: La guerra Il tema T5 Emilio Lussu Un assalto insensato Tratto da , 1938 Un anno sull’Altipiano romanzo L’autore Emilio Lussu nasce nel 1890 ad Armungia, vicino a Cagliari, da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dopo aver frequentato il liceo classico, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cagliari. Nel 1915, l’anno dell’intervento italiano nella Prima guerra mondiale, è chiamato al fronte come ufficiale della brigata Sassari. Rientrato in Sardegna al termine del conflitto, avvia una rapida carriera politica, che lo porta a fondare il Partito sardo d’azione e a essere eletto deputato alla Camera nel 1921. Tenace antifascista, Lussu viene arrestato nel 1926, e successivamente mandato al confino a Lipari. Nel 1929, tuttavia, evade in modo rocambolesco, fuggendo a Parigi; qualche anno dopo ritorna in Italia e partecipa alla Resistenza durante la Seconda guerra mondiale. Nell’immediato dopoguerra è due volte ministro e nel 1946 viene eletto nell’assemblea incaricata di redigere la Costituzione repubblicana. La carriera letteraria di Lussu è strettamente intrecciata alla sua attività politica. In (1932), racconta l’ascesa del fascismo, concentrandosi specialmente sulle vicende della Sardegna, mentre in (1938) fornisce uno spietato e toccante resoconto sull’esperienza al fronte. Nel 1968 si ritira dalla vita politica e muore a Roma nel 1975. Marcia su Roma e dintorni Un anno sull’Altipiano Emilio Lussu racconta le sue esperienze da ufficiale sulle trincee del confine italo-austriaco, durante la Prima guerra mondiale. L’altipiano di Asiago, situato tra il Veneto e il Trentino, è teatro di una guerra di logoramento in cui si combatte palmo a palmo in condizioni disumane. Il terribile e autoritario generale Leone, comandante della divisione, è deciso a sfondare le trincee austriache con l’ausilio dell’artiglieria pesante e di una piccola squadra di soldati corazzati. I tentativi naufragano malamente, ma il generale non si dà per vinto e ordina un disperato assalto verso le linee nemiche, che si risolve in una drammatica, ed evitabile, carneficina. Il cannone aveva ottenuto, per solo risultato, la ferita del puntatore e del tenente. I guastatori erano caduti tutti. Ma l’assalto doveva aver luogo egualmente. Il generale era sempre là, come un inquisitore, deciso ad assistere, fino alla fine, al supplizio dei condannati. Mancavano pochi minuti alle 9. 1 2 3 Il battaglione era pronto, le baionette innestate. La 9 compagnia era tutta ammassata attorno alla breccia dei guastatori. La 10 veniva subito dopo. Le altre compagnie erano serrate, nella trincea e nei camminamenti e dietro i roccioni che avevamo alle spalle. Non si sentiva un bisbiglio. Si vedevano muoversi le borracce di cognac. Dalla cintura alla bocca, dalla bocca alla cintura, dalla cintura alla 5 4 5 a 6 7 a 8 9 10 bocca. Senza arresto, come le spolette d’un grande telaio, messo in movimento. 10 11 soldato incaricato del puntamento di un’arma, in questo caso di un cannone. 1. puntatore: soldati adibiti a scavare trincee, spianare le strade, aprire passaggi, distruggere fortificazioni e altre mansioni simili. 2. guastatori: magistrato che conduce un’inchiesta volta a ricercare e giudicare persone ritenute colpevoli di speciali colpe. Con riferimento alla Chiesa cattolica, indica il membro di uno speciale tribunale ecclesiastico, adibito a perseguire e punire eretici o altri nemici della dottrina ufficiale. 3. inquisitore: inquisitore unità tattica e disciplinare delle forze armate. Il battaglione è l’insieme delle compagnie. 4. battaglione: lame fissate sulla canna del fucile, un tempo usate dai soldati di fanteria nel combattimento ravvicinato. 5. baionette innestate: indica un reparto di circa 200 uomini, comandato da un capitano e facente parte di un battaglione. 6. compagnia: apertura nella trincea, da cui precedentemente sono usciti i guastatori, mandati all’assalto delle linee nemiche. 7. breccia: strette, compatte. 8. serrate: fossati scavati in modo da sfuggire all’osservazione e al fuoco nemico; fungono da vie di comunicazione all’interno della trincea. 