Il secondo Ottocento – L'autore: Gabriele d’Annunzio 1 La vita L’infanzia e la giovinezza Gabriele d’Annunzio nasce a nel Terzo di cinque figli, dovrebbe in realtà chiamarsi Gabriele Rapagnetta, ma il padre Francesco Paolo adopera il più elegante e nobiliare d’Annunzio, cognome di uno zio che lo aveva adottato, preferendolo a quello vero, giudicato buffo e cacofonico. Francesco Paolo, infatti, di origini modeste ma agiato possidente terriero, ha pretese di emancipazione culturale e molte ambizioni sociali, frustrate dai suoi vizi di dongiovanni impenitente e scialacquatore. Egli scorge nel figlio un’intelligenza non comune e, dopo averlo fatto educare da precettori privati, lo manda undicenne a “toscanizzarsi” presso il prestigioso . Qui il ragazzo si distingue presto per indisciplina e allo stesso tempo per il profitto eccellente: legge, ama la poesia e si diletta nella scrittura, che – come sappiamo dalla corrispondenza con amici e genitori – considera non un passatempo fanciullesco, ma un’attività seria, stimolata da inclinazioni innate. A sedici anni Gabriele pubblica a spese del padre una prima raccolta poetica, dal titolo (1879): l’ispirazione, come è costume della produzione letteraria dell’epoca, è carducciana, e subito sulle colonne dei giornali letterari si parla di un . Pescara 1863. Collegio Cicognini di Prato Primo vere astro nascente della lirica italiana I primi anni di un ragazzo prodigio Nel 1881, terminati gli studi ginnasiali, il giovane d’Annunzio si trasferisce a Roma, con l’intenzione di tuffarsi nel bel mondo della capitale. Si iscrive alla facoltà di Lettere ma frequenta poco o nulla le lezioni, alle quali preferisce le e i salotti aristocratici, dove cresce a dismisura la sua fama di brillante provinciale inurbato. L’anno dopo dà alle stampe la seconda raccolta di versi, , e un volume di prose, : entrambe le opere riscuotono consensi, ma soprattutto la prima conferma il talento del poeta, che ha iniziato, tra lo scandalo dei benpensanti, a venare di sensualità il proprio classicismo. Del resto, la sua stessa vita finisce al centro dell’ e dei . Nel 1883 sposa la giovane duchessa Maria Hardouin di Gallese: si tratta di un matrimonio riparatore (i due aspettano un figlio), che consente comunque al poeta di entrare a pieno titolo nei ranghi di quell’aristocrazia che lo ha eletto a proprio beniamino. Gabriele ha già intuito i meccanismi del mondo dell’informazione e dello spettacolo e non perde occasione per far parlare di sé: i contenuti e la copertina licenziosa (tre ninfe nude) della nuova raccolta di racconti, pubblicata nel 1884 con il titolo , innescano polemiche a non finire sul carattere scandaloso della sua arte. Dopo aver scritto altre opere in versi ( , 1884; , 1886) e in prosa ( , 1886), già padre di tre figli, protagonista della scena giornalistico-mondana della capitale e seduttore affermato (fatale, tra gli altri, è l’incontro con Elvira Leoni, ex moglie di un conte bolognese, ribattezzata Barbara ed eletta per almeno cinque anni a sua musa ispiratrice), d’Annunzio e più celebre . redazioni dei giornali Canto novo Terra vergine attenzione pettegolezzi mondani Il libro delle vergini Intermezzo di rime Isaotta Guttadàuro ed altre poesie San Pantaleone a ventisei anni pubblica il suo primo romanzo, Il piacere Il periodo romano tra scandali e successi I guadagni ottenuti grazie all’instancabile attività editoriale sono notevoli, ma non bastano a sostenere le costose abitudini: «Io sono », scrive nel 1886 in una lettera a un amico, «io ho, per temperamento, per istinto, il bisogno del superfluo. L’educazione del mio spirito mi trascina irresistibilmente al desiderio e all’acquisto delle cose belle». Lo espone però d’Annunzio all’assedio dei creditori. Per sottrarvisi, dopo essersi separato dalla moglie, prima fugge nella villa di Francavilla a Mare, in Abruzzo, che gli mette a disposizione l’amico pittore Francesco Paolo Michetti, poi nel 1891 si trasferisce a Napoli, dove l’amicizia con i giornalisti e scrittori Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao gli offre la possibilità di intessere buoni rapporti nel vivace mondo partenopeo della cultura e dell’editoria. Sono gli anni che d’Annunzio definirà di «splendida miseria». In questo periodo, oltre a scrivere nuovi romanzi ( e , che escono nel 1892) e raccolte poetiche ( , 1893), egli e si appassiona alla musica di Richard Wagner. I suoi romanzi ottengono un grande successo anche oltre i confini nazionali, grazie soprattutto alle . Non per questo viene meno la sua costante : intreccia una nuova relazione con la principessa siciliana Maria Gravina Cruyllas di Ramacca, da cui nasce la figlia Renata; poi lascia Napoli e torna in Abruzzo. un uomo di lusso stile di