Il Trecento – L'opera: Canzoniere  T8  Solo et pensoso i più deserti campi , 35 Canzoniere Il poeta innamorato e sofferente fugge dalle persone, cercando la solitudine e il contatto con la natura. Ma ovunque si rechi, anche nei luoghi più deserti e selvaggi, Amore lo perseguita. La lirica risale a prima del 1337. Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE CDE. METRO La ricerca della solitudine PARAFRASI        Solo et pensoso i più deserti campi        vo mesurando a passi tardi et lenti,        et gli occhi porto per fuggire intenti     ove vestigio human l’arena stampi. 4 Solo e pensieroso vado percorrendo a passi lentissimi i terreni più deserti, e volgo ( ) gli occhi attenti a fuggire i luoghi dove un’orma ( ) umana segni il terreno. 1-4 porto vestigio “misurare” nel significato di “percorrere” è una metafora. la consueta dittologia sinonimica. anastrofe. 2 mesurando: tardi et lenti: 3 et… intenti:        Altro schermo non trovo che mi scampi        dal manifesto accorger de le genti,        perché negli atti d’alegrezza spenti     di fuor si legge com’io dentro avampi: 8 Non trovo altro riparo ( ) che mi protegga ( ) dalla palese comprensione (della mia condizione) da parte della gente, poiché nei miei atteggiamenti privi di gioia si vede esternamente come io interiormente arda d’amore ( ): 5-8 schermo scampi avampi        sì ch’io mi credo omai che monti et piagge        et fiumi et selve sappian di che tempre   sia la mia vita, ch’è celata altrui. 11 al punto che ormai credo che i luoghi montuosi e quelli pianeggianti ( ) e i fiumi e i boschi sappiano di che tenore ( ) sia la mia vita, che agli altri è nascosta. 9-11 monti et piagge tempre perché il poeta evita di farsi vedere in questo stato. 11 ch’è celata altrui:        Ma pur sì aspre vie né sì selvagge        cercar non so ch’Amor non venga sempre   ragionando con meco, et io co·llui. 14 Tuttavia non riesco a trovare sentieri così difficili da percorrere ( ) e così lontani dalla gente ( ), che Amore non continui sempre a parlare con me e io con lui. 12-14 aspre vie selvagge Dentro il testo       I contenuti tematici Il critico letterario Francesco De Sanctis (1817-1883) scorse in questo sonetto una delle più tipiche situazioni petrarchesche: in luoghi malinconicamente solitari e perciò adatti a confessare i propri pensieri più intimi. Vi troviamo Petrarca intento a fuggire le località abitate, cioè la vista delle persone, perché la sua condizione di sofferenza amorosa renderebbe chiaro a tutti il suo stato d’animo. il colloquio del poeta con sé stesso e con Amore Il colloquio del poeta con sé stesso . Lo scopo di tale discrezione, motivo già tipico della poesia provenzale e dello Stilnovo, sembrerebbe soprattutto la salvaguardia dell’onorabilità della donna amata. Eppure non è l’unica spiegazione. Scrive Giacomo Leopardi nello : «Quando l’uomo concepisce amore tutto il mondo si dilegua dagli occhi suoi, non si vede più se non l’oggetto amato, si sta in mezzo alla moltitudine alle conversazioni ec. come si stasse in solitudine, astratti e facendo quei gesti che v’ispira il vostro pensiero sempre immobile e potentissimo senza curarsi della maraviglia né del disprezzo altrui, tutto si dimentica e riesce noioso ec. fuorché quel solo pensiero e quella vista». Il poeta vuole vivere il proprio tormento in solitudine Zibaldone Il vagheggiamento della solitudine  >> pag. 347  Leopardi descrive dunque il carattere totalizzante dell’esperienza amorosa, quel «pensiero dominante» che allontana l’animo dalla realtà circostante. Ritroviamo tale condizione nel sonetto di Petrarca, il quale però, diversamente da quanto afferma Leopardi, vuole evitare la «maraviglia» e il «disprezzo» delle persone che, incontrandolo, potrebbero comprendere il suo stato d’animo. Il contrasto è però solo apparente, Petrarca in realtà cerca di , cioè la , per potersi abbandonare