IL ROMANICO >> L’arte romanica 2. La scultura romanica Per tutto il periodo altomedievale la scultura, come abbiamo avuto modo di vedere, si era limitata al bassissimo rilievo, a imitazione delle arti suntuarie e spesso con scopi puramente decorativi. Nell’arte romanica, essa acquista nuovamente un ruolo di primo piano e un prestigio testimoniato anche dal fatto che alcuni dei suoi maestri non sono più anonimi artigiani e appongono la firma sulle proprie opere. Tale importanza dipende dal nuovo rapporto che la scultura sviluppa con l’architettura sacra, dando vita a nuove soluzioni, come i , i sorretti da figure di animali o i scolpiti. La scultura, inoltre, non è più solo un riempitivo ornamentale ma, potendo occupare ogni spazio ed elemento della chiesa, assume il compito fondamentale di trasmettere all’osservatore i . Accanto a tutto il repertorio tardoantico di motivi geometrici e vegetali, ricompaiono infatti sia la , fondamentale per la narrazione delle storie sacre, sia il in tutta la sua ricchezza e varietà. Queste figurazioni, soprattutto quelle più fantasiose e mostruose, servivano a illustrare il mondo tormentato dalle tentazioni del maligno, ma non mancavano di attirare critiche, perché, secondo alcuni interpreti, distoglievano i fedeli dall’ascolto e dalla meditazione sulla parola sacra. Scrive Bernardo di Chiaravalle nel 1124: «Che vengono a fare sotto gli occhi dei monaci che leggono, quei mostri ridicoli, quelle bizzarre deformi bellezze e quelle mirabili difformità? Che significano quelle sordide scimmie, quei feroci leoni, quegli strani centauri che sono uomini solo per metà, quelle tigri coperte di strisce, quei cavalieri che si battono, quei cacciatori che si sfiatano nei corni? Qui si vedono corpi sotto una sola testa e là teste sopra un unico corpo. Qui c’è una bestia quadrupede con una coda di serpente; là un pesce con la testa di bestia». Il nuovo rapporto tra scultura e architettura portali istoriati protiri pulpiti messaggi dell’insegnamento cristiano figura umana mondo animale Una chiesa romanica può presentare una facciata coperta di rilievi puramente ornamentali, magari con qualche animale simbolico come nell’Abbazia di Pomposa, o con tarsie come nella Basilica di San Miniato al Monte, a Firenze. In altri casi, invece, la superficie appare totalmente rivestita di rilievi legati a temi del Vecchio o del Nuovo Testamento, con una varietà e una ricchezza di soluzioni tali da rendere la , come nella Chiesa di Notre-Dame la Grande di Poitiers. È tipico dell’arte romanica il , che vedrà poi il massimo sviluppo nell’arte gotica. Sopra il vano di accesso, almeno in Francia e in Italia, può trovarsi anche una un . La soluzione più frequente resta comunque quella del portale con che arrivano a riempire tutta la superficie disponibile. L’ (la "paura del vuoto") propria della mentalità medievale, che si manifesta nella necessità di riempire ogni spazio disponibile, si ritrova nella chiesa abbaziale di , in Spagna: non solo il portale è decorato negli stipiti e negli archivolti, ma tutte le fasce laterali presentano rilievi organizzati in vari registri, secondo un preciso programma iconografico. In alcune regioni della Francia, soprattutto nelle grandi chiese-santuario sulle vie di pellegrinaggio, come la , si afferma la tipologia del portale istoriato con lunetta o timpano, architrave e che, come si è visto nella Cattedrale di Santiago, suddivide in due il vano di accesso alla chiesa, spesso con una figura sacra scolpita ad altorilievo. Da qui si svilupperà la tipologia della statua-colonna, caratteristica dell’età gotica. L' horror vacui facciata quasi priva di spazi vuoti portale istoriato lunetta oppure timpano ornati di sculture strombature laterali ornate da figure a bassorilievo horror vacui Santa Maria di Ripoll (82) Chiesa della Madeleine di Vézelay (83) trumeau Chiesa abbaziale di Santa Maria, rilievi della facciata, XII secolo. Ripoll (Spagna). 82. Chiesa della Madeleine, portale centrale del nartece con , lunetta e architrave scolpiti, 1104-1138 ca. Vézelay (Francia). 