Il primo Novecento – L'autore: Italo Svevo 3 I grandi temi La concezione della letteratura Come abbiamo visto, dopo il silenzio che accompagna i primi due romanzi Svevo si ripromette di rinunciare alla scrittura. Il proposito viene enunciato molto spesso; eppure, mentre proclama di essere ormai immune da «quella ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura», egli non riesce mai ad abbandonare del tutto quell’attività, sia pure relegandola tra le segrete occupazioni di cui vergognarsi e considerandola alla stregua di un vizio che distrae dalle incombenze pratiche. La “clandestinità” in cui Svevo relega la scrittura è un modo per non esporsi all’ostilità del proprio mondo familiare e sociale, secondo il quale la letteratura è un esercizio da perdigiorno, un passatempo improduttivo adatto a persone inconcludenti senza voglia di lavorare. La necessità del “vizio” D’altra parte, la vocazione alla scrittura costituisce per Svevo un’infrazione alla propria identità sociale di uomo di successo ben inserito nell’ambiente borghese cui appartiene. Il profitto, l’attività commerciale, la morale perbenista: tutti i miti di questo mondo vengono minacciati dall’atto, gratuito e autoreferenziale, di scrivere. Quanto più si è integrati, tanto più la può assumere una : essa può rivelarsi capace di mettere a nudo l’uomo, privandolo degli abiti e delle corazze con cui ipocritamente cela incertezze e ambiguità. letteratura valenza positiva, dirompente e rivoluzionaria La scrittura come trasgressione alla norma Scrivere è dunque una trasgressione perché si configura come un’attività alternativa al mondo e all’educazione dei padri. Anche Svevo, sia pure senza apparenti ribellioni, attua un implicito “rifiuto del padre” (  p. 166), quel padre che lo vorrebbe bravo commerciante: come accade a Luigi Pirandello, a Franz Kafka, a Thomas Mann, la dirompente scelta della scrittura coincide con il « sentito come , centrato com’è sulla competizione, sullo sfruttamento delle risorse dell’intelligenza come riuscita nella società, su un moralismo tanto rigoroso quanto ipocrita» (Gioanola). ►  rifiuto di un modello fondato sulla trasmissione autoritaria di un sistema di valori inautentico e sopraffattore La rivolta contro i padri Al tempo stesso, se la letteratura va praticata con riserbo, ne consegue che essa potrà sottrarsi ai generi e alle poetiche prestabilite, liberandosi tanto dalle mode quanto dai vincoli istituzionali. In altri termini, non sarà esercitata come un mestiere, non obbedirà a estetiche precise, ma diventerà un’ , un’autentica ragione di vita. Con assoluta libertà Svevo può quindi affondare lo sguardo nel suo mondo, nei risvolti della quotidianità borghese e nei meandri di una mentalità mercantile che egli conosce benissimo perché è la sua. esigenza esistenziale L’etica borghese vista dall’interno Accade così che vita e letteratura si incontrano, fondendosi sulla pagina scritta, sul testo. Tale identificazione è stata perseguita anche da d’Annunzio, ma Svevo rovescia i termini del processo: in un mondo eroico ed estetizzato; , immergendovisi. Ne scaturisce un’analisi tanto più spietata quanto più diventa autoanalisi che prende per oggetto le stravaganze, i tic, gli impulsi irrazionali dell’autore stesso. In questo senso, si può ben capire che tra l’uomo d’affari Ettore Schmitz, paranoico e nevrotico, e lo scrittore Italo Svevo, corrosivo e inesorabile, non c’è conflitto. non è la vita a essere sublimata è invece la letteratura a scendere sul piano dell’esistenza comune Il rapporto letteratura-vita La scrittura è chiamata dunque a svolgere un’ : l’esistenza può essere svelata solo se fissata sulla pagina scritta, tanto più se ad adempiere questo scopo vi è un intellettuale “inetto”, estraneo ai trucchi e alle finzioni dei letterati di mestiere e sensibile alle assurdità e alle incoerenze della vita. Come una forma di terapia, , fuori della quale «non c’è salvezza», diviene così uno . Se la vita degli uomini sarà «letteraturizzata» (come scrive lo stesso Svevo), ciascuno potrà capire meglio sé stesso: il presente infatti non è conoscibile, perché manchiamo della distanza necessaria per scorgerne i dettagli, interpretarne le situazioni, intuirne la logica e le relazioni. Per questo a chi vuole comprendere non resta che fissare sulla carta ciò che è già accaduto: così potrà spiegare il «passato che ancora non svanì». azione chiarificatrice la penna strumento di igiene interiore e di conoscenza di sé La penna come medicina  >> pag. 126  quindi : Alfonso Nitti scrive poesie, oltre alle lettere private e alla corrispondenza commerciale; Emilio Brentani è autore di romanzi, non solo di polizze d’assicurazione; Zeno Cosini, il protagonista del romanzo , scrive la propria autobiografia su indicazione dello psicanalista, tra una nota contabile e l’altra. Si potrebbe pensare che quest’attività determini una condizione di superiorità, se non sociale, almeno culturale e intellettuale. Ma