Le origini e il Duecento – L'opera: Divina Commedia 5 I personaggi e il poeta La molteplicità dei personaggi Una folla di personaggi, mitici e storici, dell’antichità e dei secoli a Dante più vicini, anima ininterrottamente tutto il poema dantesco, a cominciare da Virgilio, simbolo della ragione umana, prescelto a rappresentare l’eredità della cultura classica nella civiltà cristiana, come del resto l’altro poeta latino, Stazio, che Dante incontra durante l’ascesa del Purgatorio. Dante si professa esplicitamente , che però rivisita e rilegge in virtù della “vera” religione, quella cristiana, che si è imposta su quella pagana. Il suo stesso viaggio nell’oltretomba, concepito come un privilegio concessogli da Dio, si oppone a quello di , il quale, sfidando il divieto divino, aveva varcato con i suoi compagni le Colonne d’Ercole, il limite del mondo allora conosciuto: un viaggio destinato a fallire tragicamente perché non sorretto dalla fede. Alla risale gran parte degli orridi personaggi delegati a custodire il regno del male: da Caronte a Minosse, da Flegias al Minotauro, ai centauri; alla stessa matrice culturale appartengono il diabolico Capaneo e Catone, il severo guardiano del Purgatorio, simbolo della libertà dal peccato. erede della tradizione antica Ulisse memoria classica Personaggi classici… Ai personaggi, storici e mitologici, tratti dal mondo classico si aggiungono nel poema , da Manfredi di Svevia ai santi rievocati nel : Francesco, Domenico, Pier Damiani. Ma spiccano anche i personaggi contemporanei, positivi o negativi, costruiti o reinventati da Dante: Francesca da Rimini, Farinata degli Uberti, Pier delle Vigne, Brunetto Latini, il conte Ugolino; e poi Pia dei Tolomei, Sapìa senese, Piccarda Donati, il trisavolo Cacciaguida. E mille altri, minori e minimi, sui quali il poeta proietta le sue passioni, la sua umanità, la sua sensibilità artistica. figure storiche improntate di misticismo cristiano Paradiso … e contemporanei Dante poeta della certezza: fede, ragione, letteratura e profezia Nella Dante appare essenzialmente come il “poeta della certezza”. turba mai l’autore, che pure conosce e rappresenta la fragilità del cuore. Egli esamina e giudica, inflessibile, personaggi importanti e sconosciuti, i singoli e tutto il suo tempo, dall’Impero alla Chiesa. Eppure il lettore non si domanda mai se quel giudizio così reciso sia legittimo, non ha mai l’impressione che sia pretenzioso e unilaterale, tanta è la e delle convinzioni da cui deriva. Tale convinzione passa nel lettore, il quale finisce per avere la sensazione che a giudicare non sia Dante e che egli sia solo l’interprete di una legge che diventa, per così dire, indiscutibile. Divina Commedia Nessun dubbio saldezza della fede A chiarire i problemi della scienza (e non solo di quella teologica, ma anche di quella fisica e naturale) Dante si sofferma assai spesso, specialmente nel . Talora potrebbe sembrare un eccesso di erudizione e di sottigliezza, privo di una sostanza di impegno morale, ma la stessa scienza è per Dante il «pane delli angeli»: chi non ne gusta almeno le briciole è un misero, è un infelice; e il Dante del e della ne ha pietà. La è ; e dunque lo sforzarsi di raggiungerla è, oltre che un istinto, un dovere. Di nuovo, scienza, morale e religione sono una sola cosa. Paradiso Convivio Commedia scienza indispensabile alla felicità umana La scienza >> pag. 291 Ancora: la salvezza spirituale si identifica con la libertà dal peccato, cioè con la conquista piena di sé stessi, con il dominio sicuro di sé nel turbinio delle tentazioni, nella stessa debolezza della carne, con l’animo che vince ogni battaglia. La non esclude, anzi presuppone la ; è Beatrice a muovere Virgilio, ma viene da lui preceduta nell’opera di elevazione e di sublimazione di sé e di tutti gli uomini che Dante canta nel suo poema. Il simbolo stesso della ragione è un poeta: pensiero e sentimento non cozzano tra loro, ma anzi costituiscono una salda unità. Rivelazione divina ragione umana Fede e ragione La medesima è concepita non come un sogno, ma una , con precisi obiettivi pratici di ammaestramento e ammonimento, che Dante ha cura di mettere esplicitamente in luce. Il poeta dell’ , colui che ha osato rappresentare direttamente il disordine delle passioni umane, sa che, nonostante ogni apparenza, c’è un , che ogni crea tura, navigando «per lo gran mar de l’essere» ( , I, 113), giunge, sì, a diversi porti; ma sa anche che la riva è unica e che la corda dell’arco divino porta ogni essere irresistibilmente al luogo per lui decretato, un luogo di felicità e perfezione. poesia come battaglia Inferno ordine supremo Paradiso Il fine della poesia Da questa concezione dell’ordine dell’universo viene a Dante – che ama dipingersi come esule innocente, colpito dall’ingiustizia, tradito