Il primo Ottocento – L'autore: Alessandro Manzoni LABORATORIO verso l'esame  TIPOLOGIA A    analisi del testo   Un matrimonio contrastato , cap. 3 I promessi sposi La minaccia dei bravi rivolta a don Abbondio «Questo matrimonio non s’ha da fare» si sta concretizzando drammaticamente: il curato ha rimandato il matrimonio per un «febbrone», ma la realtà è molto più tragica e preoccupante. Lucia entrò nella stanza terrena, mentre Renzo stava angosciosamente informando Agnese, la quale angosciosamente lo ascoltava. Tutt’e due si volsero a chi ne sapeva più di loro, e da cui aspettavano uno schiarimento, il quale non poteva essere che doloroso: tutt’e due, lasciando travedere, in mezzo al dolore, e con l’amore diverso che ognun d’essi portava a Lucia, un cruccio pur diverso perché avesse taciuto loro qualche cosa, e una tal cosa. Agnese, benché ansiosa di sentir parlare la figlia, non poté tenersi di non farle un rimprovero. – A tua madre non dir niente d’una cosa simile! «Ora vi dirò tutto», rispose Lucia, asciugandosi gli occhi col grembiule. «Parla, parla!». «Parlate, parlate!», gridarono a un tratto la madre e lo sposo. «Santissima Vergine!», esclamò Lucia: «chi avrebbe creduto che le cose potessero arrivare a questo segno!». E, con voce rotta dal pianto, raccontò come, pochi giorni prima, mentre tornava dalla filanda, ed era rimasta indietro dalle sue compagne, le era passato innanzi don Rodrigo, in compagnia d’un altro signore; che il primo aveva cercato di trattenerla con chiacchiere, com’ella diceva, non punto belle; ma essa, senza dargli retta, aveva affrettato il passo, e raggiunte le compagne; e intanto aveva sentito quell’altro signore rider forte, e don Rodrigo dire: scommettiamo. Il giorno dopo, coloro s’eran trovati ancora sulla strada; ma Lucia era nel mezzo delle compagne, con gli occhi bassi; e l’altro signore sghignazzava, e don Rodrigo diceva: vedremo, vedremo. «Per grazia del cielo», continuò Lucia, «quel giorno era l’ultimo della filanda. Io raccontai subito…». «A chi hai raccontato?», domandò Agnese, andando incontro, non senza un po’ di sdegno, al nome del confidente preferito. «Al padre Cristoforo, in confessione, mamma», rispose Lucia, con un accento soave di scusa. «Gli raccontai tutto, l’ultima volta che siamo andate insieme alla chiesa del convento: e, se vi ricordate, quella mattina, io andava mettendo mano ora a una cosa, ora a un’altra, per indugiare, tanto che passasse altra gente del paese avviata a quella volta, e far la strada in compagnia con loro; perché, dopo quell’incontro, le strade mi facevan tanta paura…». Al nome riverito del padre Cristoforo, lo sdegno d’Agnese si raddolcì. «Hai fatto bene», disse, «ma perché non raccontar tutto anche a tua madre?». Lucia aveva avute due buone ragioni: l’una, di non contristare né spaventare la buona donna, per cosa alla quale essa non avrebbe potuto trovar rimedio; l’altra, di non metter a rischio di viaggiar per molte bocche una storia che voleva essere gelosamente sepolta: tanto più che Lucia sperava che le sue nozze avrebber troncata, sul principiare, quell’abbominata persecuzione. Di queste due ragioni però, non allegò che la prima. 1 5 10 2 15 3 20 25 30 35 4 5 situata al pianoterra. insieme. per niente. aborrita, odiata. manifestò. 1 stanza terrena: 2 a un tratto: 3 non punto: 4 abbominata: 5 allegò:  >> pag. 355  «E a voi», disse poi, rivolgendosi a Renzo, con quella voce che vuol far riconoscere a un amico che ha avuto torto: «e a voi doveva io parlar di questo? Pur troppo lo sapete ora!». «E che t’ha detto il padre?», domandò Agnese. «M’ha detto che cercassi d’affrettar le nozze il più che potessi, e intanto stessi rinchiusa; che pregassi bene il Signore; e che sperava che colui, non vedendomi, non si curerebbe più di me. E fu allora che mi sforzai», proseguì, rivolgendosi di nuovo a Renzo, senza alzargli però gli occhi in viso, e arrossendo tutta, «fu allora che feci la sfacciata, e che vi pregai io che procuraste di far presto, e di concludere prima del tempo che s’era stabilito. Chi sa cosa avrete pensato