Il secondo Novecento e gli anni Duemila – L'autore: Cesare Pavese La vita Le opere • Nasce a Santo Stefano Belbo (Cuneo) 1908   • Si laurea in Lettere all’Università di Torino con una tesi su Walt Whitman 1930 • Insegna in scuole private e serali • Inizia la produzione poetica e narrativa, escono le traduzioni di classici 1932   • Viene arrestato per antifascismo e inviato al confino a Brancaleone Calabro 1935 1936 (edizione definitiva 1943) Lavorare stanca 1941 Paesi tuoi • Inizia a lavorare alla casa editrice Einaudi 1942 La spiaggia • Dopo l’8 settembre si rifugia dalla sorella nel Monferrato e poi nel collegio Trevisio a Casale Monferrato 1943   • Riprende a lavorare per Einaudi e inizia a collaborare con “l’Unità”, trasferendosi a Roma 1945 • Torna definitivamente a Torino 1946 1947 Il compagno 1949 Prima che il gallo canti; La bella estate; Il diavolo sulle colline; Tra donne sole; Dialoghi con Leucò 1950 La luna e i falò • Muore a Torino 1950 1951 Verrà la morte e avrà i tuoi occhi 1952 Il mestiere di vivere 1953 Notte di festa 1959 Fuoco grande 1968 Ciau Masino 3 I grandi temi La poesia come racconto di sé Pavese è soprattutto un , di forte contenuto lirico ma comunque un narratore. Lo si vede anche quando, come accade ai suoi esordi letterari, si dedica alla poesia. Nei componimenti di (1936) l’autore intende comporre un ritratto di sé, descrivendo – secondo quanto afferma lui stesso in un’appendice all’edizione del 1943 – «l’avventura dell’adolescente che, orgoglioso della sua campagna, immagina consimile la città, ma vi trova la solitudine e vi rimedia col sesso e la passione che servono soltanto a sradicarlo e gettarlo lontano da campagna e città, in una più tragica solitudine che è la fine dell’adolescenza». Del resto già in questa raccolta compare la gran parte dei temi e delle figure che di lì a poco verranno sviluppati nella produzione narrativa: il personaggio del reduce dall’America, l’infanzia come stagione della solitudine, la campagna e la collina, la donna e la sessualità. In ognuno dei componimenti di – raccolta caratterizzata da un sostanziale e narrativo – la fantasia prende l’avvio dal personaggio che vi compare, prima ancora che dal poeta stesso: è questa la tecnica della cosiddetta “ ”, che risponde al proposito di “ ” piuttosto che descrivere direttamente sensazioni e stati d’animo. narratore Lavorare stanca Lavorare stanca andamento epico immagine interna raccontare immagini Il repertorio tematico di Lavorare stanca  >> pag. 746  Nella lirica che apre la raccolta, , troviamo una figura che tornerà spesso nella successiva produzione pavesiana: quella dell’espatriato, di colui che se n’è andato, che si è allontanato dal proprio ambiente d’origine per cercare l’avventura e il successo nel mondo e che poi, a un certo punto della vita, vi torna spinto dalla tristezza della nostalgia. È questa, in fondo, la , sradicato dalle Langhe e incapace di integrarsi fino in fondo nella dimensione della città. O meglio: capace di farlo sul piano professionale (si pensi al suo ruolo di giornalista, intellettuale, dirigente editoriale, scrittore affermato), ma non altrettanto su quello privato, personale, esistenziale. La ricerca dei luoghi d’origine incarna così l’ : il senso di solitudine e di estraneità percepito nel presente della vita cittadina può essere infatti mitigato, per Pavese, dal recupero del passato, dell’infanzia, della propria terra. I mari del Sud condizione biografica di Pavese stesso aspirazione a un’intima comunicazione con la parte più profonda di sé Il ritorno dell’espatriato Il di tornare ai luoghi mitici della propria infanzia si rivela però (lo si vede soprattutto nell’ultimo romanzo, ), come anche appare poco percorribile, agli occhi dello scrittore, la strada della condivisione di una causa sociale o politica (lo si comprende in particolare leggendo ). L’esito della sua vicenda esistenziale non può essere, dunque, che l’isolamento e la solitudine. Quando l’ultima , quella , cade miseramente, rimane solo la disperazione, motivi presenti anche in molte liriche delle ultime due raccolte poetiche, (1945–1946) e (1950). tentativo fallimentare La luna e i falò La casa in collina illusione sentimentale La terra e la morte Verrà la morte e avrà i tuoi occhi L’approdo alla disperazione  T1  Lavorare stanca Lavorare stanca Nella poesia che dà il titolo alla sua prima raccolta poetica, l’autore esprime il doloroso contrasto tra il senso della propria solitudine e il desiderio, sempre frustrato, di uscirne. Versi liberi. METRO La della condanna solitudine         Traversare una strada per scappare di casa         lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira         tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo         e non scappa di casa.         Ci sono d’estate     pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese         sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge         per un viale d’inutili piante, si ferma.         Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?         Solamente girarle, le piazze e le strade   sono vuote. Bisogna fermare una donna         e parlarle e deciderla a vivere insieme.         Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte         c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi         e racconta i progetti di tutta la vita. 5 10 convincerla. 