7.4 I LONGOBARDI IN ITALIA La debolezza bizantina favorì l’arrivo in Italia dei Longobardi, che fondarono un nuovo regno e assoggettarono duramente la popolazione locale. La conquista della penisola La situazione economica e finanziaria dell’impero d’Oriente, messa a dura prova dalle spese sostenute per la guerra di riconquista dell’Occidente, fu aggravata dalla diffusione di gravi , che coinvolsero Costantinopoli verso la metà del VI secolo e, attraverso gli scambi commerciali, colpirono progressivamente tutte le regioni che si affacciavano sul Mediterraneo. La debolezza dell’impero ebbe conseguenze anche in , dove i Bizantini non furono in grado di arginare la penetrazione di una popolazione di origine germanica giunta da est, i . epidemie di peste Italia Longobardi L’interno della basilica di San Salvatore, a Brescia, fondata dal re longobardo Desiderio. L’arrivo dei Longobardi Di lontana origine scandinava, i Longobardi si erano stanziati nei pressi dell’attuale città di Amburgo forse nel V secolo d.C. Qui si era formata la loro identità di popolo germanico, anche in conseguenza dell’adozione del culto magico-guerriero di Wotan, il dio “dalla lunga barba”, da cui deriva il nome Longobardi (i “lungabarba”). In seguito si erano stabiliti in Pannonia, da dove provenivano quando giunsero in Italia. I Longobardi erano tradizionalmente organizzati in , gruppi di famiglie nomadi indipendenti e guidate dalla nobiltà guerriera dei (come vennero chiamati con il termine latino , “comandante”). A differenza degli Ostrogoti, non avevano avuto contatti con la civiltà romana nei secoli precedenti, ma tra il V e il VI secolo avevano stretto un’alleanza con l’impero d’Oriente, garantendosi il controllo dei territori danubiani in cui si erano insediati. Nella seconda metà del VI secolo, tuttavia, l’avanzata degli , una popolazione nomade proveniente dall’Asia centrale, li costrinse a spostarsi verso ovest. È probabile che la loro migrazione fosse stata sollecitata dai Bizantini stessi, che avevano interesse a spingere i Longobardi verso l’Europa centrale nella speranza di frenare l’espansione territoriale dei Franchi. Nella loro avanzata, i Longobardi varcarono però le Alpi orientali e, nel 569, penetrarono in Italia sotto la guida del re . Occupate le regioni settentrionali e conquistata, dopo un lungo assedio, la città di (572), essi estesero i propri domini anche in buona parte dell’Italia centrale e meridionale, che fu suddivisa in ducati affidati all’autonomia dei vari duchi. Il dominio longobardo in Italia fu a lungo caratterizzato, infatti, dalla . Dopo la morte del successore di Alboino, Clefi, iniziò addirittura un periodo di (574-584), durante il quale i vari duchi, che guidavano la trentina di fare in cui era suddivisa la popolazione, acquisirono una totale indipendenza. fare duchi dux Àvari Alboino Pavia frammentazione politica anarchia   › pagina 121    La frammentazione del territorio Il periodo dell’anarchia terminò nel , con la nomina del re (584-590 d.C.). Tuttavia, sebbene i duchi riconoscessero il sovrano come loro guida, il re rimaneva sottoposto al controllo della nobiltà guerriera e alle decisioni della sua assemblea. Alla fine del VI secolo, inoltre, la situazione politica della penisola continuava a essere caratterizzata dalla frammentazione territoriale: le restavano in mano ai , mentre le zone dell’ divennero per lo più possedimenti . I domini degli uni erano interrotti da quelli degli altri: i contatti diretti tra la capitale Pavia e i ducati dell’Italia centromeridionale erano impediti dai territori bizantini che dall’ e dalla (cioè l’area situata tra le attuali regioni della Romagna e delle Marche e comprendente le città di Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona) si estendevano fino al Lazio; allo stesso modo i si frapponevano tra l’esarcato e le regioni meridionali ancora controllate dall’impero romano d’Oriente ( ). 584 d.C. Autari città costiere Bizantini entroterra longobardi esarcato di Ravenna Pentapoli ducati longobardi di Spoleto e di Benevento ► CARTA PER CAPIRE  il termine deriva dal greco e significa letteralmente “cinque città”. Viene utilizzato per indicare un gruppo di cinque città che forma un unico nucleo politico e amministrativo. Pentapoli: L’Italia tra il VI e l’VIII secolo. La conquista dei territori bizantini La mancanza di continuità territoriale e la debolezza del governo centrale esponevano i Longobardi sia alla minaccia dei Bizantini (che grazie al controllo delle coste potevano garantirsi gli approvvigionamenti via mare), sia a quella dei Franchi, che dalla Gallia meridionale miravano a espandersi in Italia. La necessità di fronteggiare diversi nemici spinse dunque i duchi a dare vita