Il secondo Novecento e gli anni Duemila – L'autore: Carlo Emilio Gadda LABORATORIO verso l'esame  TIPOLOGIA A    analisi del testo   Il sogno di Pestalozzi , cap. 8 Quer pasticciaccio brutto de via Merulana Le indagini condotte dalla squadra mobile di Roma hanno portato a individuare nella zona dei Due Santi, nella campagna dei Castelli romani, il luogo dove continuare le ricerche dell’assassino della signora Balducci. Si tratta di una tintoria gestita da una certa Zamira, ex prostituta, nota alle forze dell’ordine come tenutaria di una casa di tolleranza, vera attività di cui il laboratorio è copertura. Da lei si reca il brigadiere Pestalozzi, che la notte prima ha fatto un sogno molto particolare. Avea veduto nel sonno, o sognato… che diavolo era stato capace di sognare?… uno strano essere: un pazzo: un topazzo. Aveva sognato un topazio: che cos’è, infine, un topazio? un vetro sfaccettato, una specie di fanale giallo giallo, che ingrossava, ingrandiva d’attimo in attimo fino ad essere poi subito un girasole, un disco maligno che gli sfuggiva rotolando innanzi e pressoché al di sotto della ruota della macchina, per muta magia. La marchesa lo voleva lei, il topazio, era sbronza, strillava e minacciava, pestava i piedi, la faccia stranita in un pallore diceva delle porcherie in veneziano, o in un dialetto spagnolo, più probabile. Aveva fatto una cazziata al generale Rebaudengo perché i suoi carabinieri non erano buoni a raggiungerlo su nessuna strada o stradazia, il topazio maledetto, il giallazio. Tantoché al passaggio a livello di Casal Bruciato il vetrone girasole… per fil a dest! E’ s’era involato lungo le rotaie cangiando sua figura in topaccio e ridarellava topo–topo-topo–topo: e il Roma–Napoli filava filava a tutta corsa dietro al crepuscolo e pressoché già nella notte e nella tenebra circèa, diademato di lampi e di scintille spettrali sul pantografo, lucanocervo saturato d’elettrico. Fintantoché avvedutosi come non gli bastava a salvezza chella rotolata pazza lungo le parallele fuggenti, il topo-topazio s’era derogato di rotaia, s’era buttato alla campagna nella notte verso le gore senza foce del Campo Morto e la macchia e l’intrico del litorale pometino: le donne del casello strillavano, gridavano ch’era ammattito: lo fermassero, lo ammanettassero: il locomotore lo rincorreva in palude, coi due gialli occhi tutta perscrutava e la giuncaia e la tenebra fino laggiù, dove i nomi si diradano, appiè il monte della contessa Cir- 1 5 2 3 4 5 10 6 7 8 9 10 11 12 15 13 14 15 16 17 18 19 20 20 21 22 inizia la deformazione lessicale incentrata sul gioco linguistico tra topazio (il gioiello) e topo. nella dimensione onirica gli elementi compaiono improvvisamente, senza consecuzione logica, e spesso deformati. Nel sogno del brigadiere Pestalozzi, probabilmente la contessa Menegazzi diventa marchesa. sconvolta. lavata di capo. generale dell’arma dei carabinieri. invenzione gaddiana che riprende la costruzione della parola , come subito dopo . il topazio, giallo come un girasole. in fila a destra! Comando militare per la marcia. contrazione toscaneggiante per “esso”. cambiando. sequenza che simula il rumore di un treno. riferito al Circeo, vicino a Latina. circondato ( ) di lampi e di scintille spettrali sull’asta che collega la locomotiva elettrica ai cavi elettrici posti in alto ( ). la locomotiva assomiglia a un coleottero ( ) carico ( ) di elettricità. Il nome scientifico del cervo volante, coleottero dalle corna simili a un cervo, è . accortosi ( ) che quella folle fuga ( ) lungo le rotaie ( ) non era sufficiente. era uscito dalle rotaie, per darsi alla fuga nei campi. acque stagnanti. località nei pressi di Aprilia, a sud di Roma. si riferisce alla vegetazione sterposa e intricata tipica della zona verso il mare. riferito a Pomezia, cittadina a sud di Roma. la locomotiva. i fari ( ) della locomotiva illuminano la zona fitta di giunchi ( ), arbusti tipici della zone paludose, e il buio della notte. 