarestiacompagnia di ventura


.......................................................... Malattia che si diffonde in tutto il mondo.
.......................................................... Malattia che si diffonde rapidamente.
.......................................................... Malattia che rimane presente con continuità in un territorio.
.......................................................... Esercito mercenario pagato per combattere.
.......................................................... Mancanza di cibo, soprattutto di cereali.

3. Fai la scelta giusta.


a. Di che cosa sono responsabili i soldati delle compagnie di ventura? 

  • Delle guerre.
  • Dei saccheggi.

b. Durante l’epidemia di peste il contagio è favorito (più di una scelta): 

  • dai regolamenti sanitari.
  • dalla densità di popolazione.
  • dai raduni.
  • dalla quarantena.
  • dalle cattive condizioni igieniche.
  • dai commerci.

c. In mancanza di una spiegazione a chi si attribuisce la responsabilità dell’epidemia? 

  • Ai sacerdoti.
  • Ai “diversi”.