83. trumeau › pagina 96 La decorazione all’esterno delle chiese, su facciate, portali, architravi, lunette, stipiti, come anche all’interno dell’edificio, soprattutto sui capitelli ma anche in altri arredi, aveva il ruolo fondamentale di illustrare ai fedeli illetterati i grandi , compito che svolgevano anche, come si vedrà, le pitture murali e i mosaici. Fulcro di tutte le decorazioni era sempre il , insieme giudice implacabile e salvatore dell’umanità, la , mediatrice tra Dio e i fedeli, e i , attenti ai bisogni quotidiani dei cristiani. Alle immagini legate alle aspettative ultraterrene dei fedeli, si affiancavano episodi legati al e al , come il , in cui l’anno era scandito dalle attività dell’agricoltura e dell’allevamento di ciascuna stagione: in queste figurazioni, ben comprensibili dagli osservatori per la loro immediatezza, scorreva tutto il mondo materiale dell’uomo medievale, dalla fatica quotidiana del suo lavoro alla ricchezza delle sue occupazioni. I motivi: la vita del fedele, il lavoro dell'uomo temi della spiritualità e della religione cristiana Cristo (84) Vergine santi lavoro dell’uomo trascorrere del tempo Ciclo dei Mesi (85) , , 1196-1216. Parma, Battistero. 84. Benedetto Antelami Portale del Redentore o del Giudizio , , 1220-1230, pietra. Ferrara, Museo della Cattedrale. 85. Maestro dei Mesi di Ferrara Il mese di Settembre › pagina 97 Le chiese romaniche erano dotate degli indispensabili , spesso realizzati con cura e raffinatezza. A parte le acquasantiere, situate all’ingresso, questi arredi si trovavano in genere nelle zone destinate alla liturgia, in fondo alla chiesa. A partire dall’Alto Medioevo, lastre e plutei scolpiti a bassorilievo si trasformarono gradualmente fino a formare veri e propri e situati al termine della navata, verso il presbiterio. Questi arredi complessi e di grandi dimensioni, connessi alle strutture architettoniche e oggi conservati quasi esclusivamente in frammenti, erano composti da pannelli e transenne scolpite. Nel campo degli arredi destinati al vescovo o a chi era preposto alla lettura dei testi sacri, spiccano per qualità e quantità le (o ) della Puglia e i prodotti in diverse regioni italiane. Nel XII secolo la cattedra episcopale, in uso dall’Alto Medioevo, vede la diffusione nell’Italia meridionale della tipologia decorata con elefanti, come nella Cattedrale di San Sabino a Canosa di Puglia , o da telamoni, sculture maschili che sostengono il trono su cui sedeva il vescovo. Una stessa chiesa spesso conteneva più di un pulpito, in modo che essi fossero utilizzati alternativamente per la lettura delle epistole (le lettere degli apostoli) o dei Vangeli: addossati o meno alla parete, questi arredi, detti anche , erano costituiti da una struttura a cassa quadrata o allungata, sorretti da colonne più o meno elaborate e dotati di una scala, come quello della Cattedrale di San Sabino . Spesso erano decorati anche gli , i e i , alti supporti a colonna (in bronzo, marmo o pietra) che servivano per sostenere il grande cero che si accendeva la notte di Pasqua, a simboleggiare la resurrezione di Cristo che sconfigge le tenebre della morte. Ne è un eccellente esempio quello realizzato da Nicola D’Angelo e Pietro Vassalletto per la Basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma in otto registri sovrapposti, come nelle colonne trionfali romane, si snoda la storia della vittoria di Cristo sulle forze del male, tra le chimere demoniache della base e la scena di resurrezione in alto. Gli arredi delle chiese arredi per i servizi liturgici recinti presbiteriali pontili cattedre troni vescovili pulpiti (86) amboni (87) altari fonti battesimali candelabri pasquali (88): , 1090 ca., marmo, h 200 cm (sedile), 143x59 cm (braccioli). Canosa di Puglia, Cattedrale di San Sabino. 86. Romualdo (?) Cattedra vescovile, , , prima metà dell'XI secolo, marmo. Canosa di Puglia, Cattedrale di San Sabino. 