vita raffinato e dispendioso Giovanni Episcopo L’innocente Poema paradisiaco scopre la filosofia di Friedrich Nietzsche traduzioni francesi irrequietezza Il soggiorno napoletano >> pag. 480 Gli amori, la politica e l’esilio francese Dopo un periodo inquieto, segnato da continui trasferimenti, nel 1895 d’Annunzio incontra , Eleonora Duse, con cui stabilisce un legame d’amore e d’interesse professionale che durerà quasi un decennio. È proprio lei, conclusa la lunga relazione con il più famoso librettista verdiano, Arrigo Boito, a incoraggiare il corteggiamento del pretendente, spedendogli, dopo un incontro fugace, un biglietto molto esplicito: « , e ringrazio tutte le buone forze della terra per avervi incontrato». Ora è al che si rivolge l’attenzione del poeta, il quale compone drammi con ritmo febbrile: tra questi, , che viene messo in scena a Parigi nel 1898 dall’altra grande stella del firmamento teatrale europeo, l’attrice francese Sarah Bernhardt. la più famosa attrice dell’epoca Vedo il Sole teatro La città morta La relazione con Eleonora Duse il carattere Un egocentrico «uomo di lusso» Decine di biografie a lui dedicate, centinaia di aneddoti (veri, verosimili o leggendari) sul suo conto, testimonianze di chi lo ha conosciuto più o meno da vicino, una bibliografia sterminata che non cessa di aggiungere titoli nuovi ai vecchi: basterebbero questi dati a rendere complicata l’impresa di descrivere in poche righe il carattere di un poeta che volle essere un personaggio pubblico, primo divo della modernità a esibire sotto gli occhi di tutti le esperienze, i capricci, le abitudini, al punto da diventare lui stesso un fenomeno, un “monumento” amato e odiato, una vera e propria categoria dell’immaginario. Anche in vita d’Annunzio attira su di sé sentimenti contrastanti: come giudicare quel giovane venuto da una remota provincia italiana che scrive senza remore al maestro Carducci: «Voglio combattere al suo fianco, o Poeta!»? Che impressione può fare un autore che sfida a duello chi parla male di lui, che conquista centinaia di donne, attratte dal suo fascino, per poi rivelare senza ritegno i dettagli della propria vita amorosa, che è affetto da manie di egocentrismo e manifesta poi sorprendenti timidezze e paure? D’Annunzio è indubbiamente un uomo pieno di contraddizioni: figlio e interprete della sua epoca, al tempo stesso annunciatore e sperimentatore del nuovo, creatore di un gusto diverso, cultore dell’oggetto raro ma anche dell’aeroplano, del busto antico come dell’automobile, del lusso aristocratico da una parte e della pubblicità popolare dall’altra, della solitudine e insieme del bagno di folla. Come la produzione artistica, anche il suo carattere privato è polivalente e disarmonico, un oscillare continuo tra malinconia ed euforia, vecchiaia e giovinezza, piacere e dolore: il “vate” d’Annunzio può lasciare lo spazio al tenero innamorato, l’individualista al generoso, il divo esibizionista al solitario ripiegato su sé stesso nel ricordo. A fungere da collante tra i suoi molti aspetti, costante della sua esistenza è la febbre della scrittura, vissuta con la spasmodica convinzione di poter salvare il mondo con la bellezza della parola e del verso. Un insieme di contraddizioni Tra edonismo e malinconia >> pag. 481 Nel 1897, inoltre, d’Annunzio dà avvio a una breve carriera parlamentare: , nel 1900 con gesto clamoroso («Vado verso la vita!») in polemica con i provvedimenti reazionari del governo Pelloux. A chi lo accusa di essere diventato socialista risponde: «Io sono sempre lo stesso. Sono e rimango individualista ad oltranza, individualista feroce. Tutto ciò che adesso esiste è nulla; è marciume; la morte che si oppone alla vita. Bisogna dapprima tutto saccheggiare. Un giorno scenderò nella strada». Una profezia, questa, che non tarderà ad avverarsi. eletto deputato della Destra passa nelle file della Sinistra L’avventura parlamentare Nello stesso periodo il poeta si trasferisce con Eleonora Duse in Toscana, a Settignano, nella villa , dove conduce una vita sfarzosa, attorniato da oggetti preziosi e arredi sontuosi. In tal modo egli , ma non l’energia creativa: è in questi anni che compone i capolavori poetici, cioè i primi tre libri delle : e , editi nel 1903. In precedenza, era uscito il romanzo (1900), in cui d’Annunzio aveva descritto pubblicamente il suo rapporto con Eleonora, facilmente individuabile nelle fattezze della protagonista femminile, Foscarina: anche per questo motivo entra in crisi la relazione artistica e sentimentale con l’attrice. La Capponcina dilapida il proprio patrimonio Laudi Maia, Elettra Alcyone Il fuoco Il trasferimento in Toscana Un ritratto in esilio Nel 1909 Gabriele d’Annunzio incontra la pittrice statunitense Romaine