SEZIONE C – LA RINASCITA DEL SECONDO DOPOGUERRA

CAPITOLO 14 – LA DECOLONIZZAZIONE E LA CINA COMUNISTA

1. La fine degli imperi coloniali

Alla fine della Seconda guerra mondiale iniziò il processo di “decolonizzazione”, che consisteva nella liberazione dal dominio coloniale europeo di popoli e territori dell’Asia (dal 1945 ai primi anni Cinquanta) e dell’Africa (dalla seconda metà degli anni Cinquanta ai primi anni Settanta).

Le origini della decolonizzazione

Il processo di decolonizzazione fu favorito da diversi fattori:

  • l’indebolimento, soprattutto economico, delle potenze coloniali, che nel dopoguerra dovevano affrontare la ricostruzione in patria;
  • il sostegno dell’Unione Sovietica alla lotta per l’indipendenza, vissuta anche in chiave anticapitalista;
  • il favore degli Stati Uniti, interessati a sostituirsi alle potenze coloniali europee e a contenere l’area di influenza dell’Urss;
  • l’affermazione del principio di autodeterminazione dei popoli, formulato dal presidente americano Wilson, che dava un supporto legale di diritto internazionale alle lotte di liberazione.

I modi della decolonizzazione

Le principali potenze coloniali (Francia e Gran Bretagna) affrontarono in maniera molto diversa la decolonizzazione: la Gran Bretagna scelse generalmente una soluzione pacifica proponendo alle colonie l’entrata nel Commonwealth, e mantenendo così saldi i rapporti economici e commerciali; la Francia invece contrastò militarmente le lotte di liberazione, uscendone però sconfitta.

2. India, Indonesia e Indocina

L’India indipendente

L’India fu la prima colonia a rendersi indipendente nel 1947. La lotta non-violenta di Gandhi, cominciata già da tempo, raccolse sempre più adesioni fra la popolazione e il governo britannico fu costretto a emanare l’India Indipendence Act. Con il ritiro delle truppe inglesi venne proclamata l’indipendenza e nei territori dell’ex colonia nacquero due Stati: l’India, a maggioranza indù, e il Pakistan a maggioranza musulmana. La separazione provocò il trasferimento da un paese all’altro di 12 milioni di persone ed ebbe anche risvolti drammatici, con l’assassinio, nel 1948, di Gandhi da parte di un fanatico indù.

L’epoca di Nehru

A Gandhi succedette Nehru, che cercò di modernizzare il paese abolendo le caste, il millenario sistema di gerarchie sociali ancorato alla religione indù, e promuovendo una riforma agraria per redistribuire le terre. La Costituzione, approvata nel 1950, diede all’India una struttura federale, salvaguardò le minoranze linguistiche e diede allo Stato un’impostazione laica

In parte Nehru si ispirò al modello socialista, adottando i piani quinquennali per favorire l’industrializzazione del paese.Alla sua morte, nel 1964, la guida del paese passò alla figlia Indira Gandhi, che governò l’India fino al 1984, quando venne assassinata dalle sue guardie del corpo di religione sikh.

Indonesia e Indocina

Nel 1948 anche Birmania e Ceylon ottennero l’indipendenza dalla Gran Bretagna senza conflitti.

Invece l’Indonesia, colonia dei Paesi Bassi, dovette combattere fino al 1949 per liberarsi. 

Altrettanto sanguinosa fu la lotta dell’Indocina francese. Qui si sviluppò un movimento indipendentista di matrice comunista, guidato da Ho Chi Minh che, nel 1954, riuscì a liberare il paese dal dominio francese. 

Nello stesso anno vennero creati due Stati: il Vietnam del Nord, a gestione comunista, e il Vietnam del Sud, con un governo filoamericano. Nel resto dei territori dell’Indocina francese, nacquero anche altri due Stati: la Cambogia e il Laos.

3. La decolonizzazione dell’Africa

L’indipendenza delle colonie francesi e portoghesi

A partire dalla metà degli anni Cinquanta si resero indipendenti le colonie francesi in Africa. 

Il conflitto più sanguinoso fu in Algeria, dove c’era una forte presenza di emigrati francesi. Nel 1954 nel paese si costituì un Fronte di liberazione nazionale che cominciò a compiere azioni di sabotaggio e resistenza armata. La reazione della Francia fu durissima e scontri e massacri proseguirono finché il generale De Gaulle (tornato alla guida della Francia) nel 1961 ritirò le truppe francesi e consentì la nascita della Repubblica algerina.