87. Acceptus Ambone , , fine del XII-inizi del XIII secolo, marmo, h 5,6 m. Roma, Basilica di San Paolo fuori le mura. 88. Nicola D'Angelo e Pietro Vassalletto Candelabro pasquale › pagina 98 Lo slancio creativo più imponente è quello degli anonimi lapicidi o scalpellini e degli scultori di cui si è conservato il nome (finora ne sono noti una quarantina in tutto l’Occidente cristiano). Non basterebbe un volume intero per dare un quadro completo dell’immenso patrimonio costituito dai di epoca romanica, ancora in gran parte conservati nel luogo originario. La creatività e la fantasia di questi maestri si è manifestata in molte maniere, attraverso l’impiego della pietra, del marmo e talvolta dello stucco o dell’alabastro, a bassorilievo e altorilievo. Fra i più grandi, si ricorda , che si firma su un altare in marmo dei Pirenei ed è attivo a Tolosa attorno al 1096. II suo inscritto in una mandorla (simbolo della gloria divina che si irradia dalla figura del Cristo), colpisce per il senso plastico dei volumi, che offre un timido effetto di profondità dello spazio. , attivo nella Cattedrale di Autun, in Borgogna, attorno al 1130, è invece celebre per una figura di distesa in un’insolita posizione, che l’artista ripropone anche su un capitello della stessa chiesa con L’angelo dal vago sorriso sembra davvero voler proteggere i Magi che riposano sotto la medesima coperta – invenzione assai efficace –, e con un lieve tocco ne sveglia uno, il primo, che apre gli occhi mentre gli altri ancora dormono. I rilievi scolpiti rilievi Bernardo Gilduino Cristo in maestà (89), Gisleberto Eva (90) II risveglio dei Magi (91). , , 1096, marmo di Saint-Béat. Tolosa, Basilica di Saint-Sernin. 89. Bernardo Gilduino Cristo in maestà , , 1130 ca., calcare, 72x131 cm. Autun, Musée Rolin (dal braccio destro del transetto della Cattedrale di Saint-Lazare). 90. Gisleberto Eva , , 1130 ca., pietra. Autun, Museo della Sala Capitolare (da un pilastro della crociera della Cattedrale di Saint-Lazare). 91. Gisleberto Il risveglio dei Magi › pagina 99 Il più antico testo medievale di tecniche artistiche e artigianali, il ( ), attribuito a un monaco tedesco noto come Teofilo, vissuto agli inizi del XII secolo. Grazie a questo trattato conosciamo non solo le tecniche usate all’epoca per la pittura murale, su tavola o su pergamena, per le vetrate e l’oreficeria e per i metalli in genere, ma anche l’enorme diffusione di queste opere; si sa inoltre che esistevano officine separate per i carpentieri (coloro che lavoravano il legno), talvolta associati ai muratori. A causa della loro deperibilità, poco è rimasto degli oggetti in legno, che consistevano in gran parte in come leggii, crocifissi e a tutto tondo. La lignea ritrovata nei pressi di Fiuggi , decorata con vetri e pietre preziose, è datata tra il XII e l’inizio del XIII secolo e serviva probabilmente per contenere reliquie: ha un aspetto severo e quasi bidimensionale, secondo un modello bizantino, ma il Bambino, in atto di benedire, movimenta con il suo gesto e la sua posizione tutto l’insieme. In Germania e in Catalogna si sviluppò invece un tipo di Crocifisso ispirato al cosiddetto di Lucca , che secondo la leggenda sarebbe stato scolpito in legno di cedro del Libano da Nicodemo, discepolo di Gesù. Un esempio di questa tipologia è il Cristo in croce detto , in cui il Cristo sulla croce è raffigurato vivo, con gli occhi aperti, il volto incorniciato dalla barba e da lunghi capelli scuri e il corpo vestito da una tunica a pieghe regolari. La scultura lignea De diversis artibiis Le varie arti è arredi liturgici Madonne col Bambino Madonna (92) Volto Santo (93) Maestà Batlló (94) , , XII-inizi del XIII secolo, legno dipinto e dorato, vetro e pietre preziose, h 109 cm. Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. 92. Maestro dell'Italia centrale Madonna con Bambino , XI-XII secolo, legno dipinto, h 245 cm. Lucca, Duomo. 93. Volto Santo (noto anche come ), metà del XII secolo, legno dipinto, 156x119,5 cm. Barcellona, Museu Nacional d'Art de Catalunya. 94. Cristo in croce Maestà Batlló