Le origini e il Duecento – L'opera Divina Commedia Siamo certi che in Italia non esista persona, per quanto incolta e lontana dall’universo dei libri, che ignori il nome di Dante e il titolo della sua opera maggiore, la . Il poema di Dante è il non solo , ma anche della nostra identità nazionale. Tuttavia la fama di questo testo si estende a tutto il mondo. Lo scrittore argentino (1899-1986), già molto anziano e quasi cieco, lamentava un grande rimpianto: quello di essere riuscito a leggere “solo” alcune volte nella sua vita la di Dante, a causa delle difficoltà linguistiche che gli avevano impedito una lettura più veloce. È un esempio dell’ di quest’opera per tutta la letteratura successiva e del fatto che non se ne può proprio fare a meno. Divina Commedia primo fondamento della civiltà letteraria italiana Jorge Luis Borges Commedia imprescindibilità 1 Un modello per la letteratura occidentale L’ammirazione di Borges non stupisce, perché la costituisce uno dei pilastri del europeo e occidentale, con la Bibbia, i poemi omerici, l’ , il teatro di Shakespeare, il di Cervantes, il di Goethe, di Proust. Divina Commedia canone Eneide Don Chisciotte Faust Alla ricerca del tempo perduto È difficile immaginare un testo più ricco e più vario della . Non c’è moto dell’anima e dell’intelligenza umana, nel male e nel bene, e non c’è aspetto della vita che Dante non rappresenti: l’infinitamente piccolo e sfuggente e l’infinitamente grande ed eterno. Eppure, in tutta questa , si avverte l’ dello spirito che la crea: uno spirito limpido e potente. Inoltre, il poema di Dante costituisce una di quelle opere rare e preziose alle quali l’altezza dell’ispirazione e l’eccezionale (linguistica, letteraria e strutturale) non hanno impedito di diventare oggetto di un vero e proprio , realizzando il miracolo, per così dire, di un’arte insieme sublime e per molti aspetti difficile, ma anche conosciuta e amata da tutti. Commedia materia immensamente varia unità complessità culto popolare Complessità e popolarità  >> pag. 250  C’è infine un’interpretazione che forse più di ogni altra evidenzia l’importanza e l’attualità del poema dantesco per l’uomo contemporaneo. Nel 1910 il poeta statunitense (1885-1972) scriveva che la è «il viaggio dell’intelletto di Dante attraverso quegli stati d’animo in cui gli uomini, di ogni sorta e condizione, permangono prima della loro morte; inoltre Dante, o l’intelletto di Dante, può significare “Ognuno”, cioè “Umanità”, per cui il suo viaggio diviene il simbolo della lotta dell’umanità nell’ascesa fuori dall’ignoranza verso la chiara luce della filosofia»; e scrive oggi il critico Carlo Ossola: «Così dunque, in questa quotidiana coralità di [Ognuno], è da proporre al XXI secolo la , bene comune non dell’Italia soltanto, ma dell’umanità intera». Ezra Pound Commedia Everyman Divina Commedia La storia di Ognuno Le parole della Divina Commedia Terzina Strofa composta da 3 versi endecasillabi, di cui il 1° rima con il 3°, mentre il 2° dà la rima al 1° e al 3° della terzina seguente; la serie si chiude con un verso che rima con il 2° dell'ultima terzina (ABA BCB ... YZY Z). Rima incatenata Schema rimico della terzina (ABA BCB CDC ...): in tal modo ogni rima torna 3 volte (eccetto quelle del 1°, 3°, terzultimo e ultimo verso di ogni canto). Canto In generale, ciascuna delle parti in cui è suddiviso un poema o una cantica; nel caso della ogni canto comprende un numero variabile tra i 115 e i 160 endecasillabi, sempre raggruppati in terzine, tranne l’ultimo verso di ogni canto che sta a sé. Commedia Cantica Insieme di canti: 34 ( ) o 33 ( ). Inferno Purgatorio e Paradiso 2 Una nuova opera per Beatrice Oltre l’ambito municipale Come abbiamo anticipato trattando della , secondo molti critici il più antico annuncio della da parte di Dante si trova alla fine di quell’opera, laddove l’autore afferma: «apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei» ( T12, p. 245). È come se Dante si fosse reso conto che un’opera quale la , improntata ai canoni dello Stilnovo, non era in grado di collocare né la figura di Beatrice né tantomeno la concezione dell’amore all’interno di un adeguato contesto di riferimento. Egli immaginava tale nuovo contesto come ben più ampio di quello