Per l’alternanza scuola-lavoro La professione del restauratore Che cos’è il restauro? Il restauro è una disciplina che studia le tecniche e i metodi di intervento per la conservazione o la riparazione di manufatti artistici e storici, non solo considerando il manufatto dal punto di vista estetico, ma anche riconoscendo e valorizzando la sua evoluzione storica. Per fare ciò è necessario effettuare una ricerca filologica sul bene culturale oggetto di restauro. Cenni di storia del restauro Antichità e Medioevo  Il concetto di restauro, nella sua accezione contemporanea, nasce nel . Tuttavia, sono giunte fino ai giorni nostri testimonianze scritte di interventi sulle opere d’arte effettuati nell’antichità, la maggior parte dei quali consistevano nel o nella di statue o nelle integrazioni pittoriche di affreschi e tavole dipinte. Tutte queste modifiche erano spesso influenzate dall’estetica del periodo in cui venivano apportate. XVIII secolo ripristino sostituzione di parti danneggiate Il Rinascimento  A partire da questo periodo, caratterizzato dalla riscoperta delle arti antiche, iniziarono a farsi strada teorie di , nonostante continuassero le pratiche “integrative” (soprattutto in campo scultoreo, dove le statue antiche subivano spesso aggiunte di parti mancanti) eseguite per rispondere a canoni estetici di chi commissionava il restauro e senza rispettare le forme originali dell’opera. tutela dell’opera nella sua originalità Il Seicento  Questo secolo vide un : i restauri furono spesso volti a rendere più “appetibile” l’opera per i compratori, che quindi veniva adattata all’ambiente in cui sarebbe stata esposta. In questo contesto, tuttavia, bisogna riconoscere l’importanza dell’operato di alcuni artisti, come : abile restauratore di intonaci, egli eseguì i suoi interventi rispettando principi che sarebbero diventati i cardini del restauro moderno, lasciando traccia scritta dalle operazioni da lui svolte, in modo da permettere di distinguere l’opera originale dal suo restauro. incremento del mercato delle opere d’arte Carlo Maratta Il Settecento  È durante la seconda metà del Settecento che avviene il , fino ad allora accomunata a quella del pittore. Fondamentale a questo proposito fu l’attività di come Direttore del restauro delle pubbliche pitture di Venezia. Ricoprendo questo ruolo, infatti, Edwards stese importanti relazioni sullo stato delle pitture e sulle procedure e i criteri da adottare nel restauro. Tra questi ultimi, vi era quello della , che offriva la possibilità di rimuovere facilmente l’aggiunta all’opera originale. Il suo lavoro contribuì a definire il restauro come disciplina indipendente, anche grazie alla creazione di scuole specializzate nella formazione professionale dei restauratori. riconoscimento professionale della figura del restauratore Pietro Edwards reversibilità del restauro L’Ottocento  Fu un secolo caratterizzato dalla nascita di diverse scuole di pensiero riguardo le tecniche di restauro. All’interno di questo dibattito emersero le posizioni contrastanti di e . Il francese, architetto eclettico, fu sostenitore del “restauro di ripristino”, procedendo spesso al completamento delle parti mancanti di un’opera ricreandole “in stile” con l’originale. L’inglese Ruskin, invece, criticò fortemente queste procedure, che dal suo punto di vista non rispettavano lo spirito e l’integrità dell’opera, accusando chi le praticava. In questi anni furono pubblicati i di restauro di Ulisse Forni e di Giovanni Secco Suardo, in concomitanza con l’apertura del corso per restauratori all’interno degli Uffizi di Firenze. Con la fine del secolo, ormai, il veniva ufficialmente riconosciuto e rigorosa. Eugène Viollet-le-Duc John Ruskin primi manuali italiani restauro come disciplina autonoma Il castello di Pierrefonds (Francia nordorientale), costruito nel XIV secolo, fu completamente restaurato durante il XIX secolo da Eugène Viollet-le-Duc. L’intervento proposto dall’architetto francese ha sicuramente restituito l’imponenza dell’edificio ma, imitando lo stile originale del castello, rischia di ingannare il visitatore inducendolo a credere di trovarsi di fronte a un edificio medievale, le cui parti originali non si distinguono più dalle riedificazioni ottocentesche.  › pagina 499  La teoria moderna del restauro Una questione filologica  Il processo di trasformazione del restauro da procedura tecnica a disciplina vera e propria raggiunge il suo apice nel corso del . In questo periodo andò delineandosi un dibattito teoretico sulla metodologia del restauro che permise di individuare dei principi che prescindessero dalla tecnica utilizzata o dall’ambito di azione. L’Italia fu uno dei centri più attivi; figure come Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi favorirono la fondazione a Roma nel 1939 dell’ . A Brandi, in particolare, si deve anche una , secondo cui la funzione conservativa del restauro non deve esclusivamente essere subordinata all’esigenza estetica di ripristinare un’opera d’arte danneggiata, ma anche , salvaguardando le qualità acquisite dall’oggetto nel corso della sua esistenza. Per poter fare ciò è necessario effettuare un’analisi “filologica” dell’opera, che permetta il riconoscimento e la distinzione della parte originaria dalle aggiunte successive, in modo tale da poter valorizzare la prima come le seconde. Questo tipo di analisi è volto a studiare il bene da restaurare non solo dal punto di vista artistico, ma anche materiale, per capire quali metodi e tecniche debbano essere utilizzati per permetterne la conservazione e garantirne, quindi, la migliore trasmissione nel futuro. , mentre vengono rifiutate tutte le tecniche simulanti l’azione dell’artista che l’ha creata. Il restauro è inevitabilmente un’azione che modifica l’opera, e sarà quindi responsabilità del restauratore decidere in quale modo e in quale misura trasformarla al fine esclusivo di una sua migliore conservazione. Secondo questo nuovo approccio, inoltre, il restauro viene inteso come un (non più come intervento da effettuare solo in caso di riscontro di un danno), e ciò consente di preservarne ulteriormente l’integrità. Novecento Istituto centrale del restauro revisione filosofica della teoria del restauro preservare la sua storicità La materia dell’opera d’arte diventa l’unico oggetto dell’azione di restauro continuo monitoraggio e manutenzione dell’oggetto d’arte Restauratrici all’opera nella Cappella degli Scrovegni di Padova, affrescata da Giotto nel 1305. Durato 8 mesi, il restauro si è concluso nel marzo del 2002 e ha reso più armonica la visione dell’opera, correggendo i danni di restauri precedenti. I principi del restauro moderno  Pur volendo raggiungere una visione esteticamente armonica dell’opera, ogni intervento di restauro deve essere distinguibile, affinché sia consentita una corretta lettura e venga scongiurato il pericolo di assimilare le aggiunte con l’opera originale. La riconoscibilità Ogni intervento di restauro deve poter essere rimosso senza danneggiare l’opera originale, per permettere eventuali sostituzioni in seguito alla scoperta di nuovi materiali più adatti.  La reversibilità I materiali usati per gli interventi di restauro non devono recare danno fisico (chimico o meccanico) né estetico, ma devono essere compatibili con la materia di cui è formata l’opera d’arte.  La compatibilità L’intervento di restauro comporta sempre dei rischi, in quanto sottopone a stress fisici l’opera d’arte e sono rari i materiali sufficientemente reversibili e inalterabili nel tempo. Per questo motivo, è fondamentale limitare gli interventi.  L’intervento minimo Vista la selezione che il restauratore è costretto a effettuare quando interviene sull’opera d’arte, è fondamentale produrre una buona documentazione che ne attesti lo stato prima, durante e dopo il restauro, elencando tutte le operazioni e i materiali usati durante il lavoro. In questo modo un restauratore fornisce le chiavi di lettura per decifrare il suo intervento e favorisce la reversibilità del suo restauro. Documentazione Particolare di due putti decorativi sul portico dello Spedale degli Innocenti a Firenze, risalenti al 1487. Il restauro dei tondi di Andrea della Robbia rispetta appieno il principio di riconoscibilità. Le linee bianche mostrano i punti di frattura del tondo senza disturbare la visione e l’apprezzamento dell’opera. Nel tondo a sinistra, inoltre, la lacuna di parte dello smalto azzurro dello sfondo è stata reintegrata con un colore di tonalità inferiore per rendere il restauro armonico dal punto di vista estetico, ma comunque facilmente distinguibile dallo smalto originale.  › pagina 500  La scienza e la tecnica del restauro Interdisciplinarietà del restauro  Il restauro è oggi una scienza interdisciplinare che coinvolge contemporaneamente il restauratore e lo scienziato. A partire dalla seconda metà del XX secolo, in particolare, l’interesse delle scienze nell’ambito del restauro e dei beni culturali è aumentato notevolmente. che permettono lo studio dei materiali di un’opera d’arte e ne determinano, al contempo, anche lo stato di conservazione: dai risultati di questo tipo di analisi è possibile capire quale sia l’ambiente migliore in cui esporre le opere e in quali condizioni conservarle. Inoltre, la scienza mette a disposizione diversi applicabili alle opere d’arte e consente di creare nuovi materiali e ideare nuove tecniche per effettuare il restauro, basti pensare all’utilizzo di modelli e calchi prodotti da stampanti tridimensionali nel restauro delle decorazioni architettoniche. È compito del restauratore sapere quali dati può ricavare dagli scienziati, in modo tale da scegliere l’analisi migliore cui sottoporre l’opera da restaurare. Le scienze forniscono sistemi per analisi fisiche e chimiche sistemi di datazione Sistemi d’indagine  Per valutare in quale modo operare su un’opera d’arte, il restauratore deve prima sottoporla a delle indagini, che possono essere svolte con oppure senza prelevamento di campioni.  Questi procedimenti sono numerosi e si possono distinguere in radiazioni visibili (luce artificiale, luce monocromatica di sodio, microscopio) e lontane dalla nostra percezione visibile, dette (raggi ultravioletti, infrarossi, X, gamma, ultrasuoni). Permettono di ricavare informazioni su opere bidimensionali e tridimensionali in modo non invasivo, come evidenziare sollevamenti della pellicola pittorica, difetti della tela o del supporto, ritocchi o scritte nascoste da vernici che si sono scurite; ricavare informazioni sulla tecnica pittorica (utilizzo della spatola, entità delle pennellate…); stabilire l’autenticità di un’opera; in contesto urbano, rivelare eventuali strutture architettoniche sottostanti a quelle visibili. Questi sistemi sono anche fondamentali per la tutela dell’opera, in quanto rendono possibili operazioni di controllo dell’attività di pulitura, di rilevamento del microclima di un ambiente (fondamentale per la conservazione degli affreschi) o di eventuali differenze termiche che possono causare il degrado dei dipinti mobili.  Sistemi di indagine senza prelevamento di campioni remote sensing analysis Il prelevamento di una porzione di campione infinitesimale da un’opera d’arte, che non deve anzitutto causarle alcun danno, permette di visualizzare in modo preciso i vari strati che costituiscono l’oggetto del restauro e di ricavare informazioni sui materiali utilizzati dall’artista. I metodi più utilizzati sono le analisi chimiche e fisiche e la stratigrafia. Sistemi di indagine con prelevamento di campioni Il restauratore Bruno Mottin, prima di iniziare il restauro del dipinto , opera realizzata da Gustave Courbet fra il 1854 e il 1855, analizza la riproduzione in scala 1:1 del dipinto passato ai raggi x. Attraverso questa operazione, il restauratore raccoglie importanti informazioni sullo stato del quadro per scegliere il metodo e le tecniche da utilizzare per il restauro. L’atelier dell’artista I raggi ultravioletti hanno frequenze non percepibili dall’occhio umano. Alcuni elementi, quando sono colpiti da raggi ultravioletti, riflettono una fluorescenza che invece risulta visibile. Grazie a lampade che emettono questi raggi (per esempio la lampada di Wood) è possibile visualizzare delle tracce, come scritte offuscate, ritocchi e ridipinture, rese più scure e più opache rispetto alla policromia originale. Quest’ultimo fenomeno è dovuto alla reazione chimica che genera la fluorescenza fra i pigmenti delle pitture e i leganti (le sostanze che permettono la stesura del colore) con il passare degli anni. I ritocchi successivi non generano la stessa entità di fluorescenza e quindi, quando sono colpiti dalla luce ultravioletta, risultano più opachi. Il restauro dei dipinti su tela  Il campo di