Il primo Novecento – L'autore: Giuseppe Ungaretti cronache dal passato Un’onta da lavare con il sangue Un duello in piena regola tra due scrittori–spadaccini «Dov’è Ungaretti? Dov’è Ungaretti? Dov’è?»: le urla di Massimo Bontempelli, uno tra i massimi protagonisti della scena letteraria del primo Novecento italiano, risuonano nelle sale del celebre Caffè Aragno di Roma. È qui che si incontra l’élite della cultura del tempo: pittori, musicisti, poeti vi si danno convegno per discutere di arte, non senza il pettegolo corredo della mondanità. Accecato dall’ira, Bontempelli si fa strada tra i presenti fin quando gli indicano il poeta, a cui lo lega una già lunga storia di maldicenze e rancori. Pietra dello scandalo è ora un articolo di Ungaretti intitolato , pubblicato dal quotidiano “Il Tevere”. Il contenuto – lo si può immaginare – consiste in una serie di critiche e di attacchi polemici, avvelenati dall’ironia, che il poeta ha lanciato nei confronti del collega. Stavolta, però, lo scrittore offeso pretende vendetta: appena vede il rivale, lo mortifica davanti allo sguardo dei presenti con un sonoro ceffone. È un affronto che il temperamento sanguigno di Ungaretti non può tollerare: si scaglia verso di lui, viene trattenuto a stento, infine gli chiede di risarcire l’umiliazione subita con un duello pubblico. Bontempelli accetta: è l’8 agosto 1926. Il teatro della sfida viene offerto da un ospite d’eccezione, Luigi Pirandello, che mette a disposizione dei duellanti il parco della propria villa romana, vicino alla chiesa di Sant’Agnese. Arbitro è il principe degli schermidori, Agesilao Greco, il famoso maestro d’armi. Lo scontro però dura poco. Al terzo assalto, la spada di Bontempelli si infila nell’avambraccio destro di Ungaretti, provocandogli una ferita di tre centimetri. Nulla di grave: i due letterati–spadaccini si rappacificano. In fondo, entrambi hanno salvato l’onore e, soprattutto, l’immagine. Ad assistere al duello, infatti, erano stati invitati fotografi e giornalisti: il giorno dopo, nella vetrina di un famoso libraio romano, campeggia una gigantografia dei duellanti. Sotto, come didascalia, un grande cartello recita: «Ecco il primo poema eroico del Novecento». Una disputa tra letterati Le disgrazie di Bontempelli Un duello per la stampa Giuseppe Ungaretti (di spalle) e Massimo Bontempelli si sfidano a colpi di fioretto a Villa Pirandello. 2 Le opere L’allegria Sotto questo titolo confluisce nel 1931 la produzione giovanile del poeta, costituita in gran parte dai versi scritti durante la Prima guerra mondiale, editi in precedenza nelle raccolte (1916) e (1919). Si tratta di poesie assai innovative, soprattutto sul piano stilistico: Ungaretti supera la metrica tradizionale attraverso , enfatizzando le singole parole, spesso scelte al di fuori del lessico letterario. A quest’opera, ancora oggi considerata la più rappresentativa della poetica di Ungaretti, dedichiamo la seconda parte dell’Unità ( p. 443). Il porto sepolto Allegria di naufragi l’adozione di versi molto brevi ► Sentimento del tempo Pubblicata nel 1933, la raccolta è divisa in 7 sezioni e raccoglie componimenti scritti a partire dal 1919. La sua uscita segna il passaggio alla della poetica ungarettiana. Sentimento del tempo seconda fase >> pag. 433 Rispetto alla stagione precedente, il poeta recupera la , in particolare, per quanto riguarda il metro, tramite la ripresa dell’endecasillabo e del settenario. Anche la sintassi diventa fluida e ampia: non è più spezzata in brevi periodi come nell’ , ma risulta composta da proposizioni più lunghe e complesse, seppure interrotte dalla presenza di pause ritmiche. Strumenti stilistici prima rifiutati tornano a essere accolti: la punteggiatura, figure retoriche quali l’esclamazione, la ripetizione, il chiasmo, le stesse rime, nel contesto di un tono meno scarno e talvolta più oratorio. Anche il , nei versi della prima raccolta essenziale e antiletterario, qui si fa e denso di significati reconditi, un modello per i poeti di quello stesso periodo che si chiameranno “ermetici” proprio per la ricerca di questa oscurità. versificazione tradizionale Allegria lessico aulico Verso la restaurazione stilistica Invece dei panorami desertici o carsici, presenti nelle