alla sua passione. Infatti anche quando il poeta è solo in luoghi remoti, sembra che Amore lo perseguiti. Tuttavia questa difficile compagnia non gli è sgradita, poiché gli permette di riflettere liberamente in un immaginario dialogo con Amore – e dunque con “l’altro sé stesso” – sull’unico argomento che davvero gli sta a cuore: la sua passione per Laura. ottenere la condizione che più si adatta all’animo dell’amante solitudine Il carattere esclusivo della passione Il critico Elio Gioanola offre una lettura di questo sonetto : «È uno dei sonetti più belli del perché sintetizza in armoniosi accenti meditativi la condizione interiore del poeta, nel quale l’amore è soprattutto tormento; il tema specifico è quello della solitudine, ricercata come fuga dalla vista di coloro che potrebbero accorgersi dei suoi sentimenti a causa della malinconia che lo invade. Ma la solitudine è il corrispettivo naturale di un amore senza oggetto, e quindi tutto risolto nell’interiorità dell’anima; il poeta cerca la solitudine soprattutto per essere al cospetto del suo sentimento, non distratto dai rapporti con gli altri, e nemmeno in fondo dalla vista della donna». in chiave psicanalitica Canzoniere L’interpretazione psicanalitica Le scelte stilistiche Ciò che risulta evidente in questo sonetto, e che rappresenta un altissimo risultato raggiunto dall’autore, è proprio il contrasto fra lo stato d’animo lacerato del poeta e l’assoluta compostezza formale del testo. Dal punto di vista ritmico-sintattico il sonetto ha un , reso sia attraverso alcuni *, che determinano uno scorrere fluido delle frasi, sia da una figura sintattica come il polisindeto* ( , vv. 9-10). Tale ritmata fluidità rende, con un effetto musicale, la lenta progressione dei passi del poeta. andamento ampio e lento enjambement monti et piagge / et fiumi et selve Urgenza emotiva e compostezza formale Sul piano strutturale va notato il gusto per la : in ciascuna quartina* ogni proposizione si estende per due versi e la congiunzione che lega le due frasi di ogni quartina è posta all’inizio del terzo verso della stessa quartina: (v. 3); (v. 7). Inoltre si rilevano le tipiche dittologie*: (v. 1); (v. 2); (v. 9); (v. 10). simmetria et perché Solo et pensoso tardi et lenti monti et piagge fiumi et selve Il gioco delle simmetrie e delle dittologie A rendere sul piano retorico la condizione di sofferenza interiore del poeta – e l’idea che sotto l’equilibrio formale viva una tensione segreta e lacerante – si colloca, al v. 8, un’antitesi* ( […] ), figura presente anche nella contrapposizione tra (v. 7) e (v. 8). La presenza incombente di Amore è resa dalla posizione rilevata, in rima, dell’avverbio (v. 13). Allo stesso modo l’avversativo che apre l’ultima terzina* (Ma, v. 12) denuncia l’inutilità della fuga: i luoghi, che fanno da testimoni del travaglio di Petrarca, possono difenderlo dalla vista dei suoi simili, ma non liberarlo dalla sua ossessione e permettergli di scappare da sé stesso. Anzi, le medesime strade e , che rimandano a un verso dantesco («esta selva selvaggia e aspra e forte», , I, 5), sono l’attribuzione dall’alto di una caratteristica propria della sua inquietudine: la natura, non a caso priva di connotazioni realistiche, appare così come uno scenario mentale, un vero e proprio . di fuor dentro spenti avampi sempre aspre selvagge Inferno paesaggio dell’anima Le spie retoriche di una fuga impossibile  >> pag. 348  Verso le competenze       COMPRENDERE Quale stato d’animo indicano i due aggettivi con cui si apre il componimento? 1 In che modo ritieni che lo stato d’animo del poeta possa essere visibile agli altri? 2 Quali emozioni provoca l’amore in Petrarca? Scegline almeno tre e motiva la tua risposta. 3  Gioia.       A  Dolore.      B   Angoscia.      C   Felicità.      D   Tormento.      E   Allegria.      F  La solitudine aiuta il poeta? Gli permette di alleviare il suo stato d’animo? Motiva la tua risposta. 