Le origini e il Duecento – L'opera: Divina Commedia La trama La è un poema di 14.233 endecasillabi diviso in 3 cantiche, che descrivono i tre regni ultraterreni cui sono destinate le anime degli uomini: l’ ospita i dannati per tutta l’eternità; il è un luogo di passaggio in cui le anime degne di redenzione scontano i peccati commessi nella vita terrena, fino a raggiungere quella purificazione che le rende pronte ad ascendere al , cui hanno invece accesso diretto le anime di coloro che sono morti in grazia di Dio. Qui si gode per sempre di una beatitudine che consiste nella contemplazione di Dio e nell’essere parte di una realtà armoniosa che si uniforma completamente alla volontà divina. Il poeta sente di essere stato per vivere un’esperienza totalizzante, da trasmettere al mondo attraverso la scrittura; accetta un compito per il quale si considera (o, meglio, finge di considerarsi) inadeguato, confortato dalla presenza di due guide che lo condurranno e soprattutto lo sosterranno. Divina Commedia Inferno Purgatorio Paradiso prescelto Dante, uscito dalla «selva oscura» del peccato, viene guidato nell’Inferno e in gran parte del Purgatorio dal poeta latino Virgilio, e nel Paradiso da Beatrice, la donna del suo amore giovanile. Il viaggio dura circa una settimana e ha inizio – così ci narra l’autore – nella notte del Venerdì Santo del 1300. Nel , situato sotto Gerusalemme e immaginato in forma di imbuto rovesciato, egli fa esperienza del male: incontra le anime dei peccatori e conosce la natura dei diversi peccati, dai meno gravi ai più gravi, distribuiti in nove cerchi. regno dei dannati Dall’Inferno… Risalendo attraverso il corpo mostruoso di Lucifero dal centro della Terra agli antipodi di Gerusalemme, Dante esplora poi il Purgatorio, concepito come un monte circondato dalle acque e sormontato dal Paradiso terrestre. Lì incontra gli ormai salvi, dalle loro tendenze peccaminose, per essere, dopo un tempo adeguato, finalmente accolti tra i beati. Contrariamente ai dannati, per lo più astiosamente preoccupati di celare a Dante la propria identità, le anime del Purgatorio si fanno riconoscere volentieri, pregando il poeta affinché le ricordi nel mondo alle persone care, così da ottenerne le preghiere necessarie per abbreviare i tempi della loro penitenza. spiriti obbligati a purificarsi … al Purgatorio… , miniatura dal manoscritto Holkham, XIV sec. Oxford, Bodleian Library. Dante e Virgilio escono dall’Inferno >> pag. 279 Il solo ardore di carità spinge invece i beati, nel Paradiso, ad accoglierlo gioiosamente e a renderlo partecipe della gloria eterna. Giunto con Beatrice al centro della «candida rosa» celeste in cui sono disposte le anime dei beati, il poeta trova , che sostituisce Beatrice come guida per i tre canti conclusivi. Nell’ultimo di essi il poeta ha la , che lo rassicura definitivamente sulle verità di fede, irrobustendo la sua determinazione a proseguire sulla via del bene. san Bernardo visione di Dio … e al Paradiso 3 Le diverse interpretazioni La lettura allegorica Quella che abbiamo riportato è la trama letterale dell’opera, che però può, anzi deve essere intesa anche in modo allegorico. Scopo dichiarato del poema è infatti quello di e della verità, mediante la rappresentazione delle pene e dei premi che attendono rispettivamente i peccatori e i giusti nella vita eterna: per Dante, la sua è una vera e propria missione. riportare gli uomini sulla via della rettitudine Innanzitutto è possibile interpretare il contenuto della Divina Commedia sotto l’aspetto morale. si trova (la «selva oscura»), da cui non è semplice uscire, poiché tre vizi sono particolarmente radicati negli uomini: la lussuria, la superbia e l’avarizia; una lonza (la lussuria), un leone (la superbia) e una lupa (l’avarizia) sono infatti i tre animali che nel primo canto vorrebbero ricacciare Dante nella «selva oscura». L’umanità deve fare allora appello alla (Virgilio) e con il suo aiuto condurre un accurato esame di coscienza (l’attraversamento dell’Inferno) e quindi pentirsi, espiando le proprie tendenze peccaminose (il passaggio attraverso il Purgatorio). Tuttavia l’umanità, pur essendosi ricondotta alla bontà nelle quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), non potrà essere ancora salva se, accanto alla ragione, non