Nel 1914 comincia la Prima guerra mondiale o Grande guerra, un avvenimento fuori dalla norma per durata (termina nel 1918) e per intensità e che rappresenta un momento di profonda trasformazione storica. La Grande guerra infatti cambia sia gli equilibri politici, militari ed economici tra gli Stati del mondo sia le coscienza degli individui.
SEZIONE A – L’esordio del Novecento: GUERRE E RIVOLUZIONI
CAPITOLO 2 – La Prima guerra mondiale
1. UNA GUERRA NUOVA E TERRIBILE
La Prima guerra mondiale inizialmente vide contrapporsi l’Impero tedesco e l’Impero austro-ungarico (chiamati insieme Imperi centrali) alle forze dell’Intesa (Francia, Impero russo e Regno Unito). In seguito coinvolse anche molti altri Stati in Europa e nel mondo, tra i quali Stati Uniti, Giappone, Cina, e in più le colonie dei paesi in guerra.
Quindi, anche se venne combattuta soprattutto in Europa, fu una vera guerra mondiale, che è stata definita anche una guerra totale perché non solo l’apparato produttivo ma la società tutta intera venne messa a servizio della guerra.
GLI SCHIERAMENTI E LE ALLEANZE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
IMPERI CENTRALI (Impero austro-ungarico e Impero tedesco) |
INTESA (Impero russo, Francia, Regno Unito) |
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1914 | Impero Ottomano | |
1915 | Bulgaria | Italia |
1916 | Romania Portogallo Romania |
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1917 | Stati Uniti Grecia Cina |
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1918 |
2. L’INIZIO DEL CONFLITTO
L’attentato
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo un nazionalista bosniaco assassinò l’erede al trono dell’Impero austro-ungarico e sua moglie. L’attentato venne progettato nell’ambiente dei movimenti nazionalisti slavi, sostenuti dalla Serbia. Lo scopo era quello di fermare il progetto di riforma dell’erede al trono che prevedeva una maggiore autonomia per le minoranze nazionali presenti nell’Impero, al fine di smorzarne le tensioni indipendentiste. Progetto che, se attuato, avrebbe indebolito i movimenti nazionalisti slavi.
L’ultimatum
L’Impero austro-ungarico ritenne il governo serbo responsabile dell’attentato e inviò un ▶ ultimatum.
Il tentativo delle diplomazie europee di trovare una soluzione pacifica per evitare la guerra fallì. Scaduto il termine dell’ultimatum, il 28 luglio 1914, l’Impero austro-ungarico dichiarò guerra alla Serbia e il meccanismo delle alleanze trascinò nel conflitto tutte le grandi potenze europee.
Il sistema di alleanze
Alla vigilia della guerra le principali alleanze in Europa erano:
- la Triplice Alleanza di cui facevano parte l’Impero tedesco (o Germania), l’Impero austro-ungarico e l’Italia;
- la Triplice Intesa di cui facevano parte Francia, Regno Unito e Impero russo.
Vi erano poi accordi diversi, come il patto che legava l’Impero russo alla Serbia.
Le dichiarazioni di guerra
Dopo la dichiarazione di guerra alla Serbia:
il 30 luglio l’Impero russo mobilitò le truppe contro l’Impero austro-ungarico;
il 1° agosto la Germania dichiarò guerra all’Impero russo;
il 3 agosto la Germania dichiarò guerra alla Francia, che aveva cominciato a mobilitare l’esercito per scendere al fianco dell’Impero russo, secondo gli accordi della Triplice Intesa;
il 4 agosto il Regno Unito dichiarò guerra alla Germania, dopo che questa aveva invaso il Belgio, paese neutrale;
infine il 12 agosto Francia e Regno Unito dichiararono entrambi guerra all’Impero austro-ungarico.
L’Italia rimase neutrale, perché l’accordo della Triplice Alleanza, di cui faceva parte, prevedeva il sostegno militare agli alleati solo a scopo di difesa e non in caso di aggressione, come venne giudicato l’attacco alla Serbia.
3. le ragioni della guerra
L’attentato di Sarajevo fu solo il pretesto per lo scatenarsi della guerra. Ben altre erano le ragioni che portarono a un conflitto di queste dimensioni.
Previsioni errate
Gli Imperi centrali entrarono in guerra sulla base di previsioni che si sarebbero poi rivelate errate: l’Impero austro-ungarico con l’attacco alla Serbia pensava di assoggettarla e così di risolvere una volta per tutte la questione balcanica; la Germania riteneva che la sua potenza militare le avrebbe consentito di vincere rapidamente la guerra e assumere un ruolo ▶ egemone tra le grandi potenze. Come si sa queste previsioni furono smentite: la guerra durò a lungo e l’Impero austro-ungarico e l’Impero tedesco furono sconfitti.