4 ANALIZZARE Perché Amore è scritto con l’iniziale maiuscola? Di quale figura retorica si tratta? 5 In un verso in particolare domina una sonorità dura e aspra. Individualo e spiega quale funzione espressiva riveste tale scelta fonica. 6 Individua tutti gli presenti nel testo. 7 enjambement INTERPRETARE Gli elementi naturali descritti nel sonetto riflettono lo stato d’animo del poeta? Motiva la tua risposta. 8  T9  Erano i capei d’oro a l’aura sparsi , 90 Canzoniere In questo sonetto il poeta ricorda una visione di Laura: era così bella che non è stato possibile non innamorarsene. Sebbene ora il tempo sia trascorso e anche la bellezza di Laura sia sfiorita, l’intensità dell’amore che il poeta nutre nei suoi confronti è la medesima. Il testo è stato composto fra il 1330 e il 1340. Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE DCE. METRO Lo scorrere del e la caducità della tempo bellezza PARAFRASI        Erano i capei d’oro a l’aura sparsi        che ’n mille dolci nodi gli avolgea,        e ’l vago lume oltra misura ardea     di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi; 4 I capelli biondi ( ) erano sparsi al vento ( ), che li ( ) avvolgeva in mille dolci nodi, e la bella luce ( ) di quegli occhi che ora ne sono così privi ( ) ardeva oltre l’immaginabile ( ); 1-4 d’oro a l’aura gli vago lume scarsi oltra misura iperbole. bello, ma anche, letteralmente, “vagante”, “mobile”. da notare l’allitterazione in . 2 mille: 3 vago: 4 son sì scarsi: s        e ’l viso di pietosi color’ farsi,        non so se vero o falso, mi parea:        i’ che l’ésca amorosa al petto avea,     qual meraviglia se di sùbito arsi? 8 e – non so se ciò accadde veramente o fu soltanto una mia illusione ( ) – il suo viso mi sembrava animarsi di pietà ( ): dunque come stupirsi che io, che ero ben disposto verso l’amore ( ), immediatamente ( ) mi accesi di passione ( )? 5-8 se vero o falso di pietosi color’ farsi ésca amorosa al petto avea di sùbito arsi di nuovo l’allitterazione in , che rende quasi fonicamente lo sprigionarsi delle fiamme. è la materia infiammabile su cui si facevano cadere le scintille prodotte con una pietra focaia per accendere il fuoco. è una domanda retorica, perché ovviamente non c’è nulla di cui meravigliarsi, dato che il poeta era già predisposto all’amore. 7-8 ésca amorosa… di sùbito arsi: s ésca: qual meraviglia:  >> pag. 349         Non era l’andar suo cosa mortale,        ma d’angelica forma; et le parole   sonavan altro, che pur voce humana. 11 Il suo incedere ( ) non era qualcosa di terreno ( ), ma era proprio di uno spirito angelico ( ); e le sue parole avevano un suono diverso ( ) da quello di una semplice voce umana. 9-11 l’andar suo cosa mortale angelica forma sonavan altro litote per sottolineare il carattere sovrannaturale delle qualità della donna. 9 Non… mortale:        Uno spirto celeste, un vivo sole        fu quel ch’i’ vidi; et se non fosse or tale,   piagha per allentar d’arco non sana. 14 Ciò che vidi fu uno spirito celeste, un sole splendente ( ); e se anche (Laura) non fosse più così, la ferita non guarisce per il solo fatto che l’arco si è allentato. 12-14 vivo non avesse più tali caratteristiche di straordinarietà. d’Amore. 13 non… tale: 14 piagha: Dentro il testo       I contenuti tematici Il poeta rievoca una visione del passato. Nelle due quartine Laura, con i capelli biondi scompigliati dal vento e gli occhi splendidi e luminosi, sembra per un attimo impietosirsi del poeta, ed è proprio tale accenno di compassione a far improvvisamente divampare in lui il sentimento amoroso. Nelle , Laura viene descritta come una creatura angelica, il suo passo e la sua voce hanno parvenze celesti, più che umane. terzine, di impostazione stilnovistica Una donna angelicata Il poeta paragona la donna a uno spirito paradisiaco e a un sole