Giotteschi e non giotteschi
Il XIV secolo è uno dei più ricchi della storia dell’arte italiana. Il rinnovamento operato dall’attività di Giotto è uno stimolo per gran parte dei pittori del tempo. La sua lezione è accolta in modo diverso nelle varie città, tanto da dare forma alle peculiarità stilistiche definite tradizionalmente come "scuole locali". Nei centri più segnati dalla presenza di Giotto, Firenze e Assisi, la lezione del maestro viene imitata, ma talvolta anche messa in discussione da artisti che accentuano gli aspetti espressivi e presentano un minor rigore compositivo e spaziale. Taddeo Gaddi (Firenze 1290 ca.-1366) è ritenuto il seguace più fedele di Giotto, nella cui bottega rimase, secondo la tradizione, per ventiquattro anni. Nei suoi dipinti ritroviamo la solidità spaziale del maestro e personaggi simili a quelli degli affreschi della Cappella Bardi di Santa Croce, a Firenze, ma anche soluzioni originali. Il suo Annuncio ai pastori (117) della Cappella Baroncelli, sempre in Santa Croce, è considerato la prima scena notturna della pittura italiana. In esso Taddeo aggiunge all’eredità del maestro una diversa attenzione per l’ambiente naturale. Questa e altre sue composizioni saranno molto imitate dai pittori fiorentini fino all’inizio del Quattrocento.Maso di Banco (documentato tra il 1341 e il 1346) si distingue per la monumentalità delle sue composizioni. Nel Miracolo di san Silvestro (119) della Cappella dei Confessori (o Bardi di Vernio), ambientato tra le rovine del foro romano, la figura solenne del papa, ripetuta in due differenti episodi, scandisce il ritmo della scena. Tipica di Maso è anche la gamma cromatica chiara e luminosa. Le scelte di Maso si inseriscono in un filone che, sulla base di una frase di Vasari, è stato chiamato del «dipingere dolcissimo e tanto unito». Scelte analoghe sono quelle di Puccio Capanna, originario di Assisi, dove si trovano gran parte delle sue opere. Puccio utilizza una spazialità di matrice giottesca, nutrita da una spiccata sensibilità cromatica che giunge in qualche caso ad ammorbidire le linee di contorno. Il Martirio di san Stanislao (118) – un vescovo polacco perseguitato da un re di cui combatteva la condotta immorale – nella cantoria della Basilica inferiore di San Francesco è una scena animata e drammatica in cui tuttavia prevale una certa eleganza pittorica; la solida forma di radice giottesca è però costruita prevalentemente con ampie stesure di colore.
Nelle opere del Maestro di Figline, grande oppositore di Giotto attivo a Firenze e ad Assisi, si notano l’indifferenza per la costruzione razionale dello spazio e una grande intensità espressiva. Il nome convenzionale del pittore deriva da una pala con Madonna e santi (120) conservata nella collegiata di Figline Valdarno, la cui preziosa gamma cromatica esalta le soluzioni iconografiche e decorative inconsuete.