raccolte , il poeta delinea ora un di monti, alberi, boschi e spiagge, animato da ninfe e fauni, lo stesso che avevano cantato i grandi poeti italiani e latini. In primo piano troviamo il panorama laziale (Tivoli e le sue ville, il lago di Albano, il bosco di Marino ecc.), raffigurato per lo più nella stagione estiva. Uno sfondo privilegiato nella raccolta è però costituito dalla città di , con i suoi monumenti usurati dal tempo. Come scrive lo stesso poeta, Roma «era città dove si aveva ancora il sentimento dell’eterno […]. Quando si è in presenza del Colosseo, enorme tamburo con orbite senz’occhi, si ha il sentimento del vuoto». Il porto sepolto e Allegria di naufragi paesaggio Roma Il mutamento dello scenario Questo «sentimento del vuoto» si accresce nell’afa distruttiva dell’estate, quando il sole abbacinante divora le forme, illumina le rovine create dai secoli e svela «il consumarsi / senza fine di tutto» ( ). Anche il fluire inesorabile del tempo, fino a prefigurare una futura fine del mondo («L’ora impaurita / In grembo al firmamento / Erra strana», ). Paesaggio le immagini della natura esprimono il trascorrere delle ore e delle stagioni Fine di Crono La labilità del tempo La poesia ungarettiana presenta qui un panorama dominato da suggestioni lugubri e gravate da un senso di grandiosità in rovina: un che non investe solo la sfera estetica della rappresentazione, ma è espressione della sensibilità dell’autore, riflessione sugli aspetti metafisici della vita, . Ungaretti parla di un «sentimento della catastrofe»: vale a dire di una meditazione sulla morte e sul tempo sentiti come un lento, inevitabile avvicinarsi alla corruzione della carne. gusto barocco percezione dell’eterno e del vuoto L’angoscia e il «sentimento della catastrofe» Non a caso un motivo centrale nella raccolta è quello religioso, vissuto come . Il poeta manifesta la propria volontà di abbracciare la fede cristiana, pur tra inquietudini, incertezze e dubbi. La coscienza della miseria umana gli suggerisce un appello all’amore divino: «Da ciò che dura a ciò che passa, / Signore, sogno fermo, / Fa’ che torni a correre un patto. / […] / Sii la misura, sii il mistero. // Purificante amore, / Fa’ ancora che sia la scala di riscatto / La carne ingannatrice» ( ). contrasto tra peccato e ansia di redenzione La preghiera Una complessa religiosità Il dolore Le poesie che confluiscono nel nella raccolta vengono composte tra il 1937 e il 1946, in anni che comprendono tragedie collettive (la Seconda guerra mondiale) ed eventi drammatici nella vita privata del poeta (la morte del fratello e del figlio Antonietto). Ne consegue l’idea secondo cui la realtà non è più decifrabile attraverso metafore o mediazioni letterarie, ma va registrata quotidianamente, come nel diario di una sofferenza grave e tuttavia controllata. 1947 Il dolore >> pag. 434 Articolata in 6 brevi sezioni, la raccolta ha il proprio nucleo in quelle intitolate e , dedicate al figlio Antonietto, prematuramente scomparso. Vi regna un’atmosfera di , in cui affiora di continuo l’ , entità spietata e destino implacabile che non si arresta neanche di fronte all’innocenza: «Ma la morte è incolore e senza sensi / E, ignara d’ogni legge, come sempre, / Già lo sfiorava / Coi denti impudichi» ( ). Giorno per giorno Il tempo è muto mesta rassegnazione immagine della morte Amaro accordo Le poesie per il figlio Soprattutto a contatto con la guerra – si veda la sezione (1943–1944) – l’angoscia privata tende ad allargarsi in una più ampia e corale sulla sofferenza e sulla redenzione intese in senso cristiano. Il dolore pare contaminare il mondo, condannandolo a un perenne calvario: l’immagine di Roma straziata dal sangue e dai lutti ispira al poeta una richiesta di a un Dio misericordioso e cosciente della debolezza umana ( ). Roma occupata meditazione religiosa consolazione nella preghiera Mio fiume anche tu Dal dolore personale a quello universale Ma se sul piano dei contenuti va registrato un approccio più diretto alle tematiche affrontate, dal punto di vista stilistico la raccolta accentua l’indirizzo formale già avviato in Sentimento del tempo: anche se è possibile scorgere il permanere di una tensione verso un’espressività della parola lirica ancora