sopravverrà la (Beatrice), la sola capace di innalzare l’animo e la mente sino a Dio attraverso il pieno possesso delle tre virtù teologali (fede, speranza e carità). L’umanità smarrita nel peccato ragione grazia divina L’interpretazione morale… Risulta poi possibile una lettura dell’opera anche sul piano politico. L’umanità è smarrita nel e non riesce a uscirne a causa di tre particolari mali: l’eccessiva divisione in fazioni e particolarismi (la lonza, che nell’immagine dantesca ha il manto maculato); la forza della casa di Francia (simboleggiata dal leone), che impedisce, per la sua esistenza stessa, il ritorno di tutte le nazioni sotto un comune Impero; l’ingordigia della Chiesa (la lupa), che gareggia con l’imperatore per il potere temporale. Per salvarsi, l’umanità ha dunque bisogno di : quella pratica (come la guida di Virgilio) di un imperatore che la conduca al Paradiso terrestre (cioè alla felicità in questo mondo) e quella spirituale (come la guida di Beatrice) del papa, che, senza alcuna interferenza con il potere imperiale, la conduca a Dio (cioè alla felicità ultraterrena). disordine civile due guide … e quella politica La lettura figurale Queste ultime due proposte di lettura sono, come abbiamo detto, di tipo allegorico. Tuttavia il genere di “ ” (cioè il significato secondo, dopo il primo, che è quello letterale) che dobbiamo applicare all’interpretazione della è, più propriamente, quello . sovrasenso Divina Commedia figurale >> pag. 280 Si tratta di un aspetto studiato da molti critici, ma in particolare dal filologo tedesco Erich Auerbach (1892-1957), secondo il quale «“figura” è , di storico, rappresenta e e storica». Potremmo intendere la figura come : l’allegoria in senso stretto è qualcosa di più astratto, la figura di più concreto; la figura infatti presuppone la verità storica dell’elemento (fatto o persona) che viene utilizzato per rimandare a qualcos’altro, mentre nell’allegoria il primo elemento è impiegato solo al fine di richiamare il secondo. qualche cosa di reale che annuncia qualche altra cosa, anch’essa reale un tipo particolare di allegoria L’interpretazione di Auerbach Facciamo qualche esempio. – abbiamo detto – è allegoria della ragione umana. Ma per Dante egli non cessa di essere anche il poeta latino del I secolo a.C. autore dell’ . Dunque nella Virgilio . Lo stesso riguarda altri personaggi come Beatrice (la Grazia divina o la fede) o Catone l’Uticense. Quest’ultimo, posto come guardiano del Purgatorio, è un protagonista della storia romana: difensore della causa repubblicana, preferì darsi la morte piuttosto che vivere sotto il dominio di Cesare. Pur mantenendo la propria identità storica, nella Catone assurge a simbolo della libertà interiore. Virgilio Eneide Commedia simboleggia la ragione, senza però perdere la propria specificità di personaggio storico Divina Commedia Esempi di figura Questo è il procedimento che Dante sviluppa in tutta la . Lo vediamo, in particolare, a proposito degli eventi storici. Nella visione dantesca della Storia può essere : quest’ultimo sarà, perciò, del primo. Così troviamo, nel suo poema, un nesso molto stretto – per usare ancora le parole di Auerbach – tra «fatti storici» e «realtà contemplata nella visione». Commedia ogni accadimento figura di un accadimento successivo adempimento Storia e figura L’epistola a Cangrande della Scala: come leggere la Commedia In realtà, l’interpretazione figurale di Auerbach non fa che sviluppare quanto lo stesso Dante afferma in un testo di capitale importanza per comprendere come leggere il suo poema. Si tratta di una lettera (la numero 13 delle ) che abbiamo già occasionalmente citato. In passato si è a lungo discusso in merito alla sua autenticità, che però oggi appare provata. In essa, tra il 1312 e il 1320 ( ) e destinata a Cangrande della Scala, il signore di Verona protettore del poeta, Dante annuncia l’intenzione di dedicare a quest’ultimo il , di cui ha da poco iniziato la stesura, e offre alcune chiavi di lettura del poema. Epistole redatta probabilmente intorno al 1316 Paradiso Una chiave di lettura per il poema Innanzitutto Dante autorizza, o meglio sostiene un’interpretazione della che vada al di là di quella puramente letterale: « , anzi può essere definito polisemico, cioè contenente