9. camminamenti: grosse formazioni rocciose isolate. 10. roccioni: dispositivi in legno o in metallo delle macchine da cucire e dei telai artigianali, dette anche “navette”. Con il suo continuo andirivieni, la spola intreccia i fili della trama (orizzontali) con quelli dell’ordito (verticali), ottenendo così la tessitura. 11. spolette: Il capitano Bravini aveva l’orologio in mano, e seguiva, fissamente, il corso inesorabile dei minuti. Senza levare gli occhi dall’orologio gridò: «Pronti per l’assalto!». Poi riprese ancora: «Pronti per l’assalto! Signori ufficiali, in testa ai reparti!». 15 Il sergente dei guastatori ferito continuava a gridare: «Avan…». Gli occhi dei soldati, spalancati, cercavano i nostri occhi. Il capitano era sempre chino sull’orologio e i soldati trovarono solo i miei occhi. Io mi sforzai di sorridere e dissi qualche parola a fior di labbra; ma quegli occhi, pieni di interrogazione e di angoscia, mi sgomentarono. 20 12 13 «Pronti per l’assalto!», ripeté ancora il capitano. Di tutti i momenti della guerra, quello precedente l’assalto era il più terribile. L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Le mitragliatrici, tutte, sdraiate sul ventre imbottito di cartucce, ci aspettavano. Chi non ha conosciuto quegli istanti, non ha conosciuto la guerra. 25 Le parole del capitano caddero come un colpo di scure. La 9 era in piedi, ma io non la vedevo tutta, talmente era addossata ai parapetti della trincea. La 10 stava di fronte, lungo la trincea, e ne distinguevo tutti i soldati. Due soldati si mossero ed a a io li vidi, uno a fianco dell’altro, aggiustarsi il fucile sotto il mento. Uno si curvò, fece partire il colpo e s’accovacciò su se stesso. L’altro l’imitò e stramazzò accanto al primo. Era codardia, coraggio, pazzia? Il primo era un veterano del Carso. 30 14 «Savoia!», gridò il capitano Bravini. 15 «Savoia!», ripeterono i reparti. E fu un grido urlato come un lamento ed un’invocazione disperata. La 9 , tenente Avellini in testa, superò la breccia e si slanciò all’assalto. Il generale e il colonnello erano alle feritoie. 35 a 16 «Il comando di battaglione esce con la 10 », gridò il capitano. a E quando la testa della 10 fu alla breccia, noi ci buttammo innanzi. La 10 , la a a 11 e la 12 seguirono di corsa. In pochi secondi tutto il battaglione era di fronte alle trincee nemiche. 40 a a Che noi avessimo gridato o no, le mitragliatrici nemiche ci attendevano. Appena oltrepassammo una striscia di terreno roccioso ed incominciammo la discesa verso la vallata, scoperti, esse aprirono il fuoco. Le nostre grida furono coperte dalle loro raffiche. A me sembrò che contro di noi tirassero dieci mitragliatrici, talmente il terreno fu attraversato da scoppi e da sibili. I soldati colpiti cadevano pesantemente come se fossero stati precipitati dagli alberi. 45 Per un momento, io fui avvolto da un torpore mentale e tutto il corpo divenne lento e pesante. Forse sono ferito, pensavo. Eppure sentivo di non essere ferito. I colpi vicini delle mitragliatrici e l’incalzare dei reparti che avanzavano alle spalle mi risvegliarono. Ripresi subito coscienza del mio stato. Non rabbia, non odio, come in una rissa, ma una calma completa, assoluta, una forma di stanchezza infinita attorno al pensiero lucido. Poi anche quella stanchezza scomparve e ripresi la corsa, veloce. 50 17 interrogativi, domande. 12. interrogazione: turbarono profondamente. 13. sgomentarono: un soldato che aveva combattuto a lungo sul Carso, l’altopiano calcareo esteso tra Friuli, Slovenia e Croazia, teatro dei principali scontri sul fronte italo-austriaco della Prima guerra mondiale. 14. veterano del Carso: grido di battaglia inneggiante alla dinastia che allora regnava in Italia. 15. Savoia!: piccole aperture praticate nelle fortificazioni della trincea, per sparare o osservare i movimenti del nemico. 16. feritoie: avanzare con rapidità e con ostinazione. 