L epoca e le idee 3 La lingua Dall egemonia del latino all affermazione del volgare Il latino è la lingua letteraria d Europa La passione degli umanisti per la classicità si riflette nell adozione della lingua latina per la scrittura. Non va dimenticato che già Petrarca preferiva il latino al volgare e che si aspettava fama e gloria eterne non dal Canzoniere, bensì dalla propria produzione latina. Tale predilezione viene ora riaffermata come una scelta collettiva, condivisa dalle élite intellettuali di tutta Europa. Il Certame coronario e il riscatto del volgare Soprattutto nei primi decenni del Quattrocento, il volgare è così relegato a mero strumento di comunicazione quotidiana, anche se non viene meno l ammirazione per la tradizione volgare del Trecento, sublimata dal mito delle cosiddette tre corone fiorentine : Dante, Petrarca e Boccaccio, considerati, per il pregio delle loro opere, meritevoli dello statuto di classici. Verso la metà del secolo, la gerarchia linguistica operata dagli umanisti va però lentamente modificandosi e il volgare torna ad acquistare dignità, candidandosi ad affiancare, se non a sostituire, il latino come lingua della letteratura, mentre quest ultimo continua a essere la lingua in cui scrivono scienziati, filosofi e uomini di Chiesa. cenda va però considerata un eccezione, perché legata al governo repubblicano di Firenze. Altrove, in Italia, non si trova più l uomo di cultura che partecipa attivamente al progresso sociale e civile, ma il cortigiano dedito esclusivamente alla propria attività letteraria, professionista al servizio del signore (e talvolta con fatica e sentimenti contrastanti, come accade a Ludovico Ariosto). A questo nuovo modello antropologico Baldassarre Castiglione dedica un opera di grande successo, Il Cortegiano (1528), che fornisce un significativo repertorio di qualità, culturali ma anche etiche, necessarie per vivere a corte. La soluzione ecclesiastica L intellettuale ha inoltre un altra soluzione per guadagnarsi da vivere: appartenere a un ordine religioso, per godere di non trascurabili benefici ecclesiastici e trovare maggiore sicurezza, soprattutto durante la crisi degli Stati italiani, esposti alle minacce degli eserciti stranieri. Non è un caso che la carriera ecclesiastica, specie nel Cinquecento, rap- presenti un opzione assai praticata dagli intellettuali. Basti pensare alle aspirazioni di Guicciardini e di Ariosto, rispettivamente alla caccia di un cardinalato e di un vescovato, all appartenenza a ordini religiosi di letterati come Bandello e Folengo, alle carriere di Della Casa, che diventa chierico della Camera Apostolica e vescovo di Benevento, di Castiglione, nunzio apostolico, o di Bembo, che viene nominato addirittura cardinale. La qualità della condizione del chierico al servizio della Chiesa non differisce da quella del cortigiano che dipende da un signore: quella pontificia è una corte sfarzosa non meno delle altre, senza considerare che vescovi e cardinali, in certi casi umanisti anch essi, sono committenti generosi, in tutto simili per comportamento, gusti e ambizioni ai mecenati laici. L invenzione della stampa e le sue conseguenze sul ruolo del letterato Una terza possibilità di occupazione per l intellettuale si apre in segui- to all invenzione della stampa, a opera di un orefice della città tedesca di Magonza, Johann Gutenberg, cui si deve nel 1457 l edizione di una Bibbia stampata a caratteri mobili in piombo. Grazie alla stampa, la cerchia dei lettori si accresce enormemente, anche al di fuori della corte. I libri possono ora diffondersi con tirature prima inimmaginabili e con costi ridotti, influendo sul costume e raggiungendo un pubblico più diversificato, formato spesso da borghesi desiderosi di svago, intrattenimento, evasione. Inoltre la nascita delle prime tipografie prefigura un nuovo status per il letterato, che può prestare la sua opera al servizio di un editore come consulente, collaboratore, direttore di collane. Sono i casi, tra gli altri, di Pietro Bembo, che nel 1501 cura l edizione del Canzoniere di Petrarca per il tipografo veneziano Aldo Manuzio, o di Pietro Aretino, che intuisce le possibilità di un mercato librario più ampio per accrescere la propria fama e influenza. 505