più significati. Infatti il primo significato è quello che si ha dalla lettera del testo, l’altro è quello che si ha da ciò che viene significato dalla lettera del testo. Il primo si dice letterale, il secondo, invece, allegorico o morale o anagogico». In riferimento alla propria opera scrive: «È dunque il soggetto di tutta l’opera, se si prende alla lettera, lo stato delle anime dopo la morte inteso in generale […]. Ma se si considera l’opera sul piano allegorico, il soggetto è l’uomo in quanto, per i meriti e i demeriti acquisiti con il libero arbitrio, ottiene premi o punizioni da parte della giustizia divina». Commedia Il significato di quest’opera non è uno solo Oltre il significato letterale >> pag. 281 Nel Dante distingueva tra l’allegoria dei poeti, nella quale il livello letterale del discorso è finto, e l’allegoria dei teologi, nella quale il livello letterale è vero. Ora, scrivendo a Cangrande, afferma che il tipo di allegoria da applicare alla lettura della sua opera è l’allegoria dei teologi. Sostiene cioè che, nel caso del suo poema, . Dante ci dice così che il viaggio nell’oltretomba che egli racconta nella è stato un viaggio reale, un’esperienza accaduta davvero. Proprio per questo la lettura verso cui ci indirizza Dante è quella figurale e non quella semplicemente allegorica. Convivio anche il livello letterale è veritiero Divina Commedia Allegoria dei poeti e allegoria dei teologi Un altro punto importante della lettera a Cangrande è quello inerente alla finalità dell’opera. Dante afferma di averla scritta con un intento, per così dire, missionario: dalla sua condizione di degenerazione e corruzione morale, per guidarlo verso la salvezza eterna. riscattare il genere umano Lo scopo dell’opera 4 L’architettura dell’aldilà L’universo secondo Dante La descrizione della struttura dell’universo sviluppata da Dante riflette le sue conoscenze astronomiche e cosmologiche, fondate sul e sulla tradizione araba. Secondo queste concezioni, la natura divina è condivisa in misura differente dai vari gradi dell’essere: la bontà di Dio si trasmette infatti diversamente alle varie creature, dagli angeli all’anima umana fino agli animali. Tale disuguale diffusione è spiegata attraverso la , che simboleggia, con la maggiore o minore intensità, la maggiore o minore presenza divina: per questo l’Inferno viene descritto da Dante come il luogo della massima oscurità, mentre il Paradiso è visto come il luogo della massima luminosità. sistema aristotelico-tolemaico metafora della luce I diversi gradi di partecipazione alla vita divina L’aldilà è descritto da Dante secondo un . L’oltretomba si dispone intorno a che parte dal centro di Gerusalemme e, attraverso la voragine infernale che si apre sotto la città, giunge al centro della Terra. Da qui, prolungato sino all’altro emisfero, diventa l’asse di un tronco di cono, il Purgatorio, un monte che si erge dalle acque dell’emisfero australe, andando a terminare al centro di un piano, il Paradiso terrestre, collocato sulla sommità dello stesso monte del Purgatorio, che è quindi diametralmente opposto a Gerusalemme. Prolungandosi ancora, l’asse ideale sale, di cielo in cielo, sino al centro della rosa dei beati, cioè dell’Empireo. preciso schema architettonico un asse ideale La struttura oltremondana Dalla lettura continuata della il lettore trae un’impressione apparentemente contraddittoria: quella di spirituale e fisico e complesso, e insieme quella di , lineare e quasi elementare . È facile rendersi conto di questa simultanea varietà e semplicità se si osserva il mondo fisico rappresentato nel poema. Il lettore scende nel buio ventre della Terra, risale all’aperto su una montagna alta e aperta alla luce, sola nell’oceano sconfinato, penetra infine nella densa e pur non corporea luce del Paradiso. Nella troviamo bufere, fetide piogge, brulicare di serpenti, guizzare di fiamme parlanti, livide paludi, cimiteri, fiumi di sangue, boschi allucinanti, deserti, paesaggi polari, ma anche visioni del vasto cielo stellato, valli fiorite, leggiadre foreste, infinite feste di luci: mille aperture sui più vari orizzonti, nelle comparazioni, nelle rievocazioni dei personaggi e degli eventi. Divina Commedia un mondo infinitamente vario una salda unità Commedia Varietà e coerenza