aspra ed essenziale, il è spesso e numerose sono le metafore di gusto barocco. linguaggio alto e sublime Lo stile La Terra Promessa Nel esce La , dedicata al critico Giuseppe De Robertis. La struttura frammentaria della raccolta, sottolineata sin dal sottotitolo ( 1935–1953), si spiega anche con l’iniziale intenzione dell’autore di concepire l’opera come il libretto di un melodramma, con un canovaccio e diverse composizioni. Nella raccolta tornano, con evidenti influssi leopardiani, , accentuati da una diffusa sensazione di disfacimento e desolazione. L’ispirazione nasce da un viaggio del poeta in Campania, nei luoghi vicini a Cuma, la sede dell’antro della Sibilla. Da qui l’ che aleggia in tutti i componimenti, in particolare nei , 19 testi poetici in cui la regina cartaginese è immaginata alle soglie della maturità, mentre piange il venir meno delle illusioni giovanili. 1950 Terra Promessa Frammenti i motivi della morte e del nulla atmosfera mitica Cori descrittivi di stati d’animo di Didone Un grido e Paesaggi e Il taccuino del vecchio Il crescente sulla condizione umana, l’abbandono dell’euforico vitalismo giovanile, l’affiorare di una caratterizzano anche le ultime opere del poeta. Tra queste ricordiamo , uscita nel 1952, minuscola raccolta di testi scritti a partire dal 1939, in cui l’evocazione del silenzio non comunica più stupore o smarrimento ma il senso di una solitudine senza tempo e senza fine, e , edita nel 1960, in cui i ricordi personali (come quello della moglie Jeanne, morta nel 1958) e lo sguardo sugli avvenimenti del mondo si svolgono, sul piano stilistico, in una forma più ampia, tradizionale e classicista. pessimismo saggezza dolente Un grido e Paesaggi Il taccuino del vecchio Le prose Per Ungaretti la forma non si limita ad assumere una funzione esornativa: le opzioni formali hanno sempre una giustificazione e un profondo significato, che meritano di essere approfonditi e spiegati sul piano teorico. Ciò permette di comprendere la ricchezza della sua , ovvero i numerosi scritti in cui il poeta manifesta la costante ambizione di essere «esegeta di sé stesso» (Pavarini), spiegando passo dopo passo le ascendenze culturali e i significati simbolici che connotano la sua identità letteraria e forniscono la chiave per interpretare i suoi versi. attività ermeneutica >> pag. 435 Nei suoi (uscito postumo nel 1974) in particolare Ungaretti definisce la propria concezione della poesia, il valore dei procedimenti linguistici e stilistici adottati, l’importanza di alcuni fondamentali nodi simbolici, le influenze di diverse esperienze significative della lirica europea (da Petrarca a Leopardi, da Góngora a Shakespeare, da Blake a Mallarmé, tutti autori, fra l’altro, tradotti dal poeta). Cospicua è, nell’ambito della sua attività di prosatore, anche la : tra il 1931 e il 1935, l’autore scrive per la testata torinese “La Gazzetta del Popolo”. Si tratta per lo più di scritti di viaggio, composti secondo i moduli della prosa d’arte promossi dalla rivista “La Ronda”, in cui si mescolano annotazioni letterarie, divagazioni storiche e artistiche, descrizioni paesaggistiche. Saggi e interventi produzione giornalistica reportage La vita Le opere • Nasce ad Alessandria d’Egitto, dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza 1888 • Si trasferisce a Parigi • Entra in contatto con artisti d’avanguardia 1912 • Allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruola volontario come soldato semplice 1915 1916 Il porto sepolto 1919 Allegria di naufragi • Sposa a Parigi Jeanne Dupoix 1920 1931 L’allegria 1933 Sentimento del tempo • Va a vivere con la famiglia a San Paolo del Brasile, dove insegna Lingua e letteratura italiana all’universi 1936 • Muore il fratello Costantino 1937 • Muore il figlio Antonietto 1939 • Rientra in Italia • Ottiene la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università La Sapienza di Roma • È nominato Accademico d’Italia 1942 • Viene giudicato da una commissione per i suoi rapporti con il regime fascista 1945–1946 1947 Il dolore 1950 La Terra Promessa 1952 Un grido e Paesaggi • Muore la moglie Jeanne 1958 1960 Il taccuino del vecchio • È eletto presidente della Comunità europea degli scrittori 1962 • Muore a Milano 1970