IL CINQUECENTO  2.  Culture e forme della "maniera" Nello sviluppo della complessa vicenda artistica del Cinquecento, addentrandosi negli anni centrali del secolo si osserva l’affermarsi di personalità e stili diversi, ovvero di singolari , nel senso di forme espressive animate da concetti e princìpi diversificati. Il confronto con i "grandi" – Leonardo, Bramante, Raffaello e Michelangelo – innesca rapporti complessi, ora dialogici, ora dialettici ma sempre frutto di uno studio ravvicinato e approfondito della loro arte. Gli artisti che nella Roma di Giulio II e Leone X collaborano direttamente con Raffaello sviluppano, in modo diverso, alcune specificità della grande eredità del maestro. Il classicismo di Sanzio viene esasperato da che áncora all’Antico, e a Vitruvio in particolare, il suo approccio operativo all’architettura. e colgono alcuni aspetti peculiari della lezione raffaellesca: la capacità narrativa, la teatralità nella composizione delle scene o la ricerca di una bellezza aggraziata e armonica; questi elementi sono arricchiti da proficue intersezioni con l’opera di Michelangelo, nel senso di una maggiore espressività affidata ai gesti e alla figura umana nel suo complesso. Una strada distante da quella di Raffaello è percorsa nella Roma pontificia da , che giunge a esiti originali instaurando uno stretto legame da un lato con Michelangelo e dall’altro con la sensibilità per il colore di matrice veneta.  "maniere" Antonio da Sangallo il Giovane Perin del Vaga Giulio Romano Sebastiano del Piombo L’itinerario che e compiono nei primi decenni del Cinquecento è tutt’altro che lineare e particolarmente originale. Un tema centrale e caratteristico dell’operosità di questi artisti che vivono e lavorano negli anni a cavallo del Sacco di Roma (1527) è la reazione al classicismo di matrice raffaellesca che produce orientamenti ben precisi, definiti dagli studiosi "sperimentalismo anticlassico". Si tratta di un percorso artistico che si alimenta degli esiti eccentrici, grotteschi, caricaturali, anti-naturalistici di un filone ben preciso dell’arte medievale e quattrocentesca, o di quel versante del classicismo che esalta la componente dionisiaca, irrazionale, iper-decorativa. Questo atteggiamento si riconosce, infatti, in alcune opere di Rosso e Pontormo: la loro attività, tuttavia, non si risolve tutta in questo orizzonte concettuale e presenta una complessità che non può essere racchiusa in una etichetta storiografica. D’altra parte un raffinato naturalismo e una peculiare sensibilità per la grazia e la bellezza attraversano le loro opere con risultati difficilmente schematizzabili e che vanno colti e analizzati caso per caso. Rosso Pontormo ,   1524, olio su tavola, Ø 24 cm. Vienna, Kunsthistorisches Museum.  Parmigianino Autoritratto allo specchio, , , 1525 ca., olio su tavola, 133x104 cm. Boston, Museum of Fine Arts Museum. Rosso Fiorentino Cristo morto con angeli