17. incalzare: Ora, mi sembrava di essere ridivenuto calmo, e vedevo tutto attorno a me. Ufficiali e soldati cadevano con le braccia tese e, nella caduta, i fucili venivano proiettati innanzi, lontano. Sembrava che avanzasse un battaglione di morti. Il capitano Bravini non cessava di gridare: 55 18 «Savoia!». Un tenente della 12 mi passò vicino. Era rosso in viso e impugnava un moschetto. a 19 Era un repubblicano e aveva in odio il grido d’assalto monarchico. Egli mi vide e gridò: 60 «Viva l’Italia!». Io avevo in mano il bastone da montagna. Lo levai in alto per rispondergli, ma non potei pronunciare una parola. Se noi ci fossimo trovati su un terreno piano, nessuno di noi sarebbe arrivato ai reticolati nemici. Le mitragliatrici ci avrebbero falciati tutti. Ma il terreno era leggermente in discesa e coperto di cespugli e di sassi. Le mitragliatrici erano obbligate continuamente a spostare l’elevazione e il puntamento, e il tiro perdeva della sua efficacia. Non pertanto, le ondate d’assalto diradavano e su mille uomini del battaglione, pochi restavano in piedi ed avanzavano. 65 20 21 22 23 Io guardai verso le trincee nemiche. I difensori non erano nascosti, dietro le feritoie. Erano tutti in piedi e sporgevano oltre la trincea. Essi si sentivano sicuri. Parecchi erano addirittura dritti sui parapetti. Tutti sparavano su di noi, puntando calmi, come in piazza d’armi. 70 24 Io urtai contro il sergente dei guastatori. Egli era rovesciato su un fianco, cinto della corazza, l’elmetto forato da parte a parte. Era stato colpito alla testa, mentre incitava i suoi compagni, e ripeteva il grido che gli era stato troncato, con una cantilena pietosa: 75 25 «Avan… avan…». Attorno, giacevano tre guastatori, con le corazze squarciate. Giungevamo alle trincee. Anche il capitano Bravini cadde colpito, ed io lo vidi, le braccia aperte, sprofondarsi in un cespuglio. Lo credetti morto. Ma, subito dopo, ne sentii il grido di «Savoia!» ripetuto, ad intervalli, con voce fioca. 80 Il battaglione doveva attaccare su un fronte di 250-300 metri. Ma l’avvallamento del terreno ci aveva involontariamente sospinti, man mano che avanzavamo, verso la stessa striscia di terreno antistante alle trincee nemiche, larga appena una cinquantina di metri. Le mitragliatrici non potevano più colpirci, ma noi offrivamo, ai tiratori in piedi, un bersaglio compatto. I resti del battaglione erano tutti ammassati in quel punto. Contro di noi si sparava a bruciapelo. 85 26 D’un tratto, gli austriaci cessarono di sparare. Io vidi quelli che ci stavano di fronte, con gli occhi spalancati e con un’espressione di terrore quasi che essi e non noi fossero sotto il fuoco. Uno, che era senza fucile, gridò in italiano: 90 «Basta! Basta!». scagliati. 18. proiettati: fucile leggero a canna corta. 19. moschetto: abbattuti con scariche di proiettili. 20. falciati: inclinazione dell’arma. 21. elevazione: non per questo. 22. Non pertanto: si facevano meno fitte e frequenti. 23. diradavano: una piazza spaziosa destinata alle esercitazioni militari. 24. piazza d’armi: con la corazza indosso. 25. cinto della corazza: a distanza estremamente ravvicinata. 26. a bruciapelo: «Basta!», ripeterono gli altri, dai parapetti. Quegli che era senz’armi mi parve un cappellano. 27 «Basta! bravi soldati. Non fatevi ammazzare così». Noi ci fermammo, un istante. Noi non sparavamo, essi non sparavano. Quegli che sembrava un cappellano, si curvava talmente verso di noi, che, se io avessi teso il braccio, sarei riuscito a toccarlo. Egli aveva gli occhi fissi su di noi. Anch’io lo guardai. 95 Dalla nostra trincea, una voce aspra si levò: «Avanti! soldati della mia gloriosa divisione. Avanti! Avanti, contro il nemico!». 100 Era il generale Leone. Il tenente Avellini era a qualche metro da me. Ci guardammo l’un l’altro. Egli disse: «Andiamo avanti». Io ripetei: «Andiamo avanti». 105 Io non avevo la pistola in pugno, ma il bastone da montagna. Non mi venne in mente d’impugnare la pistola. Lanciai il bastone contro gli austriaci. Qualcuno lo raccolse per aria. Avellini aveva la pistola in mano. Egli si fece avanti, cercando di passare su un tronco rovesciato sopra i reticolati intatti. Era il tronco d’un abete 28 che, schiantato da una granata, s’era abbattuto sui fili di ferro. Egli vi era montato sopra e procedeva con difficoltà, come su una passerella. Sparò un colpo di pistola e gridò ai soldati: 110 «Ma sparate dunque! Fuoco!». Qualche soldato sparò. «Avanti! Avanti!», urlava il generale. 