Il secondo Novecento e gli anni Duemila – L'autore: Italo Calvino la sintesi LA VITA E LE OPERE Italo Calvino nasce nel 1923 a Cuba, dove i genitori scienziati seguono alcune sperimentazioni agronomiche. Nel 1925 la famiglia rientra a Sanremo, e Calvino riceve un’educazione laica e razionalista. Nel 1941 consegue la maturità classica e si iscrive alla facoltà di Agraria dell’Università di Torino. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 diventa nelle brigate comuniste Garibaldi. Passato alla facoltà di Lettere con i benefici per i reduci, si laurea in Letteratura inglese nel 1947, anno in cui esce il suo primo romanzo, , che mescola realismo e fantasia; lo pubblica Einaudi, la casa editrice per la quale Calvino lavorerà dal 1950 come dirigente e poi come consulente di grande influenza nelle scelte editoriali. Stringe amicizia con Cesare Pavese ed Elio Vittorini. Con (1952), (1957) e (1959) affronta in chiave fiabesca e fantastica la conoscenza della realtà, il tema del “doppio”, la condizione dell’intellettuale. Dopo i fatti di Ungheria del 1956, prende le distanze dal Pci. Nel 1957 scrive , sulla superficialità morale dei . Dal 1959 al 1967 dirige con Vittorini il “Menabò di letteratura”. Nel 1963 si dedica alla narrazione della realtà contemporanea con e con . Compie molti viaggi, e nel 1964 sposa Esther Judith Singer (Chichita), argentina di origine russa; nel 1965 nasce la loro unica figlia, Giovanna. Nello stesso anno escono . Nel 1967 Calvino si trasferisce a Parigi; traduce di Raymond Queneau, che lo introduce negli ambienti dell’Oulipo. In (1972) e (1973) applica i metodi della . Nel 1979 scrive uno dei primi esempi italiani di , , in cui insiste sulla dimensione metanarrativa. Nel 1980 torna in Italia; con Garzanti pubblica Palomar (1983), romanzo in cui esplora l’inconoscibilità del reale. Nell’estate del 1985 lavora a un ciclo di conferenze che avrebbe dovuto tenere alla Harvard University (il materiale confluirà nel volume , pubblicato postumo) ma, in seguito a un ictus, muore all’ospedale di Siena. partigiano Il sentiero dei nidi di ragno Il visconte dimezzato Il barone rampante Il cavaliere inesistente La speculazione edilizia parvenu Marcovaldo La giornata d’uno scrutatore Le Cosmicomiche I fiori blu Le città invisibili Il castello dei destini incrociati letteratura combinatoria romanzo postmoderno Se una notte d’inverno un viaggiatore Lezioni americane I GRANDI TEMI Calvino considera la letteratura uno strumento del proprio agire nella società, e racconta la Resistenza partendo dal proprio vissuto. Il Neorealismo è per lui una ricerca di poetica, linguaggio, stile e ritmo narrativo, e nel compie una trasfigurazione fiabesca dei fatti della guerra attraverso il filtro di un personaggio–bambino. Con la trilogia affronta la narrazione fantastica: l’immaginazione e il travestimento fiabesco della realtà esprimono un impegno intellettuale e filosofico; la fantasia è un mezzo per spiegare il mondo e leggere la contemporaneità. Riconoscendo allo scrittore il ruolo di guida per non «perdersi nel » della civiltà moderna, Calvino interpreta la società industriale e gli effetti socioculturali del boom economico. Sviluppa temi come l’inquinamento, la lotta sindacale, l’alienazione sul lavoro, la pubblicità, il consumismo, esercitando una lucida critica alla società del benessere, che muta le abitudini, i gusti e le aspirazioni degli italiani. Con i racconti cosmicomici contamina letteratura e scienza trattando ipotesi e teorie sulla vita dell’universo in una forma leggera e surreale. L’approccio cosmico riconduce l’umanità a un rapporto diretto con la dimensione assoluta, quello comico spezza la Storia dell’universo in episodi, come nelle comiche del cinema muto o nelle strisce a fumetti. Quando si misura con il Postmoderno, Calvino costruisce un ordine di parole, idee e immagini proponendo un modello razionale di sistemazione di una realtà percepita come caotica, e riflette sui meccanismi della scrittura e sulla sopravvivenza del romanzo contemporaneo. Sentiero dei nidi di ragno I nostri antenati labirinto LA GIORNATA D’UNO SCRUTATORE Opera breve ma complessa, trae spunto da una vicenda vissuta dall’autore durante le elezioni del 1953. Narra la giornata del militante comunista Amerigo Ormea, scrutatore al seggio del Cottolengo, che dà asilo «ai minorati, ai deficienti, ai deformi, […] alle creature nascoste che non si permette a nessuno di vedere». È il diario di una crisi interiore: il microcosmo di dolore e malattia incrina la fiducia del protagonista in un mondo migliore; davanti all’irregolare molteplicità della realtà, la filosofia di Ormea non offre soluzioni. La scoperta di una natura deforme e irrazionale mette in discussione il significato dell’uguaglianza, rende difficile persino definire il concetto di essere umano. Al caos della condizione umana può rispondere solo l’ , che non dipende da una dottrina politica ma si costruisce a contatto con la difficoltà del vivere. Opera a metà tra il narrativo e il filosofico, è un romanzo dal tessuto stilistico vario, che traduce il conflitto morale che agita Amerigo. I periodi lunghi e complessi e le numerose digressioni sono spie sintattiche delle difficoltà che Ormea incontra nel riordinare le idee, e svelano una composita articolazione del pensiero; l’accavallarsi di brevi domande riflette efficacemente i dubbi e le incertezze. Alcuni passi mostrano un certo grado di complicazione retorica, e ciò rende l’opera un caso a sé tra quelle di un autore sempre attento alla chiarezza e al nitore geometrico della prosa. amore