11 deciderla:  >> pag. 747    Non è certo attendendo nella piazza deserta         che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade         si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,         anche andando per strada, la casa sarebbe         dove c’è quella donna e varrebbe la pena.   Nella notte la piazza ritorna deserta         e quest’uomo, che passa, non vede le case         tra le inutili luci, non leva più gli occhi:         sente solo il selciato, che han fatto altri uomini         dalle mani indurite, come sono le sue.   Non è giusto restare sulla piazza deserta.         Ci sarà certamente quella donna per strada         che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa. 15 20 25 se l’uomo avesse una compagna ad aspettarlo a casa, egli, non essendo vittima della propria solitudine, potrebbe godersi l’occasionale vagabondaggio. Diversamente la solitudine non possiede più la valenza positiva dell’avventura, ma soltanto quella negativa dell’incapacità di stringere rapporti autentici. accetterebbe di creare una famiglia. 17–19 Se fossero… varrebbe la pena: 27 vorrebbe… alla casa: Dentro il testo       I contenuti tematici La fuga da casa, il vagabondare, il contatto con la natura, il rifiuto di un lavoro che costringe la persona entro meccanismi alienanti sono possibili – dice Pavese – soltanto quando si è giovani. Ma il personaggio della poesia non è più un ragazzo, bensì un uomo. L’età adulta comporta responsabilità alle quali non ci si può sottrarre, per esempio quella di formare una famiglia ( , vv. 10–11). Diversamente la solitudine a cui l’uomo si condanna diventa un angosciante rovello interiore ( , v. 8). D’altra parte l’esigenza di comunicare con gli altri è insopprimibile, come indica l’immagine dell’ubriaco che nella notte si mette a parlare con gli sconosciuti ( , v. 13). La soluzione sarebbe dunque quella di accettare, anzi di cercare l’amore di una donna, perché (v. 25), ma questa condizione sentimentale non sembra facile da conseguire (nonostante l’affermazione di tale possibilità con l’avverbio , v. 26): la felicità familiare rimane così un obiettivo non raggiunto e sostanzialmente irraggiungibile. Bisogna fermare una donna / e parlarle e deciderla a vivere insieme Val la pena esser solo, per essere sempre più solo? lo sbronzo notturno che attacca discorsi non è giusto restare sulla piazza deserta certamente L’impossibilità di uscire da sé stessi Le scelte stilistiche La lirica appare intessuta su alcune parole chiave che ritornano ossessivamente, quasi a segnalare i pensieri fissi dell’autore. Innanzitutto vanno evidenziati i termini che rimandano alla condizione di desolazione dell’uomo solo: le sono (v. 5; l’aggettivo è ripetuto al v. 10 in riferimento anche alle strade); le e le sono (vv. 7 e 22), in quanto «per gli altri un viale alberato, una piazza, un angolo della città hanno un significato perché legati a una vicenda sentimentale e umana (colloqui, incontri)», mentre per il poeta «tutto è uguale e anonimo» (Guglielmino); la è (vv. 15 e 25). Si noti poi la ripetizione dell’aggettivo (presente due volte al v. 8 e una al v. 12, riecheggiato anche dall’avverbio , v. 9), su cui si incardina il motivo principale della poesia. piazze vuote piante luci inutili piazza deserta solo solamente Le parole chiave negative…  >> pag. 748  Accanto ai vocaboli che appartengono alle aree semantiche della solitudine e dell’insensatezza, troviamo però due parole-immagine di segno positivo: la (vv. 10; 19; 26) e la (vv. 18; 21, al plurale; 27). La figura femminile rappresenta quella alterità che consente all’uomo di uscire da sé stesso, e la casa l’approdo a un’esistenza caratterizzata dalla comunicazione e dall’apertura alla vita. donna casa … e quelle positive Verso le competenze       COMPRENDERE Riassumi in 5 righe la riflessione dell’autore. 1 ANALIZZARE Descrivi le scelte lessicali di Pavese facendo riferimenti diretti al testo e spiegando per quali aspetti esse differiscono da quelle degli Ermetici. 2 INTERPRETARE (v. 8). È questo uno dei versi più drammatici della lirica. Qual è, formulata con altre parole, la domanda che il poeta pone a sé stesso? 3 Val la pena esser solo, per essere sempre più solo? Al v. 22 l’uomo solo . Quale può essere il significato di questo atteggiamento? 4 non leva più gli occhi La donna inafferrabile L’artista livornese Amedeo Modigliani dipinge per contrasti: ai colori accesi, “eccessivi”, si contrappongono forme quasi stilizzate, vicine alle esperienze dei pittori cubisti, e un disegno elegante, quasi antico, memore dei dipinti del Quattrocento italiano. In questo la fisionomia del volto emerge dal fondo indistinto, e la chioma fulva risplende sulla carnagione chiara e il lungo collo allungato. Nonostante l’esecuzione veloce, per rapidi tratti, la donna si staglia sulla tela con uno sguardo insieme malinconico e inafferrabile, come un sogno d’amore lontano e irraggiungibile. Non è un caso che le pupille non siano delineate: diceva infatti Modigliani di non riuscire a dipingere una donna se prima non l’avesse amata e non ne avesse conosciuto l’intimità più segreta. L’astrazione degli occhi vuoti e a mandorla è tipica di molti dei ritratti dell’artista e, insieme alle linee sinuose del contorno, crea un’atmosfera sospesa, metafisica, che riflette i tormenti del pittore. Ritratto di ragazza con i capelli rossi Amedeo Modigliani, , 1918. Collezione privata. Ritratto di ragazza con i capelli rossi