a un , guidato da una monarchia stabile che pose la propria sede a . Con il re (590-616 d.C.) iniziò una nuova fase di , che proseguì anche con i suoi successori. Sotto la guida del sovrano (636-652 d.C.), in particolare, i Longobardi strapparono ai Bizantini i territori oggi corrispondenti all’Emilia, alla Liguria e al Veneto. All’impero d’Oriente restò in pratica, nell’Italia settentrionale, solo Ravenna e il controllo dell’area della laguna adriatica in cui sarebbe sorta in seguito la città di Venezia. Nello stesso periodo i duchi longobardi dell’Italia meridionale conquistarono il territorio dell’attuale Salerno, mentre nel 670 sottomisero anche Taranto e Brindisi. Se si eccettuano le aree dell’Italia centrale e la Calabria, alla fine del VII secolo il Sud della penisola era ormai quasi completamente sottomesso al dominio dei Longobardi. organismo statale più solido Pavia Agilulfo espansione territoriale Rotari PASSATO PRESENTE LOMBARDIA Il nome della più popolosa regione dell’Italia settentrionale deriva dalla denominazione latina medievale  , con cui a partire dal VI-VII secolo fu designata dai Bizantini dell’esarcato l’area geografica in cui i Longobardi si erano insediati. In quel tempo la   si estendeva dalla pianura Padana all’attuale Toscana, mentre i ducati di Spoleto e Benevento erano chiamati  . In realtà, se il termine “lombardi” indicava già nell’alto Medioevo gli abitanti dell’area compresa tra il Ticino, l’Adda, il Po e, a nord, i laghi e la Valtellina, in senso più lato continuò a indicare tutti gli abitanti dell’Italia settentrionale o addirittura della penisola Italica. Ancora in pieno Rinascimento, nel XV secolo, i mercanti italiani che si recavano nelle Fiandre per i loro traffici erano chiamati “lombardi” indipendentemente dalla loro provenienza.  Langobard ia Langobard ia  m ai or Langobard ia  minor   › pagina 122    Il dominio longobardo La presenza longobarda in Italia ebbe caratteristiche simili a quella dei Vandali in Africa, dove non si era realizzata alcuna forma di collaborazione tra invasori e popolazione locale. Al contrario degli Ostrogoti, che almeno nei primi anni avevano dato vita a un regno caratterizzato da una relativa coesione sociale, i Longobardi, di fede ariana, instaurarono nella penisola Italica un , sottomettendo duramente la popolazione di origine romana e di religione cattolica. Dal punto di vista della struttura sociale ed economica si creò dunque una netta cesura con la fase precedente. La maggioranza della popolazione locale fu costretta a lavorare nelle campagne per mantenere la nobiltà dei guerrieri longobardi, mentre i latifondisti di origine romana che avevano fatto parte dell’amministrazione del regno ostrogoto si videro confiscate le loro proprietà terriere o furono addirittura eliminati fisicamente. Per questo motivo i Longobardi furono considerati dagli abitanti della penisola , che devastavano le campagne, incendiavano i luoghi di culto e riducevano in schiavitù la popolazione. Numerose , come quello di Montecassino, fondato da san Benedetto nel 529 d.C., furono in effetti dalla loro furia devastatrice. dominio autoritario invasori crudeli e spietati chiese e monasteri distrutti La mensa dei servitori del re longobardo Rotari in una miniatura di un codice dell’XI secolo. Il diritto e l’editto di Rotari L’assoggettamento della penisola implicò anche la e la sua sostituzione con le norme tradizionali in uso presso le popolazioni germaniche. Le leggi longobarde, ispirate a princìpi giuridici arcaici, erano tramandate oralmente; le vennero codificate dai Longobardi solo nel , con l’ . L’editto, emanato per rendere più efficiente l’amministrazione della giustizia nel regno, era in realtà una semplice trascrizione in latino delle consuetudini non scritte in uso da secoli. Per questo motivo esso rappresenta una fonte storica di grande valore, che fornisce molte informazioni sulla società, sui valori e sui costumi longobardi precedenti al contatto con il mondo romano. La codificazione delle norme contribuì comunque ad attenuare gli aspetti più primitivi dei costumi longobardi. La faida, per esempio, fu quasi completamente sostituita dal guidrigildo, che, come abbiamo visto, consisteva nel risarcimento economico in riparazione di un danno arrecato a un altro individuo (   ). La stesura delle prime leggi rappresentò dunque un elemento di progresso civile per la società longobarda, ma non cancellò le forti che la caratterizzavano. I privilegi riservati alle classi più elevate sono per esempio riscontrabili nel fatto che il guidrigildo per i servi o per i contadini sottomessi a un padrone era inferiore rispetto a quello previsto per i nobili. Le norme contenute nell’editto, inoltre, non si applicavano indistintamente a tutta la popolazione. Emanate per dirimere le controversie tra i Longobardi e tra questi ultimi e la popolazione preesistente di origine romana, esse non sostituirono le disposizioni previste dal diritto romano per regolare i rapporti che riguardavano esclusivamente i discendenti dei Romani. cancellazione del diritto romano prime leggi scritte 643 d.C. editto di Rotari ► LABORATORIO DELLE FONTI disuguaglianze Re Rotari raffigurato in una miniatura del codice matritense, compilato nell’XI secolo e contenente il testo delle leggi longobarde.   › pagina 123    laboratorio   DELLE FONTI  Il guidrigildo nell’editto di Rotari L’editto di Rotari si componeva di 388 articoli in lingua latina, inframmezzata però da molte parole longobarde. Gli articoli seguenti disciplinano in particolare l’istituto del guidrigildo. “ 8. Se qualcuno avrà provocato una rissa durante una riunione o in qualunque assemblea, sia condannato a pagare al re un’ammenda di novecento soldi. 9. Se qualcuno avrà denunciato al re un uomo, accusandolo di aver tentato di ucciderlo, sia lecito all’accusato dimostrare la sua innocenza col giuramento e discolparsi. E se sarà risultato qualche elemento di sospetto e tale uomo è presente, gli sia lecito discolparsi del suo crimine […] combattendo in duello. E se sia provata la sua colpevolezza, sia giustiziato, ovvero paghi l’ammenda che al re sarà piaciuto stabilire. Ma se il crimine non sarà stato provato e al contrario si sarà dimostrato che l’accusa era falsa, l’accusatore che non sarà riuscito a provare l’accusa paghi il suo guidrigildo, per metà al re e per metà a colui che era stato accusato del delitto. 11. Se degli uomini liberi avranno tramato la morte di qualcuno senza il consenso del re, quand’anche poi non lo uccidano, paghino venti soldi ciascuno come sopra; ma se sarà stato ucciso, allora l’omicida paghi il risarcimento secondo il valore del morto, cioè secondo il guidrigildo. 18. Se qualcuno, per vendicare un affronto subito, alzerà la mano armata sull’avversario, o entrerà in un centro abitato con un gruppo di armigeri fino a quattro, il loro capo venga messo a morte per l’illecito arbitrio, oppure paghi un’ammenda di novecento soldi, per metà al re e per metà alla vittima. 43. Per aver strappato a un altro una mano, un piede, un occhio, il naso, un’ammenda di 100 soldi; ma solo di 63 se la mano resta pendente. Per aver strappato il pollice, 50 soldi; ma solo 30 se è rimasto attaccato. Per aver strappato l’indice, 35 soldi; un altro dito, 30 soldi. 73. Per tutte le soprascritte lesioni e ferite tra uomini liberi, abbiamo stabilito dei risarcimenti superiori a quelli dei nostri antenati, perché si ponga fine alla faida, cioè all’inimicizia e, dopo aver ricevuto il soprascritto risarcimento, non si chieda di più né venga tenuto rancore, ma la questione sia considerata chiusa e la concordia più duratura. ”  , in G. L. Barni,  , De Agostini, Novara 1975. Editto di Rotari I Longobardi in Italia Una pagina miniata dell’editto di Rotari. Quali termini di origine longobarda è possibile riconoscere nel passo? Ne sai spiegare il significato? A chi spettava la decisione sulla vita e sulla morte delle persone? L’organizzazione sociale Il , che si trovava al vertice della società longobarda, era proprietario della maggior parte delle terre.  Egli affidava l’amministrazione dei propri possedimenti ai suoi funzionari, i , incaricati di controllare l’operato dei , che, come abbiamo visto, esercitavano il proprio potere in autonomia dal potere centrale. La società longobarda era caratterizzata da una che ricalcava in parte la sua composizione etnica. re gastaldi duchi divisione in classi La nobiltà guerriera di origine germanica era costituita dagli  , “uomini liberi” e proprietari terrieri dotati di pieni diritti; essi partecipavano alle assemblee politiche convocate dal re per prendere decisioni sulle guerre da intraprendere o sugli accordi diplomatici da stipulare. arimanni A un gradino più basso della scala sociale si trovavano gli , giuridicamente liberi ma di fatto dipendenti dai nobili; erano contadini poveri o piccoli allevatori che, in cambio della protezione armata offerta dagli arimanni, cedevano loro parte dei raccolti agricoli o dei prodotti ottenuti dall’allevamento.  