Con Nerone, ultimo discendente diretto della dinastia Giulio-Claudia (i suoi bisnonni materni erano Agrippa e Giulia, figlia di Augusto), questo fenomeno ha un nuovo impulso: basti pensare al Colossus Neronis, una statua bronzea dell’imperatore alta ben 30 metri, fatta erigere nella sua residenza privata. Dopo la sua morte, la statua sarà trasformata nella statua del dio Sole (oggi perduta), dalla quale prende nome il vicino Colosseo.
Questo modo di concepire la natura del potere imperiale è evidente anche nei progetti urbanistici e residenziali di Nerone. Mentre Augusto aveva voluto celebrare la gloria della casa imperiale dando a Roma un aspetto degno della sua potenza e della felicitas (prosperità) dei tempi, aprendo vaste piazze e costruendo nuovi edifici di grande splendore ma, al contempo, utili ai cittadini, Nerone segue invece per il centro di Roma una politica opposta. Anziché realizzare nuovi spazi pubblici, approfitta del grande incendio avvenuto nel 64 d.C. per occupare un enorme terreno nel cuore della città e farvi costruire la propria dimora personale. Sino a quel momento Nerone aveva abitato nella Domus Transitoria (18-19), fatta costruire tra i precedenti palazzi imperiali del Palatino e dell’Esquilino al fine di creare un collegamento tra i vari possedimenti imperiali. Nell’ambito dei lavori di riedificazione della città, che a seguito dell’incendio devono rispettare regole per le altezze, le precauzioni igieniche e le norme di sicurezza degli edifici, Nerone inserisce il grandioso progetto della nuova residenza, nota come Domus Aurea (► pp. 258-259), che si estendeva su un’area di circa 80 ettari tra i colli del Palatino, dell’Oppio e del Celio.