La contesa dei mercati mondiali
Nei decenni precedenti, il Regno Unito e la Francia si erano spartite la gran parte dei territori e delle rotte commerciali del pianeta. L’impero tedesco voleva ottenere domini coloniali paragonabili a quelli di Francia e Regno Unito e aveva la necessità di reperire materie prime per la propria industria. Questo aveva portato a uno scontro per il controllo dei mercati mondiali fra il capitalismo britannico e francese da una parte e quello tedesco dall’altra.
La corsa agli armamenti
Tutte le grandi potenze europee erano coinvolte nella corsa agli armamenti che aveva l’appoggio sia delle alte gerarchie militari sia del mondo imprenditoriale che beneficiava degli ordini d’acquisto statali per le armi. L’apertura del conflitto quindi era apprezzata e sostenuta sia dagli ambienti militari sia dai grandi gruppi industriali.
Le masse e lo spirito nazionalista
Le classi dirigenti europee erano convinte che il sostegno alla patria in guerra potesse spegnere le contrapposizioni sociali interne. E in effetti, nei giorni in cui i diversi Stati annunciavano l’entrata in guerra, le popolazioni manifestarono il loro entusiasmo in un clima di esaltazione collettiva.
Si realizzava così quel processo di nazionalizzazione delle masse che serviva a integrare tutti i ceti nello Stato-nazione e ad allontanare il pericolo di tentazioni rivoluzionarie.
Socialismo e guerra
La guerra aprì una frattura nelle forze socialiste europee, tra chi riteneva che la guerra fosse un’occasione per far iniziare la rivoluzione e chi, invece, era contrario in nome dell’▶ internazionalismo della classe operaia. Infatti la Seconda internazionale (l’organizzazione che riuniva tutti i partiti socialisti) venne sciolta proprio per i contrasti sulla linea da tenere nei confronti della guerra.
Alla fine la gran parte dei partiti socialisti europei si schierarono a favore dell’entrata in guerra dei rispettivi paesi. Socialdemocratici tedeschi, laburisti inglesi e socialisti francesi si schierarono a fianco dei rispettivi governi: appoggiando i ▶ crediti di guerra o, come nel caso della Francia, entrando in un ▶ governo di coalizione.
4. dalla guerra di movimento alla guerra di posizione
La strategia militare tedesca
La Germania prevedeva di realizzare una guerra-lampo (Blitzkrieg) attuando un piano strategico, pronto già dal 1906. Secondo questo piano l’esercito tedesco doveva attaccare e sconfiggere immediatamente la Francia sul fronte occidentale, per poi concentrare le forze sul fronte orientale contro l’esercito zarista, contando anche sul fatto che i russi avevano bisogno di più tempo per organizzare le loro truppe.
Questa rapidità inoltre avrebbe anche permesso di evitare uno scontro immediato con il Regno Unito, dove la chiamata alle armi era su base volontaria e aveva quindi bisogno di tempi più lunghi.
Tuttavia la previsione di una guerra breve si rivelò sbagliata. Non si tenne infatti conto di due fattori:
- la straordinaria qualità tecnologica degli armamenti moderni, che consentiva di resistere agli attacchi per lungo tempo;
- la capacità produttiva del sistema industriale, che era in grado di alimentare costantemente la “macchina” bellica.
Nuove armi
Nella Grande guerra furono utilizzate nuove e “moderne” armi:
la mitragliatrice, con i suoi colpi esplosi a getto continuo e in tempi rapidissimi;
i carri armati, completamente corazzati e dotati di mitragliatrici che potevano sparare in qualunque direzione;
gli aerei e i sottomarini.
Ma le armi più terribili furono i gas asfissianti, utilizzati dai tedeschi per la prima volta nel 1915 nella battaglia di Ypres. Per i loro effetti devastanti il loro uso in guerra fu vietato dal Protocollo di Ginevra del 1925.
Il fronte occidentale
La Germania mosse con rapidità il suo esercito di un milione di uomini verso la Francia. Il 4 agosto 1914 invase il neutrale Belgio e dopo due settimane avanzò verso Parigi. Tra il 5 e il 12 settembre, però, l’esercito francese riuscì a fermare i tedeschi sul fiume Marna.
In questa prima fase più di 500 000 uomini persero la vita fra i due schieramenti.
Il piano tedesco di una guerra breve, con manovre offensive veloci, fallì. Il fronte occidentale si stabilizzò e, per tutta la dura della guerra, rimase pressoché invariato lungo una linea di circa 800 chilometri, dal Mare del Nord alla Svizzera.