intervento del restauro comprende : edifici, decorazioni scultoree, dipinti, gioielli, pergamene, libri, pellicole di film, fotografie… ognuno dei quali prevede tecniche e procedure specifiche d’intervento. Analizzarle tutte richiederebbe tempo e spazio notevoli, quindi si è scelto di procedere in questa sede con una breve presentazione delle tecniche specifiche del restauro dei dipinti su tela. Per comprendere il lavoro svolto da un restauratore su un dipinto, bisogna tenere presente che non esiste un modo univoco di operare, poiché . Inoltre, una condizione indispensabile per poter effettuare il restauro è la conoscenza delle tecniche e delle materie utilizzate per produrre materialmente l’opera d’arte: dalla composizione chimica dei colori (a olio, ad acqua, naturali o sintetici...) alle caratteristiche della tela (tipo di fibra, struttura di trama e ordito) passando per le tecniche di preparazione e di verniciatura, ovvero la stesura sulla tela dello strato precedente alla pittura, che modifica le proprietà assorbenti della tela, e dello strato trasparente (oli, resine, cere diluenti) che copre e protegge la pellicola pittorica una volta terminato il dipinto. tutti gli oggetti materiali che hanno interesse artistico e storico ogni scelta deve essere fatta in base alle caratteristiche specifiche dell’oggetto da restaurare  › pagina 501  Scheda di restauro  Prima di iniziare i suoi interventi, il restauratore redige una scheda in cui indica le informazioni riguardanti il dipinto, così suddivise:  : oggetto, tecnica, luogo di collocazione, soggetto, epoca, autore, descrizione, fotografie allegate;  dati identificativi : analisi del telaio, analisi della tela;  stato di conservazione : applicazione di toppe, interventi di rintelaiatura, di trasporto su un nuovo supporto o di pulitura, ritocco pittorico, ridipintura, verniciatura;  incidenza di restauri precedenti . interventi di restauro previsti Interventi di restauro  In caso di tagli nella tela si procede con la congiunzione della tela utilizzando del nastro adesivo o una garza incollata sul retro della tela; in caso di buchi si creano delle toppe, di dimensioni leggermente inferiori rispetto al buco, che vengono fatte aderire al retro della tela con una garza adesiva.  Riparazione della tela Rappresenta l’operazione preliminare del restauro e al contempo assolve il compito di proteggere la pellicola pittorica e lo strato di preparazione: si adagia un foglio di carta velina alla tela e lo si spalma con un collante che indurisce e imbraca il dipinto.  Velinatura Questo intervento conservativo, chiamato anche rintelaiatura, rigenera il supporto tessile del dipinto: incollando una tela nuova sul retro della tela originale, si restituisce maggiore elasticità e forza alla struttura del dipinto.  Foderatura Al centro di grandi discussioni nell’Ottocento, la pulitura rappresenta uno degli interventi più delicati e rischiosi, in quanto intacca gli strati superficiali del dipinto, rischiando di modificarne in maniera irreversibile l’aspetto. Il suo obiettivo è quello di restituire l’armonia cromatica del dipinto, rimuovendo lo sporco o l’ delle vernici attraverso l’uso di solventi. Questi ultimi devono essere scelti oculatamente in base alla composizione delle superfici con cui devono reagire. Pulitura ossidazione In caso di caduta della preparazione del dipinto e del conseguente distaccamento del colore, le lacune vengono riempite con lo stucco che diventa la base su cui poter effettuare la reintegrazione pittorica della parte mancante.  Stuccatura Storicamente, è la fase fondamentale del restauro; oggi viene effettuata seguendo un’etica completamente diversa rispetto a quanto non avvenisse in passato, quando il restauratore cercava di mimetizzare all’interno dell’opera il suo intervento. Le tecniche utilizzate oggi sono prevalentemente tre: – la selezione cromatica; – l’astrazione cromatica; – l’imitativo sottotono.  