115 Avellini camminava sul tronco e faceva degli sforzi per mantenere l’equilibrio. Dietro di lui, due soldati si reggevano a stento. Io ero arrivato a una difesa di reticolati in cui mi sembrò si potesse passare. Attraverso i fili, infatti, v’era un passaggio stretto. Io l’infilai. Ma, fatto qualche passo, trovai lo sbarramento d’un cavallo di frisia. Era impossibile continuare. Mi voltai e vidi soldati della 10 che mi seguivano. Rimasi lì, inchiodato. Dalle trincee, nessuno sparava. In una ampia feritoia, di fronte, scorsi la testa d’un soldato. Egli mi guardava. Io non ne vidi che gli occhi. Vidi solo gli occhi. E mi sembrò ch’egli non avesse che occhi, talmente mi parvero grandi. Lentamente, io feci dei passi indietro, senza voltarmi, sempre sotto lo sguardo 120 29 a di quei grandi occhi. Allora io pensai: gli occhi di un bue. 125 Mi svincolai dai reticolati e mi diressi contro Avellini. Sul tronco v’era già un gruppo di soldati in piedi, aggrappati fra di loro. Mentre io mi avvicinavo al tronco, dalla trincea nemica, una voce di comando gridò alta, in tedesco: «Fuoco!». 130 Dalla trincea, partirono dei colpi. Il tronco si rovesciò e gli uomini caddero indietro. Avellini non era ferito e rispose con dei colpi di pistola. Tutti ci buttammo a terra, fra i cespugli, e ci riparammo dietro gli abeti. L’assalto era finito. Io ho impiegato molto tempo a descriverlo, ma esso doveva essersi svolto in meno d’un minuto. Emilio Lussu, , Einaudi, Torino 2014 Un anno sull’Altipiano si intende un cappellano militare, cioè un sacerdote addetto a prestare servizio religioso nell’esercito. 27. cappellano: strutture di difesa usate sui campi di battaglia; consistono in matasse di filo di ferro spinato variamente intrecciate e ammassate, spesso sostenute da paletti di legno. 28. reticolati: cavalletto di legno avvolto dal filo spinato, utilizzato come difesa accessoria nelle fortificazioni. 29. cavallo di frisia: >> pagina 499 Come continua Dopo l’attimo di tregua, dettata dalla vergogna per l’assurdità del massacro, un ufficiale costringe i soldati austriaci a riprendere il fuoco. Altri uomini del battaglione di Lussu sono abbattuti e i pochi superstiti trovano riparo dietro i cespugli e gli abeti. L’assalto è ormai concluso e i soldati attendono la notte per ritornare in trincea. Il generale Leone ci tiene a stringere la mano agli ufficiali sopravvissuti, e addirittura promette al capitano Bravini – che aveva guidato l’assalto rimanendo ferito – una medaglia al valore. Il bilancio è catastrofico: il battaglione è distrutto e gli uomini, stremati, si trovano sull’orlo della follia. Successivamente, la vita di trincea trascorre per qualche settimana senza ulteriori azioni: «un riposo lungo e dolce» rispetto all’incubo degli assalti. Ben presto, tuttavia, le manovre riprendono, e con esse la carneficina, il logoramento psicologico e la sequela di ordini avventati e incompetenti. In tali condizioni limite, chi sopravvive agli scontri sul campo è costretto a lottare in ogni momento per rimanere umano e non perdere il senno. con il testo a TU per TU È difficile rendere a parole lo sgomento, l’orrore della guerra di trincea, lo sconforto inesorabile a cui essa sottopone. Due linee nemiche si fronteggiano, buchi stretti e interminabili dove i soldati vivono per mesi, sepolti tra il metallo e il fango. La trincea è assai peggiore di una prigione, espone alle intemperie, al degrado del corpo e all’usura della mente. Così, la guerra appare via via più oscena, non solo per la spaventosa carneficina, ma per la sequela di ordini assurdi e controproducenti, per l’impreparazione e l’inettitudine del comando. Si sopravvive per miracolo e per inerzia, con il fucile tra le braccia e in tasca la foto dei propri cari. Di tanto in tanto, la monotonia della trincea s’interrompe per lasciare il posto a qualcosa di peggiore: si avanza tra i fischi dei proiettili e i tonfi dei corpi e si va incontro alla morte, volenti o