splendente. Poco importa che con il passare degli anni la bellezza di Laura possa essere sfiorita. L’epigrafica sentenza di Petrarca, che estende l’insegnamento dal caso personale a un piano generale, è chiarissima: anche se l’arco si allenta, la ferita provocata dalla freccia d’amore che esso ha scoccato rimane aperta e dolente ( , v. 14). piagha per allentar d’arco non sana Uno spirito splendente e immutabile Rispetto a una semplice poesia di lode (si vedano gli esempi stilnovistici, di Dante, T11, p. 243, o di Cavalcanti, T3, p. 143), Petrarca introduce dunque una novità: il . Se gli Stilnovisti lodano la donna al presente, come se si trovasse di fronte a loro nello stesso momento in cui ne parlano, Petrarca lo fa al passato (un verbo all’imperfetto, Erano, apre il sonetto, e altri imperfetti chiudono i versi 2, 3, 6 e 7: ), filtrando la descrizione attraverso la soggettività del proprio ricordo. Però, a un certo punto, al del passato si aggiunge quello del , che diventa non il tempo della lode, ma quello della . Ora gli occhi di Laura sono privi della luce che avevano quando era una giovane bellissima ( , v. 4) e il poeta è consapevole di quanto oggi ella sia diversa: per delicatezza attenua l’affermazione con il tono dubitativo – (v. 13) –, ma il concetto è chiaro. Così, la poesia di Petrarca guadagna in complessità e il ritratto di Laura in concretezza e umanità. Tipicamente petrarchesco è il motivo della e della , che compare già nel sonetto proemiale al v. 14 ( T5, p. 339): «quanto piace al mondo è breve sogno». Gli stessi aggettivi e , che chiudono rispettivamente i vv. 9 e 11 e dunque sono posti in posizione di rilievo, smentiscono l’impressione di quelle caratteristiche sovrumane percepite al momento dell’innamoramento. Anche l’espressione (v. 13) sottolinea, più che un dato di fatto, una valutazione soggettiva. Tanto gentile e tanto onesta pare ►  Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira ►  trascorrere del tempo avolgea, ardea, parea, avea piano temporale presente disillusione di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi et se non fosse or tale caducità della bellezza fragilità delle cose umane ►  mortale humana fu quel ch’i’ vidi Il tema dello scorrere del tempo e della bellezza che sfiorisce  >> pag. 350  Le scelte stilistiche La descrizione della situazione è tutta giocata sulle *: i capelli di Laura sono (v. 1); il poeta ha nell’animo l’ (v. 7; letteralmente, “materia infiammabile”, per indicare la sua intima disposizione ad amare) e l’innamoramento è descritto come un prendere fuoco ( , v. 8); Laura è un (v. 12); l’amore è una ferita ( , v. 14). metafore d’oro ésca amorosa arsi vivo sole piagha L’accumulo di metafore L’espressione (v. 1) richiama chiaramente, attraverso un bisticcio*, il nome della donna, quasi come un , lo pseudonimo utilizzato già dai trovatori provenzali al fine di celare, per discrezione, la vera identità della donna (nel manoscritto del “l’aura” è sempre scritto senza apostrofo, cioè come “laura”; dunque l’identificazione è ancora più evidente). a l’aura senhal Canzoniere Il senhal Del resto, poiché l’immagine della donna, sottratta all’azione corrosiva del tempo, rimane affidata soltanto alla , essa si condensa in pochi dettagli significativi, rievocati attraverso la sineddoche*: prima i capelli, poi la luce degli occhi e infine il colore del viso. Ma è soprattutto la chioma bionda sparsa al vento a imprimersi nella memoria di Petrarca, e in quella del lettore, essendo collocata nella posizione rilevata del primo verso del sonetto. Gli stessi (v. 2) dei capelli rimandano allusivamente ai «lacci d’Amor». dimensione soggettiva della memoria nodi I capelli come «lacci d’Amor» Il del componimento è , quasi a rendere lo stupore che coglie il poeta di fronte alla visione dell’amata: sul piano retorico collaborano alla resa di tale sospensione i numerosi