ITALICI ED ETRUSCHI >> L'arte etrusca 8. La ceramica e la scultura Nell’epoca villanoviana la produzione ceramica è caratterizzata dall’uso dell’ (argilla non depurata, modellata a mano e cotta), con il quale vengono prodotti contenitori di uso sia domestico sia funerario. Questi ultimi sono costituiti di norma da urne in terracotta a forma di capanna, come si è visto trattando dell’architettura civile, oppure da vasi biconici , cioè coperti da una ciotola rovesciata o da un elmo bronzeo; la decorazione è eseguita a e a con motivi geometrici, come meandri semplici e spezzati, riquadri e metope, motivi angolari e svastiche. Col tempo i vasi cinerari si arricchiscono di appendici plastiche a tutto tondo, come nel , risalente all’VIII secolo a.C. . Sul coperchio è rappresentata una scena di banchetto, con un commensale seduto a un tavolo riccamente imbandito; accanto vi è una donna (forse una schiava) e a terra un grosso contenitore, forse per il vino; sull’ansa è posta una figurina seduta. Un notevole impulso al perfezionamento dell’arte ceramica è dato dalle prime dalla Grecia: agli inizi dell’VIII secolo a.C. dall’Eubea e, in seguito, da Corinto. Inoltre, alcune si trasferiscono a Vulci, a Tarquinia e a Cerveteri, dove aprono botteghe che producono una ceramica di imitazione – detta – destinata a un pubblico più allargato. A ceramisti di formazione ellenica, operanti a Cerveteri nella prima metà del VII secolo a.C., si deve probabilmente l’invenzione del , una ceramica nera, sia all’interno sia in superficie, ottenuta grazie a un particolare procedimento di cottura; prodotta esclusivamente in ambito etrusco, è l’unica a essere esportata fuori dall’Etruria. Da Cerveteri la produzione si estende a Tarquinia, Vulci, Orvieto e Chiusi, e forse anche ad altri centri che possono contare su botteghe locali. Utilizzato per realizzare vasellame destinato ai banchetti, si distingue, in base allo spessore, in bucchero sottile – come quello del o coppa su alto piede con ansa sormontante del VII secolo a.C. – e in bucchero pesante, di epoca successiva. Con l’importazione di ceramiche da Atene, si diffondono anche in Etruria le tecniche a e a . Tra i maggiori esponenti della tecnica a figure nere, si ricorda il Pittore di Micali, di formazione ionica, trasferitosi a Vulci alla fine del VI secolo a.C. Tra le opere attribuite a questo ceramografo vi è un’anfora decorata con due fasce, una sulla spalla e una sul corpo, con rappresentazioni di e , questi ultimi particolarmente cari al repertorio etrusco. La ceramica etrusca è caratterizzata anche da tipiche produzioni locali: i crateri a colonnette volterrani ( ) la cosiddetta ceramica argentata e quella a vernice nera. Le sebbene ispirate nella forma al cratere a colonnette di tradizione greca, hanno funzione prevalentemente funeraria. Uno tra gli esemplari più noti è la conservata a Perugia e datata alla seconda metà del IV secolo a.C. È un vaso eponimo (che cioè dà il nome al proprio autore) del Pittore di Esione : vi è rappresentato Eracle che libera Esione, figlia del re di Troia, dalla roccia cui era stata incatenata. La , invece, prodotta nelle città di Falerii e Orvieto, non presenta elementi dipinti, bensì decorazioni stampate a rilievo, ed è rivestita da una pellicola bianco-grigia che intendeva imitare l’effetto cromatico delle superfici dei vasi in metallo pregiato. Anche la produzione a , una ceramica fine dal colore nero uniforme, molto brillante, presenta talvolta riflessi iridescenti che ricordano i materiali metallici. È prodotta, con alcune varianti, in Etruria e in molte aree del Mediterraneo. La produzione ceramica impasto (55) incisione impressione cinerario di Montescudaio (56) importazioni maestranze greche e greco-orientali ceramica etrusco-corinzia bucchero kýathos (57) figure nere figure rosse (58) animali reali animali fantastici kelébai , , kelébai kelébe (59) ceramica argentata vernice nera , VIII secolo a.C., impasto. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. 55. Vaso cinerario biconico con coperchio a elmo , 56. Cinerario di Montescudaio VIII secolo a.C., terracotta, h 63 cm. Cecina (Livorno), Museo Archeologico. coppa a unica ansa su alto piede, VII secolo a.C., bucchero, h 18 cm. Volterra (Pisa), Museo Etrusco Guarnacci. 57. Kýathos, , lato A, fine del VI secolo a.C., ceramica a figure nere, h 44,5 cm. Karlsruhe (Germania), Badisches Landesmuseum. 58. Pittore di Micali, Anfora , 350-330 a.C. ca., 59. Pittore di Esione, Kelébe volterrana ceramica a figure rosse, h 67 cm. Perugia, Museo Archeologico Nazionale. › pagina 203 Le prime sculture in pietra risalgono alla fase Orientalizzante e sono legate al . Nella camera superiore del tumulo della Pietrera di Vetulonia, per esempio, una serie di riproduce figure maschili e femminili in atteggiamenti rituali. Tra i monumenti in pietra che avevano la funzione di segnacoli tombali, invece, vi sono le volterrane e fiesolane del VI secolo a.C. e i chiusini . Vulci si distingue per la scultura monumentale in pietra, e in particolare per una classe di (una varietà di tufo grigio), che venivano poste a guardia dei sepolcri degli aristocratici e raffiguravano centauri, pantere, arieti e leoni. Di produzione vulcente è il gruppo del , simbolo dell’attraversamento dell’Oceano verso l’aldilà. Il volto del fanciullo, in stile ionico, è caratterizzato dal sorriso e dagli occhi