Lo schema urbanistico
Roma, così come le grandi città dell’Etruria arcaica, non aveva un impianto urbanistico regolare, che invece viene adottato sia dagli Etruschi sia dai Romani nella fondazione di nuove città e colonie. Uno schema che, già utilizzato in Grecia e in Età ellenistica, in ambito etrusco assume carattere sacrale: secondo gli Etruschi, infatti, sono gli dèi stessi a indicare, con segni interpretati da sacerdoti e indovini, la posizione e la struttura di ogni nuova città, così come l’orientamento dei due assi centrali perpendicolari che la suddividono in quadranti.
Questo impianto si trova già in alcune antiche città romane, come Ostia, Cosa o Minturnae (Lazio), e diventa una costante nelle colonie di nuova fondazione. Come negli accampamenti militari, i castra (1), si sfrutta di norma un tratto rettilineo di una grande via consolare preesistente, che prende il nome di decumano massimo (cioè principale), spesso con orientamento est-ovest; poi in un punto preciso, deciso sulla base di auspici religiosi, lo si fa intersecare da una via perpendicolare che corre in direzione nord-sud, il cardo o cardine massimo. Il punto d’intersezione tra i due assi costituisce il centro dell’intero sistema urbano: di norma, è in questo punto che viene collocata la piazza, chiamata foro. Da qui il cardine e il decumano si estendono fino al recinto delle mura, dove quattro porte permettono l’ingresso in città. Alle due strade principali si allinea una serie di strade parallele che dividono in isolati regolari lo spazio interno alle mura stesse (2) .