CAPIRE LE RELAZIONI I flussi migratori Per conoscere la composizione della popolazione europea, come abbiamo visto, è molto importante considerare i , cioè gli spostamenti di popolazione. Oggi il nostro continente è meta di immigrazione, ma non è sempre stato così: vediamo insieme com’è andata in passato. flussi migratori Tra Ottocento e Novecento Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento si è verificata una massiccia , proseguita per alcuni decenni, dall’Europa , che offrivano maggiori opportunità di lavoro e la speranza di una vita migliore. Gli italiani erano fra i migranti di quel periodo, insieme a spagnoli, irlandesi, russi, tedeschi e polacchi: si avventuravano oltreoceano in cerca di maggior fortuna, diretti soprattutto negli Stati Uniti e in Argentina, Paesi in cui ancora oggi esistono numerose comunità italiane. ondata migratoria verso le Americhe e l’Australia Nel secondo dopoguerra Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale (1945) l’Europa ha assistito a grandi spostamenti di popolazione. Il conflitto aveva distrutto intere città e causato la morte di milioni di persone tra militari e civili: era quindi urgente ricostruire, e per farlo servivano numerose braccia. Così l’Europa tornò a essere terra di immigrazione, sia dagli altri continenti sia al suo interno, dai Paesi meno sviluppati dell’Europa Orientale e Meridionale verso i Paesi del Centro- Nord, dove si poteva facilmente trovare lavoro, sia pure in condizioni spesso al limite della sopravvivenza. Oggi Oggi i flussi migratori in Europa e in Italia vedono come protagonisti popoli provenienti sia da altri continenti, in particolare Nord Africa, Asia e America Centro-Meridionale, sia dall’Europa Orientale. A spostarsi sono persone spinte dalle difficili condizioni di vita nella propria terra di origine, spesso a causa di guerre e persecuzioni politiche e religiose. A questo riguardo è importante ricordare che in base agli siglati nel 1951 i profughi o i rifugiati hanno il diritto di essere accolti in Paesi sicuri, in quanto rischierebbero la vita se fossero respinti e costretti a tornare nei loro Paesi d’origine. Quando giungono in Italia o in altri Paesi europei, gli immigrati devono adattarsi a condizioni di vita difficili e accettare i lavori più duri. La convivenza in un medesimo territorio di persone appartenenti a popoli (e quindi a culture) diversi è un’occasione di arricchimento reciproco, ma può anche originare incomprensioni e conflitti. In particolare le minoranze etniche sono spesso oggetto di intolleranza e discriminazione, atteggiamenti che prendono il nome di (dal greco = straniero e = paura). accordi della Convenzione di Ginevra xenofobia xenos fobia In Italia Il Dossier Caritas/Migrantes, il rapporto sull’immigrazione che dal 1991 registra e analizza annualmente il fenomeno migratorio in Italia, mostra un Paese ormai multietnico e multiculturale. Nel 2011 questo documento registrava oltre 4 milioni e mezzo di stranieri residenti, poco meno di 5 milioni contando anche quelli in via di regolarizzazione: quasi l’8% della popolazione complessiva. La comunità più numerosa in territorio italiano è quella rumena (quasi 900.000 residenti), circa mezzo milione sono marocchini e albanesi, a seguire cinesi e ucraini (intorno alle 200.000 unità). Fonti autorevoli e imparziali, come la Banca d’Italia, mettono in luce che la presenza dei , soprattutto in settori come l’agricoltura, l’edilizia, l’industria, i servizi familiari, l’assistenza agli anziani, è ormai indispensabile per il sistema economico e sociale italiano; altri dati mostrano anche come gli immigrati versino alle casse pubbliche più di quanto ricevano come utenti di prestazioni e servizi sociali. Sempre più significativo è infine il numero degli immigrati attivi nel lavoro autonomo e imprenditoriale: sono circa 400.000 gli stranieri titolari d’impresa. lavoratori immigrati . I controlli all’arrivo nel Nuovo Mondo (nella foto, emigranti che sbarcano a New York) erano meticolosi e spesso molte persone venivano rimandate nelle terre di provenienza. In ogni caso la procedura prevedeva spesso un periodo di isolamento di 40 giorni per timore di malattie infettive. 1880, New York, Stati Uniti . Meta dei migranti italiani nei decenni del dopoguerra sono stati prevalentemente i Paesi dell’Europa Centro-Settentrionale (il Belgio, la Svizzera, la Germania, la Francia), dove trovavano lavoro, permanente o stagionale, soprattutto come manovali o minatori: svolgevano in pratica i lavori più faticosi. La vita degli immigrati era molto dura (nella foto, minatori in Belgio), anche per il clima di ostilità che spesso incontravano: in alcuni luoghi pubblici per esempio erano esposti cartelli che vietavano l’ingresso agli italiani. 1945, Belgio . Dalla metà degli anni ’60 i flussi migratori dall’Italia verso l’estero sono progressivamente diminuiti, ma è iniziata una forte migrazione interna: dal Sud verso il Nord, ma anche dalle zone rurali alle città, dove sorgevano le industrie (nella foto, una famiglia in attesa di partire alla stazione di Reggio di Calabria). Il richiamo di uno stipendio fisso rispetto alla precarietà del lavoro agricolo, sottoposto agli imprevisti del clima (una grandinata poteva distruggere un intero raccolto, frutto del lavoro di mesi), era una forte attrattiva, anche a costo di un’esistenza durissima. 1960, stazione del Sud Italia . La numerosa presenza di immigrati nel territorio italiano si manifesta anche con la formazione di alcune comunità concentrate in determinate aree geografiche e attive in particolare in alcuni settori economici, come quella cinese nel settore tessile, a Prato (vedi foto), o i lavoratori del cuoio, cinesi ma anche serbi, ad Arzignano, in provincia di Vicenza. 2012, Prato, Toscana e imparo Studio Dove era diretta l’emigrazione europea di fine Ottocento? Che cosa significa il termine xenofobia? Quanti sono gli stranieri residenti in Italia? Perché gli immigrati in Italia ricoprono un importante ruolo economico e sociale? 1 2 3 4 Parole Geo Immigrazione • Emigrazione • Migrazione interna • Xenofobia