LA GRECIA ARCAICA >> Le origini dell'arte greca 5. La ceramica in Età arcaica A partire dal VI secolo a.C. la si impone progressivamente sul mercato, raggiungendo un elevato livello tecnico e stilistico e soppiantando la ceramica corinzia. Da questo periodo in poi Atene vanta addirittura un intero quartiere, chiamato appunto e situato nei pressi della necropoli del Dípylon, in cui lavorano centinaia di ceramografi e ceramisti tanto abili da portare la città ai vertici del settore. L’alta qualità e l’originalità raggiunte nella decorazione pittorica dei vasi rendono i ceramisti e i ceramografi consapevoli e orgogliosi del proprio lavoro, tanto che si diffonde ulteriormente la pratica di . Questa pratica ha permesso agli studiosi di individuare le peculiarità e il livello raggiunto dalle varie officine. Il rinvenimento di un’opera firmata, inoltre, può favorire una più rigorosa attribuzione anche delle opere non firmate o di frammenti la cui somiglianza – o dissomiglianza – con l’opera rinvenuta emerga dall’analisi stilistica. L'affermazione della ceramica attica ceramica attica Ceramico firmare le opere La fortuna di questa celebre fase stilistica deriva dall’affermarsi della , in cui sul fondo rosso-arancio della ceramica campeggia la decorazione in nero, mentre i dettagli interni delle figure sono incisi a freddo, con un punteruolo, per far emergere il colore sottostante. Rispetto allo stile Orientalizzante i , sia geometrici sia vegetali, sono relegati in a sottolinearne gli elementi strutturali, come piede, collo e anse; acquista invece sempre più importanza il del vaso, che ospita . Inizialmente tali scene sono disposte ancora in fasce, ma poi saranno incorniciate – come se fossero veri e propri quadri – nei punti più visibili delle varie forme vascolari. Secondo una tendenza già emersa nello stile precedente e ripresa dalle produzioni attiche, i soggetti delle scene figurate sono tratti dal e dalla , che esaltavano valori diffusi nel mondo ellenico e riflettevano l’ideologia delle classi aristocratiche. Le figure nere tecnica a figure nere motivi puramente decorativi parti marginali del vaso corpo scene figurate mito tradizione epica › pagina 77 Vaso François Una delle opere di maggior valore artistico di questo periodo è il grande (alti manici che terminano a ricciolo) datato intorno al 570 a.C. e detto , dal nome dell’archeologo che lo rinvenne in una tomba etrusca a Chiusi. Sul vaso compaiono le firme del ceramografo e del ceramista , così come i nomi dei personaggi raffigurati nelle fasce, decorate con scene tratte da (la caccia al cinghiale Calidonio, il corteo funebre in onore di Patroclo, la Centauromachia, l’agguato di Achille a Troilo, le nozze di Peleo e Teti, le imprese di Teseo, la lotta tra gru e Pigmei). cratere attico con anse a volute Vaso François (9) Kleitias Ergotimos episodi epici e mitologici , , 570 a.C. ca., ceramica attica a figure nere, h 66 cm. Firenze, Museo Archeologico (da Chiusi). 9. Ergotimos e Kleitias Vaso François Kýlix attica di Exechias La tecnica a figure nere raggiunge però il suo apice con il pittore Exechias (550-525 a.C.), che con una raffinata incisione dei particolari nel panneggio degli abiti, nella capigliatura e nelle armi rende le sue decorazioni estremamente preziose. Basti pensare all’interno della coppa conservata a Monaco ( 10 in cui il pittore racchiude uno dei temi legati a ) Dioniso . Il dio, dalla veste stellata, è disteso sulla sua nave. Alcuni pirati che avevano tentato di catturarlo, ma erano stati spaventati dalla prodigiosa crescita di tralci di vite intorno all’albero maestro, si sono gettati in acqua e, trasformati in delfini, nuotano nel mare intorno all’imbarcazione. , , 540 a.C. ca., ceramica attica a figure nere, Ø 30,5 cm. Monaco, Staatliche Antikensammlungen. 10. Exechias Kýlix attica FOCUS DUE COLORI DA UNA STESSA VERNICE Le figure nere e le figure rosse erano il risultato di più stesure della stessa vernice (ottenuta dalla diluizione dell'argilla) che, combinate a diverse fasi di cottura, permettevano di ottenere il rosso e il nero. La verniciatura preliminare e la prima cottura Dopo essere stato fatto essiccare, il vaso veniva sottoposto a una verniciatura preliminare con argilla diluita. Si procedeva quindi con una prima cottura, che conferiva al vaso un'uniforme colorazione rossa, dovuta al fatto che il ferro contenuto nell'argilla, combinandosi con l'ossigeno, si trasforma in ossido di ferro, di colore rosso. La realizzazione delle figure e la seconda cottura A questo punto si realizzavano le decorazioni. Nel caso della tecnica a figure nere, il pittore tracciava dapprima i contorni della figura, poi stendeva il colore all'interno di essa; i particolari erano realizzati successivamente, a freddo, con un utensile appuntito che faceva