1 topazzo: 2 marchesa: 3 stranita: 4 cazziata: 5 generale Rebaudengo: 6 stradazia: topazio giallazio 7 vetrone girasole: 8 per fil a dest!: 9 E’: 10 cangiando: 11 topo–topo-topo–topo: 12 circèa: 13 diademato… pantografo: diademato pantografo 14 lucanocervo… elettrico: lucanocervo saturato Cervus lucanus 15 avvedutosi… fuggenti: il topo– topazio chella rotolata pazza le parallele fuggenti 16 s’era derogato di rotaia: 17 gore: 18 Campo Morto: 19 la macchia: 20 litorale pometino: 21 il locomotore: 22 coi due gialli… fino laggiù: due gialli occhi la giuncaia  >> pag. 887  cia, ove luminarie e ghirlande dondolavano sopra le altane a lido, nello spiro seròtino del mare. Nereidi, ivi, appena emerse dal flutto, e subito ignudàtesi della lor veste, d’alghe e di spuma fra l’andirivieni dei camerieri in bianco e de’ sifoni diacci e delle fistule, solevano allegrare la notte fascinosa di Castel Porcano. La contessa, tra languide nenie, dimandava una fiala al sonno, all’oblio: ai ghirigori vani, agli smarrimenti del sogno. […] Ma la contessa Circia ebriaca arrovesciava il capo all’indietro, ricadendole i capelli zuppi (mentre palloncini gialli ridevano e dondolavano in cinese) nella torpida benignità della notte: zuppi d’uno shampo di white label: la fenditura della bocca, quale in un salvadanaio di coccio, s’inarcava sguaiata fino a potersi appuntare agli orecchi, le spaccava il volto come il cocomero dopo la prima incisione, in due batti batti, in due sottosuole di ciabatta: e dagli occhioni strabuzzati, che gli si vede il bianco di sotto a l’iridi come d’una Teresa riposseduta dal demonio, le gocciolavano giù per il volto lacrime etiliche, stille azzurrine: opalescenti perle d’un contrabbandato Pernod. Invocava la fiasca del ratafià, chiamava le sovvenzioni del Papà, del Papè, del grande Aleppo; dell’invisibile Onnipresente, ch’era, tutt’al contrario dell’Onnivisibile fetente salutato salvatore d’Italia, onnipotente nel praticare il solletico, ogni maniera di solletico: quanto era quello impotente a combinare checchefosse, e men che meno le sue verbose bravazzate. 23 24 25 26 25 27 28 29 30 31 32 33 30 34 35 36 37 38 39 35 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 40 50 sotto il promontorio del Circeo. La mitica maga Circe, che dà il nome al monte, si confonde con la contessa Menegazzi. le altane sono logge o terrazzi coperti, a forma di torretta, che in questo caso si affacciano verso il mare ( ). la brezza serale. le mitiche ninfe del mare. È una metafora per indicare le donne che escono dalle acque del mare dopo un bagno ( ). spogliatesi della loro vera veste, fatta di alghe e di schiuma, in quanto ninfe marine. i sifoni sono le tipiche bottiglie (in questo caso ghiacciate: ) contenenti il seltz, sostanza gassata che serve ad allungare gli alcolici. cannucce. È un riferimento ironico ai cannelli da cui anticamente si prendeva dal calice il vino consacrato durante la messa. erano soliti. deformazione di Castel Porziano, vicino a Ostia. Poco oltre Gadda usa «Castel Porcino», per segnare ancora di più l’analogia con i porci e la maga Circe. chiedeva un sonnifero, qualcosa che la facesse perdere nel sonno, nelle vane fantasie ( ) del sogno. ubriaca. nel gesto di rovesciare il capo, i capelli bagnati della Menegazzi ricadono all’indietro, in una notte che viene descritta come sonnacchiosa e benigna. riferimento, in inglese, all’etichetta bianca di una marca di whisky. L’ebbrezza della Menegazzi si riversa anche sui capelli. come in. fino a raggiungere, con le sue punte (della bocca), le orecchie. colpi. spalancati. Santa Teresa d’Avila, famosa per le sue estasi, che nel sogno vengono stravolte in possessioni demoniache. lacrime fatte di alcol. gocce. semitrasparenti, lattiginose. famoso liquore francese che a contatto con l’acqua acquista un colore lattiginoso. bottiglia del ratafià, un altro liquore. chiedeva aiuto. con un gioco di parole, l’invocazione al padre si trasforma in invocazione al diavolo, richiamando il verso dantesco « » ( , VII, 1). Satana. Mussolini. Richiamato ancora, subito dopo, con . qualsiasi cosa. A differenza del diavolo, che può e sa fare tutto, il Duce non sa e non può fare nulla, meno che mai ciò che promettevano le vanterie di cui riempiva i suoi discorsi ( ). 