ROMA REPUBBLICANA >> La formazione dell'arte romana 9. L'urbanistica e l'organizzazione del territorio Lo schema urbanistico Roma, così come le grandi città dell’Etruria arcaica, non aveva un impianto urbanistico regolare, che invece viene adottato sia dagli Etruschi sia dai Romani nella fondazione di nuove città e colonie. Uno schema che, già utilizzato in Grecia e in Età ellenistica, in ambito etrusco assume carattere sacrale: secondo gli Etruschi, infatti, sono gli dèi stessi a indicare, con segni interpretati da sacerdoti e indovini, la posizione e la struttura di ogni nuova città, così come l’orientamento dei che la suddividono in quadranti. due assi centrali perpendicolari Questo impianto si trova già in alcune antiche città romane, come Ostia, Cosa o (Lazio), e diventa una costante nelle . Come negli accampamenti militari, i , si sfrutta di norma un tratto rettilineo di una preesistente, che prende il nome di (cioè principale), spesso con orientamento est-ovest; poi in un punto preciso, deciso sulla base di auspici religiosi, lo si fa intersecare da una via perpendicolare che corre in direzione nord-sud, il o . Il punto d’intersezione tra i due assi costituisce il centro dell’intero sistema urbano: di norma, è in questo punto che viene collocata la piazza, chiamata . Da qui il cardine e il decumano si estendono fino al recinto delle mura, dove quattro porte permettono l’ingresso in città. Alle due strade principali si allinea una serie di che dividono in lo spazio interno alle mura stesse . Minturnae colonie di nuova fondazione castra (1) grande via consolare decumano massimo cardo cardine massimo foro strade parallele isolati regolari (2) Disegno ricostruttivo di un accampamento romano. 1. Veduta aerea di Torino. 2. fu fondata nel 28 a.C. Il tracciato viario di Torino ha mantenuto la struttura della colonia romana. Augusta Taurinorum Le mura Nelle città romane il corrisponde generalmente al , cioè al limite sacro e giuridico oltre il quale la città cessa di esistere e inizia la campagna. Il reticolo ortogonale si estende però spesso anche alle , suddivise secondo il sistema della . Tale sistema prevedeva la suddivisione del territorio in settori quadrati, i cui confini erano stabiliti dagli agrimensori grazie all’uso di un particolare strumento, la groma, che permetteva di tracciare . All’interno di questi settori venivano individuati poi cento lotti regolari di terra, da assegnare ciascuno a una famiglia di coloni. circuito murario pomerio zone agricole centuriazione linee ortogonali Nel 387 a.C., dopo l’invasione dei Galli, anche Roma fu cinta da una cerchia di mura, che però è tradizionalmente ritenuta più antica, tanto da essere conosciuta con il nome di (dal re Servio Tullio, che regnò nel VI secolo a.C.). La città, tuttavia, continuò a espandersi molto al di fuori di questo limite. Sopravvivono ancora, nel contesto urbano moderno, alcuni tratti di queste mura , costruite con grandi blocchi di tufo secondo la tecnica detta . “mura serviane” (3) opus quadratum Un tratto delle mura serviane, 387 a.C. Roma. 3. Nei tratti superstiti delle mura serviane (in realtà di età repubblicana) si nota l’uso della tecnica muraria detta , con blocchi a forma di parallelepipedo disposti secondo filari regolari. opus quadratum › pagina 213 Mentre Roma acquisisce l’egemonia su gran parte dell’Italia peninsulare, va estendendosi la nei nuovi territori conquistati. Il termine "deduzione" deriva dalla parola latina e indica l’arruolamento e il trasferimento di forza lavoro nelle nuove colonie. Le colonie servono dunque a dare nuove case e nuove terre ai cittadini romani, ma svolgono anche una fondamentale funzione di controllo e di "romanizzazione" delle aree appena conquistate, diventando presto il fulcro dell’ . Alcuni coloni godono del diritto romano e rimangono sotto il diretto controllo di Roma, altri sono sottoposti al diritto civile dei Latini e hanno quindi maggiore autonomia, ma anche meno privilegi e l’obbligo della leva