ROMA REPUBBLICANA >> La formazione dell'arte romana 9. L'architettura privata: casa e ville I recenti scavi tra il Foro romano e il Palatino hanno fornito molte nuove notizie sulle dimore dei patrizi più facoltosi e potenti della Roma repubblicana. La casa meglio conservata è la cosiddetta Domus 3 , il cui primo impianto risale agli ultimi anni del VI secolo a.C., tra la fine del periodo regio e gli inizi dell’età repubblicana. Vicinissima al Foro, aveva la porta d’ingresso in mezzo a una fila di botteghe, sulla via Sacra (la strada che, attraversando il Foro romano, saliva al Campidoglio). Come già spiegava Vitruvio nel la , la casa cittadina dell’aristocratico, doveva mostrare il prestigio del suo proprietario, che vi svolgeva le attività pubbliche connesse al suo ruolo sociale. La casa doveva quindi avere, innanzitutto, destinati a ricevere i di ceto inferiore e i propri pari, con cui trattare di politica e affari. Alla tipica struttura della romana si accedeva attraverso un e uno stretto locale d’ingresso, chiamato ("gola"). Da qui si giungeva nell’ambiente centrale, l’atrio, di forma quadrata e parzialmente coperto. Era questo il vero cuore della casa, che in origine ospitava il focolare, da cui deriva forse il suo nome (l’aggettivo latino significa "scuro"). Al centro dell’atrio una vasca, l' raccoglieva l’acqua piovana, scaricandola in una cisterna sotterranea. In prossimità dell’ingresso si apriva un altro grande ambiente, il uno spazio di rappresentanza in cui il proprietario, seduto su un seggio, riceveva i , mentre in un’altra grande stanza, il venivano invece ricevuti gli ospiti di riguardo durante i banchetti. A destra e a sinistra dell’ si aprivano le ambienti in cui si svolgeva la vita quotidiana. Da una delle in genere, si poteva accedere a un lungo spazio scoperto, l' (il giardino), utilizzato per coltivare fiori e frutta; dal II secolo a.C. si diffonde invece, su modello ellenistico, l’uso del un grande giardino porticato. Intorno all’atrio trovavano posto anche le camere da letto ( ), lo spazio per i lavori femminili e gli ambienti di servizio (cucine, dispense, latrine). La dimora patrizia (27) De architectura, domus (28) ambienti di rappresentanza clientes domus vestibulum fauces ater impluvium, tablinum, clientes triclinium, impluvium alae, alae, hortus peristilium, cubicula Pianta della Domus 3 a Roma, IV secolo a.C.: 27. Ingresso 1 2 Vestibulum 3 Fauces Atrio 4 5 Impluvium 6 Tablinum 7 Triclinium 8 Alae 9 Hortus Disegno ricostruttivo di una tipica casa romana. 28. › pagina 227 In tutte le città, oltre a quella della era diffusa un’altra tipologia di casa, decorosa anche se abbastanza comune, in cui dimoravano famiglie abbienti di origine non patrizia. Molti esempi di queste abitazioni comuni, descritte anche da Vitruvio, si trovano con poche varianti a , la città della costa campana distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Le abitazioni comuni domus, Pompei Casa del Chirurgo Tra le abitazioni più antiche di Pompei vi è la Casa del Chirurgo , così chiamata per la professione del suo proprietario, di cui sono stati rinvenuti gli strumenti durante gli scavi. Lo schema è in realtà lo stesso della Domus 3 di Roma, sebbene gli ambienti siano meno numerosi e di dimensioni più modeste: l’atrio centrale, scoperto, è qui l’ambiente più spazioso, ed è separato dalla strada da strette Simmetrico all’ingresso si trova il aperto sull’atrio così come le ridotte di dimensioni ma sempre con l’uso di locali comuni. Dall’atrio prendevano luce anche tutte le altre stanze. Attraverso il si accedeva al cortile posteriore, poi trasformato con l’aggiunta di depositi e altri ambienti. (29-30) fauces. tablinum, alae, tablinum Pianta della Casa del Chirurgo a Pompei (Napoli): 29. 1 Fauces Atrio 2 3 Tablinum 4 Triclinium 5 Alae Cortile posteriore Casa del Chirurgo, III secolo a.C. Pompei (Napoli). 