23 appiè… Circia: 24 altane a lido: a lido 25 spiro seròtino: 26 Nereidi: emerse dal flutto 27 ignudàtesi della lor veste, d’alghe e di spuma: 28 sifoni diacci: diacci 29 fistule: 30 solevano: 31 Castel Porcano: 32 dimandava una fiala al sonno: ghirigori vani 33 ebriaca: 34 ricadendole i capelli zuppi… nella torpida benignità della notte: 35 white label: 36 quale in: 37 fino a potersi appuntare agli orecchi: 38 batti batti: 39 strabuzzati: 40 Teresa riposseduta dal demonio: 41 lacrime etiliche: 42 stille: 43 opalescenti: 44 Pernod: 45 fiasca del ratafià: 46 chiamava le sovvenzioni: 47 del Papà, del Papè, del grande Aleppo: Pape Satàn, pape Satàn aleppe! Inferno 48 invisibile Onnipresente: 49 Onnivisibile fetente: quello 50 checchefosse: verbose bravazzate  >> pag. 888  COMPRENSIONE Fai il riassunto del testo in 10 righe. 1 Individua i luoghi citati nel brano. 2 A che cosa si riferisce la frase (rr. 19–20)? 3 le donne del casello strillavano, gridavano ch’era ammattito: lo fermassero, lo ammanettassero ANALISI Individua gli elementi, narrativi e stilistici, che caratterizzano la dimensione onirica del brano. 4 Rintraccia i neologismi presenti nel testo e commentali brevemente: qual è la loro origine? Quale funzione espressiva svolgono? 5 Fornisci qualche esempio di termine o espressione dei seguenti registri: dialettale, colloquiale, letterario. 6 Nel brano sono presenti figure retoriche? Se sì, quali? Con quale scopo? 7 Una tecnica utilizzata da Gadda è la deformazione delle parole: sapresti individuarne alcuni casi e spiegarne la funzione? 8 INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI Secondo te, il brano è rappresentativo della narrativa di Gadda? Perché? Sotto quali aspetti? 9 Gadda è uno dei più importanti romanzieri del Novecento: rispetto al romanzo classico ottocentesco quali analogie e quali differenze cogli a livello contenutistico e stilistico? 10  TIPOLOGIA B    saggio breve   ARGOMENTO «CHE RAZZA DI LINGUAGGIO È MAI QUESTO?»: L’INVENZIONE LINGUISTICA DA DANTE FINO AI NOSTRI GIORNI Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve utilizzando i documenti forniti. Nella tua argomentazione fai riferimento a ciò che hai studiato e alle tue conoscenze. Documento 1 Dante Alighieri (1265–1321) dà prova di grande forza inventiva: la frase messa in bocca al demonio Pluto è priva di senso e nasce dalla sua fervida immaginazione.         « »,         cominciò Pluto con la voce chioccia;     e quel savio gentil, che tutto seppe,         disse per confortarmi: «Non ti noccia         la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,     non ci torrà lo scender questa roccia». Pape Satàn, pape Satàn aleppe 3 6 Dante, , VII, 1–6 Inferno rauca. pagano saggio; è il poeta Virgilio che accompagna Dante all’Inferno. non ti danneggi la tua paura; poiché, per quanto potere abbia egli (Pluto), non ci impedirà di scendere per questo pendio roccioso. 2 chioccia: 3 savio gentil: 4–6 Non… roccia:  >> pag. 889  Documento 2 Nel romanzo Gargantua e Pantagruele lo scrittore francese François Rabelais (1494 ca – 1553) mischia i diversi registri linguistici. In questo brano il protagonista Pantagruele incontra uno studente che parla una singolare lingua maccheronica, fatta di parole latine e parole inventate. «Così tu vieni da Parigi» disse Pantagruele. «E come ve la passate voialtri studenti, laggiù a Parigi?». «Ah, noi transfertiamo la Sequana al diluculo e al crepuscolo; noi deambuliamo per trivia et quadrivia dell’urbe; noi dischiumeggiamo la verbocinazione laziale e, da verisimili amorabundi, captiamo la benevoglienza