IL CINQUECENTO  2.  L'avvio del secolo tra Venezia e Firenze Nell’Italia del primo Cinquecento due centri più di altri manifestano specificità di indirizzi, di espressività e di stile che andranno sempre più definendosi nel prosieguo del secolo: e rappresentano due modi di sentire l’arte che, pur con reciproche influenze e intersezioni, declinano due universi concettuali diversi. Attraverso il colore e la pittura pura, che sono resi vibranti dai colpi di luce, e trasmettono la stupefatta meraviglia davanti allo spettacolo naturale, la vitalità del paesaggio, l’intrigante mistero del mito, l’appassionata devozione religiosa o ancora l’intima e raffinata dimensione domestica. La commozione suscitata dall’ammirazione del creato informa le opere degli artisti veneti (di formazione o di ascendenza culturale), con uno spirito che non nega gli aspetti più realistici e crudi del mondo visibile e che al contempo si misura attentamente con la resa psicologica delle figure, anche nei ritratti più ufficiali. Degno di rilievo è l’atteggiamento con cui sono esplorati, con mente libera e aperta, anche i versanti più favolistici, giocosi e rasserenanti dei soggetti artistici, sia storici sia mitologici. Le prospettive si aprono vertiginosamente e tutta la tavolozza viene utilizzata per accentuare gli effetti atmosferici e la resa realistica degli oggetti e dei corpi che, soprattutto nel caso di figure femminili, sono delineati accentuando la grazia e la sensuale perfezione. Firenze, segnata profondamente dagli anni di severa austerità imposta dal (1494-1498), si apre al nuovo secolo quasi con circospezione: il disegno e la prospettiva centrale – visualizzata da solidi telai architettonici – sono i cardini della pittura di . Le sue opere, inoltre, sono caratterizzate da un pacato spirito di osservazione, che si accompagna alla resa aggraziata del dato naturale. La ricezione del misurato classicismo raffaellesco e del plasticismo michelangiolesco permette all’artista di superare la lezione quattrocentesca dei maestri fiorentini; anche grazie alla riflessione sull’opera di Leonardo, il portato della tradizione precedente è rinnovato in una dimensione coloristica che, attraverso il chiaroscuro, valorizza la monumentalità della figura umana. , che condivide parte di questi orientamenti, si mostra più sensibile alle novità del linguaggio del Raffaello romano e alle contaminazioni con la dimensione concettuale della scultura. Le sue opere, pur sempre condotte con senso della misura e rigoroso controllo della composizione in virtù della piena padronanza del disegno, sembrano animarsi grazie a un uso sapiente del colore e della luce, che conferisce vibrante realismo alla rappresentazione sia essa profana o religiosa. Firenze Venezia Giorgione Tiziano governo savonaroliano Fra’ Bartolomeo Andrea del Sarto , , 1527 ca., olio su tavola, 182x95 cm. Milano, Pinacoteca di Brera. Dosso Dossi San Sebastiano ,   1523, affresco, 192x103 cm. Firenze, Chiostro dello Scalzo.  Andrea del Sarto Speranza, ,   olio su tavola, 218x194,5 cm. Firenze, Convento di San Marco.  Giovanni Antonio Sogliani Madonna della cintola,