Il primo Novecento – L'autore: Eugenio Montale 3 I grandi temi La concezione della poesia Non è facile mettere a fuoco la poetica di Montale: in primo luogo perché conosce nel tempo una significativa evoluzione, e in secondo luogo per la riluttanza del poeta a lasciarsi imbrigliare in definizioni, scuole, correnti. Siamo dinanzi a un autore lucidissimo e ironico, che tende a depistare i critici e a dissimulare i riferimenti teorici del suo lavoro, riscontrati già in età giovanile sulle pagine di filosofi come Schopenhauer, Bergson, Boutroux. È dunque opportuno procedere per via di negazione e rimarcare innanzitutto la , tenendo presente un suo celebre distico: «Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che siamo, ciò che non vogliamo». Montale infatti o di profeta. Come si vedrà nella seconda parte dell’Unità, gli perseguono un evidente abbassamento di tono rispetto ai roboanti proclami futuristi o alla voce impostata dei «poeti laureati », in un’ottica di sostanziale equidistanza dalle avventure avanguardistiche e dalla vuota ripetizione di moduli ottocenteschi. In questo senso Gabriele d’Annunzio non rappresenta un idolo da abbattere, ma un modello da «attraversare», filtrandone i risultati stilistici più alti al setaccio di una sensibilità radicalmente diversa. distanza dalle esperienze liriche coeve non non attribuisce al poeta un ruolo di vate Ossi di seppia «Ciò che siamo» non Nella raccolta d’esordio Montale esplora un angoscioso . L’io lirico si aggira smarrito, perplesso, dando prova di un’inettitudine a vivere che può ricordare i Crepuscolari. Ma, se questi reagivano assumendo toni patetici, il poeta ligure adotta un atteggiamento di stoica resistenza dinanzi alla «ferrea catena della necessità», in cui cerca «l’anello che non tiene». All’aridità interiore oppone la ricerca di uno spiraglio, di un varco in grado di dare tregua al «male di vivere», il quale non viene espresso in forma concettuale, per via di riflessioni astratte, ma condensato in una serie di : un muro sormontato da vetri spezzati (in , T12, p. 603), una foglia secca che si accartoccia o un cavallo che stramazza a terra (in ( T13, p. 606). Come Pascoli, anche Montale preferisce la specie al genere (non uccelli, ma «ghiandaie »; non un fiore, ma un «girasole») e ama concentrarsi su oggetti umili. Non intende però recuperare lo sguardo ingenuo del «fanciullino» pascoliano né cogliere l’essenza profonda e irrazionale del mondo, come aspirava a fare la poetica simbolista. Le cose diventano piuttosto emblemi dell’emozione provata dal poeta, che in esse si cristallizza, secondo modalità che ricordano da vicino la , elaborata dal poeta statunitense Thomas Stearns Eliot (1888–1965) negli stessi anni: un’immagine o una situazione particolare acquistano per il lettore un immediato significato di valore universale, senza il bisogno di mediazioni o spiegazioni. Così il senso di una vita arida e prosciugata ha il suo emblema negli «ossi di seppia»; il male di vivere in un «rivo strozzato »; l’indifferenza e il distacco dalla vita in una «statua» colta nell’immobilità atmosferica di un pomeriggio estivo ecc. disagio esistenziale immagini pregnanti Meriggiare pallido e assorto ►  Spesso il male di vivere ho incontrato ►  teoria del “correlativo oggettivo” Resistere al «male di vivere» Certamente la poesia di Montale è oscura e “difficile”, ma ciò non dipende tanto dall’uso audace dell’analogia o dall’abbondanza di concetti astratti, quanto piuttosto dalla e, soprattutto nella seconda e terza raccolta, dall’opacità dei riferimenti e dalle volute omissioni che nascondono le motivazioni reali da cui scaturiscono i versi. È questo il punto che lo allontana dai poeti ermetici: Montale dice di ritenersi nato nel solco di una «corrente di poesia non realistica, non romantica e nemmeno strettamente decadente, che molto all’ingrosso si può dire metafisica», in quanto nata «dal cozzo della ragione con qualcosa che non è ragione». Al riguardo è decisiva, negli anni Trenta e Quaranta, la suggestione esercitata su di lui dall’ . Tanto nelle quanto nella l’appello a una emerge in primo piano. Montale compone un canzoniere in cui l’amore è chiamato a riscattare – oltre alla «totale