Approfittando delle difficoltà francesi in Algeria, nel 1956 si resero indipendenti la Tunisia e il Marocco; mentre le altre colonie francesi in Africa si liberarono tra il 1960 e il 1962.

Le colonie portoghesi del Mozambico, dell’Angola e della Guinea Bissau, invece, furono le ultime a conquistare l’indipendenza nel corso degli anni Settanta.

4. Il Medio oriente

La Palestina

La Palestina, sotto il controllo britannico dal 1920, era stata interessata dalla migrazione di numerosi ebrei, ispirati dal ▶ movimento sionista e costretti dalle persecuzioni razziali in Europa. Le tensioni che si crearono tra arabi ed ebrei, ma anche nei confronti della presenza britannica, indussero il Regno Unito a ritirarsi. 

Nel 1947 una risoluzione dell’Onu stabilì la formazione di due Stati, uno ebraico e uno palestinese. Questa decisione dell’Onu venne avversata dal mondo arabo, ma nel 1948 il leader ebraico Ben-Gurion proclamò la nascita dello Stato di Israele

Il nuovo Stato venne subito attaccato da una coalizione di paesi arabi, ma riuscì a resistere e ad avere la meglio sugli aggressori, ampliando i suoi territori; mentre altri territori destinati allo Stato palestinese venivano occupati dall’Egitto.

La costruzione dello Stato ebraico

Lo Stato d’Israele si diede un assetto democratico e laico e favorì l’insediamento di nuovi coloni nei kibbutz, comunità di famiglie che formavano unità produttive, prevalentemente agricole, a gestione collettiva e autosufficienti. Per facilitare l’immigrazione degli ebrei di altri paesi venne emanata la “legge del ritorno”, che consentiva a ogni ebreo di ottenere la cittadinanza israeliana.

L’area mediorientale fu uno dei terreni di scontro tra le due superpotenze: l’Unione Sovietica appoggiò il nazionalismo arabo e in particolare l’Egitto di Nasser, mentre gli Stati Uniti, oltre allo Stato d’Israele, sostennero altri paesi dell’area, come Giordania e Arabia Saudita.

L’Egitto di Nasser e la crisi di Suez

Nel 1952 un colpo di Stato rovesciò la monarchia che regnava in Egitto dal 1922 ed era molto legata agli interessi britannici. Due anni dopo, nel 1954, prese forma una repubblica guidata da Nasser, un ufficiale dell’esercito egiziano, che instaurò un regime laico ma autoritario. Con l’obiettivo di rendere il paese moderno e indipendente economicamente, Nasser avviò una riforma agraria per distribuire le terre, varò un piano per dotare il paese di infrastrutture e infine nazionalizzò il canale di Suez, fondamentale snodo per i commerci internazionali, che era ancora in parte gestito da inglesi e francesi.

Francia e Gran Bretagna intervennero militarmente per ripristinare il loro controllo sul canale, ma la volontà degli Stati Uniti di non essere coinvolti e la minaccia sovietica di intervenire a sostegno dell’Egitto indussero l’Onu a obbligare francesi e britannici a ritirarsi dall’area.

La guerra dei sei giorni

Il rafforzamento militare di Egitto e Siria fece crescere il timore in Israele che i paesi arabi potessero preparare attacchi. 

Il governo israeliano decise quindi un “attacco preventivo” che portò all’occupazione di molti territori. Il conflitto durò sei giorni e terminò solo con l’intervento dell’Onu, che stabilì il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati in cambio del riconoscimento dello Stato d’Israele da parte dei paesi arabi. Non venne riconosciuto però alcun diritto all’autodeterminazione dei palestinesi arabi, una questione che avrebbe in seguito portato a nuovi conflitti.

5. Il terzo mondo

La fine dei domini coloniali europei aveva offerto alle due superpotenze la possibilità di estendere la propria egemonia in altre aree del globo (un’egemonia definita neocolonialismo).

Gli Stati sorti dalle lotte anticoloniali furono definiti con l’espressione Terzo mondo, con cui, più precisamente, si indicavano i paesi che volevano trovare una “terza via” e svincolarsi dalla logica bipolare che contrapponeva al primo mondo capitalista, il secondo mondo socialista.