Il fronte orientale
Il fronte orientale apparve inizialmente più movimentato. Su questo fronte si delinearono due zone di guerra:
- nella prima, nell’area balcanica, l’Impero austro-ungarico combatté contro la Serbia, che nel dicembre del 1915 fu costretta ad arrendersi, dopo che anche la Bulgaria le aveva dichiarato guerra schierandosi con gli Imperi centrali;
- la seconda vide gli Imperi centrali opposti all’Impero russo. Gli austro-ungarici furono impegnati in Galizia, dove le truppe zariste vinsero a Leopoli nel settembre 1914. I tedeschi invece puntarono verso la Prussia orientale, dove l’esercito russo (nonostante fosse numericamente smisurato) venne sconfitto dalle armate tedesche.
LA GUERRA DI POSIZIONE
Sia sul fronte occidentale sia su quello orientale la situazione si bloccò. La forza delle strutture difensive si era rivelata maggiore delle capacità offensive. Con le conquiste effettuate da una parte e dall’altra, alla fine del 1914 la guerra di movimento si concluse. Ora si passava a una guerra lenta, fatta di attese; lungo il fronte occidentale si cominciarono a scavare le trincee, fossati in cui i soldati trovavano riparo nell’attesa tra un attacco e l’altro: iniziava la guerra di posizione.
5. L’INTERVENTO IN GUERRA DELL’ITALIA
LA POSIZIONE DELL’ITALIA
In Italia il governo liberale, presieduto da Salandra, al momento dello scoppio della guerra dichiarò la neutralità. La scelta italiana era legittimata dalla clausola della Triplice Alleanza che obbligava a intervenire solo a scopo di difesa.
Nell’agosto del 1914 ci si chiedeva se fosse più vantaggioso restare neutrali o intervenire al fianco di uno dei due schieramenti. Si svolse quindi un’agguerrita polemica fra interventisti e neutralisti, che divise il paese per lunghi mesi.
Da una parte erano abbastanza diffusi sentimenti antiaustriaci, dovuti alla questione delle ▶ terre irredente, Trento e Trieste, considerate necessarie al completamento dell’unità nazionale; dall’altra c’era chi riteneva che l’Italia fosse ancora impreparata a sostenere un qualsiasi impegno bellico.
GLI INTERVENTISTI DI DESTRA
Il campo degli interventisti era piuttosto multiforme.
- I più fanatici sostenitori dell’intervento erano i nazionalisti, che volevano per l’Italia un ruolo da protagonista nel campo internazionale attraverso un’energica politica di potenza. Tra essi si distinsero molti intellettuali, tra cui D’Annunzio.
- Su posizioni più moderate c’erano i liberali di destra, guidati dal presidente del Consiglio Salandra e dal ministro degli Esteri Sonnino. Questi avviarono contatti e trattative sia con gli Imperi centrali sia con le forze dell’Intesa per capire quale delle due parti fosse disponibile a soddisfare le richieste territoriali italiane. Inoltre i liberali di destra ritenevano che l’ingresso in guerra avrebbe consentito di rafforzare la politica conservatrice del governo, fermando il conflitto sociale che era sempre più acceso nel paese.
A favore dell’intervento c’erano poi il re Vittorio Emanuele III e le gerarchie militari, ma anche gli ambienti industriali e finanziari attirati dai possibili profitti derivanti dalla produzione bellica.
GLI ALTRI INTERVENTISTI
Con posizioni e motivazioni opposte a quelle viste finora, a sostenere l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Impero austro-ungarico c’erano anche:
- gli irredentisti e i repubblicani, sostenitori della necessità di completare l’unità nazionale;
- i social-riformisti, tra cui Gaetano Salvemini, che interpretavano la guerra come una lotta fra democrazie e regimi autoritari e vedevano l’Italia al fianco delle democrazie (Francia e Regno Unito) contro il dispotismo militarista degli Imperi centrali;
- i sindacalisti rivoluzionari, che vedevano nel conflitto l’occasione per far scoppiare la rivoluzione operaia e dar vita alla nuova società socialista.
I NEUTRALISTI
Su posizioni neutraliste, invece, si trovavano tre grandi forze politiche e culturali, anch’esse con motivazioni differenti fra loro.
- I socialisti, in nome degli ideali internazionalisti del socialismo, si opponevano alla guerra e avevano dalla loro parte la classe operaia.
- I cattolici volevano che l’Italia restasse fuori dalla guerra anche per evitare che, in caso di una scelta contro l’Impero austro-ungarico, ci fosse uno scontro fra due paesi di fede cattolica. Essi si facevano anche interpreti di quel mondo contadino che da sempre era contrario alla guerra.