disarmonia» dell’individuo rispetto alla realtà – le tragedie della Storia, rappresentate da guerre e dittature. Tale riscatto è però un’ , non sostenuta, come lo è in Dante, da una fede ultraterrena, ma dalla brutalità e dalla stupidità delle vicende umane e anche dallo scetticismo e dal pessimismo del poeta stesso. fortissima concentrazione semantica allegorismo dantesco Occasioni Bufera figura femminile in grado di annientare le miserie dell’esistenza illusione minacciata Una poesia metafisica  >> pag. 563  Nelle ultime opere Montale esplicita la polemica contro i miti omologanti che plasmano l’immaginario collettivo: «Ho scritto un solo libro, di cui prima ho dato il , ora do il », dichiara nel 1975. In effetti, alle prime tre raccolte, che costituiscono ai suoi occhi il (cioè il diritto della medaglia), seguono nel 1971 e di lì a poco un’ulteriore, cospicua produzione poetica: insieme compongono il , cioè il rovescio. L’autore , ai quali egli guarda perplesso quando non addirittura inorridito. Compaiono nei suoi testi, quali spunti compositivi, episodi minimi di ; la tensione lirica al sublime si spegne, sostituita da un , pervaso di . I versi di Montale si muovono ora tra i rifiuti della società dei consumi, ma nonostante tutto la poesia non perde senso, resta «ancora possibile», come il poeta sosterrà ricevendo il premio Nobel. recto verso recto Satura verso lega il proprio senso di smarrimento ai meccanismi della società di massa cronaca pubblica e privata tono colloquiale e prosastico ironia Il rovescio della medaglia  T1  Un bilancio letterario Intenzioni (Intervista immaginaria) Terminata da poco la Seconda guerra mondiale, Montale è vicino alla soglia dei cinquant’anni e fa il punto sulla propria opera poetica, che consiste in quel momento di due libri ( e ) e di una piccola raccolta, , che sarebbe confluita nel volume . Il poeta immagina dunque un’intervista a sé stesso in cui si giudica con lucidità e disincanto. Il testo viene pubblicato sulla “Rassegna d’Italia” nel gennaio 1946. Ne riportiamo i passi salienti. Ossi di seppia Le occasioni Finisterre La bufera e altro Una di dichiarazione poetica Scrivendo il mio primo libro (un libro che si scrisse da sé) […] ubbidii a un bisogno di espressione musicale. Volevo che la mia parola fosse più aderente di quella degli altri poeti che avevo conosciuto. Più aderente a che? Mi pareva di vivere sotto a una campana di vetro, eppure sentivo di essere vicino a qualcosa di essenziale. Un velo sottile, un filo appena mi separava dal definitivo. L’espressione assoluta sarebbe stata la rottura di quel velo, di quel filo: un’esplosione, la fine dell’inganno del mondo come rappresentazione. Ma questo era un limite irraggiungibile. 1 2 3 5 quid 4 5 . nacque da un’urgenza interiore incontenibile, prima ancora che da un razionale moto della volontà, e fu scritto in maniera impetuosa. non riuscivo a stabilire un contatto con la realtà. dal dato in grado di svelare l’autentica natura della realtà. una parola essenziale sarebbe stata in grado di squarciare il velo e svelare l’inganno che si nasconde dietro le apparenze ( , 1819, è il titolo dell’opera più importante del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer). 1 il mio primo libro: Ossi di seppia 2 si scrisse da sé: 3 Mi pareva di vivere sotto a una campana di vetro: 4 dal definitivo: quid 5 L’espressione assoluta sarebbe stata la rottura… rappresentazione: Il mondo come volontà e rappresentazione  >> pag. 564  E la mia volontà di aderenza restava musicale, istintiva, non programmatica. All’eloquenza della nostra vecchia lingua aulica volevo torcere il collo, magari a rischio di una controeloquenza. […] Non pensai [nelle ] a una lirica pura nel senso ch’essa poi ebbe anche da noi, a un giuoco di suggestioni sonore; ma piuttosto a un frutto che dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli, o meglio senza spiattellarli. Ammesso che in arte esista una bilancia tra il di fuori e il di dentro, tra l’occasione e l’opera–oggetto bisognava esprimere l’oggetto e tacere l’occasione-spinta. Un modo nuovo, non parnassiano, di immergere il lettore in medias res, un totale assorbimento delle intenzioni nei risultati oggettivi. Anche