Il tentativo di questi “paesi non allineati” di proporsi come forza neutrale nel conflitto bipolare non riuscì però mai a mettere in crisi il dominio di Usa e Urss sulla scena mondiale.

6. La rivoluzione cinese

L’attacco giapponese alla Cina aveva fatto alleare nuovamente nazionalisti e comunisti. Dopo la sconfitta del Giappone nella Seconda guerra mondiale, entrambi ripresero a combattersi. Nel 1949 i comunisti prevalsero e il loro leader Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica popolare cinese.

Il controllo dello Stato sull’economia, la collettivizzazione, lo sviluppo dell’industria (praticamente inesistente in Cina) e la riforma agraria furono gli obiettivi che si diede la dirigenza cinese a cui si accompagnò un esercizio sempre più repressivo del potere.

Ma il “grande balzo in avanti” prospettato da Mao per portare l’economia cinese ai livelli delle società più industrializzate fallì mentre i trasferimenti di manodopera dall’agricoltura all’industria misero in crisi le campagne, provocando una carestia che tra il 1960 e il 1961 uccise almeno 20 milioni persone.

7. La rivoluzione culturale di Mao e la politica estera

Propaganda e repressione

Il fallimento della politica economica fece emergere all’interno del Partito comunista cinese posizioni critiche, alle quali Mao rispose con la cosiddetta “rivoluzione culturale”, una gigantesca operazione di propaganda delle sue stesse idee, a cui si affiancò una massiccia e cruenta opera di repressione del dissenso. Il risultato della rivoluzione culturale, avviata nel 1966 e conclusa per ordine del partito nel 1969, furono due milioni di morti.

I rapporti fra Cina e Urss e l’apertura all’Occidente

A rendere tesi i rapporti tra Cina e Urss contribuivano da una parte la contesa delle terre al confine con la Manciuria e dall’altra il processo di destalinizzazione che metteva in discussione il culto della personalità del capo, sul quale faceva leva anche il potere di Mao.

Nel 1962 si arrivò alla rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Stati comunisti e più tardi, negli anni Settanta, la Cina adottò una politica estera più aperta all’Occidente

Questa apertura fu ben accolta dagli Stati Uniti, che vedevano la possibilità di indebolire l’antagonista sovietico. Dopo un intenso lavoro diplomatico, gli Stati Uniti nel 1979 riconobbero la Repubblica popolare cinese.

ESERCIZI

1. Trova la parola.


• decolonizzazione • Terzo mondo • Commonwealth • neocolonialismo • kibbutz


.......................................................... Comunità agricole a gestione collettiva.
.......................................................... Controllo economico straniero su paesi indipendenti.
.......................................................... Processo di liberazione delle colonie dal dominio straniero.
.......................................................... Insieme dei paesi che volevano sottrarsi alla logica bipolare.
.......................................................... Organizzazione che riunisce le ex colonie britanniche.

2. Colloca sulla linea del tempo i seguenti avvenimenti.


a. Indipendenza dell’Algeria

b. Crisi di Suez

c. Nascita dello Stato di Israele

d. Indipendenza dell’India

e. Nascita della Repubblica popolare cinese

f. Fine del dominio coloniale francese in Indocina


3. Fai la scelta giusta.


a. Quali paesi si opposero alla nazionalizzazione del Canale di Suez? 

  • Francia e Gran Bretagna.
  • Gran Bretagna e Stati Uniti.

b. Quale comune destino ebbero tutti i leader indiani? 

  • Presero il potere con un colpo di Stato. 
  • Furono assassinati da fanatici religiosi.

c. I rapporti tra Stati Uniti e Cina migliorarono perché:  

  • la Cina rinunciò a essere un paese comunista.
  • gli Stati Uniti la ritennero l’occasione per indebolire l’Unione Sovietica.

d. Che cosa stabiliva per la Palestina la risoluzione dell’Onu del 1947?

  • La creazione dello Stato d’Israele.
  • La nascita di due Stati uno israeliano e uno palestinese.

4. Completa il testo.


Francia e Gran Bretagna affrontarono in maniera molto diversa/simile la decolonizzazione. La Gran Bretagna scelse una soluzione pacifica/militare, mantenendo saldi i rapporti economici e commerciali. La Francia invece contrastò/assecondò le lotte di liberazione.