- I liberali di Giolitti, infine, erano l’altra ala del Partito liberale, quella che era consapevole dell’impreparazione militare e delle difficoltà economiche dell’Italia. Giolitti riteneva che l’Italia, attraverso trattative diplomatiche con gli austro-ungarici, potesse ottenere i territori rivendicati in cambio della propria neutralità.
IL PATTO DI LONDRA
Nei primi mesi del 1915 sia gli Stati dell’Intesa sia gli Imperi centrali fecero pressioni sull’Italia per averla al proprio fianco.
Attraverso trattative segrete, tenute dal ministro degli Esteri Sonnino, il 26 aprile 1915 l’Italia raggiunse un accordo con la Triplice Intesa e firmò il patto di Londra. Il patto prevedeva l’entrata in guerra entro un mese, in cambio l’Italia avrebbe acquisito alcuni territori dell’Alto Adige, Trieste e Gorizia, l’Istria (esclusa Fiume), le isole del Dodecaneso e parte della Dalmazia.
Per dare seguito al patto era però necessaria l’approvazione del parlamento, che era stato tenuto all’oscuro di tutto e dove c’era una salda maggioranza neutralista. Inoltre nel frattempo Giolitti aveva di nuovo ottenuto l’incarico di formare un nuovo governo.
IL “MAGGIO RADIOSO”
In realtà anche nel paese la maggioranza della popolazione era neutralista, ma la minoranza interventista era molto combattiva e aggressiva e si scatenò nelle piazze. Queste manifestazioni violente, che vennero chiamate “radiose giornate di maggio”, portarono alla rinuncia all’incarico da parte di Giolitti e alla costituzione del nuovo governo Salandra, che ottenne dal parlamento i poteri straordinari per l’entrata in guerra.
Il Partito socialista fu l’unico fra i partiti europei a votare contro la concessione dei crediti di guerra, e adottò la formula “né aderire né sabotare”: non avrebbe cioè dato sostegno alla guerra ma non avrebbe posto ostacoli alla partecipazione italiana.
Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Impero austro-ungarico e avviò le operazioni militari.
6 IL BIENNIO 1915-16
L’ALLARGAMENTO DELLA GUERRA
Nel 1914 l’Impero ottomano e nel 1915 la Bulgaria si schierarono al fianco degli Imperi centrali.
Dopo l’Italia nel 1915, ad appoggiare gli Stati dell’Intesa si aggiunsero, nel 1916, la Romania e il Portogallo.
IL FRONTE ITALIANO
Le truppe italiane si disposero lungo il confine austriaco, su due fronti: uno in Trentino e l’altro nella Venezia-Giulia, nella zona del ▶ Carso e del fiume Isonzo.
Su questo secondo versante il generale Luigi Cadorna (comandante supremo dell’esercito) ritenne potesse avvenire lo sfondamento del fronte avversario. Tra il 1915 e il 1916, infatti, Cadorna lanciò 10 offensive, chiamate “battaglie dell’Isonzo”, che come unico risultato portarono alla perdita di 200 000 uomini, tra morti e feriti.
LA STRAFEXPEDITION
A maggio del 1916, mentre erano in corso gli scontri sull’Isonzo, sul versante del Trentino ci fu un contrattacco da parte austro-ungarica chiamato Strafexpedition (“spedizione punitiva”, per punire l’Italia del tradimento della Triplice Alleanza). Lo sfondamento venne fermato dall’esercito italiano sull’altopiano di Asiago, ma ancora una volta con tantissime perdite.
Di fronte a questi disastri militari, Salandra fu costretto alle dimissioni. Al suo posto si formò un governo guidato da Paolo Boselli. Ma, nonostante i clamorosi insuccessi, non cambiarono i vertici militari.
Intanto il 27 agosto 1916 l’Italia dichiarò guerra anche all’Impero tedesco.
IL FRONTE OCCIDENTALE: VERDUN E LA SOMME
Sul fronte occidentale, nel febbraio del 1916, la Germania lanciò l’attacco contro la fortezza francese di Verdun. Per 11 mesi tentò lo sfondamento del fronte, senza però risultati apprezzabili.
Nel luglio, per alleggerire la pressione su Verdun, francesi e britannici attaccarono le linee tedesche nella battaglia della Somme. Anche in questo caso lo scontro provocò un terribile massacro, senza portare a nulla di risolutivo. Fra i due schieramenti si contarono 1 200 000 tra morti e feriti.
IL FRONTE ORIENTALE E BALCANICO
Come abbiamo visto sul fronte orientale gli Imperi centrali ebbero inizialmente una situazione di vantaggio: la Germania era avanzata nella Prussia orientale e la Serbia si era arresa, anche se l’Impero russo occupava la Galizia.
