9.2 L’ETÀ DEI CAVALIERI E CARLO MAGNO Nell’VIII secolo il regno dei Franchi iniziò una politica di intensa espansione militare, ottenendo il controllo di gran parte dell’Europa occidentale. L’Europa dei Franchi Tra i regni romano-germanici affermatisi in Europa dopo il crollo dell’impero romano d’Occidente, solo il regno dei Franchi era destinato a sopravvivere e a esercitare un ruolo egemone nel continente, arrivando a occupare, nel VII secolo, una vasta area che si estendeva dai Pirenei alla valle del Reno. I Franchi, inizialmente divisi in tribù, si erano stabiliti nella Gallia settentrionale fin dal III secolo d.C. Dopo l’unificazione, avvenuta a opera del re Clodoveo nel 481, avevano dato vita a uno Stato in cui si era realizzata una progressiva integrazione tra la popolazione germanica e quella di origine romana. Questo elemento, insieme a un apparato militare efficiente e a nuove forme di organizzazione politica, contribuì a garantire la continuità e la potenza dello Stato franco. Cavalieri alle porte di Londra raffigurati su una miniatura del Codice Sercambi. Espansione e divisione del regno franco Le basi della solidità del regno franco risalgono proprio al sovrano , che convertendosi al (anziché all’eresia ariana, come la maggior parte degli altri sovrani dei popoli germanici) aveva ottenuto l’appoggio dei vescovi. Il sostegno del clero e delle strutture ecclesiastiche, che nel vuoto di potere seguito alla crisi dell’impero romano avevano acquisito grande influenza nella società (in particolare sull’aristocrazia fondiaria gallica), costituì un elemento di unificazione di una popolazione altrimenti molto disomogenea per etnia e costumi. Sotto la , di cui Clodoveo era membro, i Franchi estesero i propri domini su gran parte dell’Europa, conquistando i territori dell’antica Gallia romana e sconfiggendo Alemanni, Burgundi e Visigoti. Alla morte di Clodoveo, tuttavia, le lotte dinastiche provocarono la . I conflitti tra le famiglie della nobiltà franca proseguirono nel VI e nel VII secolo e favorirono le ribellioni dei Bavari, dei Turingi e degli Alemanni, che approfittarono della debolezza del potere centrale per rendersi nuovamente indipendenti. Nella Gallia meridionale nacquero dei , mentre nel Nord sorsero i regni autonomi di (a occidente) e di (a oriente). L’autorità dei sovrani era così compromessa da procurare ai Merovingi, l’epiteto di “re fannulloni”. Clodoveo cattolicesimo dinastia dei Merovingi frammentazione del regno ducati indipendenti Neustria Austrasia › pagina 185 Il potere dalla terra I re merovingi che si succedettero sul trono riuscirono in alcuni casi a ricomporre temporaneamente la divisione tra i due principali regni, ma il loro potere rimase sottoposto all’influenza dei – ai quali appartenevano anche le –, in grado di intervenire nelle scelte politiche dei re e di deporli nel caso non garantissero i loro interessi. Questa influenza era una diretta conseguenza delle caratteristiche della società franca: nell’assenza quasi totale di scambi commerciali, la ricchezza dei nobili dipendeva esclusivamente dal , che assicurava la produzione delle risorse alimentari e la disponibilità di uomini da impiegare come soldati in guerra. Il potere della stessa monarchia era fondato sull’espansione dei patrimoni terrieri attuata con la conquista di nuovi territori, poiché per ottenere il sostegno politico e la fedeltà della nobiltà guerriera i re erano costretti a continue donazioni di terre. Questa consuetudine determinò però un grave , dal momento che i proprietari terrieri finirono per accumulare una ricchezza fondiaria superiore a quella dei sovrani. grandi proprietari terrieri gerarchie ecclesiastiche possesso della terra indebolimento del potere regio L’ascesa dei Pipinidi Il riconoscimento politico del ruolo della nobiltà avvenne alla fine del VII secolo. I re divennero sempre più figure di rappresentanza, prive di autorità politica effettiva, e il potere passò gradualmente nelle mani dei “ ”, ossia di nobili che esercitavano direttamente le attività di governo nella veste di ministri del re. Nel regno orientale di , durante la seconda metà del VII secolo, la carica di maestro di palazzo fu sempre assegnata a membri della , il cui capostipite era stato un ricco proprietario terriero, Pipino il Vecchio. Il loro ruolo crebbe progressivamente di importanza e, tra il 680 e il 714, assunse praticamente pieni poteri, così da di fatto il sovrano. Per assicurarsi la fedeltà degli altri nobili, egli intraprese una politica di che gli garantì la disponibilità di nuove terre da distribuire senza intaccare il proprio . In questo