Reintegrazione pittorica La stesura della vernice avviene sia prima dell’intervento di reintegrazione pittorica sia dopo, isolandola e favorendone la reversibilità. Verniciatura è un collegamento cromatico e formale della lacuna con il dipinto. Consigliabile solo per lacune piccole o di medie dimensioni, per poter utilizzare questa tecnica è indispensabile avere certezza dal punto di vista “figurale”. Il procedimento prevede la stesura di trattini accostati per la ricostruzione delle figure (garantendone la riconoscibilità) e la stesura di colori selezionati con vernici o ad acquerello (garantendone la reversibilità). L’immagine mostra un particolare dell’affresco di Mantegna nella a Mantova: la guancia del bambino è stata restaurata ricorrendo a questa tecnica. La selezione cromatica Camera degli Sposi si utilizza su superfici con grandi lacune, per le quali non è possibile formulare un’ipotesi ricostruttiva esatta. Attraverso il tratteggio si chiude la lacuna generando una campitura di colore che non deve disturbare il godimento dell’opera e deve armonizzarsi perfettamente con i colori del dipinto. Per il restauro del di Cimabue della Chiesa di Santa Croce a Firenze, gravemente danneggiato durante l’alluvione che investì la città nel 1966, le lacune sono state integrate ricorrendo all’astrazione cromatica. L’astrazione cromatica Crocifisso è un metodo che permette un’integrazione figurativa più netta e in parte imitativa, ma che, grazie alla stesura di colori che risultano sottotono rispetto a quelli originali del dipinto che circondano la lacuna, sono immediatamente riconoscibili e individuabili e quindi non contrastano i principi del restauro moderno. I primi tre prigionieri da sinistra, raffigurati nell’affresco di Ambrogio Lorenzetti a Siena, sono stati sottoposti a un’integrazione imitativa sottotono. L’imitativo sottotono Il Buon Governo  › pagina 502  Il restauratore professionista La formazione  In Italia sono stati istituiti dei che permettono l’acquisizione del . A partire dal 2009, il conseguimento del diploma di restauratore è stato equiparato a una laurea magistrale. Il rilascio del diploma abilitante alla professione di restauratore è consentito solo a , al cui interno sono state create scuole di alta formazione professionale:  percorsi di alta formazione titolo professionalizzante di restauratore tre istituti l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ex Istituto centrale del restauro) con sede a Roma e a Matera;  l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze;  il Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale.  I percorsi formativi professionalizzanti hanno durata quinquennale e sono così suddivisi:  Materiali lapidei e derivati. Superfici decorate dell’architettura.  Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti.  Materiali e manufatti tessili e in pelle.  Materiali e manufatti ceramici, vitrei e organici. Materiali e manufatti in metallo e leghe.  Materiale librario e archivistico. Manufatti cartacei e pergamenacei. Materiale fotografico, cinematografico e digitale.  Strumenti musicali. Strumentazioni e strumenti scientifici e tecnici. Il restauro dei beni culturali in pietra rappresenta uno dei più importanti indirizzi di studio. Le immagini mostrano il volto della Madonna della di Michelangelo (sfregiato da un vandalo nella Cattedrale di San Pietro nel 1972), prima e dopo il restauro. Pietà Esempio di intervento di restauro su manufatti ceramici: una restauratrice è alle prese con la rimozione delle incrostazioni marine da un frammento di maiolica rinvenuto nel relitto di un galeone della spagnola, affondata al largo delle coste inglesi nel 1588. Invincibile armada La custodia del sapere racchiuso negli antichi libri necessita di una continua manutenzione e di una conservazione specifica, a causa della deperibilità dei supporti (carta, pergamena, papiro...). Il Mali è uno dei paesi che ospita tra le più antiche e ricche biblioteche della cultura araba. I manoscritti riscoperti nel 2003 a Bouj Beha furono sottoposti al restauro presso l’Istituto di studi e ricerche avanzati (HERI-AB) della capitale Timbuctu. Nella fotografia la restauratrice Stephanie Diakte procede con l’esame e il restauro dei manoscritti. Il capitale di conoscenza conservato a Timbuctu fu messo in grave pericolo nel 2012 con l’occupazione di integralisti musulmani legati ad al-Qaeda; tuttavia, grazie all’azione dei cittadini e dei curatori delle biblioteche, numerosi manoscritti furono nascosti e salvati dalla distruzione. Il lavoro  Come disposto