dell’omnigiudice, omniforme et omnigeno sesso femminio. Certi dieculi noi inspiciamo nei lupanari e in estasi venerica inculchiamo il nostro vervinello su per i penitissimi recessi delle pudende di quelle amicabilissime meretricule. Deinde, nelle commendabili taberne della Pigna, del Castello, della Maddalena, della Mula, cauponizziamo spatule vervecine pulcherrime, perforaminate di petrosillo; et si quando per accidens siavi penuria o lacuna di pecunia e siano le marsupie nostre fatte vidue et diserte di ferruginati metalli, noi, summa cum dignitate, dimittiamo le nostre quodammodo oppignorate vestimenta et pandette, interdum instando i tabellari dei penati e patriottici lari ut faciant prestus. Tuctus qui». «Che razza di linguaggio è mai questo?» esclamò Pantagruele. 5 10 1 15 François Rabelais, , 1532–1564, trad. di A. Frassineti, Rizzoli, Milano 2000 Gargantua e Pantagruele il senso complessivo del discorso dello studente è che essi attraversano la Senna dalla mattina alla sera, passeggiano oziosamente per la città, frequentano bordelli e bettole, mangiano spalle di montone al prezzemolo; se non hanno soldi per pagare lasciano in pegno libri e mantelli, in attesa che la famiglia spedisca loro un po’ di denaro tramite i portalettere. 1 Ah… Tuctus qui: Documento 3 In una nota della parte introduttiva alla Cognizione del dolore, Carlo Emilio Gadda spiega la sua visione del barocco: prima ancora della sua scrittura, è il mondo stesso a essere barocco. Un violoncello è uno strumento barocco; un contrabbasso, meglio che andar di notte; un femore, coi relativi cóndili, è un osso barocco; idem un bacino; il ghiandolone fegato è una polta barocca; il sedere del manichino femmina della grande sarta Arpàlice è un manichino barocco; la gobba del dromedario è barocca; le trippe del pretore Mamurra, panzone barocco, erano trippe barocche; gli enunciati del trombone in fa (chiave di basso) sono enunciati barocchi; i fagioli, le zucche, i cocómeri oblunghi sono altrettante scorribande, verso il barocco, della entelechia delle zucche e dei cocómeri quali natura tuttavia li elábora. 1 2 3 5 4 5 Carlo Emilio Gadda, , Einaudi, Torino 1987 La cognizione del dolore estremità articolari di un osso. poltiglia, intruglio. sarta milanese. cavaliere romano (I sec. a.C.), famoso per la sua vita dissoluta. termine filosofico che indica la compiuta realizzazione di ogni potenzialità. 1 cóndili: 2 polta: 3 Arpàlice: 4 Mamurra: 5 entelechia:  >> pag. 890  Documento 4 Il critico statunitense Robert S. Dombroski (1939–2002) spiega le origini psicologiche e filosofiche della scrittura barocca di Gadda. Con il senso di un’esistenza preda della rovina Gadda porta avanti il lavoro di scrittore. […] Basa la propria narrativa sulla convinzione che la razionalità e i princìpi etici tradizionali non rendano conto dell’incompiuta, oscura faccia della cognizione umana, la quale non opera secondo le regole della necessità causale o della logica. Sin dagli anni Venti, che segnarono l’inizio delle durature frequentazioni gaddiane della filosofia, il problema principale del pensiero di Gadda in materia di gnoseologia fu quello del groviglio, del garbuglio psicologico e metafisico, il quale si fa tanto più intricato quanto più ci si prova a sbrogliarlo. A una siffatta condizione dell’Essere Gadda allude nei termini del «barocco e [del] grottesco che albergano già nelle cose» o della «baroccagine» del mondo ( ), a significare una dissipazione dell’Essere nell’intrico che produce il suo proprio principio d’espressione – il maccheronico –, una forma di scrittura tesa a sovvertire le forme convenzionali di conoscenza culturale e letteraria. Il maccheronico smaschera la natura fallace dei fenomeni “normali”, ritorcendosi in tal modo contro gli oltraggi e il fraudolento discorso della storia. Esso, però, scandaglia altresì ciò che Gadda chiama «gli strati autonomi della rappresentazione» e reinventa l’esistenza nella forma di uno spettacolo volgare. I pronunciamenti di Gadda su tali questioni hanno dell’ossessivo. Le sue riflessioni sulla natura del mondo e della scrittura, sulle interrelazioni dei sistemi conoscitivo e letterario, oltre che sull’illimitato potenziale espressivo della parola scritta, non hanno eguali nella letteratura italiana del Novecento. 