Nell’aprile del 1915, l’esercito britannico lanciò un attacco allo stretto dei Dardanelli, dove l’Impero ottomano (alleato degli Imperi centrali) impediva i contatti fra le truppe anglo-francesi e quelle russe. L’attacco venne però respinto e, dopo mesi di combattimenti, l’esercito dell’Intesa dovette ritirarsi (febbraio 1916). In seguito la strategia britannica cambiò, puntò ad appoggiare i popoli arabi in funzione antiturca, in modo da impegnare l’Impero ottomano su un altro fronte.
Nell’agosto 1916, a fianco dell’Intesa intervenne la Romania, che possedeva notevoli risorse petrolifere e agricole, utili fonti di rifornimento per sostenere l’impegno bellico. Tuttavia, la Romania venne conquistata in pochi mesi dagli Imperi centrali.
LA GUERRA SOTTOMARINA
La Prima guerra mondiale si combatté anche per mare. Sin dall’inizio inglesi e francesi attuarono un blocco al commercio internazionale, controllando le navi in arrivo nei principali porti europei per sequestrare merci di rilievo strategico come carburante e prodotti chimici. Questo mise in grave difficoltà gli Imperi centrali e
per spezzare questo blocco, la Germania scelse la guerra sottomarina. Con un nuovo tipo di sommergibile (U-Boot) la marina tedesca riuscì efficacemente a silurare e affondare le navi che portavano rifornimenti alle potenze dell’Intesa. Ma l’attacco indiscriminato a qualunque nave, sia civile che commerciale, fu uno dei motivi che spinsero gli Stati Uniti a dichiarare guerra alla Germania nel 1917.
7. L’economia di guerra e l’anno della svolta: 1917
IL RUOLO DELLO STATO: LA MILITARIZZAZIONE PRODUTTIVA
Una guerra così lunga aveva bisogno di continui e massicci rifornimenti di materiale bellico. Per questo tutte le produzioni necessarie alla guerra vennero poste sotto il controllo diretto dei governi, in special modo quei settori ritenuti strategici come il minerario, il siderurgico, il chimico, l’automobilistico.
Nacquero così ministeri delle Armi e della Guerra in grado di controllare tutte le fasi della produzione e anche la manodopera delle fabbriche fu costretta a sottostare a una severa disciplina militare, con l’abolizione del diritto di sciopero.
Da questa situazione gli industriali ottennero profitti straordinari grazie al fatto che lo Stato acquistava anche a prezzi elevati, pur di rifornire rapidamente gli eserciti al fronte.
L’industria di guerra quindi fu un vero e proprio motore di sviluppo che favorì il moltiplicarsi degli investimenti. Questo avvenne anche in Italia, dove alcune fabbriche come l’Ansaldo, l’Ilva e la Fiat, che operavano nel settore siderurgico e metalmeccanico, decuplicarono sia il capitale sia i dipendenti.
Anche il settore agricolo venne tenuto sotto il controllo dello Stato, con la requisizione dei prodotti alimentari. I prezzi dei beni di prima necessità furono fissati dal governo e ciò favorì il “mercato nero”, cioè il commercio illegale con prezzi notevolmente gonfiati.
I debiti di guerra
Per pagare i costi del conflitto tutti i paesi furono costretti a ricorrere a prestiti. Si generò, in tal modo, un debito pubblico smisurato che ebbe gravi conseguenze nel dopoguerra.
il ruolo delle donne
Poiché la maggior parte degli uomini erano stati chiamati a combattere al fronte, in tutta Europa furono le donne a prendere il loro posto. La guerra quindi fece assumere alle donne la responsabilità di lavori e funzioni tradizionalmente destinate agli uomini, e fu per loro l’occasione per acquisire una maggiore autonomia personale e familiare e un maggiore peso sociale.
LA STANCHEZZA DI SOLDATI E CIVILI, la propaganda
Anni di guerra ininterrotta, la morte di milioni di uomini e la mancanza di generi di prima necessità attivarono forme di opposizione alla guerra.
Tra i soldati al fronte aumentarono gli atti di ▶ insubordinazione e di ▶ diserzione, cui si associarono le automutilazioni o la simulazione di malattie fisiche e mentali per essere allontanati dai campi di battaglia.
Nei paesi in guerra si aprì anche il cosiddetto fronte interno, cioè l’ostilità delle popolazioni civili alla guerra, che sempre più spesso sfociava in aperte manifestazioni di protesta.
Per recuperare il consenso alla guerra e ridare forza allo slancio patriottico, gli Stati Maggiori degli eserciti e i governi si mobilitarono con la propaganda, facendo pressione sull’opinione pubblica e sui soldati, spesso usando richiami alla fede religiosa.
In questa difficile situazione, nel 1917, alcuni decisivi avvenimenti cambiarono lo scenario del conflitto: l’uscita della Russia dalla guerra e l’intervento degli Stati Uniti.
