1874: nasce l’Impressionismo Tocchi di colore rapidi e brillanti, libertà creativa e attenzione agli effetti di luce per fissare sulla tela l’attimo che fugge tra cui Edgar Degas, Claude Monet (nel riquadro), Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, espone a Parigi nell’atelier del fotografo Félix Nadar. Inizialmente i commenti ai loro dipinti sono molto negativi, e quelli che poi diverranno gli artisti più famosi del secolo vengono chiamati, per spregio, “impressionisti”, dal titolo di una tela di Monet: sono accusati di raffigurare scene banali della quotidianità, campagne in cui compaiono anche ciminiere e rotaie, soggetti, cioè, ben diversi da quelli classici del passato. Per i critici questi giovani artisti sono anche incapaci di disegnare, di rendere la profondità dello spazio secondo le regole della prospettiva. Negli anni successivi, fino al 1886, gli impressionisti organizzano vendite pubbliche collettive, lontano dai Salon (le mostre ufficiali) suscitando scandali e contestazioni ma incontrando anche sostenitori. Come i macchiaioli a Firenze, si ritrovano per discutere di ideali, successi e critiche: il loro quartier generale a Parigi è il Café Guerbois, e poi, dal 1870, il Café de la nouvelle Athène in Place Pigalle. Indipendentemente da ciò che dipingono, l’interesse primario degli impressionisti è quello di “trattare un soggetto per i toni e non per il soggetto stesso”: di rendere, cioè, l’ e non il dettaglio. Vogliono cogliere l’attimo eterno in ciò che sfugge, prima che le sensazioni svaniscano, come diceva Pissarro. Per questo dipingono con piccoli, veloci tocchi di colori puri, che nell’insieme danno l’idea di diverse tonalità armonizzate tra loro, e che un critico di allora ha definito «un sistema di ». Nel 1874 un gruppo di artisti francesi, impressione globale vibrazione cromatica Monet ritratto da Renoir nel 1872. Claude Monet, , 1872, olio su tela. Parigi, Musée Marmottan Monet. Impressioni col sole che sorge Questa è la tela che nel 1874 ha dato il nome agli impressionisti. Monet l’aveva dipinta due anni prima a Le Havre, cogliendo l’impressione immediata del porto avvolto nella nebbia mattutina. Come in un’istantanea, Monet rappresenta il disco rosso del sole con i suoi riflessi sull’acqua, schizza rapidamente le sagome delle ciminiere del porto e le macchie scure delle barche con i rematori. Se si guarda il quadro da vicino, tutto è indistinto, si vedono solo pennellate di colore, ma da lontano si riconoscono le forme. Prova ad allontanare e avvicinare l’immagine, e lo vedrai anche tu. Le serie di Monet Il clamoroso esperimento di Claude Monet (1840-1926), che tra il 1892 e il 1894 dipinge cinquanta versioni della cattedrale di Rouen, colta in varie ore del giorno e in diverse stagioni, ci aiuta a capire i metodi e le intenzioni degli impressionisti: fissare sulla tela l’impressione del momento, osservando il mutare del soggetto al e dell’atmosfera. Oltre a quella della Cattedrale di Rouen, Monet ha realizzato altre celebri serie, come quelle dei campi di papavero, dei covoni di grano o delle ninfee (vedi alla pagina successiva); dopo anni di difficoltà e incomprensioni, con queste opere il pittore raggiunge il successo. variare delle condizioni della luce Claude Monet, , 1892, olio su tela. Parigi, Musée d’Orsay. La cattedrale di Rouen. Armonia blu, cielo mattutino Claude Monet, 1892, olio su tela. Parigi, Musée d’Orsay. La cattedrale di Rouen. Armonia grigia, cielo piovoso, Monet rinuncia al disegno e costruisce le forme accostando le pennellate di colore. Claude Monet, , 1894, olio su tela. Parigi, Musée d’Orsay. La cattedrale di Rouen. Effetto mattino, armonia bianca A Monet non interessano i particolari della facciata, che talvolta appare addirittura sfatta dagli effetti di luce. Claude Monet, 1892, olio su tela. Parigi, Musée Marmottan Monet. La cattedrale di Rouen. Effetto sole, tramonto,