qui, fui mosso dall’istinto non da una teoria (quella eliotiana del «correlativo obiettivo» non credo esistesse ancora, nel ’28, quando il mio Arsenio fu pubblicato nel ). In sostanza non mi pare che il nuovo libro contraddicesse ai risultati del primo: ne eliminava alcune impurità e tentava di abbattere quella barriera fra interno ed esterno che mi pareva insussistente anche dal punto di vista gnoseologico. Tutto è interno e tutto è esterno per l’uomo d’oggi; senza che il cosiddetto mondo sia necessariamente la nostra rappresentazione. […] Le erano un’arancia, o meglio un limone a cui mancava uno spicchio: non proprio quello della poesia pura nel senso che ho indicato prima, ma in quello del , della musica profonda e della contemplazione. Ho completato il mio lavoro con le poesie di , che rappresentano la mia esperienza, diciamo così petrarchesca. Ho proiettato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia (la chiami come vuole) dei «Mottetti» sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza scopo e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna o nube, angelo o procellaria. 10 6 Occasioni 7 8 15 9 10 Criterion 11 20 12 25 Occasioni 13 pedale 14 Finisterre 15 16 30 17 Montale riprende l’esortazione di Verlaine a «torcere il collo all’eloquenza», per esprimere l’intento di staccarsi dall’italiano aulico della tradizione poetica, sentito come inadeguato. Per lui occorre liberarsi dalla retorica tradizionale anche a rischio di fondare, per contrasto, una retorica opposta ( ). allude alla poetica dell’Ermetismo, prendendone le distanze. senza esibirli, senza mostrarli in modo troppo evidente. tacere lo spunto autobiografico e concretizzare lo stato d’animo in un oggetto. non impersonale. Il riferimento è alla scuola poetica francese del secondo Ottocento, i cui esponenti erano fautori di un’arte pura e tecnicamente perfetta. sulla rivista “The Criterion”, diretta da T.S. Eliot, Mario Praz nel 1928 pubblicò la traduzione in inglese della poesia . In realtà Eliot aveva già elaborato il concetto di “correlativo oggettivo” intorno al 1920. l’idea di un distacco fra l’interiorità e il mondo mi pareva senza fondamento anche dal punto di vista teoretico. La gnoseologia è la teoria della conoscenza. la precisazione serve a sottolineare il sapore aspro delle . in senso musicale. Intende la capacità di mantenere a lungo una nota. in quanto verte su una figura femminile. donne ispiratrici. Selvaggia dei Vergiolesi fu cantata da Cino da Pistoia; Mandetta di Tolosa da Guido Cavalcanti; Delia dal poeta francese cinquecentesco Maurice Scève. è un uccello marino in grado di volare nelle condizioni più difficili. Di qui il nome ( in latino significa tempesta). 6 All’eloquenza… controeloquenza: controeloquenza 7 Non pensai… sonore: 8 senza spiattellarli: 9 esprimere… occasione–spinta: 10 non parnassiano: 11 quella eliotiana… : Criterion Arsenio 12 barriera… gnoseologico: 13 un’arancia… limone: Occasioni 14 pedale: 15 esperienza… petrarchesca: 16 la Selvaggia… Delia: 17 procellaria: procella Dentro il testo       I contenuti tematici Nell’ Montale passa in rassegna le (r. 17) che guidano la sua ricerca poetica e le accoglienze ricevute dalla sua produzione. Ne emerge la grande capacità del poeta di recepire i più significativi impulsi culturali dei tempi che si trova ad attraversare, rifiutando però di aderire a una corrente o a un movimento. Montale sta per conto proprio, e tiene a sottolineare il dinamismo della sua produzione poetica che non resta inchiodata alla maniera degli esordi – connotata dal desiderio fortemente agonistico di (r. 9) alla vecchia di stampo accademico e dannunziano –, ma evolve senza tradire le iniziali premesse. «In questo senso», scrive in un altro passo dell’ , «è prodigioso l’insegnamento del Foscolo, un poeta che non s’è ripetuto mai». Resta inteso, comunque, che più di un’affermazione andrà presa con le molle: Montale si compiaceva di depistare i critici, suggerendo interpretazioni dubbie e dissimulando influenze decisive. Per esempio, è difficile credergli fino in fondo quando insiste sull’importanza dell’istinto a discapito della (rr. 17–18). Intervista immaginaria intenzioni torcere il collo eloquenza Intervista immaginaria teoria Un percorso indipendente Verso le competenze       COMPRENDERE In che cosa consiste il desiderio giovanile di (r. 8) ricordato da Montale? 