LEGGERE L'OPERA ZOOM Fidia e il Partenone Il nome di Fidia (Atene 490 ca.-430 a.C. ca.), grande scultore greco dell’età classica, è legato in primo luogo al grandioso edificio del Partenone sull’Acropoli di Atene, anche se oggi la sua produzione è nota anche per alcune opere realizzate in precedenza, tra il 470 e il 450 a.C. Sull’Acropoli Fidia non fu solo il supervisore del cantiere del Partenone, costruito dagli architetti Iktinos e Callikrates, ma si occupò di realizzare l’intero ciclo figurativo del tempio, creandone i modelli, organizzando l’officina degli scultori ed elaborando di persona le parti più impegnative. Ed è lui, in primo luogo, l’autore della colossale statua crisoelefantina, cioè di oro e avorio, raffigurante Atena Parthènos, alta ben 12 metri, che si poteva vedere fin dall’ingresso del tempio. Bianca per l’avorio e splendente d’oro (si tramanda che ne fossero stati necessari 1000 chili!), era collocata nella cella, nel cuore del tempio, e aveva davanti un bacile sempre pieno con un velo d’olio che le permetteva di specchiarsi. L’olio serviva anche per mantenere umide e luccicanti le parti di avorio della statua. Autore Artista ellenistico dall’originale in oro e avorio di Fidia Opera ATENA PARTHÈNOS Data Copia del II secolo a.C. da un originale del V secolo a.C. Materiale Marmo pentelico Misure Altezza 104 cm (originale 12 m) Luogo Atene, Museo archeologico nazionale Il linguaggio dell'opera L’originale è andato distrutto, ma grazie alle copie – come quella di epoca ellenistica qui riprodotta – e alle descrizioni che ci sono pervenute, sappiamo che raffigurava la divinità in piedi, vestita di un peplo, con sul petto l’egida, una corta corazza ornata al centro con la testa di una Gorgone. L’elmo era sormontato da una sfinge, antico segno regale, affiancata da due cavalli alati, creature leggendarie simbolo del potere divino. Nella mano destra teneva una statuetta di Nike (la Vittoria) come a offrirla al popolo, mentre la mano sinistra poggiava su uno scudo decorato dalla raffigurazione delle Gorgoni, di una battaglia di Amazzoni (Amazzonomachia) e, all’interno, una battaglia di Giganti (Gigantomachia). Faceva capolino dallo scudo il serpente Erittonio, mentre i sandali della dea erano decorati con una battaglia di Centauri (Centauromachia). Sul basamento, in mezzo alle personificazioni di Helios (il Sole) e Selene (la Luna), c’erano venti divinità che assistevano alla nascita di Pandora: questa raffigurazione doveva simboleggiare l’origine dell’umanità, giacché Pandora, secondo il mito greco, è la prima donna mortale. La mancanza dell’originale non ci permette di giudicare pienamente l’opera, che doveva racchiudere in sé tutti gli ideali di perfezione dell’arte classica, basata sull’armonia delle proporzioni e sulla naturalezza delle pose. Fidia, , dal fregio della cella del Partenone, 447-432 a.C., marmo. Londra, British Museum. Cavalieri delle Panatenaiche Lungo la parete esterna della cella del Partenone correva un fregio di tipo ionico, che interrompeva la classicità dell’ordine dorico e, allo stesso tempo, istituiva un legame ideale con lo stile delle città asiatiche, cioè le colonie ioniche sulle quali Atene esercitava il proprio potere. Sui 160 metri di fregio a bassorilievo, si snodava la processione delle Panatenee, le feste quadriennali in onore della dea Atena, protettrice della città. Questa è una delle prime raffigurazioni dell’antichità di un evento storico, cioè avvenuto realmente, anziché di un mito. Rispetto all’arte mesopotamica e a quella egizia le figure hanno acquistato maggior volume. Fidia cura molto la corretta raffigurazione dell’anatomia dei corpi. Fidia, , metopa del Partenone, 447-432 a.C., marmo. Londra, British Museum. Centauromachia Il fregio dorico del Partenone era composto di 92 metope. Le scene raffiguravano la lotta fra dei e Giganti (Gigantomachia), la conquista di Troia, la lotta fra Lapiti e Centauri (Centauromachia) e la lotta fra l’eroe ateniese Teseo con le Amazzoni (Amazzonomachia). Le metope sono state scolpite con un rilievo molto distaccato dal fondo, in modo da rendere la profondità dello spazio con la massima efficacia: le figure ad altorilievo, cioè quasi a “tutto tondo”, infatti, emergono dal fondo neutro che fa risaltare i corpi. Nel mito, i Centauri sono il simbolo dell’istinto animale: la Centauromachia vuole dunque ricordare la lotta dell'umanità fra ragione e istinto. L’idea della lotta è ben espressa dalla rappresentazione dinamica delle figure, le cui membra sono in una continua interazione fra loro. L'intreccio della gamba con la zampa serve a sottolineare la profondità dello spazio.