militare. Le sono insediamenti di piccole dimensioni, formati da circa 300 coloni, posti soprattutto a protezione della costa. La più antica colonia romana è , dedotta nel 338 a.C., alla fine della guerra di Roma contro i Latini; risale probabilmente al IV secolo a.C. anche la fondazione di . Date le dimensioni di questi centri, l’impianto urbanistico è in genere molto semplice, basato sull’incrocio dei due assi perpendicolari, il e il decumano. Le sono invece insediamenti molto più grandi, che arrivano spesso a contare 6000 coloni e che modificano fortemente non solo il popolamento, ma anche l’identità culturale dei territori in cui si trovano. La loro struttura urbana è più complessa: ai due assi perpendicolari si allinea infatti uno . Durante lo svolgimento della Seconda guerra sannitica (326-304 a.C.), nell’attuale Puglia viene fondata la colonia latina di , nel 314 a.C. Nel 273 a.C., dopo la spedizione condotta dai Romani contro Pirro nell’Italia meridionale, nascono invece , in Campania, e , nell’attuale Toscana, presso la costa vicino a Orbetello ; qualche anno più tardi, nel 268 a.C., è la volta di e . Con la fondazione di quest’ultima, Roma si affaccia per la prima volta nella Pianura Padana. La fondazione delle colonie deduzione di colonie deductio organizzazione agricola del territorio colonie di diritto romano Anzio Ostia (4-5) cardo colonie di diritto latino schema a isolati regolari Lucera Paestum Cosa (6) Benevento Rimini Resti della colonia di diritto romano di Ostia, fondata nel IV secolo a.C. presso la foce del fiume Tevere (Roma). 4-5. Resti della colonia di diritto latino di Cosa, fondata nel 273 a.C. Orbetello (Grosseto). 6. › pagina 214 Le infrastrutture Il termine “infrastrutture” indica l’insieme delle realizzazioni tecniche (come strade, acquedotti, fognature, opere igieniche e sanitarie), che costituiscono la . base dello sviluppo economico-sociale di un territorio Sin dalle origini, i Romani realizzano grandi infrastrutture e opere pubbliche, sia civili sia militari. Architetti e ingegneri collaborano a questo scopo, sviluppando conoscenze necessarie all’organizzazione di un territorio in continua espansione: è soprattutto nella progettazione e nell’edificazione di strade, ponti e acquedotti che i costruttori romani dimostrano abilità tecniche e ingegneristiche. Le strade La assume un ruolo fondamentale nella circolazione delle persone, dei soldati e delle merci, ed è proprio grazie a essa che Roma manterrà i rapporti dapprima con gli altri centri della Penisola, poi con quelli dell’Europa, dell’Oriente e dell’Africa, diffondendo il proprio sistema economico e amministrativo e il sempre più ricco patrimonio culturale. La , larga dai 4 ai 6 metri, è solitamente composta da : il più profondo ( ) è costituito da ciottoli e funge da solida base; quello intermedio ( ) è formato da sabbia e ghiaia; l’ultimo strato, infine, consiste in una pavimentazione realizzata con grandi pietre che permettevano il passaggio dei carri e che, disposte in modo da formare una superficie convessa, garantivano il deflusso delle acque. Anche la progettazione dei tracciati è all’avanguardia. rete viaria (7) strada romana (8) tre strati statumen rudus La più antica delle principali arterie extraurbane è la , il cui primo tratto, che andava da Roma a Capua e che risale al 312 a.C., si deve al censore Appio Claudio Cieco (il tragitto fu in seguito prolungato, fino a raggiungere la città di Brindisi). via Appia (9) La attraversava invece le Alpi: un ramo collegava la Pianura Padana con la valle del Rodano e l’altro con l’attuale Svizzera. La costruzione del segmento alpino, che si snoda sulle tracce di sentieri preesistenti, può essere messa in relazione con la conquista del territorio che corrisponde all’attuale Valle d’Aosta, nel 25 a.C. Molti tratti erano intagliati nella roccia; presso Donnas si conserva un pezzo del lastricato originario e un grandioso arco di 4 metri di altezza ricavato in uno sperone roccioso . strada delle Gallie (10-11) Le principali strade romane e le zone di centuriazione in età repubblicana. 