1 aderenza Che genere di poesia diversa dalla (r. 11) intende fare Montale nelle ? 2 lirica pura Occasioni Quale differenza viene notata tra la prima e la seconda raccolta? 3 ANALIZZARE Nel testo si colgono alcuni riferimenti a scrittori e filosofi precedenti e contemporanei al poeta. Individuali e illustra a quale scopo vengono introdotti. 4 INTERPRETARE Nel brano sono presenti alcuni spunti di polemica letteraria. Prova a rintracciare i più evidenti e spiega il loro ruolo ai fini argomentativi. 5 Memoria e autobiografia La percorre tutta l’opera poetica di Montale, dove il carico dei ricordi acquista, di raccolta in raccolta, un peso crescente. Negli il confronto diretto con una desolante condizione esistenziale, trasposta nel riarso paesaggio ligure, non impedisce alla memoria di riportare in superficie immagini di volti amati, come accade in ( T15, p. 610). Il , che deforma una realtà irrevocabile, è rapidamente: già nel primo Montale è presente una visione del tempo come spietato agente distruttivo, destinata ad assumere in seguito un ruolo decisivo. Nelle il distacco temporale e spaziale dalla donna amata favorisce l’emergere di una ricca . Il poeta recupera i rari momenti di gioia, ormai lontani, e riconosce in essi le tracce di altre vite possibili, diverse, libere dalla stanca inerzia del presente. Le folate dei ricordi investono continuamente una quotidianità grigia, illuminandola con segnali e messaggi cifrati che soltanto il poeta riconosce: attimi in cui si profila la possibilità di un «varco», di un’evasione verso un altrove felice, prima che l’inesorabile fluire del tempo sommerga la speranza, lasciando il posto allo smarrimento e alla solitudine. prosegue nella medesima direzione, proiettando questa oscillazione di stati d’animo sullo sfondo oscuro della guerra, rischiarato a tratti dalla comparsa della donna sotto forma di angelo visitatore. riflessione sul vissuto personale Ossi di seppia Cigola la carrucola del pozzo ►  ricordo destinato a svanire Occasioni vena memoriale Finisterre Le occasioni della memoria Oltre al motivo amoroso, a suscitare i ricordi nei versi di Montale è l’esigenza di elaborare il lutto, processo che non cede mai alla tentazione del patetico. Gli affetti più intimi sopravvivono nella memoria di chi rimane e li conserva gelosamente. I sono così sottratti all’oblio ma anche alla pace della morte: «larve rimorse dai ricordi umani» vengono definiti in una poesia di . Viceversa, in , componimento che chiude , i fantasmi di chi è mancato assediano la mente, dando vita a uno dei più intensi esempi di della nostra poesia novecentesca: «Oh il gocciolìo che scende a rilento / dalle casipole buie, il tempo fatto acqua, / il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento, / il vento che tarda, la morte, la morte che vive!». defunti Ossi di seppia Notizie dall’Amiata Le occasioni climax L’ambivalenza del lutto  >> pag. 566  Per Montale non c’è nulla di pacificante, e neppure di idillico o di nostalgico, nel recupero dei ricordi. Ciò vale anche per le ultime raccolte (da in poi), nelle quali acquista uno spazio dominante la meditazione sul , che continua a rappresentare un , associato allo scorrere dell’acqua: «I grandi fiumi sono l’immagine del tempo, / crudele e impersonale. Osservati da un ponte / dichiarano la loro nullità inesorabile» ( ). A differenza di tanti poeti del Novecento, Montale non mitizza l’infanzia, trasformandola in una pura età dell’innocenza, ma la cristallizza in qualche improvviso, senza rinunciare all’ironia. È ciò che accade, per esempio, in , dove evoca la figura di una vecchia serva analfabeta, eludendo la commozione con uno scarto nel registro comico: «se entrasse ora nella mia stanza / avrebbe centotrent’anni e griderei di spavento ». Frequentissimi sono invece i richiami alla Mosca, la compagna di una vita, morta nel 1963: il poeta riannoda il filo del inanellando una serie di aneddoti domestici e quotidiani, nei quali la malinconia è spesso temperata dall’umorismo o comunque da un tono di dolce rievocazione. Satura tempo fattore ostile L’Arno a Rovezzano flash Quel che resta (se resta) dialogo con la moglie scomparsa Il logorio del tempo  T2  La casa dei doganieri Le occasioni In questo componimento, pubblicato per la prima volta nel 1930 sull’“Italia letteraria”, Montale si rivolge a una donna ormai lontana, identificabile con Arletta (Anna degli Uberti), musa della sua prima stagione poetica. A custodire il ricordo della casa dei doganieri il poeta è rimasto solo, in un presente fatto di dubbi, angosce, frustrazione. Nel componimento l’antitesi fra ieri e oggi appare insuperabile. 