modo, inoltre, egli impegnò le forze militari dei nobili franchi in una guerra contro un nemico esterno, evitando così l’insorgere di conflitti locali per il predominio all’interno del regno. Con le sue vittoriose campagne militari, Pipino di Héristal conquistò i territori dei e dei , nelle zone del basso corso del fiume Reno, dopo aver sottomesso nel anche il . maestri di palazzo Austrasia dinastia dei Pipinidi Pipino di Héristal esautorare espansione territoriale patrimonio fondiario Frisoni Sassoni 687 regno di Neustria PER CAPIRE privare qualcuno della sua autorità. Esautorare: l’insieme delle terre che appartengono a un determinato proprietario. Patrimonio fondiario: PER IMPARARE LE LOTTE INTERNE AL REGNO FRANCO Carlo Martello Alla morte di Pipino di Héristal ascese alla carica di maestro di palazzo il figlio illegittimo . Egli dovette difendere i territori dei Franchi dalla minaccia degli , autori di violente incursioni presso i confini orientali, e degli , che compivano frequenti saccheggi nelle aree meridionali della Gallia e, dalla penisola Iberica, miravano a espandersi verso nord attraverso i Pirenei. Carlo Martello riuscì a fermare entrambi gli invasori grazie alla forza di un esercito fondato sulla , la cui potenza bellica trasse notevole beneficio dall’introduzione delle e delle , che conferivano ai cavalieri maggiore stabilità e protezione. La solidità dell’esercito fu garantita anche da importanti provvedimenti in ambito agrario: per assicurare ai cavalieri le risorse economiche necessarie al mantenimento dei cavalli, all’acquisto dell’armatura e al costante addestramento militare, il sovrano franco cedette loro temporaneamente terre appartenenti al patrimonio fondiario della Chiesa e degli ordini monastici. Sotto Carlo Martello, l’esercito franco raggiunse una forza d’urto temibile, che gli consentì la (avvenuta nel 732 o nel 733). I Franchi acquisirono così il controllo dell’Aquitania, premessa per l’ nella Gallia meridionale e in particolare in , regione che aveva raggiunto una certa prosperità grazie ai traffici commerciali del . Carlo Martello Àvari Arabi cavalleria staffe corazze di ferro vittoria sugli Arabi a Poitiers espansione Provenza porto di Marsiglia PER CAPIRE sostegni metallici che pendono ai lati della sella dove ancorare i piedi durante la cavalcata. L’innovazione consisteva nel fatto che le staffe consentivano al cavaliere di colpire con la lancia senza rischiare di cadere da cavallo. Staffe: PER APPROFONDIRE fu il primo e il più importante porto francese sul Mediterraneo. Fondata nel Sud della Francia da coloni greci provenienti da Focea intorno al 600 a.C., Marsiglia ( per i Greci e per i Latini) divenne presto un importante centro commerciale, in quanto punto di approdo fondamentale per le navi che solcavano il Mar Mediterraneo, e godette a lungo di una relativa autonomia. Crocevia di molte culture – greca, romana, franca e araba –, rimase infatti una città sostanzialmente indipendente dal controllo centrale e costituì un asilo per gli stranieri fino alla Rivoluzione francese. Porto di Marsiglia: Massalia Massilia Carlo Martello in una miniatura del XIV secolo. › pagina 186 La fine della dinastia merovingia Alla morte di Carlo Martello, nel 741, gli succedettero al potere i figli e . Nonostante i successi militari, il regno dei Franchi era indebolito dall’instabilità politica – dovuta ai , colpite dalle di terre attuate da Carlo Martello per finanziare la cavalleria – e dalla , dal momento che i Merovingi continuavano a mantenere il titolo di sovrani anche se erano stati di fatto esautorati dai Pipinidi. I legami con la Chiesa furono riannodati da Carlomanno, che sostenne materialmente e politicamente il monaco inglese , al quale il papa aveva affidato il compito di evangelizzare le popolazioni germaniche dell’Europa centrale. Dopo il ritiro di Carlomanno in un monastero in Italia (747), il potere passò interamente nelle mani di , che nel , con il sostegno dei vescovi della Gallia, ponendo fine alla dinastia merovingia. Carlomanno Pipino il Breve contrasti con le gerarchie ecclesiastiche requisizioni mancanza di un forte potere regio Bonifacio Pipino il Breve 751 depose il re PER CAPIRE provvedimento che consiste nel sequestro di un bene privato in genere per destinarlo a uso pubblico. Requisizione: Pipino il Breve incoronato re dei Franchi in una miniatura del XVI secolo. Le conquiste di Pipino il Breve Sotto il regno di Pipino i cavalieri franchi conquistarono anche tutta la Gallia sudoccidentale ( ). Il potere dei Pipinidi fu intanto legittimato da , che nel consacrò il nuovo sovrano e i suoi due