non è così, anzi, per Svevo è esattamente il contrario: sempre , di disorientamento, di impotenza. Chi scrive lo fa perché è malato, ma almeno ha il vantaggio di essere cosciente della propria situazione. Non appare casuale che tutti i personaggi sveviani siano scrittori La coscienza di Zeno la scrittura è posta in relazione con uno stato di inferiorità Scrittura e malattia  T1  «Fuori della penna non c’è salvezza» Saggi e pagine sparse In questo brano di diario, datato 2 ottobre 1899, Svevo riflette sulla funzione conoscitiva della scrittura. La come materia quotidiana per la vita scrittura Io credo, sinceramente credo, che non c’è miglior via per arrivare a scrivere sul serio che di scribacchiare giornalmente. Si deve tentar di portare a galla dall’imo del proprio essere, ogni giorno un suono, un accento, un residuo fossile o vegetale di qualche cosa che sia o non sia il puro pensiero, che sia o non sia sentimento, ma bizzarria, rimpianto, un dolore, qualche cosa di sincero, anatomizzato, e tutto e non di più. Altrimenti, facilmente si cade, – il giorno in cui si crede d’esser autorizzati di prender la penna – in luoghi comuni o si travia quel luogo proprio che non fu a sufficienza disaminato. Insomma fuori della penna non c’è salvezza. Chi crede di poter fare il romanzo facendone la mezza pagina al giorno e null’altro, s’inganna a partito. Ma d’altronde questa paginetta scritta sotto l’impressione di un dato momento, del colore del cielo, del suono della voce di un proprio simile, non diverrà mai altro di quello ch’è; la pagina più sincera ma di un’impressione troppo immediata e violenta. Non bisogna pensare di rappezzare con tali pagine qualche cosa di maggiore. Napoleone usava notare quanto non voleva più dimenticare su un foglietto di carta che poi stracciava. Stracciate anche voi le vostre carte oh! formiche letterarie. Fate in modo che il vostro pensiero riposi sul segno grafico col quale una volta fissaste un concetto, e vi lavori intorno alterandone a piacere parte o tutto, ma non permettete che questo primo immaturo guizzo di pensiero si fissi subito e incateni ogni suo futuro svolgimento. 1 2 5 3 4 10 5 6 15 scrivere senza prestare attenzione alla cura formale. dal profondo. «scrutato a fondo ( ) nella sua interezza e integrità, ma limitatamente a esso, non inserito in una costruzione più complessa» (Pazzaglia). si esce fuori da. interamente, del tutto. riassestare alla meglio. 1 scribacchiare: 2 dall’imo: 3 anatomizzato, e tutto e non di più: anatomizzato 4 si travia: 5 a partito: 6 rappezzare:  >> pag. 127  Dentro il testo       I contenuti tematici In questo breve brano di diario, Svevo condensa la sua poetica fondata sull’atto quotidiano dello scrivere. Dobbiamo tenere presente che il suo consiglio di (r. 2, un verbo riduttivo, che sembra suggerire l’idea di un’attività priva di uno scopo e di un progetto definiti) nasce dalla sua stessa condizione: l’irresistibile vocazione alla scrittura è repressa dall’ambiente e dal suo stesso desiderio di mantenere un’immagine di uomo rispettabile, buon padre di famiglia, dedito a occupazioni ben più importanti che riempire la pagina bianca di frasi inutili. scribacchiare Una dichiarazione di poetica Per Svevo dunque l’esercizio della scrittura non può coincidere con il mestiere e tanto meno con la creazione fantasiosa di vicende romanzesche, composte e ordinate grazie a una meditata strategia artistica: la letteratura appare invece un’alternativa al non senso e alla menzogna dell’esistenza. Scrivere perciò significa conoscersi, “anatomizzandosi” a pezzetti, abbozzando, seppure in modo del tutto dilettantesco, brandelli di verità da sottrarre all’oblio: solo così è possibile salvare la verità dei fatti dalle deformazioni della memoria. Letteratura ed esperienza quotidiana Verso le competenze       COMPRENDERE Svevo indica due errori che non si devono commettere se si vuole (r. 1). Rintraccia nel testo quali sono. 1 arrivare a scrivere sul serio ANALIZZARE Il brano adotta un tono assertivo e argomentativo. Individua le parole e le espressioni utilizzate per ottenere tale risultato. 2 Prendi in esame la sintassi: prevale la paratassi o l’ipotassi? Per quale motivo? 3 INTERPRETARE A chi si riferisce Svevo quando chiama in causa le (r. 16)? 4 formiche letterarie Alla luce del profilo biografico, in che cosa l’attività di (r. 2) frammenti di ricordi, immagini, riflessioni ecc. può essere in conflitto con l’etica o le regole borghesi? 5 portare a galla dall’imo PRODURRE In una società come la nostra in cui domina l’immagine e la distinzione tra sfera pubblica e privata è sempre più sfumata per la presenza massiccia dei social network, una scrittura privata quale quella di un diario può ancora avere una funzione? Esponi le tue riflessioni al riguardo in un testo argomentativo di circa 30 righe. 6 Jean-Auguste-Dominique Ingres, , 1804. Liegi, Musée des Beaux-Arts. Ritratto di Napoleone Bonaparte, primo console