aldi Al livello più basso della gerarchia sociale si trovavano infine i discendenti della popolazione italica sottomessa, impiegati per lo più come   nei possedimenti terrieri dei nobili longobardi. servi   › pagina 124    L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE LONGOBARDA Un cavaliere longobardo su una fibbia in bronzo. L’amministrazione dei poderi La solidità del regno, almeno nei primi decenni, fu messa a dura prova dai gravi problemi economici e sociali che affliggevano la penisola. Lo stato di guerra continua, i rapporti conflittuali tra conquistatori e conquistati e le confische delle proprietà terriere prolungarono infatti la che, eredità dei disastri della guerra greco-gotica, aveva provocato lo spopolamento delle città e un vistoso calo della produzione agricola. Nel corso del VII e dell’VIII secolo, tuttavia, anche la vita economica conobbe . Come abbiamo visto, dopo la fondazione del regno la nobiltà germanica, in origine dedita pressoché esclusivamente all’esercizio delle armi, si trasformò in un ceto di proprietari terrieri e agricoltori, e la longobarda divenne essenzialmente , come testimoniano molte norme dello stesso editto di Rotari. Tra le leggi emanate dall’editto del 643, in particolare, vi erano diverse disposizioni relative alla gestione delle proprietà rurali, dalle quali emerge un modello di sfruttamento del territorio che, erede del latifondo romano e della di epoca tardoantica, si sarebbe affermato definitivamente nei secoli successivi (come vedremo nell’Unità 9). Come le ville rustiche romane, le grandi proprietà terriere longobarde erano quasi del tutto dal punto di vista economico. All’interno dei possedimenti, i campi migliori erano riservati al padrone; nella sua porzione di terra erano presenti anche stalle, magazzini, mulini per la produzione della farina o frantoi per la spremitura delle olive, oltre a forni e a officine artigianali. All’interno delle ville rurali si svolgevano infatti piccole , come la produzione di attrezzi agricoli e di tessuti di lana, lino e canapa. La parte restante della proprietà, di dimensioni più ridotte, era invece riservata a uno o più contadini, i (dal latino , termine che indicava l’appezzamento coltivato da una famiglia contadina). I massari vivevano in condizioni non molto dissimili da quelle dei , sostentandosi con i raccolti del loro podere ma lavorando anche i campi del padrone per conto di quest’ultimo. Molto importanti, nell’economia agricola di questo periodo, erano anche le risorse rappresentate dai e dai che circondavano le proprietà terriere. Qui i contadini potevano cogliere i frutti selvatici e le erbe e far pascolare gli animali, senza corrispondere al padrone alcun tributo. Dai boschi si ricavava inoltre la legna utilizzata come combustibile per il riscaldamento e come materiale per la costruzione delle abitazioni e la fabbricazione di utensili e strumenti di lavoro. Alcuni articoli dell’editto di Rotari prevedevano pene molto severe contro il danneggiamento dei boschi e norme per la salvaguardia degli animali selvatici, a testimonianza dell’importanza che i Longobardi riservavano all’economia silvo-pastorale. crisi economica segnali di ripresa società contadina villa rustica autosufficienti attività manifatturiere massari mansus servi boschi pascoli liberi   › pagina 125    Le città, l’artigianato e i commerci Sebbene fondamentalmente agricola, la vita economica del regno longobardo non era limitata esclusivamente al sistema chiuso delle proprietà rurali. Nonostante la crisi e lo spopolamento che aveva colpito le città della penisola dopo il crollo dell’impero romano d’Occidente e dopo la guerra greco-gotica, la civiltà urbana non cessò mai di esistere del tutto nel territorio che ne era stato il cuore, l’Italia. I duchi longobardi avevano stabilito nelle città la loro sede e, se le città dipendevano dalle campagne per gli approvvigionamenti alimentari, per molte attività, come per esempio quelle di tipo artigianale, era vero il contrario: erano infatti ancora le campagne a dover dipendere dalla produzione di manufatti tipica dei contesti urbani. Le botteghe e i laboratori di fabbri, falegnami, vasai e altri artigiani erano gestiti soprattutto dalla popolazione di origine romana, ma con il tempo si sviluppò anche un a opera dei Longobardi, i quali erano esperti soprattutto nella lavorazione del legno e dei metalli (anche per produzioni di grande valore artistico). I erano invece limitati ai mercati in cui si scambiavano i prodotti locali. I traffici di lunga distanza vennero completamente meno in questo periodo, nell’ambito di un contesto sociale e produttivo assai lontano dai fasti dell’economia che la penisola aveva conosciuto ai tempi della Roma imperiale. artigianato commerci Una fibula longobarda in argento dorato, pietre dure e smalti. Una gallina con i pulcini raffigurata in un manufatto d’oreficeria longobarda. PER RICORDARE Che tipo di dominio imposero i Longobardi sulla penisola Italica? Che cos’è l’editto di Rotari? Quali novità introdusse in ambito giuridico? Quale gerarchia sociale vigeva all’interno del regno longobardo? Come era organizzata l’economia rurale?