3.  L'ANTICO EGITTO >> L'arte egizia

La scultura

Le statue potevano far parte del corredo funerario (► p. 45) o essere usate per ornare cappelle e templi, assumendo così un valore votivo. Ouest’ultima destinazione riguardava esclusivamente le statue raffiguranti i faraoni o i dignitari di corte, che in genere erano di notevoli dimensioni.
Il materiale maggiormente utilizzato nella statuaria era la pietra. Si conoscono esemplari in pietra tenera come il calcare e in pietra dura come il granito. In Epoca Tarda vengono preferiti lo scisto e la grovacca, che conferiscono, nella resa delle forme, una particolare morbidezza. Sono rare le statue in metallo, mentre quelle in legno, meno costose, erano più diffuse tra i privati cittadini.

Naturalismo e idealizzazione

Secondo gli Egizi, le statue erano in qualche modo animate. Le sculture che raffiguravano le divinità, per esempio, erano quotidianamente lavate e vestite, e in questo modo, si credeva, portate in vita.
Qualcosa di analogo avveniva per le statue che rappresentavano gli esseri umani, purché fossero identificate da un nome. Era infatti l’iscrizione, piuttosto che la resa delle reali sembianze del soggetto, a garantire la corrispondenza della scultura con la persona raffigurata, tanto che sostituire il nome di una statua era sufficiente a darle una nuova identità. Era dunque raro che un artista egizio eseguisse fedelmente il ritratto di un individuo. Uno dei pochi esempi in questo senso è offerto da una statua in legno di sicomoro che si ritiene riproduca in modo fedele le sembianze del sacerdote Kaaper (23), il cui volto è reso in modo realistico anche grazie agli occhi intarsiati in cristallo, che conferiscono allo sguardo particolare vivacità.
Molto più frequente è la tendenza a idealizzare l’aspetto esteriore dell’individuo. La figura umana è resa in modo naturalistico (talvolta uno stesso personaggio è raffigurato con sembianze giovanili e in età più avanzata), ma è sempre presentata frontalmente e secondo un preciso canone delle proporzioni. Si tratta di rapporti matematici (adottati nell’Antico Regno e rimasti in uso fino all’Epoca Tarda) in base ai quali la figura umana rappresentata in piedi deve rientrare in un reticolo di 18 quadrati di altezza per 9 quadrati di larghezza (dove un quadrato corrisponde alla grandezza di un pugno chiuso), mentre nel caso di una figura seduta l’altezza è di 14 quadrati.
Dossier Arte plus - volume 1

Dalla Preistoria all'arte romana

Laura Fenelli, Emanuela Ferretti, Laura Guasti, Claudio Pescio

Treccani Giunti TVP, 2015

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