Brooks (1874-1970): lo scrittore si trova in Francia, per sottrarsi ai creditori che lo assediano in Italia, mentre la Brooks è solita trascorrere lunghi periodi lontano dalla sua patria, tra Parigi e Capri. I due passano insieme l’estate dell’anno successivo e restano legati da un rapporto di profonda amicizia anche quando l’idillio è interrotto dall’arrivo di una delle amanti del poeta. D’Annunzio dà all’artista il soprannome di Cenerina, per indicare la tavolozza di toni di grigio da lei prediletta: anche in questo ritratto del “vate”, eseguito nel 1912, quando la loro relazione amorosa è già finita, la composizione è quasi monocromatica, ottenuta alternando solo varie tonalità di grigio. Sullo sfondo di un mare in tempesta, d’Annunzio è colto con la bocca semiaperta, come in un’istantanea fotografica, e gli occhi volitivi e guizzanti. Romaine Brooks, , 1912. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou. D’Annunzio in esilio >> pag. 482 Le amanti del poeta cambiano, ma non il suo modo di vivere, che le pur generose elargizioni di editori e mecenati non riescono più a sostenere. I creditori pongono i sigilli alla Capponcina, e al poeta, nel 1910, non resta che l’umiliazione del volontario “esilio” in Francia. Qui è accolto regalmente, introdotto nei salotti della dalla giovane dama russa Nathalie de Goloubeff. Vogliono conoscerlo i maggiori intellettuali di Francia, da André Gide a Marcel Proust. In cerca di solitudine, che la sua figura esercita sulla frivola e decadente aristocrazia parigina, il poeta si rifugia nell’estate del 1910 ad , sulla costa atlantica, dove scrive l’opera . Negli anni successivi, d’Annunzio continua a scrivere , ma non rinuncia al dialogo con il pubblico italiano: Luigi Albertini, direttore del “Corriere della Sera”, gli affida uno spazio sul quotidiano dove il poeta pubblica una serie di prose, poi raccolte in volume con il titolo , e dieci canzoni composte in occasione della guerra coloniale in Libia. Parigi della Belle Époque stanco del clamore Arcachon Le martyre de Saint Sébastien opere teatrali in francese Le faville del maglio L’esilio francese Il ritorno in Italia, la guerra e la “prigione dorata” del Vittoriale Nel 1915, con lo scoppio della guerra il poeta rientra in patria. , prepara il terreno per il ritorno con una serie di infiammati canti di guerra, con i quali si pone a capo dell’eterogenea schiera di intellettuali favorevoli all’entrata dell’Italia nel conflitto. Il 4 maggio 1915 inaugura a Quarto (Genova) un monumento in ricordo della spedizione dei Mille, prima tappa della sua incendiaria campagna di propaganda bellicista. Quando l’Italia entra in guerra, d’Annunzio passa dalle parole ai fatti: a dispetto dell’età avanzata (ha 52 anni), e nel 1916 resta ferito gravemente all’occhio destro in un incidente aereo. Obbligato a un periodo di immobilità per non perdere anche l’occhio sinistro, scrive, bendato, le proprie impressioni su striscioline di carta, confezionate dalla figlia Renata: è questa la genesi dell’opera , prosa lirica che sarà pubblicata nel 1921. Nel 1918, si rende protagonista di celebri imprese, come la « » e il : nella prima occasione è l’ideatore e il protagonista di un raid con tre motoscafi antisommergibili al porto croato di Buccari, dove era ancorata la flotta austriaca; nella seconda lancia da un aeroplano centinaia di volantini contenenti un provocatorio invito alla resa rivolto al nemico. Convinto interventista si arruola volontario Notturno beffa di Buccari volo su Vienna L’interventismo e la Grande guerra A guerra conclusa, insoddisfatto per l’esito delle trattative di pace e convinto che quella italiana sia una « », entra, alla testa di un manipolo di volontari, nella città di Fiume (settembre 1919), di cui proclama l’annessione al Regno d’Italia. L’impresa è salutata con entusiasmo da molti giovani di tutta Europa: alla “festa della Rivoluzione” accorrono idealisti e avventurieri, decisi a consumare la propria giovinezza nella «Città di vita», come d’Annunzio chiama la città istriana. L’occupazione dura fino al dicembre successivo, quando l’esercito italiano, con un’azione militare, costringe d’Annunzio e i suoi uomini ad abbandonare Fiume. vittoria mutilata L’impresa fiumana Dopo questa impresa, stanco e sfiduciato il “poeta soldato” si ritira a Venezia e poi a , sul lago di Garda, in una villa che trasforma nel museo delle sue memorie e che chiama . Qui, , blandito dal regime fascista, trascorre gli ultimi anni, curando, in sdegnosa solitudine, le ultime opere, tra le quali il (1935). D’Annunzio muore il 1° marzo per un’emorragia cerebrale, mentre è seduto al tavolo di lavoro. Gardone Vittoriale degli Italiani lontano dalla vita pubblica Libro segreto 1938 Gli ultimi anni