a mandorla, i capelli sono formati da massa unica e il tutto è reso armonioso dalle linee curve e sinuose del corpo del fanciullo e di quello del pesce, di cui si è perduta la testa, probabilmente equina. La produzione in pietra comprende anche i di Tarquinia, Cerveteri e Chiusi, da dove provengono anche le tipiche chiusine, tutte opere che risentono ancora dell’arte classica. Lo stile ellenistico, invece, influenza le maestranze volterrane che si specializzano nella creazione di in alabastro, materiale tipico della zona di Volterra . La scultura in pietra culto degli antenati sculture in arenaria stele in rilievo cippi funerari (60) sculture in nenfro Fanciullo che cavalca l’ippocampo (61) sarcofagi statue-cinerario urnette cinerarie (62) , inizi del V secolo a.C., pietra. Chiusi, Museo Archeologico Nazionale. 60. Cippo funerario chiusino seconda metà 61. Fanciullo che cavalca l'ippocampo, del VI secolo a.C., nenfro, h 83 cm. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (da Vulci, Viterbo). , seconda metà del III secolo a.C., marmo alabastrino. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. 62. Urnetta cineraria › pagina 204 Tra le migliori realizzazioni della bronzistica figurano i , risalenti alla tarda fase Orientalizzante e forse di fattura chiusina. Si tratta di a foggia di figura femminile o di guerrieri, usate come sostegno per vasi. Della fanno invece parte la e la La , conservata ai Musei Capitolini, è stata oggetto di un recente restauro, a seguito del quale si è messa in dubbio la sua origine etrusca. L’ipotesi attualmente accreditata tra archeologi e storici dell’arte è che si tratti del calco di un’opera antica realizzato in epoca medievale. Sono sicuramente aggiunte di fine Quattrocento inoltre, le figure dei due gemelli, Romolo e Remo, che secondo il mito sarebbero stati allattati dalla lupa. Si pensa sia stata realizzata da un’équipe di artigiani, con partecipazione di maestranze magno-greche ed etrusche, la , una statua del che gli Etruschi avevano ereditato dalla mitologia greca. Offerta alla divinità Tinia, il cui nome è inciso sulla zampa, la Chimera ha il corpo e la testa di leone (a grandezza quasi naturale), un serpente al posto della coda e una testa di capra sul dorso. Le fauci sono spalancate e le zampe anteriori distese, nella posa tipica dell’animale che si ritrae per difendersi dal nemico, probabilmente il mitico eroe Bellerofonte, incaricato dal re di Licia di ucciderla. La bronzistica etrusca comprende anche la ritrattistica, che fa riferimento a quella greca e romana. In questo campo, i massimi esiti sono dati da alcune teste in bronzo (frammenti di statue andate perdute) e dalla statua di Aule Meteli, meglio noto come l' . Il bronzo, datato tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C., ritrae un uomo etrusco divenuto cittadino romano, come mostra la che indossa, con il braccio destro sollevato, e rappresenta un chiaro esempio di interpretazione, in ambito etrusco, dei canoni stilistici e formali della romanità. I bronzi Bronzi di Brolio (63) statuette-cariatidi grande statuaria Lupa capitolina Chimera d’Arezzo. Lupa capitolina (64) Chimera di Arezzo (65) mitico mostro Arringatore (66) toga statuetta-cariatide femminile, VI secolo a.C., bronzo, h 36 cm. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. 63. Bronzo di Brolio, inizio del V secolo a.C. (gemelli della fine del XV secolo), bronzo, h 83 cm. Roma, Musei Capitolini. 64. Lupa capitolina, , V-IV secolo a.C., bronzo, h 80 cm. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. 65. Chimera di Arezzo fine II-inizio del I secolo a.C., bronzo, h 170 cm. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. 66. Arringatore, › pagina 205 La coroplastica La parola coroplastica (dal greco , “terra” e , nel senso di “arte di plasmare” o modellare) indica in archeologia la . Di grande importanza nel mondo etrusco sono le decorazioni architettoniche di abitazioni e templi, tra cui l’acroterio di Murlo noto come (► p. ) o l’ (► p. ). In queste opere è molto evidente l’influenza dell’arte greca ionica, conosciuta tramite le colonie della Magna Grecia come, per esempio, quella di Metaponto. chóra plastica tecnica di lavorazione della terracotta “Cow-boy” 189 Apollo di Veio 192-193 In ambito funerario, l’influenza ionica è evidente anche nella produzione di vasi cinerari dell’area chiusina: i . Inizialmente questi vasi venivano “umanizzati” tramite l’applicazione di una maschera sul coperchio; in seguito, modellando il coperchio in forma di testa umana o conferendo all’intero vaso le sembianze di un personaggio seduto su un trono. canopi (67) Anche le scuole etrusche ceretane (cioè di Cerveteri) risentono degli influssi stilistici ionici. A un maestro che opera a Cerveteri, forse di origine metapontina, vanno infatti attribuiti due grandi conservati nei musei di Villa Giulia e del Louvre. In quest’ultimo , i due sposi sono distesi sulla , il tipico letto su cui si consumavano i pasti; le figure appaiono stilizzate e si ispirano ai della Grecia arcaica, cui assomigliano anche per il e gli . pseudo-sarcofagi degli sposi (68) klíne koúroi sorriso occhi a mandorla , VI secolo a.C., impasto. Firenze, Museo Archeologico Nazionale (dalla necropoli di Dolciano). 67. Canopo 520-510 a.C., ca. terracotta policroma, h 111 cm. Parigi, Museo del Louvre (da Cerveteri). 68. Sarcofago degli sposi,