nolenti. Giulio Aristide Sartorio, , 1917. Sbalzo di fanteria dalle trincee di Santa Caterina >> pagina 500 Analisi attiva Laboratorio interattivo Dopo l’insuccesso di due fallimentari strategie d’attacco – l’uso del cannone e la rovinosa uscita dei guastatori corazzati, mandati al macello nel capitolo precedente – il generale Leone ordina un assalto che ai soldati sembra fin da subito un . L’autore rende la tensione che precede l’azione con esprimendo l’assurda inevitabilità dell’impresa ( , r. 2) decisa da un ufficiale impassibile, non a caso equiparato a (r. 3): invece di guidare e sostenere i suoi uomini nelle difficoltà della battaglia, il generale li tratta come se fossero dei colpevoli, e si mostra pronto ad assistere con sadismo al loro supplizio. inutile massacro asciutta oggettività l’assalto doveva aver luogo egualmente un inquisitore Lussu sottolinea lo ( , r. 24), i quali sanno bene di andare incontro alla morte per un assurdo capriccio, dal momento che l’assalto è lanciato senza un vero obiettivo tattico. Appena essi escono dalla breccia nella trincea, iniziano così a essere abbattuti dai mitragliatori austriaci. smarrimento psicologico dei soldati L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Il capitano Bravini controlla lo scorrere dei minuti sull’orologio perché 1. l’assalto deve avvenire nell’esatto momento stabilito dai comandi. A i soldati che hanno condotto la prima parte dell’attacco non sono ancora rientrati. B è ansioso di andare all’attacco del nemico. C sta attendendo la reazione del nemico. D Quando, durante la preparazione dell’assalto, il narratore incrocia lo sguardo dei suoi commilitoni, essi esprimono (sono possibili più risposte) 2. angoscia. A coraggio. B codardia. C smarrimento. D pazzia. E Il grido d’assalto dei reparti italiani, (rr. 33 e 34), dovrebbe infondere forza e coraggio nei soldati. Come viene gridato invece? Perché? 3. Savoia! Soldati al macello Dimentichiamo le vecchie battaglie ottocentesche, in cui gli eserciti si fronteggiavano in spazi ampi e aperti: Lussu descrive invece una straziante , combattuta metro per metro, scavando lunghissime trincee e difendendo la posizione fino allo stremo delle forze. guerra di logoramento Per sostenere lo sforzo e non cedere alla stanchezza e alla disperazione, i soldati si stordiscono con l’alcol, grazie alle forniture di cognac di bassa qualità, mentre gli alti ufficiali, privi di preparazione militare, dispongono delle loro vite con bestiale crudeltà, esercitando un’ . Alle condizioni disumane della trincea si aggiunge così l’indegnità morale di uomini come il generale Leone: le sue azioni e le sue parole, trascritte dal narratore, ne forniscono una veritiera e al tempo stesso ripugnante caricatura. Senza avere nessun reale controllo della situazione, egli incita la sua a procedere (r. 100) e ad avanzare verso una morte quasi certa. Persino gli austriaci, vedendo i nemici mandati al massacro in modo così insensato, si vergognano di sparare ( , r. 95). autorità inflessibile e feroce gloriosa divisione contro il nemico Basta! bravi soldati. Non fatevi ammazzare così Com’è fatta una trincea? Ritrova nel testo tutti i termini e le espressioni che la descrivono o che ne indicano delle parti. 4. Il narratore e un altro ufficiale, il tenente Avellini, si guardano l’un l’altro perché 5. vogliono verificare di essere nella posizione adatta all’assalto. A non riescono a credere che il generale ordini ai propri uomini di andare al massacro. B non hanno capito l’ordine impartito dal generale. C controllano che l’altro non scappi per la paura. D Quando il narratore arriva di fronte alle trincee nemiche, si trova davanti lo sguardo di un soldato austriaco e pensa: (r. 125). Perché questa associazione? 