municipale in cui si poneva la . Di qui la volontà e il progetto di , quello dei tre regni oltremondani. Secondo questa interpretazione, ormai ampiamente condivisa, l’ e quasi tutto il sono una lunga pausa densa di attesa, che tende verso la visione, nel , di una ormai e assunta nella «candida rosa», la sede eterna di tutti i santi. Vita nuova Commedia ►  Vita nuova Vita nuova cantare la lode di Beatrice in un universo senza confini Inferno Purgatorio Paradiso Beatrice beata Un contesto più ampio  >> pag. 251  Dante comincia la composizione dell’opera nei (forse a partire dal 1306-1307) e vi lavora per tutto il resto della vita. Avrà il tempo di portare a termine e divulgare l’ (probabilmente intorno al 1312), il (circa nel 1318), ma non il , che però al momento della sua morte (1321) risulterà comunque completo. Purtroppo oggi danteschi (della come delle altre sue opere), ma soltanto manoscritti realizzati successivamente da altri: di fatto non è sopravvissuto alcun documento vergato dalla mano di Dante. primi anni dell’esilio Inferno Purgatorio Paradiso non possediamo autografi Commedia Genesi e composizione Il titolo: da a «poema sacro» Comedìa Quanto al titolo, è da osservare che nel Medioevo si era persa la nozione di e come rappresentazioni sceniche; questi termini indicavano semplicemente componimenti narrativi che si distinguevano tra loro per diversità di contenuto (tragedia: finale doloroso, personaggi socialmente e culturalmente elevati; commedia: finale lieto, personaggi borghesi o popolari) e per la lingua e lo stile (alti nella tragedia, bassi nella commedia). tragedia commedia La presenza nella di , anche se , porta Dante a scegliere di intitolare (dal latino ) il suo poema, in opposizione alla di Virgilio: «e per le note / di questa comedìa, lettor, ti giuro» ( , XVI, 127-128); «e così ’l canta / l’alta mia tragedìa in alcun loco» ( , XX, 112-113); «Così di ponte in ponte, altro parlando / che la mia comedìa cantar non cura» ( , XXI, 1-2). L’aggettivo , usato per primo da Giovanni Boccaccio, diventerà parte integrante del titolo dopo la sua apparizione sul frontespizio dell’edizione veneziana del 1555 curata da Lodovico Dolce. Divina Commedia toni e argomenti quotidiani accostati ad altri elevati Comedìa comoedia tragedìa Inferno Inferno Inferno divina La varietà degli argomenti e dei toni La scelta del titolo sembra però alludere anche al suo : nel suo inizio, l’ , orribile e disgustoso, e nella sua conclusione il , piacevole e pacificato. Scrive Dante, nell’epistola a Cangrande della Scala, a proposito del genere classico (greco e latino) della commedia (in contrapposizione a quello della tragedia): «La commedia inizia dalla narrazione di situazioni difficili, ma la sua materia finisce bene». Infatti – prosegue l’autore a proposito del suo poema – «se guardiamo alla materia, all’inizio essa è paurosa e fetida perché tratta dell’Inferno, ma ha una fine buona, desiderabile e gradita, perché tratta del Paradiso». Commedia contenuto Inferno Paradiso Dal male al bene Probabilmente nel titolo è presente però anche un riferimento alla scelta del volgare, e cioè di (a differenza del latino), in grado perciò di essere compresa anche da coloro che non hanno alle spalle studi approfonditi: «Per quanto riguarda il linguaggio, questo è dimesso e umile, perché si tratta della parlata volgare che usano anche le donnette» (dall’epistola a Cangrande della Scala). Commedia una lingua familiare La scelta del volgare Tuttavia nel corso degli anni, giunto alla terza cantica, ormai diffuso, e cercherà una definizione dell’opera più adatta alle sue ambizioni; userà allora quella di «poema sacro», cioè ispirato direttamente da Dio: «’l poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra» ( , XXV, 1-2). Dante avvertirà l’inadeguatezza di quel titolo Paradiso Il «poema sacro» Va detto però che il motivo per cui Dante aveva chiamato il suo poema risultò oscuro ai contemporanei che, avendo in mente la teoria classica e medievale dei generi, non ne capivano la ragione. Diversi studiosi oggi sostengono che per Dante costituisse un’indicazione di genere del poema, suo , così come non è il titolo dell’ . Comedìa comedìa non il titolo tragedìa Eneide Un’indicazione di genere