emergere il colore sottostante. Nella tecnica a figure rosse, invece, dopo aver tracciato i contorni, il nuovo strato di colore veniva steso solo all'esterno delle figure, mentre i particolari interni erano realizzati con un pennello. La seconda cottura avveniva in tre fasi. Nella prima fase il camino della fornace era aperto, e tutta la superficie del vaso assumeva la colorazione rossa. In una seconda fase, il camino veniva chiuso: l'aria si arricchiva di ossido di carbonio, riducendo l'ossigeno nell'argilla. La vernice diventava così nera. Quando, nella fase finale, il camino veniva riaperto, l'aria si arricchiva nuovamente di ossigeno, riportando la vernice a una colorazione rossa. Queste reazioni chimiche dipendevano però dal tempo di cottura. Dove la vernice era più spessa, infatti, il processo chimico di ossidazione richiedeva più tempo. Ora, dal momento che nella tecnica a figure nere il ceramografo stendeva un secondo strato di colore (oltre a quello preliminare) solo all'interno delle figure, soltanto queste rimanevano nere nell'ultima fase di cottura, mentre tutto il resto della superficie, ricoperta da uno strato più sottile di vernice, tornava alla colorazione rossa originaria. Nella tecnica a figure rosse accadeva il contrario. Solo la parte esterna ai contorni e i dettagli interni resi con il pennello erano stati dipinti due volte e dunque solo questi rimanevano neri, mentre le figure, risparmiate dalla seconda stesura, tornavano rosse. Tecnica a figure nere. Tecnica a figure rosse. › pagina 78 Intorno al 530 a.C. viene introdotta ad Atene la nuova , in cui le immagini sono , cioè non coperte ("risparmiate", appunto) dalla vernice nera stesa sulla restante superficie del vaso. I particolari non sono più realizzati con un punteruolo, come avveniva per la tecnica precedente, ma resi con il pennello, che permette di dipingere, sul fondo rosso risparmiato, linee più o meno spesse. L’effetto disegnativo e piatto prodotto dall’incisione viene così meno; inoltre, il rosso evita l’artificiosità delle figure scure, che producono un effetto simile a quello di un’immagine in negativo. La figura in rosso si stacca maggiormente dal fondo, acquistando forma e peso e conferendo alle scene rappresentate plasticità e profondità. Le figure rosse tecnica a figure rosse rese a risparmio Cratere a calice di Euphronios Tra le opere che raggiunsero il più alto livello artistico si collocano le produzioni di , ceramografo e ceramista attivo tra il 525 e il 500 a.C., celebre soprattutto per le decorazioni su grandi crateri con anse a volute o a colonnette (anse verticali che poggiano sulla spalla e sono unite alla bocca del vaso). Una di queste decorazioni è realizzata su un (cioè dotato di un collo alto e svasato) proveniente da Cerveteri e datato al 520-510 a.C. . Essa rappresenta la e dimostra la maturità di uno stile ormai lontano dalla rigidità delle figure nere. Eracle, eroe della grecità per antonomasia e vincitore con le celebri "fatiche" delle forze mostruose della natura, è raffigurato con la barba nera e la capigliatura ordinatamente raccolta in riccioli, mentre Anteo ha barba e capelli più chiari dalla forma ispida e incolta. Il gigante è immortale, ma solo finché è a contatto con sua madre, la Terra; Eracle l’afferra e, ruotando su se stesso, sta per rovesciarlo verso l’alto. È evidente la , che Euphronios ha studiato con attenzione, e soprattutto la . La decorazione trasmette con efficacia il messaggio implicito al racconto mitico, ossia la contrapposizione tra la razionalità dell’uomo e la forza selvaggia e irrazionale del mostro. Euphronios cratere a calice (11) lotta tra Eracle e il gigante Anteo precisione della resa anatomica dei corpi tensione drammatica della lotta , , 520-510 a.C., ceramica a figure rosse, h 46 cm. Parigi, Museo del Louvre. 11. Euphronios Cratere a calice Kýlix di Sosias L’uso dello (la rappresentazione di una figura su un piano obliquo rispetto al punto di osservazione) è ormai completamente acquisito nella firmata dal pittore (500 a.C. circa) , dipinta sul fondo con una scena che vede protagonisti due eroi omerici, e , colti però in un atteggiamento non eroico: la cura di una ferita. La difficoltà di rendere la posizione dei due in uno è risolta con ed eccellente abilità tecnica. La scena raggiunge inoltre una : infatti, mentre Achille è intento a bendare il braccio del compagno, Patroclo distoglie lo sguardo con una smorfia di dolore. In questo caso la (e non più frontali come voleva la tradizione greca) accentua l’espressività dei personaggi. scorcio kýlix Sosias (12) Achille Patroclo spazio rotondo naturalezza grande intensità psicologica rappresentazione degli occhi di profilo , , 500 a.C., ceramica a figure rosse, Ø 32 cm. Berlino, Musei Statali, Antikensammlung. 12. Sosias Kýlix