Macchie di colori in Toscana Un gruppo di artisti toscani dipinge scene di vita di provincia a grandi “macchie” di colori Verso la metà dell’Ottocento è attivo a Firenze un gruppo di artisti che dipinge all’aperto, nella campagna intorno alla città e sulla costa livornese: i principali esponenti sono Fattori (sopra in un autoritratto), Abbati, Signorini, Cabianca, Banti, Lega. Per rendere la spontaneità e l’ adottano una pennellata larga di colori puri, non mischiati fra loro, ottenendo una pittura lucente e dai toni contrastati; il colore appare sciolto, come a macchie. Nel 1861 un critico chiama questi artisti “ ”, in senso dispregiativo, perché rifiutano l’arte accademica, quella della tradizione, scegliendo di raffigurare invece la : ed è soprattutto la scelta dei temi a unirli, al di là del nome del gruppo e dello stile personale, più o meno legato alla macchia. Aggiornati sulle novità francesi e sostenuti da collezionisti e intellettuali, i macchiaioli si riuniscono a Firenze nel Caffè Michelangelo. Dipingono spesso su tavolette di legno, facilmente trasportabili, e persino sul retro delle scatole di sigari. immediatezza della percezione macchiaioli realtà quotidiana Giovanni Fattori, , 1869, olio su tavola. Contadino e buoi Sulla minuscola tavoletta di legno (10,5x13 cm), di cui si intravedono le nervature, un contadino con i buoi è fermo sulla via. Forme sintetiche, gamma sobria di bianchi e bruni, il verde intenso di un triangolo d’erba a definire lo spazio: questa è la macchia. Sulla spiaggia livornese Nel celebre quadretto di (1825-1908), considerato il caposcuola del gruppo, alcune signore conversano sotto l’ombra ben marcata del tendone di uno stabilimento balneare, di fronte alla bella costa livornese, luogo di ritrovo e di ricerca per i macchiaioli; tra loro c’è anche la giovane moglie del pittore, malata di tisi. Nella tavoletta, sviluppata in orizzontale (12x35 cm), Fattori crea fasce di colori parallele, e stende piccole porzioni di colore come se fossero tessere di un mosaico. Giovanni Fattori Giovanni Fattori, , 1866, olio su tavola. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte moderna. La Rotonda di Palmieri L’artista si firma “Gio. Fattori” e aggiunge anche la data. Silvestro Lega e una solenne intimità Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, (1826-1895) inizia a frequentare il Caffè Michelangelo e a esercitarsi in alcuni studi dal vero nella campagna intorno a Firenze, convertendosi alla “macchia”. In questa sua tela, una donna suona al pianoforte mentre le allieve intonano uno stornello, cioè un canto popolare. Vi si riconoscono influssi diversi: in primo luogo il soggetto, un momento di vita quotidiana caratterizzato da una certa intimità domestica, è tipico dei macchiaioli, che non dipingevano soltanto all’aria aperta ma anche negli interni della borghesia toscana. Lega tuttavia conferisce alla scena una solennità senza tempo, grazie alle forme nitide e alla luce cristallina, che rivela l’ispirazione all’arte quattrocentesca e in particolare alle opere di Piero della Francesca. Silvestro Lega Silvestro Lega, , 1867, olio su tela. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte moderna. Il canto dello stornello CONFRONTI Silvestro Lega e Odoardo Borrani (1833-1905), artista macchiaiolo di origine pisana e frequentatore del Caffè Michelangelo a Firenze, dipingono insieme per diversi anni a partire dal 1860. Nel tranquillo mondo appartato di Piagentina, un borgo campagnolo allora alla periferia di Firenze, dove Lega aveva un villino, scelgono temi apparentemente provinciali, ambientati nell’intimità domestica, come vedi nel . Anche la tela di Borrani è ambientata in un salotto borghese, non illuminato da una luce diretta, ma filtrata dalle tende. Nel quadro di Lega le tende sono invece tirate per mostrare una natura incontaminata. Le donne di Borrani non cuciono abiti qualsiasi, ma le camicie rosse per i soldati garibaldini: è questo un omaggio a un episodio della storia di quegli anni, la campagna in Aspromonte del 1862. Canto dello stornello Odoardo Borrani, , 1863, olio su tela. Montecatini, collezione privata. Le cucitrici di camicie rosse