dagli uomini per il suo amore nei loro confronti, spettatore lucido e angosciato del male – la sua . Una giustizia non solo oltremondana: un giorno, quando Dio nei suoi imperscrutabili disegni lo vorrà, l’ordine e la giustizia prevarranno . Dante si fa garante di questa convinzione. certezza nella giustizia anche nel mondo La fiducia nella giustizia divina Del resto Dante stesso presenta il proprio una . Uno studioso in particolare, il dantista e storico della filosofia (1884-1968), ha insistito, nell’interpretazione della , sul suo significato di visione profetica. Lo ha fatto in un saggio pubblicato nel 1942 intitolato , in cui spiegava come Dante si sentisse chiamato a svolgere una , essendo egli convinto di avere avuto una visione reale. Da qui la di significato allegorico o semplicemente poetico e la rivalutazione del significato letterale o “istoriale”: «Non artificio letterario, ma vera visione profetica ritenne Dante quella concessa a lui da Dio, per una grazia singolare, allo scopo preciso che egli, riconosciuta la verità sulla cagione che il mondo aveva fatto reo, la denunziasse agli uomini, manifestando ad essi tutto quello che aveva veduto e udito». viaggio come visione Bruno Nardi Commedia Dante profeta missione profetica polemica contro la riduzione del viaggio dantesco a finzione letteraria Dante profeta 6 La lingua Linguisticamente la , insieme al di Petrarca e al di Boccaccio, ha fatto sì che il volgare fiorentino diventasse, concretamente, la lingua nazionale italiana, prima ancora che il letterato rinascimentale Pietro Bembo (1470-1547), duecento anni dopo, lo stabilisse anche sul piano teorico. Commedia Canzoniere Decameron >> pag. 292 La grande ricchezza del vocabolario dantesco I vocaboli coniati da Dante e poi mai più utilizzati dopo di lui sono pochissimi, una parte infinitesima del gran corpo della lingua della , che tuttora vive nella lingua italiana. Commedia Con la Dante risolve praticamente la questione linguistica affrontata teoricamente nel e soprattutto nel , dimostrando sia la , sia quali caratteristiche tale lingua dovesse possedere e come essa potesse essere utilizzata: una lingua fondamentalmente frutto di dottrina e di studio, ma viva, varia e aderente ad argomenti anche molto diversi tra loro. Anche sotto questo aspetto, la riflette e conclude tutta la riflessione linguistica di Dante. E ancora una volta si rivelano il mirabile equilibrio e il felicissimo intuito dell’artista, nell’aver adottato come mezzo di espressione quel dialetto che egli avverte come il più idoneo, per armonia di suoni e di forme, tra tutti i dialetti della penisola, a diventare l’ideale volgare italico dei , degli , ai quali specialmente intende rivolgersi con la . Commedia Convivio De vulgari eloquentia capacità del volgare di trattare qualunque argomento Commedia dotti uomini della «curia» e della «reggia» Commedia Una risposta pratica alla questione della lingua Conviene dunque concentrarsi sul lessico di quest’opera, che ha esercitato un influsso sulla storia della lingua italiana incommensurabile rispetto a quello delle opere precedenti. Dante si getta nella composizione del poema, puntando non sulla separazione ma sulla . Questa disposizione mentale è la condizione del suo , della sua ricettività a 360 gradi, del suo saper trovare le parole per aderire, con la messa a fuoco più nitida, a qualunque aspetto della realtà, dal più alto e sublime al più basso e triviale. commistione degli stili straordinario realismo linguistico L’aderenza al reale Le diverse componenti del linguaggio La si apre, senza remore derivanti da pregiudizi retorici, al lessico fiorentino quotidiano e popolare, esibendo parole che il declassava come «puerili » ( e ), come «selvatiche» ( ), come «scivolose» e «squallide» ( e ), come «municipali» ( , mangiare, e , intanto). basse, , , come , , , , come , , , magari poste in rima a scopo espressivo come (incrocia) : (si lamenta) : oppure (divora grufolando) : : , , e soprattutto in Malebolge, la zona di massima comicità (nel senso di realismo estremo e addirittura espressionistico) del poema. Ma ancora nel canto XXVII del san Pietro inveisce contro il suo successore che «fatt’ha del cimitero mio cloaca / del sangue e de la puzza» (vv. 25-26). Commedia De vulgari eloquentia mamma babbo greggia femina corpo manicare introcque Parole plebee idiomatiche grattare porcile sterco tigna oscene puttana merda fiche incrocicchia nicchia picchia scuffa muffa zuffa si concentrano nell’ Inferno Paradiso Il lessico basso… Al polo opposto, nella lingua della entrano molti , che , in corrispondenza delle tematiche filosofiche e teologiche, ma pervadono anche l’ (per esempio il «secreto calle» di memoria virgiliana del canto X), messi in rilievo in rime con parole quotidiane come : (latinismo