iperbati* presenti in tutti i versi delle quartine e gli *, come quello tra i vv. 3-4 ( ), quello tra i vv. 10-11 ( ) e quello tra i vv. 12-13 ( ). tono sospeso enjambement ardea / di quei begli occhi et le parole / sonavan altro un vivo sole / fu quel ch’i’ vidi Un tono sospeso Lo , tra visione lontana e realtà attuale, è reso al v. 13 ( ) attraverso un’antitesi* che contrappone la Laura splendente di un tempo a quella sfiorita di oggi. Ma l’invecchiamento della donna non rende comunque medicabile la ferita del poeta: l’amore può sottrarsi al tempo e opporre l’invincibile eternità della memoria. stacco netto tra passato e presente fu quel ch’i’ vidi; et se non fosse or tale L’antitesi passato-presente Raffigurazione di Laura in , fine 1400, commento e illustrazioni di Antonio Grifo. Brescia, Biblioteca Queriniana. Canzoniere e Trionfi  >> pag. 351  Verso le competenze       COMPRENDERE Che cosa significa (v. 6)? Lo stesso verbo, “parere”, è impiegato nel sonetto dantesco ( T11, p. 243). In quel caso «pare» significa “appare in tutta evidenza”, “si mostra manifestamente”. Il significato che gli attribuisce qui Petrarca è lo stesso oppure è diverso? 1 mi parea Tanto gentile e tanto onesta pare ►  ANALIZZARE Nelle terzine sono presenti due chiasmi, relativi alla disposizione di quattro sostantivi e quattro aggettivi. Individuali spiegandone la funzione. 2 Nella tabella riportiamo alcuni dei numerosi iperbati presenti nel sonetto: riscrivi i relativi versi nella forma sintatticamente più regolare. 3 Iperbato Riscrittura Erano i capei d’oro a l’aura sparsi che ’n mille dolci nodi gli avolgea e ’l vago lume oltra misura ardea / di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi e ’l viso di pietosi color’ farsi, / non so se vero o falso, mi parea Non era l’andar suo cosa mortale, / ma d’angelica forma INTERPRETARE Quale idea dell’amore emerge nel sonetto? È positiva o negativa? Motiva la tua risposta con esempi tratti dal testo. 4 Quale concezione del tempo viene presentata nel testo? Spiega soprattutto se è positiva o negativa. 5 PRODURRE In che cosa differisce la rappresentazione della donna qui offerta da Petrarca rispetto a quella degli Stilnovisti? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe elencando almeno due analogie e due differenze. Puoi completarlo con citazioni di versi degli autori stilnovisti ( pp. 130 ss.). 6 ►  La tua esperienza Ritieni ancora attuale l’idea di Petrarca che quando si ama veramente si ama per sempre? Argomenta la tua risposta con riflessioni tratte dalla tua esperienza e dall’osservazione della realtà contemporanea. Scrivi un testo di circa 30 righe. 7 Una descrizione audace C’è una certa audacia, da parte di Petrarca, nel descrivere una Laura dai capelli sciolti e mossi dal vento, perché all’epoca le donne in pubblico portavano i capelli sempre raccolti, e li scioglievano soltanto in privato. Dunque il poeta offre al lettore una descrizione che presuppone una certa intimità con Laura, che sappiamo probabilmente più immaginata che vissuta davvero. A ciò si aggiunga l’elemento naturale del vento, che fa supporre una collocazione della scena in un luogo aperto, in ogni caso lontano dalla dimensione domestica abituale. Anche sul piano letterario si tratta di una notevole innovazione: rispetto alla fissità della descrizione delle chiome o delle trecce delle donne amate tipica dello Stilnovo, Petrarca colloca la donna in uno scenario naturale, e le attribuisce un’inedita carica di vitalità. In tal modo egli recupera alcuni modelli classici, come la Venere descritta dal poeta latino Virgilio, oppure la Dafne del poeta Ovidio. Il sonetto è perciò un testo che mostra il passaggio dai modelli stilnovistici a una poesia più viva e moderna, attraverso il recupero dei modelli classici. Erano i capei d’oro Gianlorenzo Bernini, (particolare), 1622-1625. Roma, Galleria Borghese. Apollo e Dafne