SAVE ART: Il Crocifisso di Santa Croce salvato dalle acque Tra il 3 il 4 novembre del 1966 la città di fu devastata da una terribile , che fece straripare il fiume Arno: le case furono allagate fino ai piani alti e la città rimase a lungo isolata, senza energia elettrica e acqua potabile. Ancora forte nella memoria dei cittadini che vissero quelle ore drammatiche è il ricordo dei terribili danni al patrimonio artistico della città: nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti o rare opere a stampa, furono coperti di fango, e lo stesso accadde a molti dipinti su tavola e affreschi. Una delle opere simbolo dell’alluvione è il Crocifisso dipinto da , che all’epoca era conservato nel Museo dell’Opera del complesso francescano di Santa Croce, vicinissimo al fiume e invaso dalle acque. La violenza del fiume causò il distacco di oltre il 60% della superficie dipinta: quello che oggi resta, dopo un lunghissimo restauro, è il fantasma di un’opera che doveva essere rilucente d’oro e colori. Però, pur nella tragedia, l’alluvione e la necessità di riparare i danni provocati furono per la città di Firenze una sfida. Migliaia di giovani volontari – chiamati gli “angeli del fango” – arrivarono da tutto il mondo per aiutare i fiorentini a salvare i loro tesori. Come il Crocifisso di Cimabue, molti dipinti, statue e monumenti dovettero essere restaurati: guidati dal soprintendente Ugo Procacci, i laboratori fiorentini dell’ divennero un centro d’avanguardia per il restauro e sono tuttora una delle strutture più importanti a livello mondiale nel campo della conservazione delle opere d’arte. Firenze alluvione Cimabue Opificio delle Pietre Dure Cimabue, (1280 ca.), tempera su tavola, h 390 cm. Firenze, Museo dell’Opera di Santa Croce (prima dell’alluvione). Crocifisso Il di Cimabue dopo l’alluvione. Crocifisso