4 strofe alternate di 5 e 6 versi, per lo più endecasillabi. Irregolare e fitto il tessuto delle rime. METRO La della forza memoria         Tu non ricordi la casa dei doganieri         sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:         desolata t’attende dalla sera         in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri     e vi sostò irrequieto.         Libeccio sferza da anni le vecchie mura         e il suono del tuo riso non è più lieto: 5 il poeta si rivolge ad Arletta, ovvero Anna degli Uberti. Montale la conobbe di sfuggita a Monterosso, dove lei villeggiava. Credendola morta (scomparve invece nel 1959), ne fece un emblema della giovinezza perduta, sul modello della Silvia leopardiana. : si tratta di un edificio destinato al controllo del traffico marittimo in cui, secondo la trasfigurazione del poeta, avvenne il suo incontro con la donna. vuota. Il poeta proietta sulla casa la propria angoscia. non la donna entrò nella casa, ma i suoi pensieri, che per traslato introducono una figura vivace e irrequieta. Più che di una visita reale si tratta in ogni caso di pura immaginazione: Montale in un’intervista dichiarò che la casa dei doganieri venne distrutta nella sua infanzia e che la donna non la vide mai. vento che proviene da sudovest, caldo e umido. 1 Tu non ricordi: la casa dei doganieri 3 desolata: 4–5 v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri e vi sostò irrequieto: 6 Libeccio:  >> pag. 567          la bussola va impazzita all’avventura         e il calcolo dei dadi più non torna.   Tu non ricordi; altro tempo frastorna         la tua memoria; un filo s’addipana.         Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana         la casa e in cima al tetto la banderuola         affumicata gira senza pietà.   Ne tengo un capo; ma tu resti sola         né qui respiri nell’oscurità.         Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende         rara la luce della petroliera!         Il varco è qui? (Ripullula il frangente   ancora sulla balza che scoscende…).         Tu non ricordi la casa di questa         mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. 10 15 20 la bussola, impazzita, non segna più il nord e i dadi non permettono alcun calcolo. Fuor di metafora, non è più possibile orientarsi né fare previsioni per il futuro. La bussola e i dadi hanno la funzione di correlativi oggettivi. altri ricordi si affollano nella tua mente. il filo che lega il passato al presente si dipana. Montale riprende indirettamente il mito di Teseo: ma se questi uscì dal labirinto grazie al filo datogli da Arianna, il poeta resta solo e smarrito, con un capo del filo, si direbbe di una matassa, tra le mani ( , dice nella strofa seguente). “il ricordo della casa svanisce” oppure “il luogo di una possibile felicità è sempre più distante da noi”. la banderuola di latta che segnala sul tetto la direzione del vento, annerita dal fumo del comignolo, gira su sé stessa. In altre parole, ci si muove nella vita senza punti di riferimento. l’orizzonte (e dunque il futuro) pare allontanarsi, insieme alla luce intermittente della petroliera. La luce della petroliera rappresenta forse la labile possibilità di un , da cui la domanda seguente ( ). domanda fondamentale. Il rappresenta la via di salvezza, la possibilità di sottrarsi all’usuale corso della vita. le onde del mare si infrangono senza tregua sul rialzo scosceso. non so chi è davvero andato e chi davvero è rimasto, chi è morto e chi è ancora in vita. Spiega Montale: «La fanciulla in questione […] andò verso la morte, ma io lo seppi molti anni dopo. Io restai e resto ancora. Non si sa chi abbia fatto la scelta migliore. Ma verosimilmente non vi fu scelta». 