di me! Ma io facevo per bene, ed ero stata consigliata, e tenevo per certo… e questa mattina, ero tanto lontana da pensare…». Qui le parole furon troncate da un violento scoppio di pianto. «Ah birbone! ah dannato! ah assassino!», gridava Renzo, correndo innanzi e indietro per la stanza, e stringendo di tanto in tanto il manico del suo coltello. «Oh che imbroglio, per amor di Dio!», esclamava Agnese. Il giovine si fermò d’improvviso davanti a Lucia che piangeva; la guardò con un atto di tenerezza mesta e rabbiosa, e disse: «questa è l’ultima che fa quell’assassino». «Ah! no, Renzo, per amor del cielo!», gridò Lucia. «No, no, per amor del cielo! Il Signore c’è anche per i poveri; e come volete che ci aiuti, se facciam del male? 40 45 6 50 55 a fin di bene. 6 per bene: COMPRENSIONE Che cosa è successo a Lucia alcuni giorni prima del matrimonio? 1 Qual è il consiglio di padre Cristoforo? 2 Al racconto di Lucia quali sono le reazioni di Agnese e di Renzo? 3 Perché Lucia si definisce (r. 46)? 4 sfacciata A che cosa si riferisce l’esclamazione di Agnese (r. 53)? 5 Oh che imbroglio ANALISI Nell’espressione (r. 51) quale figura retorica riconosci? 6 Ah birbone! ah dannato! ah assassino! Traccia il ritratto psicologico e morale dei diversi personaggi presenti nel brano. 7 Una delle tecniche utilizzate da Manzoni è la ripetizione di parole ed espressioni: individua quelle più significative e spiega la loro funzione espressiva. 8 Quali registri linguistici sono presenti? Rintraccia i vocaboli più rappresentativi di ciascun registro e commenta il loro impiego sul piano stilistico. 9 INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI Quali sono le principali tematiche che emergono nel brano? Analizza e commenta l’importanza di queste tematiche nel corso del romanzo. 10  >> pag. 356   TIPOLOGIA A    analisi del testo   «Dimenticatevi di me» , cap. 36 I promessi sposi Finalmente Renzo, dopo innumerevoli peripezie, ritrova Lucia nel lazzaretto di Milano: la ragazza è guarita dalla peste, ma adesso un altro ostacolo si frappone sulla strada verso l’agognato matrimonio. […] stando così col capo appoggiato alla parete di paglia d’una delle capanne, gli [Renzo] vien da quella all’orecchio una voce… Oh cielo! è possibile? Tutta la sua anima è in quell’orecchio: la respirazione è sospesa… Sì! sì! è quella voce!… «Paura di che?», diceva quella voce soave: «abbiam passato ben altro che un temporale. Chi ci ha custodite finora, ci custodirà anche adesso». Se Renzo non cacciò un urlo, non fu per timore di farsi scorgere, fu perché non n’ebbe il fiato. Gli mancaron le ginocchia, gli s’appannò la vista; ma fu un primo momento; al secondo, era ritto, più desto, più vigoroso di prima; in tre salti girò la capanna, fu sull’uscio, vide colei che aveva parlato, la vide levata, chinata sopra un lettuccio. Si volta essa al rumore; guarda, crede di travedere, di sognare; guarda più attenta, e grida: «oh Signor benedetto!». «Lucia! v’ho trovata! vi trovo! siete proprio voi! siete viva!», esclamò Renzo, avanzandosi, tutto tremante. «Oh Signor benedetto!», replicò, ancor più tremante, Lucia: «voi? che cosa è questa! in che maniera? perché? La peste!». «L’ho avuta. E voi…?». «Ah!… anch’io. E di mia madre…?». «Non l’ho vista, perché è a Pasturo; credo però che stia bene. Ma voi… come siete ancora pallida! come parete debole! Guarita però, siete guarita?». «Il Signore m’ha voluto lasciare ancora quaggiù. Ah Renzo! perché siete voi qui?». «Perché?», disse Renzo avvicinandosele sempre più: «mi domandate perché? Perché ci dovevo venire? Avete bisogno che ve lo dica? Chi ho io a cui pensi? Non mi chiamo più Renzo, io? Non siete più Lucia, voi?». «Ah cosa dite! cosa dite! Ma non v’ha fatto scrivere mia madre…?». «Sì: pur troppo m’ha fatto scrivere. Belle cose da fare scrivere a un povero disgraziato, tribolato, ramingo, a un giovine che, dispetti almeno, non ve n’aveva mai fatti!». «Ma Renzo! Renzo! giacché sapevate… perché venire? perché?». «Perché venire! Oh Lucia! perché venire, mi dite? Dopo tante promesse! Non siam più