Wiligelmo e le storie della Genesi del Duomo di Modena
Rimangono ancora oggi enigmatiche le origini di Wiligelmo, considerato il più grande scultore romanico del territorio italiano, attivo nel Duomo di Modena tra la fine dell’XI secolo e gli inizi del XII. Un suo elogio compare nelle ultime righe di un’iscrizione (95) sorretta dai rilievi dei due profeti Enoc ed Elia e posta sulla facciata della cattedrale a commemorare la decorazione dell’edificio: «Di quanto onore tu sia degno fra gli scultori, Wiligelmo, risulta ora chiaro grazie alla tua scultura». Si discute se l’iniziale del nome sia una V, nel qual caso l’artista si chiamerebbe Vuiligelmus, o se invece sia una W: in questo caso il nome sarebbe Wiligelmus, a conferma di un’origine nordica, ipotizzata ma non documentata. Non si sa neppure con certezza chi (e quando) abbia aggiunto queste righe all’iscrizione e se si possano ritenere una "firma" autografa. Certo è che fra gli artefici della sua epoca Wiligelmo merita pienamente questa lode e l’attribuzione della qualifica di sculptor, usata assai meno di frequente rispetto al più generico appellativo di artifex. L’ipotesi più verosimile è che lo stesso Wiligelmo abbia preparato la lastra e scolpito le figure, mentre altri abbiano scritto la data di fondazione e, forse in un secondo momento, il suo elogio.L’opera più significativa e famosa di Wiligelmo sono quattro lastre orizzontali sulla facciata del duomo (in origine in una posizione più bassa rispetto a quella attuale), note come Lastre della Genesi. Le quattro lastre si leggono da sinistra verso destra e con ogni probabilità erano in origine tutte collocate alla stessa altezza: l’attuale disallineamento deriva forse dall’apertura, nel corso del XIII secolo, dei due portali minori.
Il vigoroso pathos della narrazione sembra rievocare, come alcuni studiosi propongono, un testo assai diffuso all’epoca, un dramma liturgico intitolato Jeu d’Adam. Le storie dell’Antico Testamento prefigurano la venuta di Cristo e il suo sacrificio per la salvezza dell’umanità. La narrazione di Wiligelmo, che si caratterizza per un’acuta immediatezza e va letta come una successione di eventi senza cesure, inizia dalla storia dei progenitori. La prima lastra (96) raffigura gli episodi dalla Creazione di Adamo, il cui corpo massiccio e pesante sembra emergere da un lungo sonno, alla Nascita di Eva dalla costola del compagno addormentato, fino al Peccato originale, con la coppia raffigurata mentre mangia il frutto dell’albero proibito. Adamo è qui rappresentato con un’espressione insieme ingorda e turbata come se, in quell’esatto momento, si fosse reso conto del peccato commesso. Eva, che nella scena precedente, a conferma del suo originario stato di innocenza, è del tutto priva di sensualità, presenta qui un seno rigoglioso e si copre il pube nudo, come fa anche il compagno.
La vicenda prosegue nella seconda lastra (97), con il Creatore che rimprovera Adamo ed Eva e un angelo che li caccia dal Paradiso. I due si allontanano a testa bassa, con la mano che sostiene il volto in un gesto di disperazione, e sono condannati a una vita di lavoro: nell’ultima scena, coperti da pesanti abiti, zappano con fatica la terra intorno a un albero, riscattandosi dalla colpa con il duro lavoro nei campi.
Le storie continuano poi con le vicende di Caino e Abele (98). I due fratelli portano sacrifici a Dio, raffigurato in maestà: mentre Abele offre un agnello, Caino porta delle spighe, ma copre le sue mani con un panno, a simboleggiare la sua doppiezza e falsità. Nella scena successiva è proprio Caino a uccidere il fratello con una clava; accanto, Dio lo rimprovera aspramente.
Nell’ultima lastra (99), Lamec uccide Caino: l’uomo moribondo si aggrappa inutilmente a un albero. Seguono gli episodi del viaggio di Noè durante il Diluvio, raffigurato sull’Arca con la moglie, e poi dei tre figli che si muovono guidati dal padre.
Non esistono paesaggi né ambientazioni, se non un masso su cui giace Adamo nella Creazione di Eva e tre alberi nelle diverse lastre. La mancanza di riferimenti naturali fa risaltare con vivacità le scene sacre e il loro nucleo narrativo e drammatico, destinato a imprimersi con chiarezza nella memoria del fedele: al centro del mondo di Wiligelmo c’è il conflitto tra l’uomo e la natura, la lotta contro il male, il peccato e il vizio; così, grazie a questi rilievi, l’ingresso nel duomo viene a rappresentare simbolicamente la via verso la salvezza tramite lo sforzo umano. I modelli classici, il cui richiamo è evidente nell’uso dei panneggi a pieghe regolari o nella figura di Adamo addormentato che incrocia elegantemente le gambe, sono riadattati da Wiligelmo alla luce del messaggio cristiano.
La narrazione è unificata solo da una successione di archetti che sovrastano le figure e talvolta si prolungano in colonnine sormontate da capitelli. La finta architettura dei bassorilievi copia così la vera architettura della facciata del duomo e le logge ideate da Lanfranco.