8–9 la bussola… non torna: 10–111 altro tempo… memoria: 11 un filo s’addipana: Ne tengo ancora un capo 12–13 s’allontana la casa: 13–14 in cima… senza pietà: 17–18 Oh l’orizzonte… petroliera!: varco Il varco è qui? 19 Il varco è qui?: varco 19–20 Ripullula… scoscende: 22 non so chi va e chi resta: Dentro il testo       I contenuti tematici dà il titolo a una breve raccolta poetica apparsa nel 1932, dunque a metà dell’intervallo tra gli (1925) e (1939), di cui è una delle poesie meno recenti. Si tratta in effetti di un componimento cruciale nel passaggio fra la prima e la seconda raccolta. I consueti scenari liguri rimangono, ma spostati sul piano di un recupero memoriale. Nel contempo il vocativo non rimanda più a un interlocutore generico o al poeta medesimo, ma a una donna assente, secondo una consolidata tradizione lirica. La casa dei doganieri Ossi di seppia Le occasioni tu Una poesia di passaggio Come in Leopardi, anche in Montale l’illusione amorosa si configura come mezzo per evadere da una realtà sentita come fonte di infelicità. Lo sforzo di tenere in vita un ricordo struggente (cui la poesia accenna soltanto) fa da argine allo spaesamento del poeta e ne attenua la solitudine. L’immagine della casa desolata, battuta dai venti, è la trasparente rappresentazione di uno stato d’animo. Come un tempo i doganieri, anche il poeta scruta il mare, dove lontana si a tratti la di una (vv. 17–18). Sta qui il (v. 19), la speranza di una fuga dal corso normale dell’esistenza? Oppure il riscatto risiede nel preservare gli affetti dall’erosione del tempo che tutto consuma? Il finale non scioglie il dubbio. Montale riprende il tema della ricerca di una smagliatura nel tessuto della quotidianità, presente già negli (la «maglia rotta nella rete» della lirica ), ma lo lega a doppio filo a una figura femminile. Di qui a poco, all’orizzonte comparirà il profilo angelico e duro di Clizia. accende luce petroliera varco Ossi di seppia In limine Il varco  >> pag. 568  Le scelte stilistiche La frase , ripetuta tre volte (nella prima, nella seconda e nella quarta strofa), fa da motivo portante della poesia e suggerisce un confronto con il più celebre appello in versi a una giovinetta scomparsa nel fiore degli anni: «Silvia, rimembri ancora / quel tempo della tua vita mortale». Leopardi, però, fa una domanda retorica: la risposta è negativa in quanto Silvia è morta; invece Montale, in qualche modo, fornisce già la risposta, a indicare la lucida certezza della perdita. L’appello si risolve nella constatazione di una solitudine irrimediabile. Lo smarrimento del poeta si riflette nei suoi correlativi oggettivi*: la […] (v. 8), il (v. 9), la (vv. 13–14) che sul tetto gira senza pietà (v. 14). Tu non ricordi bussola impazzita calcolo dei dadi che più non torna banderuola / affumicata Tu non ricordi Il dubbio esistenziale si traduce nell’antitesi* fra dinamismo e immobilità che percorre la poesia senza che uno dei due termini prevalga decisamente sull’altro. Dunque troviamo da una parte verbi come (v. 3), (v. 5), (v. 15), che indicano la ferma resistenza del poeta, dall’altra verbi quali (v. 4), (v. 6), (v. 8), (v. 12), (v. 14), (v. 19), che esprimono i violenti attacchi del tempo o, come gli ultimi due, il suo ritorno sempre uguale. attende sostò resti entrò sferza va s’allontana gira Ripullula Chi va e chi resta Verso le competenze       COMPRENDERE Dove si trova la casa dei doganieri? 1 In che senso, nella terza strofa, si dice che la casa (v. 12)? 2 s’allontana ANALIZZARE Individua le rime e le principali figure foniche (allitterazioni, assonanze, rime imperfette) presenti nel componimento. 3 Rintraccia nel testo le espressioni che contengono una negazione e, dopo averle elencate, prova a metterle in relazione con il significato della poesia. 4 INTERPRETARE (v. 19). Prova a fornire una spiegazione del significato di questa domanda. 5 Il varco è qui? PRODURRE Seguendo la traccia della poesia, immagina un dialogo tra Arletta ed Eugenio, scrivendo 5 battute per ciascuno. 6 Claude Monet, , 1882. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. Casa della dogana a Varengeville