Pollock e il “gesto” artistico Una pittura emozionale e astratta che si esprime attraverso colori a smalto lasciati gocciolare sulla tela dopo la tragedia della guerra mondiale, diversi artisti nel mondo cominciano a chiedersi quale senso abbia continuare a dipingere. Il lutto per la perdita di tante vite sembra tradursi nella negazione di tutto ciò che può apparire sereno e piacevole. La pittura assume allora un aspetto più austero e di frequente è astratta, in modo da comunicare, attraverso il rifiuto della forma, il senso di smarrimento e di vuoto della società. Negli Stati Uniti questa tendenza sfocia nell’ , che non è esattamente un movimento e neppure uno stile omogeneo. Gli artisti che rinunciano all’arte figurativa – tra cui Jackson Pollock (1912-1956) e Mark Rothko (1903-1970, del quale puoi vedere un’opera alla pagina 447) – agiscono ciascuno in modo personale, ma spesso condividono la scelta di non dare un titolo all’opera, preferendo numeri seriali. Le tele possono essere di grandi dimensioni, per impressionare lo spettatore a tal punto da farlo sentire quasi investito dal quadro. Diversi pittori cominciano inoltre a usare colori con componenti metalliche o smalti: è il caso di Pollock, che fino al 1947 aveva invece dipinto soprattutto con colori a olio quadri astratti come illustrato qui a lato. Nell’Espressionismo astratto ogni riferimento alla realtà si dissolve a favore di pure espressioni emotive. Nasce così una pittura affidata alla gestualità dell’artista, l’ (“pittura di azione”), di cui Pollock è ritenuto l’iniziatore. Alla fine degli anni Quaranta, Espressionismo astratto Riflesso dell’Orsa Maggiore action painting Jackson Pollock, , 1947, olio su tela. Amsterdam, Stedelijk Museum. Riflesso dell’Orsa Maggiore Jackson Pollock, , 1950, olio, smalto e alluminio su tela. Washington, National Gallery of Art, lascito Ailsa Mellon Bruce. Lavender Mist No. 1 Pollock ha lavorato spesso con , mescolando colori metallici a colori a olio e a smalti, per dar vita a opere seriali. Nel caso della serie (“Foschia color lavanda”), ha voluto evocare i delicati effetti atmosferici della nebbia. tecniche miste Lavender Mist Pittura gestuale e dripping Pollock è stato il primo a dare importanza a quella che il critico americano Harold Rosenberg definirà nel 1952 action painting, un tipo di pittura che possiamo definire gestuale, basato sull’improvvisazione e la rapidità di esecuzione. La tela non è più uno spazio su cui riprodurre soggetti reali o immaginari, ma un’arena in cui l’artista entra per far affiorare, tramite il gesto, le sue personali pulsioni interiori. Fin dal 1947 Pollock abbina questo modo “emozionale” di dipingere alla tecnica del , che consiste nel lasciar sgocciolare i colori dal pennello muovendosi velocemente attorno alla tela distesa per terra. Il colore sgocciolato produce sulla superficie un groviglio astratto di schizzi. Ne nascono immagini imprevedibili che, in teoria, non dipendono da scelte coscienti dell’autore, ma paiono frutto del caso e di gesti automatici. In realtà il dripping non è un’esecuzione del tutto spontanea, ma esige una riflessione continua sull’opera in corso. L’artista deve preparare i suoi spostamenti attorno alla tela e stare attento agli eccessivi addensamenti di colore che potrebbero “bloccare” l’effetto di movimento necessario a conferire alle immagini, per quanto astratte, una loro vitalità. L’uso frequente di tele di grandi o grandissime dimensioni preannuncia inoltre la tradizione americana della pittura murale degli anni Sessanta. dripping Pollock mentre dipinge , in una fotografia di Hans Namuth, Spring, Long Island, 1950. Uno: numero 31 Nel luglio del 1950 il fotografo Hans Namuth (1915-1990) realizza un servizio che ritrae Pollock all’opera nel suo studio di Spring. Questa la descrizione del suo ingresso nell’atelier dell’artista: «Una tela coperta di colore ancora fresco occupava tutto il pavimento… Il silenzio era assoluto… Pollock guardò il quadro, quindi, all’improvviso, prese un barattolo di colore e un pennello e iniziò a muoversi attorno al quadro stesso. Fu come se avesse realizzato di colpo che il lavoro non era ancora finito. I suoi movimenti, lenti all’inizio, diventarono via via più veloci e sempre più simili a una danza mentre gettava sulla tela i colori…». Jackson Pollock, , 1948, smalto su gesso su carta. New Haven, Yale University Art Gallery, The Katherine Ordway Collection. Numero 14 Quest’opera esemplifica i principi dell’Espressionismo astratto americano: gestualità, dripping, uso di smalti. I colori sono metallici, disseminati sulla tela a tracce sottili e punti di colore “colati” dal pennello. Così le immagini, come dice Pollock, “sembrano vive per conto proprio”, senza altri artifici. Pollock non è il primo ad aver fatto uso del colore in modo poco tradizionale: pare che più di una volta il famoso artista giapponese (1760-1849) avesse dimostrato al pubblico di poter dipingere versando l’inchiostro da un secchio e stendendolo sulla carta con una scopa, mentre alla fine dell’Ottocento aveva talvolta lavorato a colpi di spatola, spremendo il colore sulla tela direttamente dal tubetto. Hokusai Van Gogh