L’USCITA DELLA RUSSIA DALLA GUERRA
Nei primi mesi del 1917 la condizione dell’esercito russo era catastrofica e nelle città e nelle campagne russe la situazione era altrettanto difficile. Se nell’esercito aumentarono i casi di ▶ ammutinamento e diserzione, in tutto l’Impero aumentarono le proteste.
Nel febbraio del 1917 scoppiò una sommossa civile che portò, il 2 marzo, all’abdicazione dello zar Nicola II. Prendeva avvio così la rivoluzione russa che ebbe come primo effetto l’immediato ritiro delle truppe russe dai fronti di guerra. Infatti già il 3 marzo 1918 furono stipulati gli accordi di pace a Brest-Litovsk.
L’uscita di scena della Russia era un duro colpo per l’Intesa, perché ora le forze degli Imperi centrali avevano un fronte in meno sul quale combattere e potevano concentrare il loro impegno sul fronte occidentale e su quello italiano.
L’ENTRATA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI
Poco dopo l’uscita di scena della Russia, nell’aprile 1917 gli Usa dichiararono guerra alla Germania. L’intervento in guerra degli Stati Uniti metteva fine alla ▶ politica isolazionista che fino a quel momento aveva caratterizzato questo paese.
Alla scelta dell’intervento contribuirono diversi fattori:
- un forte interesse economico, perché gli Stati Uniti avevano concesso a Francia e Regno Unito enormi finanziamenti che, in caso di sconfitta dell’Intesa, difficilmente sarebbero stati restituiti;
- l’ambizione degli Usa di acquisire un ruolo internazionale sempre più adeguato alla propria potenza, vista la posizione raggiunta nell’economia mondiale;
- un sempre più deciso e diffuso sentimento antitedesco nell’opinione pubblica e nella classe politica, provocato dall’affondamento di navi mercantili statunitensi;
- la convinzione che nel conflitto si scontrassero da un lato le forze della democrazia e dei valori liberali, rappresentate dall’Intesa, e dall’altro i sostenitori del militarismo e dell’autoritarismo, rappresentati dagli Imperi centrali.
Il coinvolgimento delle truppe americane (con l’arrivo di uomini, mezzi, risorse e armi) non solo recuperò una situazione che si era fatta difficile con il ritiro della Russia dal conflitto, ma ribaltò le sorti della guerra a favore dell’Intesa, al cui fianco in questo stesso anno si schierarono anche la Grecia e la Cina.
8. LA SITUAZIONE SUL FRONTE ITALIANO: LA “ROTTA DI CAPORETTO”
L’ESERCITO IN CRISI
Liberato il fronte russo, gli Imperi centrali poterono spostare uomini e risorse militari contro la Francia e l’Italia.
L’esercito italiano aveva nel frattempo combattuto l’undicesima battaglia sull’Isonzo, conquistando l’altopiano della Bainsizza e del Carso, ancora una volta senza cambiare le sorti del conflitto e con grandi perdite. Aumentarono ancora i casi di diserzione e insubordinazione, a cui il comando militare italiano reagì con estrema spietatezza. Il generale Cadorna infatti, per ristabilire la disciplina militare, giunse ad applicare la decimazione, cioè l’uccisione di un soldato estratto a sorte ogni dieci.
Sul fronte interno peggiorarono le condizioni di vita: i prezzi crebbero sempre di più e allo stesso tempo gli alimenti scarseggiavano. In particolare a Torino si ebbero sommosse popolari che furono domate con una brutale repressione da parte dell’esercito.
IL PAPA E “L’INUTILE STRAGE”
Anche papa Benedetto XV diede voce al sentimento diffuso di dissenso nei confronti del conflitto, inviando un appello ai capi di Stato dei paesi belligeranti. Il papa definì la guerra una “inutile strage”, chiedendone la fine, ma il suo appello rimase inascoltato.
LA DISFATTA DI CAPORETTO
Alla fine di ottobre 1917 l’esercito austro-ungarico assaltò le linee italiane sfondandole nei pressi di Caporetto, un piccolo villaggio sull’Isonzo (e questa fu la dodicesima battaglia sull’Isonzo). L’offensiva agì su più punti del fronte e riuscì ad avanzare in profondità. Accerchiati e disorientati, quasi 400 000 soldati italiani iniziarono una confusa e rovinosa ritirata (“rotta”) verso il Veneto, lasciando in mano all’avversario ▶ vettovaglie, attrezzature e armi. In 300 000 finirono prigionieri, mentre le truppe austro-ungariche avanzarono fino al fiume Piave.