6. gli occhi di un bue Perché lo sguardo del nemico è stupido come quello di un bue. A Perché lo sguardo del nemico è fisso e inespressivo come quello di un bue. B Perché gli occhi del nemico sono marroni come quelli di un bue. C Perché lo sguardo del nemico è pacifico e familiare come quello di un bue. D L’iniquità del comando >> pagina 501 Sebbene improntato all’ , è un libro che racconta le esperienze vissute dall’autore, che fu tenente della brigata Sassari. Per questo, il narratore, protagonista in prima persona, si presenta come una trasfigurazione di Lussu, testimone diretto degli eventi narrati. Non mancano, quindi, spazi dedicati all’introspezione psicologica del tenente, per esempio la sequenza riflessiva collocata subito dopo l’inizio dell’assalto ( […] , rr. 48-52). essenzialità della cronaca Un anno sull’Altipiano Per un momento, io fui avvolto da un torpore mentale e tutto il corpo divenne lento e pesante. Forse sono ferito, pensavo. Non rabbia, non odio, come in una rissa, ma una calma completa, assoluta, una forma di stanchezza infinita La volontà di documentare con precisione la realtà della guerra si coglie dall’esattezza con cui vengono descritti gli spazi e i tempi ( , r. 4) oppure i movimenti dei soldati. Al tempo stesso, però, non mancano . In mezzo al resoconto “nudo e crudo” dell’azione di guerra, per esempio, risaltano efficacemente due similitudini: Lussu paragona i soldati ad alberi abbattuti ( , rr. 46-47) e a dei morti viventi ( , r. 56), sottolineando tragicamente la loro impotenza di condannati senza speranza. Mancavano pochi minuti alle 9 soluzioni stilistiche raffinate I soldati colpiti cadevano pesantemente come se fossero stati precipitati dagli alberi Sembrava che avanzasse un battaglione di morti (r. 24). In queste frasi è riportato 7. L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? un dialogo tra il narratore e i suoi commilitoni. A un monologo interiore del narratore. B il pensiero comune dei soldati, in discorso indiretto libero. C il pensiero del narratore, in discorso indiretto libero. D Individua nel testo un passo in cui, a tuo parere, i movimenti e le azioni dei soldati sono descritti con grande dettaglio e precisione. 8. (rr. 8-10). Quali figure retoriche sono presenti in questo passo? (due risposte giuste) 9. Si vedevano muoversi le borracce di cognac. Dalla cintura alla bocca, dalla bocca alla cintura, dalla cintura alla bocca. Senza arresto, come le spolette di un grande telaio, messo in movimento Ossimoro. A Chiasmo. B Anafora. C Metafora. D Similitudine. E Litote. F Tra resoconto asciutto e introspezione psicologica >> pagina 502 Laboratorio sul testo COMPETENZE LINGUISTICHE Lo stile di Lussu, asciutto e incisivo, è caratterizzato da una sintassi fortemente paratattica, con frasi brevi e separate da punti fermi. Riscrivi la porzione di testo da (r. 63) a (r. 73) inserendo almeno tre congiunzioni coordinanti e tre subordinanti. 10. Coordinazione e subordinazione. Io avevo in mano il bastone da montagna come in piazza d’armi PRODURRE Quale immagine della guerra e del nemico emerge da questo passo di Lussu? Esprimi le tue considerazioni. 11. Scrivere per esprimere. LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE STORIA Con l’aiuto dell’insegnante, riprendi quanto già sai sulla Prima guerra mondiale e approfondisci le vicende che interessarono l’altipiano di Asiago e la brigata Sassari, in cui combatté come ufficiale Emilio Lussu. GEOGRAFIA Sono ancora numerose le tracce lasciate dalla Prima guerra mondiale sull’arco alpino: dalla lombarda linea Cadorna, progettata per proteggere la pianura Padana da un’eventuale invasione dalla Svizzera, al Trentino, al Veneto e al Friuli, è possibile visitare trincee, camminamenti, bunker e altre postazioni militari di media e alta montagna, recentemente riportati alla luce e restaurati. Fai una ricerca sui siti e i percorsi di visita di questi luoghi e, magari, progetta un’uscita didattica con la tua classe. CINEMA Sono numerosi i film e gli sceneggiati ispirati alle vicende della Prima guerra mondiale: ne hai mai visto qualcuno? Tra quelli italiani più celebri, puoi scegliere, per esempio, di Mario Monicelli (1959), di Francesco Rosi (1970, liberamente tratto proprio da ) o di Ermanno Olmi (2014, ispirato a una novella di Federico De Roberto). Racconta in un’esposizione orale di circa due minuti l’immagine della guerra che ne emerge. La grande guerra Uomini contro Un anno sull’Altipiano Torneranno i prati