Il Trecento – L'opera: Canzoniere Il tempo, la memoria, la morte Nella rappresentazione delle opposizioni e degli stati d’animo del poeta acquistano un grande rilievo lo e lo che attende ogni uomo. Del resto, la stessa vicenda narrata nel si configura come una : la scomparsa della donna amata può essere considerata come la prova della disillusione che inevitabilmente colpisce gli uomini e della precarietà dei beni concessi e poi negati dall’esistenza terrena. In tal modo, le liriche petrarchesche presentano una : il passato rappresenta il tempo del «giovenile errore», della passione amorosa e della presenza di Laura; il presente costituisce il piano della consapevolezza, dell’introspezione e del pentimento; il futuro fa balenare la speranza di una possibile ricomposizione dei conflitti che agitano l’io del poeta. struggimento per il tempo fuggito sgomento per il destino mortale Canzoniere visione del tempo trascorso continua oscillazione tra il presente, il passato e il futuro La caducità delle cose Da qui deriva un sentimento del tempo come corso ineluttabile: non a caso il tema della fugacità delle cose umane è sottolineato dalla ossessiva ricorrenza dei verbi «volare » e «fuggire». Nel racconto dell’invecchiamento e della morte di Laura, l’autore mostra che l’ delle cose non è che un , poiché l’incombente spettro del tempo si incarica prima o poi di mostrare che «quanto piace al mondo è breve sogno» ( , v. 14, T5, p. 339). eternità falso miraggio Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono ► La soggettività del tempo La vita quindi si manifesta progressivamente come una perdita, una percezione continua di ciò che è stato prima e ora non è più. Il solo schermo che attutisce questa nozione del tempo è costituito dalla , che permette al poeta di aggrapparsi alla sua fragile identità di vivente recuperando gli attimi e i frammenti del passato, fissandoli poi sulla pagina e sottraendoli alla corrosione del tempo grazie alla funzione della che lo rende invece eterno. Nessuno, prima e meglio di Petrarca, ha saputo dare forma lirica al dramma dell’individuo che riesce a capire sé stesso solo penetrando nel mistero della memoria di tutto ciò che ormai non esiste più. memoria scrittura L’esperienza del ricordo 3 Una scelta linguistica originale La scelta linguistica operata da Petrarca nel è decisamente originale, soprattutto se contestualizzata nel momento storico e se paragonata a quella dantesca, teorizzata nel e concretizzata nella . Canzoniere De vulgari eloquentia Commedia Per Dante il volgare è una scelta netta e decisa, che prevede la creazione di un idioma che sia «illustre», «cardinale», «aulico» e «curiale», ma che contemporaneamente sappia spaziare in un amplissimo ventaglio di registri e di scelte lessicali. Per Petrarca, al contrario, il volgare deve tendere a . La letteratura latina, infatti, ha raggiunto una perfezione che ormai si può soltanto imitare; il volgare, d’altro canto, può elevarsi al livello di una lingua letteraria, purché venga sottoposto a un processo di continuo raffinamento. Del resto, che per Petrarca la scelta del volgare sia un’opzione letteraria, quasi “estranea” al parlato e alla comunicazione quotidiana, è ampiamente testimoniato dalle glosse in latino con le quali si autocommenta a margine dei testi: (“benissimo!”) oppure (“qui correggi”). Ciò significa che più che non il volgare, soprattutto nel periodo in cui vive ad Avignone, dove parla provenzale solo con la gente del popolo, mentre usa il latino con le persone colte. riprodurre la perfezione lessicale e strutturale del latino optime! hic corrige per Petrarca la lingua quotidiana è il latino La solennità di un volgare modellato sul latino >> pag. 337 Coerentemente con il suo progetto di una rappresentazione totale della realtà, Dante aveva utilizzato le diverse possibilità espressive della nascente lingua italiana, declinandola in tutti i suoi registri: dall’alto al basso, dal tragico al comico. Viceversa, Petrarca opta per uno stile sempre medio. Da qui la definizione del critico di «plurilinguismo » per l’opera di Dante e di «monolinguismo» per quella di Petrarca. Gianfranco Contini Il monolinguismo di Petrarca contro il plurilinguismo di Dante Secondo il critico, di conseguenza . Il plurilinguismo dantesco non è solo uso concomitante di latino e volgare, ma soprattutto «poliglottia degli stili e […] dei generi letterarî» sia nella prosa sia nella poesia. Invece la lingua del di Petrarca è sostanzialmente fiorentina ma in senso astratto, e limitata stilisticamente al linguaggio letterario: la scelta linguistica è pertanto rigorosamente sul piano lessicale, continuamente dei tratti dialettali o anche solo realistici, lontana da ogni sperimentalismo, sottoposta a un incessante lavoro di correzione, riduzione, riscrittura degli stessi testi. nella poesia di Dante entrano tutti i diversi livelli linguistici e stilistici Canzoniere univoca depurata La definizione del critico Gianfranco Contini Per i propri componimenti, , sottratto alla concretezza della vita reale, mirato alla rappresentazione di una vicenda esclusivamente interiore. La sua lingua è inadatta a riferire contenuti realistici e tesa invece a esprimere esperienze assolute, quasi fuori dallo spazio e dal tempo. Alcuni critici hanno notato che dalla lingua di Petrarca emerge una sorta di immobilità e gli stessi verbi, di fatto, non definiscono azioni o movimenti reali. La lingua del è basata su una . La volontà dell’autore di conferire organicità al disegno dell’opera, di usare le parole chiave della poesia d’amore, nonché il carattere ossessivo della riflessione psicologica del soggetto e del suo desiderio amoroso determinano l’alta frequenza di singole parole ( ecc.), a loro volta inserite in abbinamenti ricorrenti ( ) o fissate nel modulo tipicamente petrarchesco della dittologia, soprattutto a fine verso ( ecc.). Petrarca mette a punto un linguaggio chiuso e selettivo Canzoniere magistrale alternanza di ripetizione e variazione core, amore, occhio, viso, dolce, vago, bello begli occhi, bel viso/volto, alta impresa, dolce riso, dolce vista, aura soave pietà, nonché perdono; uscio e varco; canuto et biancho Una lingua lontana dallo spazio e dal tempo A interrompere, ma solo apparentemente, questa fissità, interviene, sul piano sintattico, la : se, sul piano psicologico, essa può essere interpretata come l’espressione del perenne conflitto interiore del poeta, sul piano della struttura letteraria, essa determina l’armonia retorica della composizione. È come se la lacerazione emotiva dell’animo del poeta si ricomponesse nella : la sua passione si cristallizza nella perfezione dei versi. Tale trasposizione del caos del reale nella serenità rappacificante della forma è, in fondo, la caratteristica del . figura retorica dell’antitesi perfetta armonia del livello formale classicismo ► L’ampio uso delle figure retoriche la parola Con il termine classicismo si intende l’aderenza di uno scrittore o di un artista al gusto e agli stilemi propri dell’arte del mondo classico. In altre parole, classicismo è il complesso di concetti teorici e norme pratiche derivati dagli antichi greci e romani e applicati alla composizione e al giudizio delle opere d’arte. Il vocabolo indica sia un atteggiamento spirituale (equilibrio tra fantasia e realtà, tra spontaneità e riflessione ecc.), sia una cura di tipo formale come sobrietà, decoro, proporzione, che sono i caratteri salienti delle forme espressive dell’arte antica. Classicismo