Un ritorno al classicismo Tre pittori emiliani insegnano a dipingere dal vero ispirandosi alla compostezza classica e delle forme distorte del tardo Manierismo, i due fratelli emiliani Annibale e Agostino Carracci, assieme al cugino Ludovico, si propongono di “ridare vita alla pittura” grazie allo , che i manieristi avevano tralasciato. I Carracci, attivi anche a Roma, ricercano nelle loro opere una bellezza ideale, ispirata al di Raffaello e alla purezza di forme dell’antichità. Nel 1582 i Carracci fondano a Bologna un’Accademia, cioè una scuola d’arte, nella quale insegnano a dipingere secondo le loro concezioni pittoriche: inaugurano così una vera e propria corrente classicista, presto seguita da artisti italiani e stranieri. Stanchi degli artifici studio dal vero classicismo Annibale Carracci, , particolare, 1597-1604 ca., affresco. Roma, Palazzo Farnese. Giove e Giunone Il volto di Giove richiama quello della scultura ellenistica del (vedi a pagina 65), riportata alla luce nel 1506. Laocoonte Una bottega in fermento (1560-1609) si è dedicato a molti generi diversi. Il suo capolavoro sono gli affreschi con di Palazzo Farnese, a Roma, in cui sono evidenti i richiami all’arte antica, a Raffaello e alla monumentalità di Michelangelo. Il desiderio di tornare al “vero” lo spinge però a raffigurare anche momenti di vita quotidiana e scene di un certo realismo, come questa veduta della bottega di un macellaio: si tratta di una , uno dei nuovi generi che si affermeranno nel Seicento. Annibale Carracci Gli amori degli dei pittura d’interni Annibale Carracci, , 1585 ca., olio su tela. Oxford, Christ Church. La bottega del macellaio Il dipinto offre all’artista l’opportunità di rappresentare straordinarie e realistiche “nature morte”, come i quarti di bue appesi ai ganci. Tra Raffaello e Caravaggio Nell’Accademia fondata dai Carracci si distingue, tra i tanti, un giovane artista bolognese, (1575-1642), che segue la corrente classicista. Il costante modello di riferimento di Guido Reni resta Raffaello, ma la sua pittura mostra un carattere autonomo e potente che risente anche delle ricerche di Caravaggio. Il suo capolavoro è l’ , una tela di così gran successo che Reni ne ha realizzate diverse repliche. La scena è caratterizzata dalla contrapposizione “geometrica” delle due figure, dalle forme armoniose come quelle di Raffaello e luminose come i personaggi di Caravaggio. Reni sfrutta l’episodio mitico dei due giovani futuri sposi per “disegnare” in primo piano due corpi atletici e monumentali, concepiti secondo pose contrapposte e illuminati da una luce quasi irreale. Guido Reni Atalanta e Ippomene Guido Reni, , 1615- 1625 ca. Madrid, Museo del Prado. Atalanta e Ippomene Atalanta perde la gara di corsa con Ippomene perché si ferma a raccogliere i pomi d’oro che lui le ha lanciato per distrarla. Ippomene potrà così sposare la velocissima atleta, che si era promessa in moglie a colui che l’avrebbe superata nella corsa. La campagna romana di Poussin Un artista francese, appassionato dei monumenti antichi, si reca a Roma nel 1624 e vi resta per diversi anni. È (1594-1665), che rientrato a Parigi tornerà pittore del re. Sentendo poi la mancanza dell’Italia, Poussin vi torna per restarvi fino alla morte. I suoi dipinti equilibrati e composti hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo del classicismo, e soprattutto nell’evoluzione della . I suoi paesaggi sono quelli della campagna romana, nella quale appaiono immagini idealizzate di monumenti e figure ispirate ai miti dell’antichità. A differenza di Caravaggio, che “attualizza” gli eventi antichi vestendo i personaggi con abiti moderni, Poussin abbiglia “all’antica” le sue figure, entro una cornice fuori dal tempo. Nicolas Poussin pittura di paesaggio Nicolas Poussin, , 1635 ca., olio su tela. Parigi, Museo del Louvre. Paesaggio con Diogene La scena si svolge sullo sfondo di un paesaggio fluviale idealizzato su cui si affaccia una splendida città. In primo piano Poussin raffigura l’incontro dell’antico filosofo greco Diogene con un giovane di semplici costumi che beve in una pozza d’acqua. Grazie a lui Diogene capisce quanto sia giusto vivere con semplicità.