5 10 Cognizione del dolore 15 20 Robert S. Dombroski, , Manni, Lecce 2003 Le ideologie del testo. Saggi sulla narrativa italiana moderna e contemporanea Documento 5 Lo scrittore russo naturalizzato statunitense Vladimir Nabokov (1899–1977) fornisce un esempio di prosa barocca nell’incipit del celebre romanzo Lolita. Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo–li–ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita. Una sua simile l’aveva preceduta? Ah sì, certo che sì. E in verità non ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un’estate, in un principato sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh, quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli che avevo io quell’estate. Potete sempre contare su un assassino per una prosa ornata. Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo intrico di spine. 5 10 Vladimir Nabokov, , Adelphi, Milano 1996 Lolita  >> pag. 891  Documento 6 Lo scrittore Alberto Arbasino (n. 1930) si colloca sulla scia delle invenzioni gaddiane. In questo brano tratto dal suo romanzo più famoso, Fratelli d’Italia, l’autore crea un originale pastiche linguistico tipico dell’alta società mondana, che fa da sfondo all’opera. Comunque, per me, il posto non importa niente: anything goes, e magari anche make it another old-fashioned, please, come per Ethel Merman, glielo ripeto a questo qui. Purché ci sia da far tanto, come nei Paesi Bassi, a tutte le ore: via una spiaggia una sauna un cocktail-bar e i ristoranti che vanno bene e i bar per dopo e i night–clubs e la night-sauna fino a tardi e i parchi della crudeltà per quando si torna a casa, e soprattutto mai neanche il rischio di una bella seratina, ma proprio neanche una, col suo candlelight a tavola, e poi, dopo l’Irish coffee e i violiiini, che cosa mai si fa, darling, con tutti i locali chiusi e la Piazza della Cattedrale deserta? a room with a view – and you? Ah, no! insomma basta muoversi e non esagerare a fermarsi in una città, quando è chiaro che non va bene. 1 2 5 3 4 5 10 Alberto Arbasino, , Mondadori, Milano 2009-2010 Fratelli d’Italia qualunque cosa va bene. celebre canzone scritta dal compositore americano Cole Porter (1891–1964), interpretata da Ethel Merman (1908–1984), cantante e attrice statunitense. sauna notturna. candela. una camera con vista. 1 anything goes: 2 make it… Merman: 3 night–sauna: 4 candlelight: 5 a room with a view: Guida alla stesura Dopo un’attenta lettura di tutti i documenti, fai una breve sintesi di ognuno: nel Medioevo Dante sperimenta inedite forme espressive (doc. 1); nel Rinascimento Rabelais raccoglie la lezione dantesca (doc. 2); una componente essenziale dell’invenzione linguistica è il barocco, come dimostra Gadda (doc. 3); il barocco di Gadda ha precise origini filosofiche (doc. 4); un esempio straniero di scrittura barocca è fornito da Nabokov (doc. 5); un esempio contemporaneo proviene da Arbasino (doc. 6). Ciò ti permetterà di avere un’idea complessiva. Individua le parole chiave presenti in ogni documento e raggruppale in una serie di temi omogenei: i linguaggi inventati da Dante e da Rabelais (docc. 1, 2); il barocco di Gadda, e la relativa interpretazione critica (docc. 3, 4); due soluzioni moderne: non un linguaggio inventato, bensì un uso molto articolato dei registri linguistici (docc. 5, 6). Individua i punti di contatto e quelli di divergenza tra le diverse forme di invenzione linguistica. Mettile a confronto, spiegando come si sono sviluppate, modificate, e perché. Ogni tua affermazione deve essere sempre argomentata. Usa un linguaggio chiaro e preciso e, dove necessario, tecnico.