7. Disegno ricostruttivo di una tipica strada romana. 8. Tratto della via Appia, dal 312 a.C. 9. Lunghi tratti originali della via Appia si sono conservati intatti. Sul lastricato sono visibili ancora oggi i solchi provocati dal continuo passaggio dei carri. Tratto della strada delle Gallie e particolare dell’arco, 25 a.C. ca. Donnas (Aosta). 10-11. Il grandioso arco della strada romana nel tratto presso Donnas, largo quasi 3 metri, misura 4 metri di spessore e altrettanti di altezza ed è ricavato nella roccia della montagna con una tecnica evoluta. › pagina 216 I ponti Poco dopo la costruzione delle prime strade, vengono edificati anche i primi , o in sostituzione delle originarie strutture in legno. Il più antico dei ponti che attraversano il Tevere è il , situato a valle dell’isola Tiberina, cui seguirà il , forse della metà del III secolo a.C., ma ricostruito nel 179 a.C. Il terzo in ordine cronologico, il , anch’esso realizzato in legno alla fine del III secolo a.C., viene ricostruito in muratura intorno al 110 a.C. ponti in pietra ex novo ponte Sublicio ponte Emilio (12) ponte Milvio A partire dal II secolo a.C. i ponti sfruttano il sistema costruttivo dell’ . Le parti strutturali vengono realizzate in o in , quelle di riempimento in (► p. ). Le arcate sono in genere a tutto sesto e vengono rette da pilastri di sostegno; quando il ponte doveva attraversare un fiume, la realizzazione dei pilastri, unitamente alla gettata delle fondazioni, costituiva la parte più complessa del lavoro. arco pietra laterizio conglomerato cementizio 219 Ponte Emilio (cosiddetto Ponte Rotto), fondazioni del II secolo a.C., arcate superstiti della seconda metà del XVI secolo. Roma. 12. Gli acquedotti Con la costante crescita della città emerge anche l’esigenza di fornire la popolazione di acqua: nascono così i primi grandi sistemi di conduzione delle acque dalle sorgenti alle realtà urbane, gli . Il primo acquedotto della città di Roma, quello dell’ , fu realizzato nel 312 a.C. e prende nome dal censore Appio Claudio Cieco che lo fece costruire: esso sfruttava sorgenti situate a circa 13 chilometri da Roma, nei pressi della via Prenestina. Il condotto era quasi completamente sotterraneo e correva a considerevole profondità, per una lunghezza complessiva di circa 17 chilometri. Anche il secondo acquedotto, l’ , detto poi , aveva un percorso sotterraneo, scavato nella roccia: costruito tra il 272 e il 270 a.C. grazie al bottino della vittoria contro Pirro e i Greci di Taranto, era lungo oltre 60 chilometri. Il terzo acquedotto, chiamato , risale al 144 a.C. ed è il primo a presentare un (che diventeranno presto una costante). In età imperiale Roma potrà contare su undici acquedotti, di cui alcuni sono ancora oggi in attività. acquedotti Aqua Appia Anio Vetus Aqua Marcia tratto su arcate Gli acquedotti romani prelevavano l’acqua direttamente dalla sorgente, per poi convogliarla in condotti leggermente pendenti che, sfruttando la forza di gravità e il principio dei vasi comunicanti, permettevano un deflusso regolare e costante delle acque. I condotti, realizzati in pietra, in piombo o in terracotta, correvano spesso all’interno di gallerie, mentre per oltrepassare gole, alvei fluviali o valli venivano realizzati lunghi tratti sopraelevati grazie ad arcate sorrette da piloni in muratura, una tecnica che consentiva di alleggerire la struttura . Il tratto finale del percorso era dotato di vasche di decantazione e di sistemi di purificazione attraverso cui passavano le acque prima di giungere in ambito urbano. (13-14-15) Disegno ricostruttivo del percorso di un acquedotto romano. 13. Diga 1 Conduttore 2 Serbatoio a monte 3 Ponte ad archi 4 Serbatoio a valle 5 Ponte a due arcate 6 Serbatoio di distribuzione 7 Resti di un acquedotto romano nella campagna attorno a Roma. 14. Sezione della copertura a volta e del canale di un acquedotto. 