dall’articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, di beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici. Gli sbocchi lavorativi per i restauratori dipendono dalla specializzazione del loro percorso formativo. L’accesso al mondo del lavoro può avvenire da dipendente presso ditte di restauro, da socio di cooperative o di studi associati oppure da libero professionista. ; in questo secondo caso solo chi ha i requisiti per poter operare sui beni culturali può partecipare alle gare di appalto proposte dagli Enti pubblici. solo i restauratori con il diploma professionalizzante sono abilitati a effettuare interventi di manutenzione e restauro La committenza può essere privata o pubblica  › pagina 503  Il restauro entra a scuola La legge 110 del 2014 recita:  «Art. 9-bis. Professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali. 1. […] Gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione dei beni stessi, […] sono affidati alla responsabilità e all’attuazione, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale.»  La possibilità di sviluppare progetti di alternanza scuola-lavoro in ambito di restauro è quindi vincolata alla presenza di personale qualificato che abbia le competenze e l’esperienza professionale per poter operare sui beni culturali. Molti istituti, università o associazioni oggi danno la possibilità agli studenti di vivere delle esperienze che li mettano a contatto diretto con le attività legate al restauro.  Di seguito viene proposta un’attività cooperativa che, senza intervenire su beni tutelati, consente di mettere in pratica le metodologie e le tecniche del restauro, costituendo una base di partenza per un eventuale progetto nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro. COMPITO DI REALTÀ IL RESTAURO DI UN DIPINTO SU TELAIO La propria classe. Luogo in cui svolgere l’attività 1 scatola di cartone ogni 4 ragazzi, 1 poster di un famoso dipinto in formato 70x50 (o di altre misure) ogni due ragazzi, colla vinilica, 1 rotolo di carta velina, matite o pennarelli colorati, una matita, gomma, un foglio di cartoncino bianco della stessa dimensione del poster, graffettatrice, forbici, una riga, smartphone con fotocamera. Strumenti necessari Fasi di lavoro – Lavorare in gruppo In classe, anche utilizzando gli strumenti informatici, predisponete una “Scheda di restauro” che contenga i seguenti aspetti:  Fase 1 – oggetto – soggetto – epoca – autore – descrizione – fotografie allegate  Dati identificativi – analisi del telaio – analisi della “tela”  Stato di conservazione – applicazione di toppe – interventi di rintelaiatura – intervento di pulitura – ritocco pittorico – verniciatura  Incidenza di restauri precedenti Interventi di restauro previsti  La classe si suddivide in coppie e ciascuna coppia dovrà creare, danneggiare e modificare un “quadro”: Fase 2 si ritagliano quattro strisce di cartone larghe 3-4 cm e lunghe quanto i lati del poster;  si forma un telaio con le strisce di cartone ritagliando le parti che si sovrappongono, e graffettando i quattro lati del telaio fra di loro;  con le puntine e/o con la colla si attacca il poster al telaio appena creato;  si danneggia o si modifica il poster e/o il telaio a piacimento (squarciare, bucare, colorare, disegnare, consumare ecc.).  Le coppie si scambiano i dipinti. Ciascuna coppia procede con un’analisi preliminare del dipinto da restaurare, inizia a compilare i campi delle prime tre sezioni nella “Scheda di restauro”, laddove possibile, e fotografa il dipinto prima di iniziare il restauro. Fase 3 In base all’analisi effettuata e alle nozioni acquisite nelle pagine precedenti, le coppie procedono con le operazioni di restauro utilizzando il cartoncino come base sia per la foderatura sia per il ritocco pittorico. Fase 4 Le coppie compilano l’ultima sezione della “Scheda di restauro” e scattano fotografie al quadro restaurato. Fase 5 Ciascuna coppia, utilizzando eventualmente strumenti digitali, prepara una relazione riportando le fasi di lavoro, i tempi impiegati ed elabora un’analisi dell’opera restaurata. La relazione dovrà essere completata con la scheda, le fotografie e il quadro restaurato. Fase 6 Ciascuno studente elabora una scheda di autovalutazione dell’attività svolta. Fase 7