6 30. È invece rimasto poco delle abitazioni dei , che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione. Dalle fonti letterarie sappiamo che vivevano in , spesso fatiscenti, oppure cioè in soppalchi ricavati nei retrobottega, oppure, ancora, direttamente nei magazzini e nelle stalle in cui durante il giorno svolgevano la propria attività lavorativa. Gli edifici destinati alla plebe, le (che potremmo oggi chiamare "caseggiati"), raggiungevano ed erano edificati uno addossato all’altro per risparmiare materiale nella costruzione delle pareti. Molte parti erano in non vi era alcun rispetto delle norme igieniche e, soprattutto, erano privi di canne fumarie: tutti elementi che li rendevano soggetti a crolli e a incendi. Un importante esempio di questo tipo di costruzione è stato rinvenuto negli scavi di Ostia Antica. Questa detta per la presenza nel cortile di una terracotta raffigurante la divinità – risale al II secolo d.C. ed è costituita da una serie di botteghe al piano terra e da un alzato di due piani, dove erano situate le abitazioni. La latrina e la fontana da cui attingere l’acqua erano in comune a tutti i condomini. Le insulae plebei meno abbienti piccoli appartamenti in affìtto in pergulis, insulae altezze notevoli legno, insula – Caseggiato di Diana (31) Caseggiato di Diana, II secolo d.C. Ostia Antica (Roma). 31. › pagina 228 Alla patrizia corrispondeva, fuori dallo spazio urbano, la villa. Molte ville si trovavano all’interno di vaste proprietà rurali; altre erano appena fuori dalle mura cittadine. In un caso o nell’altro, la villa aveva una doppia vocazione: era e del proprietario, il Di conseguenza aveva spesso una dove si svolgevano le attività produttive, e una destinata al riposo e allo svago del proprietario, oltre che all’esibizione del suo status sociale. Nel corso del II secolo a.C. la produzione agricola si orientò essenzialmente verso colture intensive come la vite e l’olivo. Parallelamente, crebbe il gusto per la vita di campagna, da dove il poteva curare direttamente i propri interessi economici o dedicarsi alla cultura o allo svago, le due componenti essenziali dell’ , il tempo dedicato alla vita privata e agli studi. Le ville aristocratiche domus centro della produzione agraria luogo di soggiorno dominus. pars rustica, pars dominica, dominus otium Villa dei Misteri Molte ville di età repubblicana erano costruite in su una una superficie piana realizzata artificialmente e , con lo scopo di garantire la tenuta del terreno. Tale era per esempio la struttura della cosiddetta Villa dei Misteri , situata poco fuori dalle porte di Pompei e risalente, nel suo impianto originario, alla fine del II-inizi del I secolo a.C. Il corpo centrale è una grande costruzione a pianta quadrangolare, con l’accesso dalla parte più elevata. Sullo stesso asse sono posti il vestibolo, il grande peristilio, fulcro dell’intera costruzione, e quindi l’atrio, munito di attorno al quale erano disposti gli ambienti residenziali, compresa la stanza con gli affreschi, il cui soggetto misterico ha dato il nome alla villa ( p. ). Un portico circondava la villa su tre lati e dava sulla , da cui si godeva la vista del mare. La occupava tutto il lato dalla parte dell’ingresso, e quindi della strada. Comprendeva magazzini per gli attrezzi agricoli e ambienti per la produzione del vino, come un grande vano con i torchi e la cella vinaria, dove era conservato il prodotto. posizione dominante basis villae, poggiata su portici a volta (32-33) impluvium, ► 260 terrazza panoramica pars rustica Villa dei Misteri, II-I secolo a.C., esterno. Pompei (Napoli). 32. Villa dei Misteri, II-I secolo a.C., peristilio. Pompei (Napoli). 33. Villa di Settefinestre Tra le ville della tarda età repubblicana va annoverata anche quella di Settefinestre, vicino a Orbetello, nella Toscana meridionale . Fu edificata attorno al 40 a.C., quando le piccole proprietà agricole erano ormai quasi del tutto scomparse in favore di un sistema di ville rustiche basato sull’agricoltura intensiva e sull’uso degli schiavi. Situata su un poggio nell’immediato entroterra della colonia di Cosa, dominava una proprietà che comprendeva 125 ettari di terreno arativo e altrettanti di bosco e pascolo. L’impianto originario prevedeva una netta divisione tra e Ouest’ultima si sviluppava attorno a una , con ambienti destinati ai magazzini, agli alloggi delle maestranze, al ricovero degli attrezzi agricoli e ai processi produttivi: i torchi e il serbatoio vinario connesso alla cantina ne testimoniano la principale attività. Al di là della grande corte si accedeva al nucleo