Si trattò di una vera e propria disfatta. Il generale Cadorna tentò di addossare la responsabilità del disastro alla viltà dei suoi soldati, che si sarebbero arresi senza combattere, e al ▶ disfattismo dei socialisti e dei cattolici, che volevano la pace. Ma questo tentativo di eludere le proprie responsabilità non ebbe successo.
IL CAMBIO DI ROTTA: DIAZ E LA PROPAGANDA
La disfatta di Caporetto portò alle dimissioni del Capo del governo Boselli e alla formazione di un nuovo governo di coalizione nazionale guidato da Vittorio Emanuele Orlando. Cadorna venne rimosso e sostituito dal generale Armando Diaz, che si mostrò più attento alle esigenze dei soldati.
Sotto la sua guida l’esercito riuscì a riorganizzarsi e a opporre una valida resistenza sul fiume Piave, dove si attestò la linea difensiva italiana. Inoltre nei mesi seguenti Diaz decise di adottare una strategia militare difensiva e attendista, modificando la linea offensiva del suo predecessore.
Nel 1918 venne istituito il “Servizio P” (“P” stava per propaganda) che si impegnò a risollevare il morale dei soldati al fronte e a diffondere un rinnovato patriottismo tra la popolazione civile.
9. L’EPILOGO DELLA GUERRA
GLI EFFETTI DELLA GUERRA in Francia e negli imperi centrali
Anche in Francia la diffusa insofferenza nei confronti del conflitto portò a un cambio di rotta. Finì il governo di coalizione nazionale e il comandante supremo dell’esercito venne sostituito con Philippe Petain. Questi, come Diaz, abbandonò la strategia degli assalti che aveva solo mandato gli uomini a morte sicura, e cercò di migliorare le condizioni di vita dei soldati.
Gli effetti di una guerra troppo lunga e devastante si sentivano anche negli Imperi centrali. In Germania ci furono scioperi nelle fabbriche e proteste. Ma ogni tentativo del parlamento e del cancelliere di trovare soluzioni favorevoli alla pace venne stroncato sul nascere dalle gerarchie militari che controllavano la vita politica del paese.
Il momento negativo per gli Imperi centrali si fece sentire anche nell’Impero austro-ungarico, dove da tempo si avvertiva un risveglio dei movimenti indipendentisti. L’imperatore Carlo I (salito al trono nel 1916), per evitare la disgregazione dell’Impero, propose la creazione di una ▶ federazione di Stati autonomi, ma la proposta non ebbe successo, perché ormai cechi e ungheresi puntavano ad avere propri Stati indipendenti.
Allo stesso modo non ebbe successo la proposta di Carlo I di avviare negoziati segreti per una pace separata, che fu infatti respinta dall’Intesa.
L’ULTIMA OFFENSIVA TEDESCA
Nel marzo del 1918 l’esercito tedesco riprese l’offensiva per sfondare il fronte occidentale. I tedeschi superarono le linee francesi e giunsero ancora una volta fino alla Marna, dove ancora una volta furono fermati.
Il contrattacco delle forze dell’Intesa portò alla sconfitta dei tedeschi ad Amiens, fra l’8 e l’11 agosto.
Le fresche forze statunitensi con il loro apparato tecnologico furono determinanti per la vittoria e le truppe tedesche furono costrette ad abbandonare i territori occupati.
Nello stesso tempo sul fronte orientale, grazie anche all’intervento della Grecia, le truppe dell’Intesa lanciarono l’offensiva alla Bulgaria, costringendola a chiedere l’armistizio nel settembre 1918.
IL CROLLO DELL’AUSTRIA E LA VITTORIA DELL’ITALIA
Il 24 ottobre 1918 l’esercito italiano lanciò un’offensiva sul Piave. Nella battaglia di Vittorio Veneto sfondò le linee dell’esercito austro-ungarico e si avviò verso la conquista di Trento e Trieste.
Per Vienna fu la sconfitta definitiva, che portò alla richiesta di armistizio. Il 4 novembre 1918 venne proclamata da Diaz la vittoria italiana e l’entrata in vigore dell’armistizio, firmato il giorno prima.
Pochi giorni dopo, l’11 novembre, l’imperatore Carlo I abdicò, segnando la fine dell’Impero austro-ungarico.
Intanto il 30 ottobre 1918 anche l’Impero ottomano si era arreso sotto l’attacco delle truppe britanniche in Palestina e in Siria e concludeva la sua storia.
LA CADUTA TEDESCA
A combattere restava soltanto la Germania, ma la proposta tedesca di armistizio venne rifiutata dagli statunitensi. Ai primi di novembre la protesta dei soldati assunse i caratteri di un’insurrezione rivoluzionaria, diffondendosi in Baviera e nella capitale, Berlino. L’esito fu la caduta del governo e del kaiser Guglielmo II, che il 9 novembre si rifugiò in Olanda. Terminava così anche l’Impero tedesco. Nello stesso giorno infatti venne proclamata la repubblica e si formò un nuovo governo, con a capo il socialdemocratico Friedrich Ebert, cui spettò il compito di chiedere l’armistizio.