noi? Non vi ricordate più? Che cosa ci mancava?». «Oh Signore!», esclamò dolorosamente Lucia, giungendo le mani, e alzando gli occhi al cielo: «perché non m’avete fatta la grazia di tirarmi a Voi…! Oh Renzo! Cos’avete mai fatto? Ecco; cominciavo a sperare che… col tempo… mi sarei dimenticata…». «Bella speranza! belle cose da dirmele proprio sul viso!». «Ah, cos’avete fatto! E in questo luogo! tra queste miserie! tra questi spettacoli! qui dove non si fa altro che morire, avete potuto…!». «Quelli che moiono, bisogna pregare Iddio per loro, e sperare che anderanno in un buon luogo; ma non è giusto, né anche per questo, che quelli che vivono abbiano a viver disperati…». 5 10 1 15 20 25 30 35 2 vedere una cosa per un’altra. andranno. 1 travedere: 2 anderanno:  >> pag. 357  «Ma, Renzo! Renzo! voi non pensate a quel che dite. Una promessa alla Madonna!… Un voto!». «E io vi dico che son promesse che non contan nulla». «Oh Signore! Cosa dite? Dove siete stato in questo tempo? Con chi avete trattato? Come parlate?». «Parlo da buon cristiano; e della Madonna penso meglio io che voi; perché credo che non vuol promesse in danno del prossimo. Se la Madonna avesse parlato, oh, allora! Ma cos’è stato? una vostra idea. Sapete cosa dovete promettere alla Madonna? Promettetele che la prima figlia che avremo, le metteremo nome Maria: ché questo son qui anch’io a prometterlo: queste son cose che fanno ben più onore alla Madonna: queste son divozioni che hanno più costrutto, e non portan danno a nessuno». «No no; non dite così: non sapete quello che vi dite: non lo sapete voi cosa sia fare un voto: non ci siete stato voi in quel caso: non avete provato. Andate, andate, per amor del cielo!». E si scostò impetuosamente da lui, tornando verso il lettuccio. «Lucia!», disse Renzo, senza moversi: «ditemi almeno, ditemi: se non fosse questa ragione… sareste la stessa per me?». «Uomo senza cuore!», rispose Lucia, voltandosi, e rattenendo a stento le lacrime: «quando m’aveste fatte dir delle parole inutili, delle parole che mi farebbero male, delle parole che sarebbero forse peccati, sareste contento? Andate, oh andate! dimenticatevi di me: si vede che non eravamo destinati! Ci rivedremo lassù: già non ci si deve star molto in questo mondo. Andate; cercate di far sapere a mia madre che son guarita, che anche qui Dio m’ha sempre assistita, che ho trovato un’anima buona, questa brava donna, che mi fa da madre; ditele che spero che lei sarà preservata da questo male, e che ci rivedremo quando Dio vorrà, e come vorrà… Andate, per amor del cielo, e non pensate a me… se non quando pregherete il Signore». 40 3 45 4 50 55 5 60 chi avete frequentato. logica. trattenendo. 3 Con chi avete trattato: 4 costrutto: 5 rattenendo: COMPRENSIONE Riassumi il brano in circa 10 righe. 1 Spiega il significato della frase (rr. 21-22). 2 Non mi chiamo più Renzo, io? Non siete più Lucia, voi? Perché Renzo sostiene di parlare (r. 44)? Che cosa intende dire? 3 da buon cristiano A che cosa si riferisce l’espressione (r. 56)? 4 Uomo senza cuore! ANALISI Il dialogo è particolarmente concitato e teatrale: quali mezzi espressivi ha impiegato Manzoni per ottenere questo effetto? 5 Le parole usate dai due protagonisti rispecchiano i loro caratteri: descrivi il linguaggio di Renzo e quello di Lucia, soffermandoti su analogie e differenze tra i due. 6 INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI Quali somiglianze e differenze noti tra Renzo e Lucia dal punto di vista psicologico e caratteriale? 7 Commenta la seguente affermazione del critico e scrittore Umberto Eco (1932-2016) con un testo espositivo-argomentativo di circa 20 righe: «Se Manzoni avesse dovuto badare a quello che il pubblico chiedeva, la formula l’aveva, il romanzo storico di ambiente medievale, con personaggi illustri, come nella tragedia greca, re e principesse (e non fa così nell’ ?) e grandi e nobili passioni, e imprese guerresche, e celebrazione delle glorie italiche in un’epoca in cui l’Italia era terra di forti. […] E invece cosa fa Manzoni? Sceglie il Seicento». 8 Adelchi