centrale della , leggermente sopraelevata dalla e impostata su un asse centrale con atrio e peristilio. Su due lati correva un portico con e , che si apriva a ovest su un , e verso nord su un secondo giardino con un recinto a torrette, che imitava le mura urbane. Intorno alla fine del I secolo d.C., abbandonata la coltivazione della vite a favore di un ritorno alla cerealicoltura e all’allevamento, la villa perse il proprio carattere di residenza con un incremento degli ambienti destinati alla produzione, a testimonianza di come i proprietari ne affidassero ormai la conduzione a personale subordinato. Gli scavi archeologici attestano l’abbandono definitivo della struttura dalla fine del II secolo d.C., destino comune a molte altre ville rustiche delle campagne italiche. (34) pars dominica pars rustica. grande corte zona residenziale basis villae colonne ioniche mosaici in bianco e nero giardino porticato Disegno ricostruttivo della Villa di Settefinestre, seconda metà del I secolo a.C. Grosseto. 34. › pagina 229 Dal desiderio di godere della vista del mare nacque un’altra tipologia di villa: quella marittima. Sappiamo dalle fonti letterarie che Scipione ne aveva una presso Pozzuoli, mentre Mario, Pompeo e Cesare possedevano ville a Baia, presso Napoli. Sulle e abbondano ancora i resti di queste costruzioni, ma sono presenti un po’ ovunque, anche sulle sponde dei . Talvolta erano dotate di impianti artificiali per allevare i pesci, le cosiddette Le ville marittime e lacustri coste del Lazio della Campania laghi peschiere. Villa dei Papiri La cosiddetta Villa dei Papiri , forse appartenuta a Lucio Calpurnio Pisone, fu una delle prime a essere scavata a Ercolano, alla metà del Settecento. Essa ha restituito moltissimi tesori, tra cui una ricca biblioteca di papiri (alla quale deve il nome), pregiate sculture in marmo e in bronzo, mosaici e affreschi. All’epoca, la villa si trovava ancora sepolta sotto la colata di lava solidificata che ne aveva imprigionato le strutture, ed era raggiungibile solo attraverso una serie di pozzi e cunicoli. Scavi più recenti hanno confermato le ipotesi elaborate nel Settecento circa la sua struttura e la sua pianta e, negli anni Novanta del secolo scorso, si è proceduto a un nuovo scavo a cielo aperto; ancor più recentemente, infine, sono iniziate operazioni volte a risanare la villa dalle infiltrazioni d’acqua proveniente dal terreno. Costruita nel I secolo a.C. su una serie di per una lunghezza di più di 250 metri, la villa si trovava allora lungo la linea di costa a . Era composta da più zone: un grande peristilio rettangolare, al quale, a ovest, si appoggiavano alcune strutture in direzione di un terrazzo che terminava in un belvedere circolare; un corpo centrale formato da atrio, tablino e peristilio; vari ambienti sul lato orientale. (35) terrazze strapiombo sul mare Disegno ricostruttivo della Villa dei Papiri, I secolo a.C. Ercolano (Napoli). 35. Villa di Catullo La cosiddetta Villa di Catullo a Sirmione , chiamata anche " ", è un esempio di villa tardorepubblicana che si inserisce nella categoria delle residenze signorili di tipo chiuso, su (strutture sotterranee di sostegno) anche se presenta analogie con le ville marittime disposte su terrazze. Costruita sulla punta estrema della penisola di Sirmione, sul Lago di Garda – il più importante di tutta l'Italia settentrionale –, la Villa prende il nome dal poeta Catullo (Verona 84 a.C.-Roma 54 a.C.), che trascorse parte della sua vita nella zona e che cantò la città di Sirmione nei suoi versi. Il nome " " deriva invece dall’usanza rinascimentale di definire grotte le rovine sepolte, nelle quali si entrava come in cavità naturali. Il complesso fu edificato alla fine del I secolo a.C., dopo la demolizione di un edificio più antico, su una superficie di più di 2 ettari. L’orientamento e la forma rettangolare, con due avancorpi sui lati brevi, permettevano di godere della vista panoramica verso il lago. I resti oggi visibili si trovano su più livelli e testimoniano l’importante lavoro di progettazione che ha permesso, con sostruzioni e tagli della roccia, di edificare la villa. (36) Grotte di Catullo sostruzioni grotte Villa di Catullo, I secolo a.C.-I secolo d.C. Sirmione (Brescia). 36.