figli, Carlo e Carlomanno, con il titolo di “patrizi dei Romani”. La mossa del pontefice rafforzava l’ , essenziale nei conflitti che in quel periodo caratterizzavano il quadro politico in Italia. La Chiesa di Roma cercava infatti un appoggio sia per far fronte all’aggressività dell’imperatore d’Oriente, che attraverso le dispute dottrinali sull’iconoclastia tentava di estendere la propria autorità anche sul pontefice romano, sia per respingere la , che stavano tentando in quegli anni di unificare sotto il proprio dominio tutta la penisola. Dopo che nel 728 il re longobardo Liutprando aveva donato a papa Gregorio II i territori che circondavano la roccaforte di Sutri, nel Lazio (il cosiddetto Patrimonio di San Pietro), l’alleanza tra Longobardi e papato contro i comuni nemici bizantini si era infatti incrinata, in particolare in seguito all’attacco condotto da re Astolfo, nel 753, contro i possedimenti papali. Per fermare l’espansione longobarda papa Stefano II chiese l’ , che con due spedizioni (la prima nel , la seconda nel ) strappò ai Longobardi i territori dell’Italia centrale un tempo appartenuti all’impero bizantino e li donò al papato. Dal punto di vista formale, tali territori avrebbero dovuto essere restituiti non al pontefice romano, ma ai Bizantini, che prima dell’espansione territoriale di Liutprando controllavano l’esarcato. Sulla base dell’alleanza tra i Franchi e il papato, invece, questi possedimenti si aggiunsero al Patrimonio di San Pietro, che si estendeva ormai su gran parte dell’Italia centrale – dal Lazio all’Umbria, alle Marche e alla Romagna – e che costituiva il nucleo dello Stato della Chiesa su cui i papi avrebbero esercitato il loro ( ). L’intervento di Pipino e la sconfitta di Astolfo riportarono una situazione di e consentirono l’instaurarsi di relazioni diplomatiche pacifiche tra i Franchi e i Longobardi. Alla morte di Pipino, nel 768, esse furono consolidate dal matrimonio del figlio con la figlia del re longobardo Desiderio. ► CARTA papa Stefano II 754 alleanza del papato con il regno dei Franchi minaccia dei Longobardi intervento del sovrano franco 754 756 potere temporale ► PASSATOPRESENTE equilibrio in Italia Carlo Le conquiste dei Pipinidi in Europa. Pipino il Breve a cavallo in una miniatura dell’XI secolo. › pagina 188 PASSATO PRESENTE POTERE TEMPORALE Questa espressione, derivata dal latino in riferimento al “tempo” della vita terrena degli individui, indica la sovranità esercitata dal papa sui territori appartenenti alla Chiesa, che dall’VIII secolo, dal nucleo originario del Patrimonio di San Pietro, si estesero fino a formare il vasto Stato della Chiesa. Essa si affianca e si contrappone all’espressione “potere spirituale”, che indica l’autorità propriamente religiosa della Chiesa di Roma su tutti i cristiani cattolici. All’VIII secolo risale probabilmente anche l’elaborazione di un documento, la cosiddetta Donazione di Costantino ( ), che le gerarchie ecclesiastiche misero in circolazione per confermare la legittimità del loro potere temporale. In tale documento, che riportava la data del 315 d.C., si affermava che l’imperatore romano Costantino avesse affidato a papa Silvestro I e ai suoi successori il dominio politico non solo sull’Italia, ma su tutto l’impero d’Occidente, mantenendo per sé solo il controllo dell’Oriente e trasferendo per questo motivo la capitale a Costantinopoli. La veridicità dell’editto fu confutata solo nel XV secolo, quando, sulla base di incongruenze lessicali e di evidenti anacronismi, l’umanista Lorenzo Valla dimostrò l’impossibilità che risalisse al IV secolo. Per tutto il Medioevo, tuttavia, le gerarchie ecclesiastiche sfruttarono questo documento falso per rivendicare il diritto di governare vasti possedimenti territoriali. Nel corso dei secoli l’estensione dei territori della Chiesa ha subito vari cambiamenti, intrecciandosi con le vicende politiche degli Stati e degli imperi affermatisi nel continente europeo, finché, durante il Risorgimento italiano, lo Stato pontificio fu annesso al Regno d’Italia. Nel 1870 ebbe dunque fine il potere temporale del papato; con i Patti Lateranensi del 1929, tuttavia, lo Stato italiano ha riconosciuto la sovranità del papa sulla Città del Vaticano, compresa entro l’area urbana di Roma. tempus Constitutum Costantini PER RICORDARE Chi erano i maestri di palazzo e quale ruolo svolsero nell’evoluzione del regno franco? Su quale reparto si basava la forza dell’esercito franco? Che cosa avvenne a Poitiers nel 732 (o 733) d.C.? Quale significato fu attribuito all’episodio? Su quali interessi si fondò l’alleanza tra regno dei Franchi e papato?