L’11 novembre la Germania firmò la resa con la quale si chiuse la Prima guerra mondiale.
LA FINE DEL CONFLITTO
Il numero di esseri umani coinvolti nella Grande guerra fu straordinario: i soldati trascinati nello scontro bellico furono circa 60 milioni. Più di 9 milioni persero la vita: erano la cosiddetta “generazione perduta”, i giovani tra i venti e i trent’anni nati alla fine dell’Ottocento.
Altri 20 milioni ritornarono a casa feriti e mutilati, altri 7 milioni furono conteggiati tra dispersi e prigionieri. E coloro che tornarono sani dal fronte furono psicologicamente segnati per il resto della vita.
A questi numeri vanno aggiunti quelli dei civili uccisi a causa della guerra: insomma, fu una vera e propria morte di massa.
ESERCIZI
1. Completa lo schema delle alleanze, collocando ogni Stato nella colonna giusta.
• Italia • Bulgaria • Impero ottomano • Romania • Stati Uniti • Grecia • Portogallo • Cina
Imperi centrali | Intesa |
2. Trova la parola.
• ultimatum • decimazione • disfattismo • ammutinamento • diserzione
.......................................................... | Condanna a morte di un soldato estratto a sorte. |
.......................................................... | Atto che precede una dichiarazione di guerra. |
.......................................................... | Rifiuto collettivo di obbedire agli ordini dei superiori. |
.......................................................... | Atteggiamento di sfiducia nei confronti del proprio paese. |
.......................................................... | Abbandono ingiustificato del campo di battaglia. |
3. In Italia ci si divise tra chi voleva entrare in guerra e chi voleva rimanere neutrale. Indica per ogni raggruppamento se sia stato interventista [I] o neutralista [N]. Poi attribuisci a ognuno la rispettiva motivazione a favore o contro l’entrata in guerra.
Nazionalisti [.....] perché
Sindacalisti rivoluzionari [.....] perché
Socialisti [.....] perché
Liberali di destra [.....] perché
Liberali di Giolitti [.....] perché
Irredentisti [.....] perché
Social-riformisti [.....] perché
Cattolici [.....] perché
a. L’Italia non era in grado di affrontare una guerra e poteva ottenere importanti concessioni territoriali garantendo la propria neutralità.
b. Si doveva completare l’Unità d’Italia.
c. L’Italia si doveva schierare al fianco delle democrazie, rappresentate da Francia e Regno Unito.
d. Si doveva evitare una guerra con un altro paese cattolico.
e. La guerra era l’occasione per far scoppiare la rivoluzione.
f. Volevano ottenere un’espansione territoriale e rafforzare la politica conservatrice del governo.
g. L’Italia doveva affermare il proprio ruolo di potenza europea.
h. La guerra non era nell’interesse della classe operaia.
3. Fai la scelta giusta.
a. A proposito della Grande guerra si parla di “guerra totale” perché:
- coinvolse gli Stati di tutto il mondo.
- l’intera società venne messa a servizio della guerra.
b. Quale fu il pretesto che diede avvio alla guerra?
- L’attentato di Sarajevo.
- L’invasione della Serbia.
c. Allo scoppio della guerra, l’Italia faceva parte della:
- Triplice Alleanza.
- Triplice Intesa.
d. La gran parte dei partiti socialisti europei scelsero di:
- collaborare con i propri governi.
- mantenere una posizione neutrale.
e. Il Patto di Londra viene sottoscritto fra:
- l’Italia e le forze dell’Intesa.
- il Regno Unito e la Francia.
f. L’espressione “fronte interno” si riferiva:
- alla vita nelle trincee.
- alle popolazioni civili.
g. Sull’Isonzo si combatterono ben 12 battaglie, questo fa capire che:
- nonostante tanti anni e tanti scontri il fronte era rimasto invariato.
- l’Isonzo era molto importante.
h. Quale interesse economico avevano gli Stati Uniti per decidere di entrare in guerra?
- Avevano prestato ingenti somme a Francia e Regno Unito.
- Volevano conquistare le colonie tedesche.
i. Diaz in Italia e Petain in Francia, al contrario dei loro predecessori, scelsero una strategia:
- offensiva.
- difensiva e attendista.
l. Nel 1917 quale avvenimento fu decisivo per l’esito della guerra?
- La rivoluzione russa.
- L’intervento degli USA a fianco dell’Intesa.