per “carro”) : ; (siepe) : (latinismo per “fegato, addome”) : ; mentre nel abbiamo rime latineggianti esclusivamente alte, come (serpente) : (rosso) : (tempio). Commedia latinismi raggiungono il massimo dispiegamento nel Paradiso Inferno azzurro curro burro sepe epe pepe Paradiso colubro rubro delubro … e quello alto: latinismi e gallicismi >> pag. 293 C’è poi, accanto ai latinismi, un altro grande “serbatoio”: i della tradizione letteraria. Le formazioni poetiche di origine provenzale-siciliana, che dopo gli esordi giovanili erano state espunte dalla poesia stilnovistica, ricompaiono in forze nell’onnivora , dove alcune voci più frequenti si scrollano l’originaria connotazione tecnico-lirica e grazie a Dante diventano parole di uso generale: per esempio e (quest’ultimo vocabolo, come , ha in Dante un significato più forte che nell’italiano moderno). gallicismi Commedia gioia noia molesto Sono numerose anche le parole scientifiche, che avevano fatto la loro apparizione nel : dall’ ( , , , , ) alla ( , ), alla ( , , , ). Ci sono poi non solo come , (anche questo entrato nell’uso comune, con spostamento dell’accento), ma anche , desunti dalle traduzioni scientifiche latine, come e (zenit). Un grecismo dottissimo come è entrato nell’uso proverbiale a partire dall’espressione – presente in , XVII, 24 – «tetragono ai colpi di ventura» (saldo di fronte ai colpi della sorte), e questo è uno dei numerosi esempi della forza con cui la ha impresso una diffusione generale ai vocaboli della più varia provenienza in essa confluiti. Convivio astronomia emisperio epiciclo meridiano orbita plenilunio geometria circunferenza quadrare medicina complessione idropico oppilazione quartana grecismi archimandrita baràtro arabismi alchìmia cenìt tetragono Paradiso Commedia I vocaboli scientifici fu cospicuo in molti sensi, e particolarmente in un limitato ma vistoso numero di lemmi dialettali, come la forma affermativa bolognese (sia, sì), il lombardo e (ora), il lucchese (ora). Troviamo nella , come la forma sarda (signore). Evocativi sono anche alcuni contemporanei: , in «quell’arte / ch’alluminar chiamata è in Parisi» ( , XI, 80-81), cioè la miniatura, e (forca), perché il suicida che gibetto a de le case» ( , XIII, 151) è un mercante fiorentino che, fallito, si impiccò a Parigi. Il contributo dell’esilio alla lingua di Dante sipa mo istra issa Commedia parole evocative di particolari realtà regionali donno francesismi alluminare Purgatorio gibetto «fece sé sue Inferno Regionalismi e forestierismi La porta dell’inferno Nel 1880 lo scultore francese Auguste Rodin iniziò a lavorare al monumentale progetto della : un portale ornamentale che doveva ornare il Museo di Arti Decorative di Parigi. L’opera non fu mai portata a termine, e, quasi quarant’anni dopo, al sopraggiungere della morte, Rodin stava ancora lavorando a quello che è considerato il suo capolavoro. I bassorilievi dei battenti sono ispirati al poema dantesco e alle descrizioni precise e “lapidarie” che il fiorentino fa dei suoi personaggi: per Rodin, Dante è non solo un visionario e uno scrittore, ma quasi uno scultore, per la sua abilità di tratteggiare gesti, pose, aspetti e passioni. Porta dell’inferno Auguste Rodin, , 1880-1917. Parigi, Musée d’Orsay. Porta dell’inferno >> pag. 294 Proponiamo qui tre percorsi specifici che possono servire da introduzione generale alla lettura del poema dantesco, e che illustrano, rispettivamente, gli stili delle tre cantiche, la concezione storico-politica dell’autore, la figura di Dante come personaggio. Tre percorsi nella Divina Commedia Gli stili delle tre cantiche , XXII, 133-151 Inferno Una zuffa tra due diavoli T13 • il litigio tra due diavoli mette in mostra l'odio e l’aggressività in una eterna battaglia , II, 76-90; 106-117 Purgatorio L’incontro con Casella T14 • l’amicizia e la tenerezza di un incontro , XXX, 38-69 Paradiso La descrizione dell’Empireo T15 • un fiume di luce abbagliante che conduce a Dio La concezione storico-politica , XXVII, 85-123 Inferno Guido da Montefeltro T16 • la corruzione del potere religioso e il tradimento della missione della Chiesa , XVI, 97-129 Purgatorio Marco Lombardo T17 • l’antica gloria di Roma a confronto con la corrotta realtà contemporanea e la metafora dei «due soli» , XV, 97-129 Paradiso L’antica Firenze di Cacciaguida T18 • il rimpianto di un passato leggendario Dante personaggio , XXXII, 73-111 Inferno Bocca degli Abati T19 • il tradimento di Montaperti , XI, 73-108 Purgatorio Oderisi da Gubbio T20 • l’espiazione del peccato di superbia e la partecipazione di Dante , XXII, 112-138; 151-154 Paradiso Invocazione alla costellazione dei Gemelli T21 • la “piccola” Terra vista dal “grande” Cielo Michelangelo, (particolare), 1536-1541. Città del Vaticano, Cappella Sistina. Giudizio Universale