15. › pagina 218 Le terme Alla fine dell’età repubblicana risalgono le prime terme, che assumono un’importante funzione sociale come luoghi di ritrovo, non solo nelle grandi città ma anche nelle province, nei santuari e negli accampamenti militari. Spesso vengono costruite anche delle terme annesse alle ville: si distinguono perciò terme pubbliche, private e militari. stabilimenti per il bagno pubblico Le prime terme di Roma furono quelle di , genero di Augusto, che erano alimentate da un acquedotto appositamente costruito. Un precedente può essere indicato nella piscina pubblica che si trovava al termine dell’Aqua Appia. Agrippa Lo schema di base delle terme romane comprendeva un (spazio non riscaldato adibito a spogliatoio), un con acqua fredda, talvolta un con acqua tiepida e un con acqua calda. In origine l’acqua era riscaldata con grandi bracieri; già tra la fine del II secolo e l’inizio del I a.C. venne realizzato l’ , cioè un sistema di riscaldamento sotterraneo . Un ( ), in funzione nel sottosuolo e alimentato dall’esterno, spandeva il calore al di sotto di una ( ), che poggiava su pilastrini, di solito formati da mattoni quadrati. In questo modo erano riscaldate dal basso non solo l’acqua delle vasche, ma anche le pareti dell’ambiente, lungo cui il calore risaliva attraverso intercapedini create da mattoni con sporgenze addossati alla muratura ( ) o da tubi di terracotta a sezione rettangolare ( ). apodyterium frigidarium tepidarium calidarium ipocausto (16) focolare praefurnium pavimentazione sospesa suspensura tegulae mammatae tubuli A questi ambienti principali se ne potevano aggiungere altri, come una palestra o il adibito alla somministrazione di bevande e cibi, anche caldi (da cui deriva il nome). La presenza di giochi d’acqua o di decorazioni dipinte o scolpite, nonché di stucchi e mosaici, dipendeva dall’importanza dell’impianto o dalle disponibilità finanziarie del donatore. thermopolium I Romani furono anche i primi a sfruttare le proprietà terapeutiche di alcune sorgenti e a costruire , generalmente poste fuori delle aree urbane. terme curative Ricostruzione di un riscaldato con il sistema dell’ipocausto. 16. calidarium 1 Praefurnium Pilastrino 2 3 Suspensura Piscina calda 4 Tubuli 5 Altre opere idrauliche I Romani seppero esprimere le proprie grandi capacità tecniche nel campo dell’idraulica anche nella costruzione di efficienti impianti di (fognature) in molte delle loro città. Come sottolinea il geografo greco Strabone, vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., era proprio il sistema idrico la differenza più rilevante tra le città romane e quelle greche. drenaggio delle acque urbane Nei piccoli borghi o nelle città di antica fondazione le acque delle latrine erano smaltite per mezzo di in una o, come nel caso di Pompei, direttamente sul selciato (tranne nel Foro, dotato di fognature). Nelle città romane sorte il progetto urbanistico prevedeva invece una capillare rete fognaria, le cui canalizzazioni in genere correvano lungo i tracciati delle strade. Le gallerie dell’impianto (solitamente larghe circa 50 centimetri e alte circa un metro) erano raggiungibili attraverso e avevano una copertura costituita da una volta, o da due tegole o due lastre poste a doppio spiovente oppure ancora da una sola lastra messa di piatto. Generalmente le varie canalizzazioni terminavano in un collettore principale che conduceva le acque fuori dall’abitato. tubi in terracotta fossa ex novo pozzetti A Roma il sistema fognario sfociava nella , la cui conduttura coperta a volta sbocca ancora oggi nel Tevere con un arco a triplice ghiera. Fu realizzata a Roma alla fine del periodo monarchico, prima ancora della più antica pavimentazione del Foro, e poi restaurata alla fine del II secolo a.C. La sua funzione non era solo lo smaltimento dei rifiuti liquidi, ma anche la canalizzazione delle acque superficiali. Furono infatti prosciugate le zone paludose del Foro e delle immediate vicinanze. Cloaca Maxima (17) , inizio del I secolo a.C. Roma. 17. Cloaca Maxima